[Riprendo da Wikipedia:] L'apprendista stregone è un poema sinfonico composto nel 1897 dal francese Paul Dukas (titolo originale L'apprenti sorcier) che traduce in musica l'omonima ballata di Wolfgang Goethe Der Zauberlehrling scritta esattamente cento anni prima: uno stregone si assenta dal proprio studio, raccomandando al giovane apprendista di fare le pulizie. Questi si serve di un incantesimo del maestro per dare vita a una scopa affinché compia il lavoro al posto suo. La scopa continua a rovesciare acqua sul pavimento, come le è stato ordinato, fino ad allagare le stanze: quando si rende conto di non conoscere la parola magica per porre fine all'incantesimo, l'apprendista spezza la scopa in due con l'accetta, col solo risultato di raddoppiarla, perché entrambi i tronconi della scopa continuano il lavoro. Solo il ritorno del maestro stregone rimedierà al disastro. La morale della ballata è chiara: meglio non cominciare qualcosa che non si sa come finire.


Nel film di animazione Fantasia, prodotto da Walt Disney nel 1940, L'apprenti sorcier venne utilizzato come colonna sonora del terzo cortometraggio: Topolino, calcatosi in testa il cappello (la conoscenza del Bene e del Male?) dello stregone Yen Sid (Disney al contrario), esegue l'incantesimo (il progresso tecnologico?), ma non riesce a bloccarne le conseguenze (il cambiamento climatico?). Cerca nuove istruzioni per arrestare il fenomeno, ma finisce nel vortice delle acque (l'innalzamento del livello del mare?). Sarà infine salvato dall'intervento dello Stregone-Mosé-Dio che divide e fa ritirare le acque.

Da rileggere nell'attualità anche il quarto episodio di Fantasia, basato sul balletto di Igor' Fëdorovič Stravinskij La sagra della primavera (titolo originale francese Le Sacre du printemps, in russo Весна священная) che mostra l’evoluzione della vita sulla terra dal Big Bang alla comparsa dei dinosauri (in forte reciproca competizione) fino alla loro estinzione per colpa del cambiamento climatico provocato dalla collisione dell'asteroide. Struggente vedere i dinosauri sopravvissuti vagare in un paesaggio assolato e spettrale in cerca di cibo e acqua, trovando nient'altro che pozze prosciugate, rami, alberi in rovina e fango. Il vento soffia e alcuni dinosauri crollano, perfino il dominatore T. rex. Nella scena successiva vediamo impronte e ossa dei dinosauri, ormai estinti, spazzate via da un improvviso terremoto. In netto contrappunto col finale salvifico dell'episodio precedente, questo si chiude con una tempesta che allaga la Terra, trasformandola in un mare infinito.


L'analogia tra Adamo  e l'apprendista stregone può essere estesa anche a Prometeo?


[Riprendo un articolo di Amaranta Sbardella] "Se nel Medioevo, ad esempio in Boccaccio, Prometeo è il sapiente che ha affrancato l’uomo dalla condizione primitiva, più avanti, con Rousseau, diventerà colui che ne ha corrotto il felice stato naturale. Senza il fuoco, senza la tecnica, l’uomo primitivo era sereno, e non avrebbe pensato a farsi la guerra né avrebbe strumentalizzato il progresso per i propri fini. Se da e con Prometeo ha avuto tutto inizio, filosofi come Hans Jonas e Günther Anders chiamano in causa proprio il titano quando cercano una nuova etica che ponga freni alla tecnologia. Nella mente, allora, risuonano ancora le parole che Mary Shelley (la quale intitola il romanzo scritto nel 1818 Frankenstein o il moderno Prometeo) aveva fatto pronunciare al suo Victor Frankenstein, parole profetiche di un Prometeo già sconfitto: «Imparate da me, se non dai miei consigli, almeno dal mio esempio, quanto sia pericolosa l’acquisizione della conoscenza e quanto è più felice quell’uomo che crede che la sua città natia sia il mondo rispetto a colui che aspira a diventare più grande di quanto la sua natura gli permetta». 

[riprendo dalla prefazione de Il principio responsabilità di Hans Jonas] Il Prometeo irresistibilmente scatenato, al quale la scienza conferisce forze senza precedenti e l’economia imprime un impulso incessante, esige un’etica che me­diante auto-restrizioni impedisca alla sua potenza di di­ventare una sventura per l’uomo. La consapevolezza che le promesse della tecnica moderna si sono trasfor­mate in minaccia, o che questa è indissolubilmente con­giunta a quelle, costituisce la tesi da cui prende le mos­se questo volume. Essa va al di là della constatazione della minaccia fisica. La sottomissione della natura fina­lizzata alla felicità umana ha lanciato col suo smisurato successo, che coinvolge ora anche la natura stessa dell’uomo, la più grande sfida che sia mai venuta all’esse­re umano dal suo stesso agire. Tutto è qui nuovo, dissi­mile dal passato sia nel genere che nelle dimensioni: ciò che l’uomo è oggi in grado di fare e, nell’irresistibile esercizio di tale facoltà, è costretto a continuare a fare, non ha eguali nell’esperienza passata, alla quale tutta la saggezza tradizionale sul comportamento giusto era im­prontata. Nessuna etica tradizionale ci ammaestra quin­di sulle norme del «bene» e del «male» alle quali vanno subordinate le modalità interamente nuove del potere e delle sue possibili creazioni.