Alessandro

L'hostess stava avvisando sull'arrivo a Boston, tra poco Alessandro sarebbe sceso, sentì un brivido lungo la schiena e una morsa di gelo. Allacciò la cintura di sicurezza e chiuse gli occhi.

Ebbe un flash, lui bambino che nuotava in acqua alta con i braccialetti rossi, insieme ai suoi genitori che lo rincalzavano, ridendo. Era in settembre, il mare era più cupo, gli scogli deserti. Quelle giornate rubate all'estate e alla scuola si erano impresse nella memoria insieme a quella libellula che volava a pelo d'acqua e lui e sua madre immobili per non spaventarla. Vederla sui libri era già un piacere, ma sperimentarne la sinuosità, la trasparenza e la leggerezza era altra cosa. Sentì una fitta. Come erano così felici, così fuori dal tempo.

Quando si è felici, veramente felici, il tempo scompare per incanto e si è spazio, semplicemente spazio che invade ogni angolo, intorno, con la gioia di essere e basta.

L'aereo iniziò la discesa, le nuvole fuori si stavano diradando, apparve l'oceano che sembrava volesse ingoiarlo tra sparse creste bianche nel blu cupo.

L'hostess informò che, per problemi di traffico, si doveva aspettare. Pregò di non slacciare le cinture.

Si iniziava a intravedere la costa. Ecco il fiume, la pista, i cumuli di neve ai bordi, quanta, come non ne aveva mai vista, era un ragazzo di pianura.


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