Dignità & diritti universali (nuovo riferimento etico della venustas bellezza)

Nel  secondo dopoguerra  la  volontà  di  reagire  alla  “catastrofe  giuridica”, lo stravolgimento della Legge attuato dal  nazifascismo,  ha portato ad individuare la  dignità  dell'uomo  la  base  solida  e  baluardo  per  la  difesa  di  un  nucleo  fondamentale  di  diritti  inalienabili  e  uguali  per  tutti. Il termine dignità è entrato esplicitamente negli articoli della Costituzione italiana (1947) e della Costituzione tedesca (1949), non a caso proprio le nazioni in cui nacquero le diaboliche dittature nazifasciste, e negli articoli iniziali di statuti internazionali, primo fra tutti la Dichiarazione universale dei diritti umani approvata nel 1948 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, cui si ispira e fa seguito la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 2000:

Considerando che il riconoscimento della dignità intrinseca e dei diritti uguali e inalienabili di tutti i membri della famiglia umana è il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo.”

Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Sono dotati di ragione e coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.”

La dignità umana è inviolabile. Deve essere rispettata e protetta. Ogni individuo ha diritto alla vita.

Ai diritti universali corrisponde il dovere civico e collettivo di agire reciprocamente per la cura, la protezione, l'assistenza, la custodia e la garanzia non solo dell'individuo e della sua identità più autentica, ma anche della famiglia sociale e dell'ambiente naturale, gli habitat in cui l'uomo è inscritto (il cerchio e il quadrato di Leonardo)  e  all'interno  dei  quali  può  e  deve  esercitare  la  propria  libertà  individuale  e  la  propria  azione  storica, pratica e intellettuale: azione che per Giulio Regeni [Deffendi, P., Regeni, C., Ballerini, A., (2020), Giulio fa cose, Feltrinelli] deve essere garantita da un solido sistema sociale democratico in grado di sostenere (con la sua firmitas) le scelte delle e dei cittadini. 

Gli architetti, in quanto agenti della trasformazione dei paesaggi e delle città, hanno il ruolo fondamentale di interpretare il desiderio di vivere bene e dare concretezza alle richieste di giustizia e di equità che vengono dalla società civile, coerentemente ai principi del bene comune, ispiratore di un'etica lungimirante che avverte l'imperativo di lasciare alle generazioni future un ambiente e una trama di città degni di quel che abbiamo ereditato dalle generazioni passate [Settis, S., (2013), Il paesaggio bene comune, la Scuola di Pitagora Editrice]. Se la dignità umana è inviolabile, dobbiamo preoccuparci di creare spazi e luoghi in cui abitare e lavorare che non la offendano, garantendo anzi libertà e sicurezza. Troppe persone vivono in abitazioni di fortuna, non solo nelle megalopoli del terzo mondo, nelle baraccopoli e nei bidonville, ma anche nelle aree periurbane degradate delle città più opulente, nelle cui zone privilegiate si trovano le sontuose residenze esclusive della nuova classe medio-alta, spesso progettate da archistar [Secchi, R., (2017), L’architettura dal principio verità al principio responsabilità, Officina Edizioni]. L'obbligo morale di intervenire ci permette anche di ammirare e imparare da questa architettura della sopravvivenza [Friedman, Y., (2003), L’Architecture de survie, Eclat], povera disciplina fatta di materiali di scarto per un'umanità scartata, e di riscoprire la capacità di creare bellezza curativa anche nella modestia,  nella semplicità e nella frugalità, per conferire ai luoghi e ai loro abitanti una dignità indispensabile che non richiede ricchezza di denaro e mezzi tecnici né spreco di risorse sempre più scarse.

Un breve elenco di 'diritti per architette/i':

• Il diritto alla salute non riguarda solo la salubrità dell'edificio o del tessuto urbano, ma è definito dal contesto delle relazioni ambientali e sociali in cui è inserito:  ad esempio, il diritto all'igiene personale è strettamente legato al diritto e alla disponibilità di utilizzare l'acqua in quanto bene comune, oggi risorsa sempre più preziosa, da gestire con saggezza e parsimonia.

• Il diritto all'accessibilità, nel senso più ampio di libertà di accesso a tutti i luoghi e alle relazioni sociali che essi ospitano, indipendentemente da eventuali fragilità fisiche ed economiche e dalle identità socioculturali e religiose; la sua negazione significa discriminazione, emarginazione e ghettizzazione.

