Giacomo

Intono a quel cercare nel vuoto della mente, Giacomo stava iniziando a porre dei vincoli per un appiglio di salvezza. Aveva intrapreso un percorso di guarigione, come lo chiamava. Voleva provare a ruotare l'occhio di lettura per dare un significato differente alle sue assenze interiori. Provare a rileggersi con un occhio estraneo e iniziare a dare pace alla sua anima.

Il percorso implicava un viaggio nelle differenti dinamiche di risposte alle situazioni storiche.

Era un vero incamminarsi nella memoria, con la consapevolezza che l'indagare non doveva portarlo all'auto-assoluzione, ma al recupero di sensibilità.

In tutta quella introspezione affioravano le distorsioni di quella parte di sé che non aveva mai avuto un luogo, uno stato. Quella parte segreta a cui era stata preclusa una possibilità di realizzazione, e via, via che indagava scopriva i sensi e le ragioni degli altri.

Era stato come sordo al campo, alle necessità di chi lo aveva conosciuto; così avvitato in se stesso aveva perso la bellezza dell'altro e di riflesso di sé.

Questo suo viaggio nelle emozioni lo apriva alla vita e gli lasciava leggere tutte le strettoie sentimentali e razionali in cui si era condannato, condannando anche quelli che lo avevano amato.

Scoprì così di essere un mite e quella rabbia dentro era la consapevolezza di essere nudo di fronte alla vita. Di non avere in sé scorte di discorsi per controbattere alla prepotenza o per rasserenare il senso d'inadeguatezza.

In tutto quel riaffiorare, emergeva nitido il volto dell'unica donna che avesse segnato veramente la sua vita confusa.

Di Cinzia ricordava uno sguardo che allora leggeva di dipendenza. Era stata nei suoi confronti di una docilità scabra, priva di remore e lui non aveva capito nulla di lei. L'aveva, anzi sopraffatta, scaricandole contro tutte le sue angosce. Sordo a tutto.

Ogni qual volta sentiva l'abisso farsi prossimo, gli bastava pensarla, rivederla con quel particolare sguardo e tutto si schiariva.

Non poteva limitarsi al ricordare, doveva compiere un atto più estremo, del resto tutta la sua vita aveva toccato gli estremi.

Doveva ritrovarla.

Sentiva come un compito in sé, anche se non era facile ripresentarsi, a distanza di tanti anni, nella vita di qualcuno, per chiedere scusa.

Egli aveva bisogno non di un perdono, sentiva di non averne il diritto, ma di dirle che finalmente aveva capito. Finalmente i suoi occhi si erano aperti alla sua verità di donna.

Assunse un esperto in indagini, mentre mentalmente provava a scriverle. Non voleva crearsi spettri, ne aveva abbastanza di fantasmi mentali, ma aveva bisogno di ricollocare tutto il passato, di riassettare tutte le buche del suo cuore.

Cinzia era il fosso più grande!

Comprendeva che da tale vuoto doveva ripartire e per farlo aveva bisogno di lei più di prima.

Aveva bisogno di saperla felice. Di sapere che almeno lei si era salvata, almeno lei aveva saputo dare un senso alla vita.

Strano come il tempo sveli gli inganni e le cecità. Solo la distanza fa cogliere i sensi profondi delle cose, poiché cadendo le gabbie logiche, ogni idolatria si mostra per se stessa.

In tale vuoto emergeva in Giacomo nuda tutta la verità, come nasce una bambina da un parto, quella bambina a cui lui aveva negato la paternità!



Antonia Colamonico

Acquaviva delle Fonti, 7 giugno 2011



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