Come appena detto, «È quindi conveniente essere prudenti, cioè saggi: e per esserlo occorre una buona memoria delle cose passate, una buona conoscenza delle cose presenti e una buona previsione delle cose future». Uno sguardo all'eredità del passato può schiarire l'orizzonte e permetterci di immaginare i futuri scenari urbanistici e architettonici delle relazioni umane più varie. La tradizionale triade firmitas (solidità), utilitas (utilità) e venustas (bellezza) proposta da Marco Vitruvio Pollione nel trattato De Architectura (circa 15 a.C.) è un buon punto di partenza, se reinterpretata con prospettiva moderna: «Tutti questi edifici devono avere requisiti di solidità, utilità e bellezza. La solidità si ottiene quando le fondamenta, costruite con materiali scelti con cura e senza avarizia, poggiano profondamente e saldamente sul terreno sottostante; l'utilità deriva da una distribuzione giudiziosa delle parti, in modo che i loro scopi siano debitamente soddisfatti e che ciascuna abbia la sua giusta collocazione; la bellezza, infine, è prodotta dall'aspetto gradevole dell'insieme e dalle dimensioni di tutte le parti debitamente proporzionate tra loro grazie al calcolo giudizioso delle simmetrie».

Di questa triade, la firmitas, la capacità di continuare ad esistere nel tempo, riguarda più che altro la nostra conoscenza della Natura e della materia e la capacità di rispettarne le regole:

FIRMITAS (materia) NATURA: la stabilità o la durata si traduce in e impone la sostenibilità dell'edificio: bisogna quindi selezionare biomateriali (preferibilmente di origine vegetale per la loro capacità di immagazzinare CO2), la cui produzione e gestione durante l'intero ciclo di vita non crei squilibri ambientali o sociali (senza avarizia nei confronti del pianeta Terra e dei suoi abitanti); affidarsi ai parametri scientifici misurabili della Valutazione del Ciclo di Vita, dell'energia grigia, ecc. per evitare o ridurre al minimo il consumo di risorse non rinnovabili o lentamente rigenerabili, le emissioni di sostanze inquinanti e alteranti il clima, ecc.

Lutilitas, la capacità di continuare ad essere utile nel tempo, riguarda l’impiego produttivo delle risorse:

UTILITAS (forma + funzione) ECONOMIA: è il risultato della combinazione efficace ed efficiente di forma e funzione, sia che si tratti di costruire ex novo da zero (“form follows function”) sia che si riutilizzi ciò che è già stato costruito (functions fit forms); lasciando da parte rivendicazioni di primogenitura e preminenza tra l'una e l'altra, in un pianeta finito e ipersfruttato non possiamo più permetterci alcuno spreco di energie, risorse, materiali ma anche di volumi esistenti e superfici non edificate, che sono preziose per il WEF Nexus (Water- Energy-Food).

In analogia, la venustas è la capacità di continuare ad incarnare bellezza nonostante lo scorrere del tempo:

VENUSTASSOCIETÀ (progetto = idea + valore): la venustas (da Venere, dea della bellezza e dell'amore) per Vitruvio infatti NON è la bellezza basata sul gusto e sulla percezione personali (piace a me quindi è bello), o peggio, su linguaggi stilistici transitori o effimeri dettati dalle convenzioni ideologiche o dalla moda generalista e consumistica (è bello perché lo dicono gli altri), o peggio ancora, corrispondenti a quel lusso esclusivo e ostentato che solo certe classi benestanti possono permettersi (costa molto quindi è bello). Non è semplice coincidenza se nel suo trattato Vitruvio preferisca utilizzare il termine più comune pulchritudo per caratterizzare la varietà degli edifici privati. Per quelli pubblici, destinati a dare 'bella' forma e immagine all'Impero Romano, usa invece l'emanazione lessicale divina venustas che identifica un concetto di bellezza basato sull'armonia e la proporzionalità delle singole parti tra loro e tra queste e la globalità dell'insieme, in coerenza con il contesto urbano e naturale e con la funzione religiosa, amministrativa o sociale dell'opera (gli elementi materiali e/o spaziali dell'edificio, gli edifici circostanti, la città, il contesto ambientale, lo Stato). Per spiegare questo, Vitruvio invoca categorie come symmetria e άναλoγlα (proporzione), statio (concordanza della struttura architettonica con il luogo, in seguito chiamata genius loci) e decor, che consiste «nell'aspetto bello di un'opera priva di difetti, le cui parti rispondono a un calcolo preciso ottenuto rispettando la consuetudine e la natura». È utile ricordare che Marco Tullio Cicerone nel De Officiis (trattato di etica pratica relativo all'azione sociopolitica  progettato per trasmettere gli ideali della moralità tradizionale e contribuire all'apprendimento filosofico e all'educazione politica, scritto intorno al 44 a.C.) afferma che la venustas è la versione femminile della dignitas e la identifica con la grazia che nasce dall'armonia e dalla proporzione, e quindi dona gioia e soddisfazione (quante analogia con gli effetti del Bene Comune dell'Allegoria del Lorenzetti!). In questo echeggia il concetto greco di kalokagathìa καλοκαγαθία, che deriva dalla fusione delle due parole bello e buono e indica l'ideale di perfezione fisica e morale (di virtù e giustizia) che ogni persona dovrebbe sempre perseguire nella sua vita. Sia decor che dignitas derivano dal verbo decēre, con il significato di essere adatto, adeguato, conveniente di atti rispetto e in relazione a un'entità superiore. La dignitas incarna un valore (morale, sociale, intellettuale, spirituale) che ispira stima, ammirazione, rispetto ed emulazione, e per questo motivo è rivestita di distinzione, superiorità, prestigio, autorità, eccellenza. Per Sallustio, “degno” è anche sinonimo di “ponderato, misurato, equilibrato, giusto”, ad esempio quando è associato a una punizione degna, proprio per indicare il senso di equilibrio e proporzione che dovrebbe essere impiegato nel giudicare. Nell'oratoria ciceroniana, dignitas si riferisce spesso alle virtù del politico, tanto rispettabili quanto ispirate a aequitas, clementia, fides, pietas, sapientia.

