Qualsiasi visione strategica e lungimirante deve basarsi su una corretta e prudente valutazione dell'esperienza: EX PRAETERITO / PRAESENS PRVDENTER AGIT / NI FVTVRA(M) ACTIONE(M) DETVRPET «Basandosi sul passato / il presente agisce con prudenza / per non rovinare le azioni future» è il motto dipinto nell'Allegoria della Prudenza (1565-70) di Tiziano, che riecheggia le parole di Dante (Convivio, IV, 27; 1304-1307): «È quindi conveniente essere prudenti, cioè saggi: e per esserlo occorre una buona memoria delle cose passate, una buona conoscenza delle cose presenti e una buona previsione delle cose future» (non a caso la Prudenza è la prima virtù a destra del Bene Comune nell'affresco del Lorenzetti). In una versione più apocalittica i tre tempi sono gli spiriti che nel Canto di Natale di Dickens (1843) visitano l'avaro Scrooge per ammonirlo di come le azioni compiute (o non compiute) nel passato e nel presente influenzeranno il suo futuro, inducendolo ad una repentina conversione: «Le azioni degli uomini prefigurano determinati fini, ai quali, se perseverano, devono condurre», disse Scrooge. «Ma se si abbandonano quelle azioni, i fini cambieranno. Dimmi che è così per ciò che mi stai mostrando».
Stiamo parlando del dinamico equilibrio che riconosce la validità della tradizione e l'ineluttabilità del cambiamento; l'esigenza di fissare e preservare delle regole definitive e dei confini stabili e la contrapposta necessità di metterle immediatamente in discussione e travalicarli. Ma anche dell'incrollabile mito del Passato e dell'allucinato slancio verso il Futuro. Vale per ogni campo dell'azione e del pensiero umano, dalle scienze (passatisti vs innovatori) alla politica (conservatori vs progressisti) alle banali condotte di propria vita quotidiana o delle dinamiche tra vecchie e nuove generazioni.
L'Architettura, scienza ibrida che unisce e sintetizza le esperienze, le tecniche, i mestieri e le arti del creare e modificare i grandi e piccoli spazi delle relazioni e delle azioni umane, è esattamente questo: una porta, un ponte, una strada, il solido cavo o il filo tenue che tiene uniti passato, presente e futuro. Nota Bene: un futuro le cui prospettive, nonostante le prese di coscienza del 1972 (Conferenza di Stoccolma e pubblicazione di The Limits to Growth), sono state sempre più oscurate dall'eccessivo sfruttamento delle risorse del pianeta, dall'accelerazione della crescita demografica, dall'inquinamento della biosfera e dai cambiamenti climatici di origine antropica. Ignorare quell'avvertimento non ha certo cancellato l'urgenza di agire; al contrario, questa risulta ulteriormente accelerata dalla recente pandemia Covid-19 e dall'aggravarsi delle tensioni geopolitiche che amplificano le disuguaglianze esistenti e alimentano conflitti sanguinosi e migrazioni forzate. Stiamo sperimentando situazioni e paesaggi apocalittici con effetti devastanti sulla sopravvivenza dell'umanità: ciò richiede, qui e ora, correzioni radicali di rotta e impegni definitivi che non sono facili né privi di conseguenze, ma che non possono più essere rimandati; e coinvolge noi architetti in prima linea, chiamati a essere protagonisti, se non portabandiera, della transizione (traduzione? conversione?), in virtù dell'etimologia del termine arkhitéktōn ἀρχιτέκτων (il primo o la guida dei tecnici, oggi coordinatore facilitatore del cambiamento) e dell'essere allo stesso tempo scienziati e artisti, ovvero in entrambi i casi attenti osservatori dell'attualità e fantasiosi creatori delle forme e delle identità della futura umana società.
Resta però la questione su quale sia l'approccio più incisivo: il lento, costante e faticoso lavoro di pialla di organizzazioni sovranazionali come l'ONU smussa divergenze e crea duraturi accordi e sinergie; purtroppo viene spesso glorificato negli annunci e disatteso nei fatti ma anche improvvisamente rifiutato, come attualmente con la seconda presidenza di Donald Trump (2025-2029), che alla politica multilateralista e cooperativa preferisce approcci individualisti, spesso ruvidi, improvvisati e ondivaghi. L'attivismo di Thunberg, non offrendo soluzioni immediatamente praticabili se non cambiamenti drastici e politicamente impegnativi, viene tradotto in allarmismo catastrofista (la nefasta ma veritiera profezia di Cassandra), di conseguenza alimenta sia l'opposizione del negazionista che l'inerzia del fatalista (come nei precedenti esempi de Il nemico del popolo e di Don't Look Up) dirompenti nella dimensione dei web social. Nel 1994 Alex Langer scrisse che "la conversione ecologica potrà affermarsi soltanto se apparirà socialmente desiderabile". Ancora non siano riusciti a trovare soluzioni convincenti ed efficaci. Ma la sabbia della parte superiore della clessidra è sempre meno e scorre veloce in basso. Finora nessuno è mai riuscito a invertirne il flusso.