Dio, concedendo all’uomo poteri divini (quasi pari ai suoi) sottovaluta l’esuberanza e l'inesperienza della sua giovane creatura.
Riprendo da "La natura secondo le varie religioni":
Rav Elio Toaff , in una conferenza tenuta a Milano nel 1974, ha affermato riguardo al racconto sulla creazione della Genesi: “Da questo primo racconto emerge un dato di grande importanza: mentre le piante, gli animali, i pesci furono creati dalla parola del Signore che si tramutava in attività spontanea della natura, l’uomo venne creato, venne formato, da Dio stesso. C’è in questo fatto un profondo significato. Mentre la parola divina suscita le forze della natura che danno origine alle piante ed agli animali, l’uomo viene distinto da ogni altro essere creato e viene fatto da Dio come un prototipo da cui poi nascerà il genere umano. Evidentemente è questo un segno notevole della benevolenza di Dio verso l’uomo, che ne rispecchia l’immagine e la somiglianza. L’immagine, in quanto è uno come il suo creatore è uno, la somiglianza, perché ne può imitare l’azione, la potenza creatrice. Nel momento stesso in cui Dio cessa di creare, l’uomo ne continua l’azione e diviene in tal modo suo collaboratore nell’opera della creazione. Il Signore poi benedice con identica espressione piante, animali e uomo, invitandoli a crescere ed a moltiplicarsi. Ma per l’uomo aggiunge l’invito a dominare la terra e quanto in essa si trova sì che siano a lui soggette la terra stessa, le piante e gli animali. Mentre il Signore aveva – in un primo momento – creato un perfetto equilibrio nel creato, ora può sembrare – col dominio dell’uomo sulla terra – che tale equilibrio possa essere minacciato. Infatti, se quel potere concessogli venisse inteso come permissione di ogni arbitrio da parte dell’uomo, lo sconvolgimento dell’ordine dato da Dio alla natura potrebbe apparire giustificato. Ma non è così che si deve intendere il potere dell’uomo sul creato: egli è autorizzato solo a servirsi e a godere di ciò che Dio ha messo in essere, ma non può e non deve alterare quell’equilibrio per il quale il Signore, contemplando ciò che aveva fatto, giudicò essere tov meod: perfetto. In questa perfezione riscontrata al termine della creazione c’è implicito il concetto che ogni alterazione apportata dall’azione dell’uomo mette in pericolo quella perfezione, che è divina, per sostituirla con un altro ordine non più divino ma umano, quindi imperfetto e limitato. Rav Toaff cita poi una parabola dei Rabbini, che esprime il compiacimento del Signore per l’opera della creazione: “C’era una volta un re che si era costruito un bel palazzo e guardandolo se ne compiaceva, tal che parlandogli quasi fosse una persona gli disse: ‘ o palazzo, o mio palazzo, magari tu riuscissi a destare sempre in me il fascino che hai in questo momento!’ Nello stesso modo Iddio apostrofò il mondo che aveva creato dicendo: ‘o mondo, o mio mondo, magari tu riuscissi a destare sempre in me quel compiacimento che susciti in questo istante!’ “. Rav Toaff sottolinea che i “Rabbini fin dalla più lontana antichità si rendevano conto di come l’uomo avrebbe potuto alterare l’opera di Dio e modificarla fino a farle perdere quel fascino, quella bellezza, quella armonia che avevano suscitato nel Creatore quel sentimento di soddisfazione e di compiacimento che gli fecero trovare bellissimo ciò che aveva fatto”. Si può arrivare ad affermare che “il mondo è stato creato in funzione dell’uomo, che ha la supremazia su tutti gli altri esseri, e sulla terra stessa, che gli è stata concessa come fonte del suo sostentamento e del suo benessere. Ma tutto questo non deve inorgoglire l’uomo che, sia: pure nella sua posizione di privilegio, non ha il diritto di ritenersi il centro dell’universo, il padrone dispotico di tutto ciò che esiste. Egli deve sempre ricordare che al di sopra di tutto c’è Dio e che nessuno, neanche l’uomo, può permettersi alcun arbitrio nei confronti di quell’armonia e di quell’equilibrio, che Egli pose nel mondo soprattutto per la felicità e per il benessere del genere umano”.