• Il diritto a non avere alcun limite (se non quello del rispetto dei diritti altrui) nell'espressione della propria autentica identità, e quindi libertà di pensiero, di coscienza, di credo religioso, di sessualità, di accesso all'informazione, all'educazione e all'istruzione (fondamentali per la formazione di un'opinione), di associazione, riunione e manifestazione politica, di gusto estetico e artistico, di svago e diletto.

• Il diritto all'autentica venustas-bellezza, alla sua capacità di ispirare gioia, benessere, partecipazione collettiva e creatività, a sua volta dovere verso la comunità; e al perseguimento della felicità, gioioso godimento della bellezza, piacere che va oltre la sola sussistenza vitale (cibo, salute), un principio presente nella riflessione filosofica fin dall'antichità, codificato ufficialmente nel 1776 con la Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d'America e verificato annualmente con il World Happiness Report. Un diritto democratico, quello alla bellezza, oggi trasformato in un dovere di consumare compulsivamente sotto la guida di persuasivi fashion influencers che ci impongono un livello di falso lusso e insicuro autocompiacimento, basato sulla disponibilità di oggetti esclusivi ma falsificabili, falsificanti protesi estetiche, finta ricchezza azzoppata dalle rate di debito; prodotti spesso inutili, irreparabili e poco durevoli, recentemente spruzzati con rassicurante greenwashing e spacciati in last minute exclusive sale a tutti  e a tutti i costi, in centri urbani e centri commerciali supertecnologici tutti uguali e intercambiabili tra loro, copie apocrife di sacri graal per l'ostensione di un appagamento indispensabile quanto effimero: la cultura dell'eccesso insostenibile e dello spreco fastidioso [Bauman, Z., (2004), Wasted lives. Modernity and its Outcasts, Polity Press], che a sua volta, fingendo di nasconderlo, genera sfruttamento, inquinamento, squilibrio, abbandono, infelicità, bruttezza, disarmonia e indegnità.

Il diritto alla civiltà e alla città, ovvero quello di disporre di spazi pubblici (ed organismi politici, da πόλις polis) adeguati ad esercitare questi diritti (sia i contenitori che i contenuti sono preziosi beni comuni): strade e piazze (ἀγορά agorà), un tempo forma fisica della partecipazione collettiva, oggi per lo più sostituite da piazze televisive che trasformano la partecipazione in tifo, o informi luoghi digitali che surrogano la presenza fisica e radicalizzano il dibattito pubblico, senza creare né reale comunicazione, né efficaci azioni comuni né comunità di riferimento. Ma anche scuole, musei, biblioteche, archivi, siti archeologici, per insegnare, proteggere ed esporre le opere del passato che danno un significato e un valore al presente e una direzione verso il futuro; teatri, impianti sportivi, parchi, sale da musica e cinema, luoghi dell'intrattenimento e dell'ozio più o meno impegnato; edifici di culto, luoghi di spiritualità; ospedali, strutture sanitarie, luoghi di cura; uffici, fabbriche, luoghi di lavoro e di reddito. Luoghi essenziali per la qualità della vita, che non solo arricchiscono ma interpretano l'identità e costituiscono il legame di una comunità, e la cui assenza determinerebbe la desertificazione socio-economica della città. 


Questi diritti spettano a tutte e tutti noi attuali abitanti della Terra, così come il dovere di tutelarli vicendevolmente l'un l'altra, anche per conto delle e degli indifese/i, e soprattutto di quelle/i che verranno, che sono l'Altra/o per eccellenza, perché come saranno le generazioni future ci è del tutto ignoto e imperscrutabile: se il primato della dignità della persona umana non può avere limiti geografici o razziali non può averne nemmeno temporali, chi ancora non esiste ha già diritto di vivere dignitosamente nel mondo che gli lasceremo in eredità. Da ciò deriva l'obbligo di salvaguardia della biosfera, il bene comune più importante, riconosciuto da tutta la comunità scientifica mondiale, protetto da tutte le religioni (solo a titolo di esempio: Papa Francesco con la sua enciclica Laudato sii – sulla cura della casa comune e la successiva esortazione Laudate Deum) e difeso dal nascente settore della giustizia climatica. Infatti la sentenza del 23 luglio 2025 della Corte Internazionale di Giustizia dell'ONU «sostiene che non è pensabile che gli Stati proteggano i diritti umani senza adottare azioni sul clima».