Irene
Affrettò il passo, era in ritardo di sicuro Regina e Sonia erano già in piazza.
Aveva volutamente perso tempo, non voleva essere la prima ad arrivare, non le piaceva aspettare e poi era da un bel po' che attendeva su tutti i fronti. Aveva inviato una serie infinita, come la storia, di curriculum senza ottenere uno straccio di risposta.
Il mercato “libero” del lavoro, una bella invenzione! - Si disse Irene, mentre aspettava il verde all'incrocio con via Turati - Di libero c'è solo il nome, dato che “lavoro” è un parola vuota, un pallido ricordo degli anni '80 e '90!
A noi, invece, solo la sotto-occupazione delle proiezioni di tutto il sommerso egoismo aziendale che ha fatto dei giovani il freno a mano, di un mercato insicuro. Insicuro di che poi, se loro stessi hanno aperto alla Cina e ai paesi dell'Est per moltiplicare i profitti, abusando della povertà altrui.
La legge Biagi l'aveva studiata per l'esame di diritto del lavoro. Sulla carta non faceva una piega, ma nei fatti si era rivelata il mantice ipnotico della fisarmonica del precariato. Ogni piega: uno stage, un progetto, un co.co.co. … d'angoscia che attanaglia e soffoca nel fallimento di sé.
Ecco, - si disse - noi giovani del 2011 siamo i falliti di noi, altro che essere gli imprenditori di sé! Quante chiacchiere ci hanno sciroppato all'università e quanta ipocrisia quegli spot sull'occupazione che, come la famiglia felice del mulino bianco, mostrano le facce di stupidi idioti che sorridono, imbottiti di PNL!
Certo Marco Biagi aveva pagato con la vita la sua utopia di mercato flessibile e dinamico del lavoro, ma aveva sottovalutato il sistema “a logge” della classe dirigente italiana che non chiedeva altro, per chiudere con la democrazia.
Irene si era dispiaciuta della sua morte e poi proprio lì, sotto casa: - Infondo non era stato cattivo con noi giovani, anzi è stato un amante della libertà! Un idealista fiducioso che immaginava un mondo veloce in cui tutto e tutti potessero facilmente muoversi, secondo le sempre nuove inclinazioni naturali!
C'è nella sacca più segreta di ogni uomo l'eco dell'errare, dell'uscire dall'abitudine che ingrigisce la memoria e inspessisce la coscienza, rendendole sorde all'alito della vita.
Ecco Marco aveva fatto dell'anima errabonda una trovata di benessere nel lavoro, ma dall'essere un bene, il suo piano del diritto, si era trasformato in un inganno per annullare le volontà ad essere un avvocato o un ingegnere o un infermiere o un tornitore o un impiegata o chi sa chi.
Quanti no, regalati, ad ogni invio di richiesta!
Quante ore non pagate in nome della promessa d'assunzione definitiva!
Si iniziò a sentire un vocio crescente, aveva aspettato ad uscire di casa, ma lo spettacolo ai suoi occhi fu commovente. Erano tanti e tanti... di tutti i tipi, come i loro contratti atipici. Biondi e bruni, magri e cicciotelli.
La piazza non riusciva a contenerli. Erano invase tutte le arterie del centro.
Si sorridevano tutti, si abbracciavano, si salutavano e si raccontavano e di nuovo si riabbracciavano.
In tutto quel chiasso che ne seguì, Irene finì con lo scordare Regina e Sonia.
Come del resto si poteva trovare l'ago in quel pagliaio di gioventù che rivendicava la dignità ad essere cittadino della una qualsivoglia società?
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