Salmo 24

Chi salirà al monte dell'Eterno?

Sintesi

Chiedersi come si possa essere accolti da Dio oggi non è più un problema. Sono molti quelli che negano l’esistenza stessa di Dio e quindi la questione per loro è irrilevante. Per altri ancora non è un problema perché prendono per scontato che Dio accolga tutti indiscriminatamente e che “sicuramente” saranno perdonati per le loro “mancanze”, perché credono che Dio sia una sorta di Babbo Natale del cielo.. Sia gli uni che gli altri, però, avranno delle “brutte sorprese” perché ciò che Dio dice di Sé stesso nella Sua Parola, la Bibbia, è molto diverso da quello che sembra essere oggi “il comune sentimento”. Davanti al Dio vero e vivente, allora, è del tutto ben posta la domanda che si pone lo scrittore del Salmo 24, quello che esaminiamo questa domenica e che dice: "Chi salirà al monte dell'Eterno?". Consideriamone la risposta.

Non è un innocua fantasia

Nei centri commerciali spesso si vede, durante le feste natalizie, un’area per bambini addobbata in modo attraente con rappresentazioni di personaggi delle favole ed una “misteriosa” grotta di cartapesta al fondo della quale vi è un trono su cui è seduto “Babbo Natale”. Si tratta di un uomo dall’apparenza anziana, con una folta barba bianca e vestito di rosso, severo e bonario al tempo stesso, che elargisce doni. Il bambino, facendo la fila, può sedersi sulle sue ginocchia, avere una breve conversazione con lui in cui Babbo Natale gli chiederà “Sei stato buono quest’anno?” e poi potrà ricevere un regalo ...e se non è stato buono sarà sicuramente perdonato. Questo privilegio di incontrare direttamente “Babbo Natale” è un’esperienza che attira e, al tempo stesso, intimidisce i bambini piccoli. Si tratta di un incontro ed un dono, però, reso possibile dal fatto che è la mamma a pagarlo ad una cassa dietro la “grotta” dove “la segretaria di Babbo Natale” riceve i soldi, mentre quel personaggio vestito di rosso è solo un annoiato dipendente del centro commerciale che deve accettare quella ridicola finzione perché è l’unico lavoro che ha trovato…

Per il bambino, si dirà che sia solo un bel gioco, uno che stimola la fantasia ed ha “un potere educativo”. Educativo? Sì, ...per instillare una falsa idea della divinità (severa ma benefica) che perdona ed accoglie tutti. Un’immagine che perdurerà anche nell’età adulta, dando l’idea o che Dio sia come quel “Babbo Natale” o che anche Dio sia “un personaggio di fantasia” con il quale giocare o attribuirvi chissà quali significati educativi. Cose innocue? E’ fondata l’osservazione che Dio, nella mente di tanta gente, corrisponda proprio a quel “Babbo Natale” bonario e che tutti perdona ed accoglie, idea che pure teologi compiacenti si premureranno di confermare.

Chi salirà al monte dell’Eterno? Il testo

Da dove trae le idee che hanno su Dio la maggior parte della gente? Dalla cultura popolare, oppure dalla rivelazione biblica, che presenta ben altra immagine di Dio? Oggi desideriamo concentrare la nostra attenzione su una domanda che Davide, nel Salmo 24, si pone. E' questa: "Chi salirà al monte dell'Eterno?", in altre parole: “Chi verrà accolto da Dio? La risposta della Bibbia non è quello che molti vorrebbero poter udire. Leggiamo per intero questo Salmo, è Parola di Dio.

"(1) All'Eterno appartiene la terra e tutto ciò che è in essa, il mondo e i suoi abitanti. (2) Poiché egli l'ha fondata sui mari e l'ha stabilita sui fiumi. (3) Chi salirà al monte dell'Eterno? Chi starà nel suo santo luogo? (4) L'uomo innocente di mani e puro di cuore, che non eleva l'animo a vanità e non giura con frode. (5) Egli riceverà benedizioni dall'Eterno e giustizia dal DIO della sua salvezza. (6) Tale è la generazione di quelli che lo cercano, che cercano la tua faccia, o Dio di Giacobbe. (7) O porte, alzate i vostri capi; e voi, porte eterne, alzatevi, e il Re di gloria entrerà. (8) Chi è questo Re di gloria? È l'Eterno forte e potente, l'Eterno potente in battaglia. (9) porte, alzate i vostri capi; alzatevi, o porte eterne, e il Re di gloria entrerà. (10) Chi è questo Re di gloria? È l'Eterno degli eserciti; egli è il Re di gloria" (Salmo 24).

