[Riprendo una recensione di Maurizio Boldrini sulla pubblicazione Operazione Buon Governo. Un laboratorio di comunicazione politica nell’Italia del Trecento di Gabriella Piccinni] Il libro contiene il mio desiderio di avvicinarmi un po’ al “mistero” della forza comunicativa del Buon Governo, quella forza che fa sì che un bambino ne tragga qualcosa di suo quanto un dotto, o che noi ci troviamo ogni tanto a parlarne come se Ambrogio Lorenzetti gli avesse dato oggi le ultime pennellate. Partendo dell’elemento decisivo, quello dell’efficacia comunicativa del ciclo del Buongoverno, l’autrice mostra nel volume, e propone in questa conversazione, che questo risultato è determinato dalla capacità di Ambrogio Lorenzetti di mostrare come realizzati, e ancora realizzabili, i tratti dell’utopia politica elaborata dai regimi di Popolo, trasformandola in un racconto circolare che ritorna sia a un pubblico abbastanza colto da apprezzare il gioco ‘letterario’ e le metafore dotte, sia a molta parte della gente comune. Così facendo si è rinnovato il linguaggio della comunicazione politica. Per questo provo a comprendere quale sia stato il modo nuovo con il quale questo è stato fatto in quest’opera: un capolavoro tra i più visti e commentati che prende corpo tra le tensioni dell’economia e della politica nella tumultuosa realtà sociale da cui l’opera nasce. E di cui è specchio e lente d'ingrandimento.