Legare rami e tronchi, tessere frasche, ma anche cucire e intrecciare relazioni, e poi unire queste in solide trame che diventino il tessuto collettivo di una società: nelle immagini a destra si vede non più il solo Adamo vs la natura, ma più esseri umani che lavorano insieme. Se l'Architettura è costruirsi la propria casa, l’Urbanistica nasce dalla stabile aggregazione di dimore e di dimoranti, che si basa sulla fiducia reciproca e sul prendersi cura anche delle altre e degli altri. In un circolo virtuoso, è con l’aggregazione in clan, in tribù, in villaggi, e poi in città e nazioni e stati che aumentando la specializzazione dei ruoli in base alle caratteristiche positive, come la forza, l’intelligenza, l’esperienza, il carisma, si sviluppa anche la cura verso le specificità negative, come l’infanzia, la vecchiaia, le malattie e i traumi: l’antropologa Margaret Mead indica la cura dell'altro come primo segno di civiltà. Rappresenta un ulteriore scatto della civiltà il momento in cui la cura da gesto occasionale diventa consuetudine e poi diritto garantito dalla società. In maniera analoga il tema dei diritti e dei doveri si sviluppa proporzionalmente alle città ed alle nazioni, cioè con la crescita delle organizzazioni societarie. Ricapitolando: la città è il luogo fisico delle relazioni, in cui si sviluppa il diritto-dovere alla cura reciproca degli abitanti, ovvero curarsi del bene della comunità che la abita. Gli edifici a ciò dedicati sono fondamentalmente beni comuni: municipi, ospedali, scuole, tribunali etc; ma anche (lo ricorda spesso Settis) musei, teatri, archivi, biblioteche, etc. Oltre al tessuto connettivo che li lega: strade, piazze, lampioni, acquedotti, reti elettriche, fognature, etc. Elementi fisici che a loro volta mantengono collegati i singoli individui alla comunità.

L’architettura si occupa della cura del bene comune attraverso la cura dell’edificato: del nuovo, ma anche dell’antico. Il restauro, la ristrutturazione così come la sostituzione edilizia e tutto ciò che afferisce alla conservazione del patrimonio costruito è in tutta evidenza attività di cura. Attività divenuta scienza che applica protocolli di intervento periodicamente aggiornati: la Carta di Atene del 1931, la Carta di Venezia del 1964 (evoluzione post ricostruzione della II guerra mondiale), la Dichiarazione di Nara del 1994, focalizzata sulla tutela della diversità e della autenticità del patrimonio culturale (nel mondo anglosassone si usa il termine heritage eredità, che trovo più neutrale e orientato alla responsabilità ed al futuro rispetto ai vocaboli neolatini patrimonio, patrimoine che secondo me pesano un po' di patriarcato passatista: dobbiamo dare valore a questa casa, questa città, questo paese e questo pianeta solo perchè provengono dai nostri padri (alle madri semmai spetta amministrare il matrimonio) , o è più impegnativo pensare a ciò che lasceremo alle nostre figlie e dei nostri figli e nipoti?).

A far quadrare il cerchio, credo che la seguente sia una efficace definizione dei diritti-doveri alla base del bene comune (materiale e immateriale): prendersi cura delle proprie ed altrui eredità (quelle ricevute, quelle che si donano) e diversità e permettere così ad ognuna e ognuno di vivere con libertà e completezza la propria individuale autenticità.