Quando un’organizzazione sociale va in crisi - solitamente perché troppo rigida per affrontare i cambiamenti (ad esempio il passaggio di consegne tra generazioni o etnie, gruppi, etc., oppure una crisi politica o militare) - le ripercussioni sul mondo economico e sull’ambiente sono immediate. Come nell'esempio precedente sono gli strati sociali più deboli a farne le spese. 

Per evitare eventi più recenti e ancora dolorosi (e quando ho iniziato a scrivere questa riflessione mai avrei immaginato che si potesse scatenare un nuovo conflitto in Europa) ho preso l'esempio della Prima guerra mondiale, generalmente definita come il collasso del precedente equilibrio Bismarkiano. Ha causato circa 17 milioni di morti (tra militari e civili), circa l'1,8% della popolazione mondiale, e conseguenze come la terribile epidemia di Spagnola (tra i 20 e i 50 milioni di morti) e, complice un trattato di Pace mal scritto e gestito peggio, un secondo conflitto mondiale. 

Si definisce economia di guerra l'adeguamento di un intero sistema produttivo nazionale allo sforzo bellico: ciò trasforma completamente l'organizzazione di uno Stato, facendo del conflitto, degli armamenti e del mantenimento dell'esercito le priorità assolute. Interi settori – a partire dall'industria metallurgica - vengono convertiti alla produzione di armamenti. Ogni risorsa disponibile è spinta in quella direzione, drenandole non solo dai comparti che hanno trasformato i propri impianti ma anche da altri settori, come quello alimentare, caratterizzato da un forte razionamento dei beni, che genera a sua volta forme illegali di commercio ('borsa nera').

Riguardo alle conseguenze sull'ambiente, a più di 100 anni dalla fine della guerra tra Lille e Verdun ci sono aree ancora  interdette perchè contaminate.

[riprendo da Wikipedia] La Zone rouge è una catena di aree non contigue attraverso il nord-est della Francia che il governo francese decise di isolare impedendone l'accesso e qualsiasi utilizzo dopo la prima guerra mondiale perché completamente devastate, senza possibilità di bonifica e di vita umana.. Questi territori, che in origine si estendevano per più di 1 200 chilometri quadri, erano stati devastati e contaminati dalla armi utilizzate durante la guerra, da rendere troppo pericoloso l'abitarci o addirittura il transitarvi. Piuttosto che procedere a una bonifica immediata, tali aree vennero espropriate nel 1919 e si preferì che si naturalizzassero. Sono saturate di ordigni inesplosi tra cui molti proiettili caricati con aggressivi chimici, granate e munizioni varie molto degradate, ed il suolo è gravemente inquinato dal piombo, mercurio, cloro, arsenico, composti chimici nocivi o velenosi, acidi e resti di migliaia di cadaveri. Vi sono migliaia di bunker sepolti contenenti munizioni convenzionali e chimiche. Ogni anno vengono recuperate più di 30 tonnellate di ordigni inesplosi, di cui il 2% è caricato con aggressivi chimici, principalmente Iprite. Secondo l'agenzia governativa francese Sécurité Civile ci vorranno non meno di 700 anni perché l'area sia completamente bonificata. Alcuni sondaggi svolti nel 2005–06 hanno rinvenuto fino a 300 ordigni/10 000 m2 nei primi 15 cm di suolo delle aree più contaminate. Nel 2007 alcune aree rimanevano completamente interdette al pubblico. Per esempio due aree intorno a Ypres e la Lorena dove il 99% della vegetazione ancora non attecchisce, a nord di Verdun, in un'area denominata localmente place à gaz (il posto dei gas) furono ammassate ed incendiate, negli anni venti del novecento, le munizioni caricate a gas di arsenico, il soprassuolo è costituito da queste ceneri dove l'arsenico può arrivare a concentrazioni di 175,907 mg/kg in alcuni campioni.

Qui un suggerimento per approfondire. Qui uno che documenta le operazioni per disinnescare in Germania nel giugno 2025 bombe inesplose della seconda guerra mondiale. E qui un'altro che documenta la persistente nocività delle armi chimiche utilizzate nella guerra del Vietnam.