L’udienza

In questo testo troviamo l’immagine di un’udienza. Immaginate di volere andare ad incontrare personalmente un VIP, una persona molto importante, magari un capo di stato, oppure una celebrità dello spettacolo. Non vi sarà facile, vi frapporranno ogni sorta di ostacoli, perché quella figura non può essere accostata da “un cittadino comune”, è troppo elevata per lui. Chi è degno di avere udienza presso questi personaggi?

Se queste pretese di inavvicinabilità le può avere un essere umano, pensiamo a quanto più possa essere vero questo per Dio, l'unica "sua santità" che veramente abbia titolo a chiamarsi così, Colui che è "tre volte santo". In che modo ci si può avvicinare ad una tale maestà, alla maestà di Dio, al re dell'universo? Chi mai potrebbe pretendere di avere udienza presso Dio? Di essere ascoltato da Lui? Chi mai potrebbe essere degno di rivolgergli la parola? Chi mai potrebbe avere il diritto di accostarsi a Lui? Ecco il senso della domanda che Davide, il re Davide, si pone nel Salmo: "Chi salirà al monte dell'Eterno?". Perché è così difficile “avere udienza da Lui”, perché Lui è l’eccelso Iddio e noi non solo siamo piccoli ed insignificanti, ma più di ogni altra cosa, siamo empi e ribellialla Sua autorità.

"Salire al monte dell'Eterno" significa sia la salvezza eterna della nostra anima, il nostro risiedere per sempre con Lui nella gloria, sia la preghiera, il semplice atto di culto a cui è tenuta la creatura umana. C’è chi crede di poterlo fare con facilità, ma se lo crede, non conosce né Dio, per quello che è veramente e non conosce neanche se stesso, sennò non lo pretenderebbe. Una domanda che oggi non si comprende più

“Chi salirà al monte dell'Eterno?” è' una domanda che la nostra generazione non comprende. Non la comprende almeno per due motivi..

Una domanda che non ci si pone. In primo luogo ...perché questa domanda normalmente non se la pone! Ai più non passa neanche per la testa di avvicinarsi a Dio per chiedergli udienza! Dio per loro non esiste o se esiste questo proprio non li riguarda, non ci pensano, di Lui non gliene importa proprio nulla. Più che chiedergli udienza, vogliono starsene ben lontani... Ma Lo incontreranno, che piaccia loro o meno, per rendergli conto di loro stessi.

Presunzione di accoglienza. In secondo luogo perché, con grande "spirito democratico" alcuni pensano che "non ci sono problemi" per avvicinarsi a Dio. Trattano Dio "alla pari", in modo casuale e superficiale come se fosse il loro amico e "pretendono". Pretendono che Dio che Dio ascolti le loro preghiere, quando, come e dove faccia loro comodo. Pretendono che Dio li esaudisca, li protegga e salvi "automaticamente" la loro anima. Pensano di “esserselo guadagnato”. Credono che questo sia un loro diritto. Naturalmente protestano a viva voce se Dio non dà loro quello che loro si aspettano. "Come si permette Dio a non ascoltarci?". Dio dovrebbe essere al loro servizio, e loro pensano di non avere nessun dovere verso Dio. Dio dovrebbe dar loro tutto, e loro, a Dio, danno solo le briciole, se mai gliele danno.

Chi è Dio

Dio, invece, è Colui di cui ci parla il nostro Salmo, e, naturalmente, tutta la Bibbia. Dio è il Re dei re e il Signore dei Signori e noi, davanti alla Sua gloria e maestà, siamo meno che nulla. Eppure Davide sa di aver bisogno di Dio e si fa la domanda: "Chi salirà al monte dell'Eterno?", cioè, "chi mai potrà essere degno di avere udienza da Lui?". A Dio, infatti, "All'Eterno appartiene la terra e tutto ciò che è in essa, il mondo e i suoi abitanti" (1). Egli è l'inavvicinabile autorità suprema da cui tutto dipende. Davide è cosciente di questo: "Chi è questo Re di gloria? È l'Eterno forte e potente, l'Eterno potente in battaglia" (8). Chi mai potrà solo osare comparire alla Sua presenza, rivolgergli una preghiera?