La Venustas era quindi il requisito straordinario di armonia e bellezza che dovevano raggiungere gli edifici pubblici per essere degni di rappresentare gli universali valori ideali dell'Impero Romano e del suo primo Imperatore Ottaviano Augusto, cui è dedicato il trattato di Vitruvio. L'entità superiore cui si riferisce e che determina la bellezza è la stabilità sociale e la prosperità economica e culturale della Pax Augustea, l'età d'oro del mondo allora governato da Roma (fondata dai discendenti di Enea, figlio e protetto di Venere, dea della bellezza). E oggi, di cosa deve essere degna l'Architettura per potersi definire bella? 

Firmitas e utilitas oggi si combinano in un ulteriore binomio: sostenibilità e resilienza (raggiungere un nuovo equilibrio dopo un evento critico), concetti chiave per la circolarità dell'architettura, che nella progettazione e nella realizzazione su qualsiasi scala deve adottare la logica di RIDURRE, RIUTILIZZARE, RICICLARE. È quindi essenziale riprendere le abitudini del passato: riutilizzare il più possibile l'esistente e, quando indispensabile, demolire in modo selettivo, non considerare il materiale alla fine del suo ciclo di vita come un rifiuto ma come una risorsa;  costruire il nuovo avendo chiaro fin dall'inizio cosa fare con i materiali e i volumi alla fine del loro ciclo di vita (ecodesign, design for disassembly, ecc.). Il rapporto forma-funzione, da antico binomio sostenibile strettamente legato ai materiali, alle tecniche, al know-how, ai valori e alle consuetudini locali, oggi offre soluzioni troppo identiche per ogni contesto territoriale, basate sull'ampio utilizzo di tecnologie e sistemi come unica risposta ai criteri di espressione estetica, comfort e abitabilità degli edifici:  un'architettura monotona, quasi indifferente e incapace di stabilire un legame autentico con la storia, i valori e la natura del luogo che interviene per modificare e creare. Triadicamente riunite alla venustas, impongono la responsabilità di prendersi cura e proteggere la permanenza sia dell'unicità dei luoghi (quartiere, città, territorio, pianeta) sia della dignità delle comunità attuali e future che vi abitano, formando un'entità sistemica, equilibrata e organica su cui operare con grazia,  armonia e rispetto per tutte le componenti di valore storico, ambientale, economico, sociale ed etico, nel senso più ampio possibile di genius loci: un'architettura che è bella perché ontologicamente buona, capace a sua volta di conferire benessere e dignità alla collettività e di indirizzarla verso comportamenti onesti e virtuosi e verso correlazioni rispettose ed equilibrate con l'ambiente che la ospita.


Restando sul tema della dignità, l'Accademia della Crusca riporta che "una delle prime attestazioni dell’aggettivo degno è in un verso del Cantico di Frate Sole: "Ad te solo, Altissimo, se konfano, / et nullu homo ène dignu te mentovare", mentre la parola dignità (anche nelle varianti dignitate, dignitade, e altre ancora) compare in testi perfino precedenti, come il Ritmo su sant’Alessio della seconda metà del XII secolo". Tra le citazioni ivi proposte copio queste:

"A tutti sia ridata la parola, perché senza la parola non c’è dignità e quindi neanche libertà e giustizia". (Papa Francesco, discorso in commemorazione di Don Milani, Barbiana, 20/6/2017)

"Si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengano tolti la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede: sarà un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di dignità e discernimento, poiché accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso; tale quindi che si potrà a cuor leggero decidere della sua vita o morte al di fuori di ogni senso di affinità umana." (Primo Levi, Se questo è un uomo, Einaudi, 1958)

"Neppure io vorrei esser digerito! – soggiunse il Tonno – ma io sono abbastanza filosofo e mi consolo pensando che, quando si nasce tonni, c’è più dignità a morir sott’acqua che sott’olio." (Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio, 1883)