Scrive in forma poetica il profeta Isaia: "Ecco, le nazioni sono come una goccia in un secchio, sono considerate come il pulviscolo della bilancia; ecco, egli solleva le isole come un piccolissimo oggetto. Il Libano non basterebbe a provvedere il combustibile per il fuoco, né i suoi animali basterebbero per l'olocausto. Tutte le nazioni sono come un nulla davanti a lui e sono da lui ritenute un nulla e vanità. ... Ma non lo sapete, non l'avete udito? Non vi è stato annunciato fin dal principio? Non avete compreso dalle fondamenta della terra? Egli è colui che sta assiso sul globo della terra, i cui abitanti sono come cavallette; egli distende i cieli come un velo e li dispiega come una tenda in cui abitarvi. Egli riduce i principi a un nulla e rende inutili i giudici della terra. Appena sono piantati, appena seminati, appena il loro stelo ha messo radici in terra, egli soffia su di loro ed essi seccano e l'uragano li porta via come stoppia. ... Levate in alto i vostri occhi e guardate: Chi ha creato queste cose? Colui che fa uscire il loro esercito in numero e le chiama tutte per nome; per la grandezza del suo vigore e la potenza della sua forza, nessuna manca" (Isaia 40:15-26).

Il giusto atteggiamento

Questo è l'atteggiamento giusto da tenersi di fronte a Dio. Simile a questa era la domanda che si ponevano i fedeli al tempo della Riforma protestante. Era la domanda di Martin Lutero, il quale aveva sperimentato come fossero fallaci le risposte che la religione gli aveva dato fino a quel momento. Aveva provato di tutto: digiuni, pellegrinaggi, opere buone, mortificazioni di ogni genere... Sapeva di non essere mai degno abbastanza, abbastanza santo, abbastanza innocente solo di avvicinarsi da lontano a Dio. Questo sentimento è del tutto corretto, e faremmo bene a condividerlo anche noi. Martin Lutero era consapevole del suo peccato, di non essere giusto davanti a Dio. C'era anche chi gli diceva: "Ma no, non preoccuparti, tu fai il possibile, non esagerare...". No, però, i sentimenti di Lutero erano del tutto sani e corretti perché scritturali: facilone e presuntuose erano piuttosto le pretese dei suoi consiglieri.

Martin Lutero giustamente sapeva che la risposta alla domanda era ciò che dice il nostro Salmo, cioè: "L'uomo innocente di mani e puro di cuore, che non eleva l'animo a vanità e non giura con frode. Egli riceverà benedizioni dall'Eterno e giustizia dal DIO della sua salvezza" (4,5). Ecco l'uomo che troverà udienza da parte di Dio. Lutero sapeva, come dobbiamo sapere in cuor nostro ciascuno di noi, di non poter mai essere abbastanza retto, giusto, santo, puro, innocente, da potersi avvicinare a Dio. Nessuna raccomandazione vale, salvo... Lutero sapeva che non gli poteva dare alcuna garanzia "di udienza", alcun diritto, né il suo battesimo, né le offerte in denaro, né le pratiche religiose ed i sacramenti o le sue cosiddette "buone opere". La “cultura delle raccomandazioni” non funziona nel regno di Dio.

Lutero giustamente sapeva che nessuno avrebbe potuto dargli udienza presso Dio: né i santi, né le madonne, né i sacerdoti, i vescovi e neanche il papa... Lutero conosceva la Parola di Dio e non si sarebbe lasciato ingannare dai mezzucci (per altro inutili) inventati dalle religioni umane per poter vantare alcunché davanti a Dio.

Lutero, continuando a studiare la Parola di Dio, trova la risposta alla domanda: "Chi salirà al monte dell'Eterno", e questa risposta la si potrebbe riassumere in una sola parola: "la grazia", la grazia di Dio nella persona e nell'opera di Gesù Cristo accolto come proprio personale Signore e Salvatore. Il nostro Salmo, ad un certo punto, introduce l'immagine di un "re di gloria" che entra trionfalmente. "O porte, alzate i vostri capi; e voi, porte eterne, alzatevi, e il Re di gloria entrerà" (7). Sappiamo che questo testo è stato applicato profeticamente all'ingresso trionfale del Salvatore Gesù in Gerusalemme, poco prima del suo arresto, sofferenza, morte e risurrezione.

Gesù entra trionfalmente come? Fra la gente, come "uno qualsiasi", cavalcando un asinello. Gesù è Dio con noi, quel Dio che non è rimasto nel Suo palazzo inavvicinabile, ma è sceso in mezzo all'umanità per incontrarla lì dove essa si trova. Non è questa una meravigliosa notizia?

Certo, Lutero aveva coltivato una falsa immagine di Cristo. Pensava a Cristo come ad uno spietato giudice. Leggeva il Nuovo Testamento e comprendeva che l'Evangelo in questi termini:"Perché la giustizia di Dio è rivelata in esso di fede in fede, come sta scritto: «Il giusto vivrà per fede» (Romani 1:17). L'Evangelo per lui rivelava "la giustizia di Dio" e pensava che per "giustizia" si intendesse la perfetta rettitudine che l'uomo dovesse avere per potersi avvicinare a Dio. E questa giustizia egli sapeva di non poterla mai conseguire, e per questo, in cuor suo, egli odiava Dio e Cristo. Un giorno però il vero significato di questo testo gli venne come una meravigliosa illuminazione. La giustizia di cui qui si parla non è la nostra, ma la rettitudine di Cristo, la quale ci viene accordata per grazia e misericordia di Dio per fede.

La “veste” che Cristo ci dona

Si, nessuno è degno di accostarsi in alcuna maniera a Dio, ma Dio manifesta la Sua compassione verso le creature umane corrotte dal peccato, inviando il Salvatore Gesù Cristo. Quella giustizia, quella rettitudine che nessuno potrebbe mai conseguire, Egli la guadagna, la vive per loro, donandola a chiunque tende la mano verso di essa per riceverla fiduciosamente. La Scrittura parla della giustizia di Dio come di una veste.

Come nella parabola di Gesù, per entrare nel cospetto di Dio è necessaria questa "veste bianca" ed immacolata. Essa gli viene fornita da Dio stesso in Cristo. Nessuno può entrare alla presenza di Dio privo di quella veste. Se qualcuno pretende di farlo senza di essa ne verrà solo buttato fuori. Gesù dice in questa parabola: "Ora il re, entrato per vedere i commensali, vi trovò un uomo che non indossava l'abito da nozze; e gli disse: "amico come sei entrato qui senza avere l'abito da nozze?" E quegli rimase con la bocca chiusa. Allora il re disse ai servi: "Legatelo mani e piedi, prendetelo e gettatelo nelle tenebre di fuori. Lì sarà il pianto e lo stridor di denti. Poiché molti sono chiamati, ma pochi eletti»" (Matteo 22:11-15).

E' la stessa veste che il Padre porta all'indegno figlio (il figliol prodigo) che ritorna a casa pentito, dopo aver voltato le spalle a suo padre e sprecato ogni sua risorsa. "Ma il padre disse ai suoi servi: "Portate qui la veste più bella e rivestitelo, mettetegli un anello al dito e dei sandali ai piedi" (Lu. 15:22).

L’annuncio dell’Apostolo

Si, Martin Lutero e, con lui, tutti coloro che scoprono l'autentico meraviglioso messaggio dell'Evangelo, scopre la verità illuminante che l'apostolo Paolo annuncia nella lettera ai Romani.

Dopo aver descritto la tragica situazione umana di colpevolezza insuperabile, di corruzione e di ingiustizia: "Non c'è alcun giusto, neppure uno" (Ro. 3:10), egli dice:

"Ma ora, indipendentemente dalla legge, è stata manifestata la giustizia di Dio, alla quale rendono testimonianza la legge e i profeti" (Romani 3:21), cioè ora è stata manifestata una giustizia prima irraggiungibile da parte di ogni creatura umana (non importa quel che cercasse di fare), alla quale tutta la Scrittura rende testimonianza.

Che cos'è questa giustizia? "…cioè la giustizia di Dio mediante la fede in Gesù Cristo verso tutti e sopra tutti coloro che credono, perché non c'è distinzione" (22). Essa è la rettitudine di Cristo della quale Egli fa dono a tutti coloro che, senza distinzione la accolgono con fede rinunciando alle proprie pretese.

Difatti, sottolinea l’Apostolo: "…poiché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio" (23), cioè tutti sono indegni di comparire alla presenza di Dio e di ricevere qualsiasi cosa da parte Sua.

"…ma sono gratuitamente giustificati per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù" (24). Si, quello che nessuno di noi potrebbe ottenere con qualsiasi mezzo immaginabile, Dio, nella Sua misericordia ce ne fa dono.

Cristo Gesù è stato inviato proprio per questo: "Lui ha Dio preordinato per far l'espiazione mediante la fede nel suo sangue, per dimostrare così la sua giustizia per il perdono dei peccati, che sono stati precedentemente commessi durante il tempo della pazienza di Dio" (25). Egli, Cristo, è l'unico che abbia potuto pagare il prezzo della nostra salvezza e della nostra accettabilità davanti a Dio.

Infatti, Cristo è venuto "…per manifestare la sua giustizia nel tempo presente, affinché egli sia giusto e giustificatore di colui che ha la fede di Gesù" (26). Cristo, il giusto, riveste il peccatore credente della Sua giustizia, e con questa giustizia, una giustizia che non è sua, che non ha prodotto né gli appartiene, può presentarsi di fronte a Dio.

Conclude così l’Apostolo: "Dov'è dunque il vanto? È escluso. Per quale legge? Quella delle opere? No, ma per la legge della fede" (27). Si, nessuno così potrebbe mai vantare alcunché davanti a Dio, niente che egli avesse potuto conseguire con i suoi sforzi morali, religiosi o sociali, nemmeno la sua fede, che, in ogni caso, è pure dono di Dio.

Trionfalmente Paolo così afferma quella che è il punto qualificante di tutto l'autentico Evangelo cristiano, la bandiera della Riforma stessa: "Noi dunque riteniamo che l'uomo è giustificato mediante la fede senza le opere della legge" (28).

Si tratta di ciò che in termini tecnici si chiama "giustificazione", cioè l'atto per cui, mediante la fede in Gesù Cristo, il peccatore viene dichiarato da Dio "giusto". Solo così potrà poi avere la possibilità, gradualmente, di diventarlo davvero. Senza di questo ogni pretesa umana sarebbe solo una pia ed ingannevole illusione.

Un evangelo da annunciare con coraggio

Ecco così la risposta alla domanda che il Salmo si poneva, e che deve porsi ogni persona coscienziosa: "Chi salirà al monte dell'Eterno?", al che si risponde: "L'uomo innocente di mani e puro di cuore, che non eleva l'animo a vanità e non giura con frode". Chi mai però potrà considerarsi tale? Nessuno che prima non abbia ricevuto "la veste" immacolata della giustizia di Cristo, unico requisito necessario a che Dio mai possa "darci udienza" e rispondere favorevolmente alle nostre preghiere.

Questo è l'Evangelo che noi annunziamo con forza e che il mondo, con le sue pretese e religioni, cerca in mille modi di mettere a tacere. Questo è l'Evangelo proclamato con forza dagli autentici seguaci della Riforma protestante e che non dovrà mai essere compromesso per nessuna ragione al mondo, neanche quella più apparentemente nobile. Si tratta di avere il coraggio di essere con essa "esclusivisti" e andare contro l'attuale moda della "insalata mista" o di chi dice che "tutto fa brodo"!

Ecco il significato irrinunciabile delle espressioni che caratterizzano la fede di ogni autentico cristiano:

1) Sola grazia - Soltanto la grazia e la misericordia di Dio ci può rendere degni di comparire alla Sua presenza, nulla che mai le opere umane possano pretendere.

2) Solo Cristo - perché è solo il Salvatore Gesù Cristo che è vissuto, è morto e risuscitato per la nostra salvezza. Questa sua opera Egli non l'ha condivisa con nessuno: né con altri personaggi umani, per quanto santi possano essere stati, né con la presunta virtù di riti o cerimonie religiose, né con istituzioni religiose, per quanto possano vantare d'essere.

3) Sola fede - perché non c'è nulla che noi possiamo fare per conseguire il diritto ad essere ammessi di fronte a Dio, solo la fiduciosa e passiva accettazione di ciò che Dio ci ha provveduto in Cristo.

4) Sola Scrittura - perché la conoscenza della verità ce la può dare solo la Bibbia, e niente e nessun altro al mondo. Solo la Bibbia può essere la regola di ogni fede e opera che a Dio sia gradita, perché essa è Parola rivelata di Dio.

5) Solo a Dio la gloria - perché la gloria dell'umana salvezza non è possibile ascriverla a nessun altra cosa o persona.

Si, a Dio solo vada la gloria, ora e sempre, per la Sua Persona ed opera meravigliosa.

(Paolo Castellina, rifacimento del 26/10/2015 dalla predicazione del 7 novembre 1999).