Genesi 22:1-14
Fare esperienza di Colui che provvede
Sintesi: Essere cristiani significa aver ricevuto la grazia di essere innestati come membri del popolo eletto di Dio, la cui storia risale fino alle antichità più lontane. La Bibbia registra quali sono i personaggi e gli avvenimenti più importanti e fondanti di questo popolo. È il nostro prezioso “libro di famiglia” che, oltre a parlarci del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, presenta personaggi emblematici come Abramo, modello per noi di fede e di impegno. Il testo biblico di questa settimana ci parla della prova di fede a cui era stato sottoposto Abramo in Genesi 22:1-14. Che cosa può insegnarci per il nostro cammino di fede? Vediamo.
Al cuore stesso della fede
La Bibbia, per il cristiano, la sua copia personale della Bibbia, è particolarmente preziosa. Io conservo ancora la mia prima Bibbia, quella che mi era stata donata da adolescente e dalla quale avevo cominciato a conoscere, apprezzare la Parola che Dio anche a me rivolge. La Bibbia è preziosa, per il cristiano, anche perché è il libro del popolo di Dio, il popolo che in Cristo Dio ha chiamato anche me a farne parte, fatto del quale il Battesimo è suggello. Per quel motivo posso dire: questo è il nostro libro, questa è la nostra storia, la storia della nostra gente. Il cristiano, infatti, è consapevole di essere stato chiamato a far parte di un popolo speciale, il popolo di Dio, popolo che affonda le sue radici nelle più remote antichità e che si è diffuso, attraverso il tempo, in tutto il mondo. Nella Bibbia il cristiano trova le fondamenta della sua storia e della sua fede. Attraverso la Bibbia Dio gli parla e quindi il cristiano la legge con estremo rispetto e fiducia e non oserebbe mai metterla in questione o criticarla, perché lo Spirito Santo di Dio gli infonde la certezza della verità di quanto in essa è contenuto.
Nella Bibbia il cristiano trova i padri e le madri della sua fede. Egli si identifica con loro e nelle loro esperienze. Sia in positivo che in negativo, egli apprende da loro che cosa voglia dire vivere in comunione con Dio e servirlo. Nella Bibbia, soprattutto, il cristiano trova il volto del suo Signore e Salvatore Gesù Cristo, prefigurato e preannunciato nell’Antico Testamento, poi rivelato pienamente nei vangeli e, infine, annunciato e spiegato nel resto del Nuovo Testamento.
Consideriamo la figura storica di Abraamo. Quando la Bibbia ci parla di Abraamo, ci troviamo al cuore stesso della fede, prima ebraica e poi cristiana. Egli è “il nostro antenato” nella fede, “l’amico di Dio” per eccellenza, il modello, il paradigma, l’esempio della fede e dell’ubbidienza a Dio. Certo, il Signore Gesù Cristo è più grande di Abraamo e di chiunque altro, ma Iddio ha voluto che Abraamo diventasse uno dei testimoni principali della fede che Dio gradisce e produce.
Il testo biblico
La storia di Abraamo è una delle maggiori esemplificazioni di che cosa voglia dire avere fede nell’Iddio vero e vivente. Consideriamo l’episodio in cui la fede di Abraamo viene messa alla prova. Dio gli chiede di offrire in sacrificio proprio quell’unico ed amatissimo figlio che da tanto tempo aveva atteso e che, a causa della sua età, sembrava impossibile che potesse ottenere. Gli era stato promesso, lo aveva ottenuto oltre ad ogni umana aspettativa. Sarebbe ora stato disposto a rinunziarvi? Leggiamo il racconto, come lo troviamo in Genesi 22.
Il sacrificio d'Isacco. “Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abraamo e gli disse: «Abraamo!» Egli rispose: «Eccomi». E Dio disse: «Prendi ora tuo figlio, il tuo unico, colui che ami, Isacco, e va' nel paese di Moria, e offrilo là in olocausto sopra uno dei monti che ti dirò». Abraamo si alzò la mattina di buon'ora, sellò il suo asino, prese con sé due suoi servi e suo figlio Isacco, spaccò della legna per l'olocausto, poi partì verso il luogo che Dio gli aveva indicato. Il terzo giorno, Abraamo alzò gli occhi e vide da lontano il luogo. Allora Abraamo disse ai suoi servi: «Rimanete qui con l'asino; io e il ragazzo andremo fin là e adoreremo; poi torneremo da voi». Abraamo prese la legna per l'olocausto e la mise addosso a Isacco suo figlio, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutti e due insieme. Isacco parlò ad Abraamo suo padre e disse: «Padre mio!» Abraamo rispose: «Eccomi qui, figlio mio». E Isacco: «Ecco il fuoco e la legna; ma dov'è l'agnello per l'olocausto?» Abraamo rispose: «Figlio mio, Dio stesso si provvederà l'agnello per l'olocausto». E proseguirono tutti e due insieme. Giunsero al luogo che Dio gli aveva detto. Abraamo costruì l'altare e vi accomodò la legna; legò Isacco suo figlio, e lo mise sull'altare, sopra la legna. Abraamo stese la mano e prese il coltello per scannare suo figlio. Ma l'angelo del SIGNORE lo chiamò dal cielo e disse: «Abraamo, Abraamo!» Egli rispose: «Eccomi». E l'angelo: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli male! Ora so che tu temi Dio, poiché non mi hai rifiutato tuo figlio, l'unico tuo». Abraamo alzò gli occhi, guardò, ed ecco dietro a sé un montone, impigliato per le corna in un cespuglio. Abraamo andò, prese il montone e l'offerse in olocausto invece di suo figlio. Abraamo chiamò quel luogo «Jahvé-Irè». Per questo si dice oggi: «Al monte del SIGNORE sarà provveduto»” (Genesi 22:1-14)
Si tratta di un testo impressionante e sicuramente lontano dalla nostra sensibilità, ma qui vi sono qui molte importanti lezioni per noi. In particolare, vorrei mettere in evidenza ciò che compare al termine di questo racconto e che ne è il cioè che qui Dio si rivela come “Colui che provvede”. Vediamo.
Abraamo è disposto a privarsi di ciò che gli è più prezioso
Qualcosa per voi è estremamente prezioso. Vi rendete conto che è un dono di Dio. Sareste disposti a rinunziarvi? Nel caso di Abraamo Dio gli chiede di privarsi di suo figlio, quello che pure gli aveva promesso e che gli aveva dato pure a tarda età.
Deve essere a tutti ben chiaro che per i cristiani la pratica del sacrificio rituale non è necessaria né Dio mai più la richiederà. Quello di Gesù che muore in croce per espiare Egli stesso la pena che i nostri peccati meritano e riconciliarci così con Dio, è il sacrificio ultimo ed è irripetibile, offerto una volta per sempre. Dio non ne chiede altri: così è scritto e così è sanzionato.
Al tempo di Abramo, però, i sacrifici rituali erano una pratica comune perché viva era la consapevolezza che tutto ciò che possiamo dire nostro, e persino ciò che conseguiamo con il nostro lavoro, è dono della grazia di Dio. I sacrifici di quel genere sono aboliti, ma questo concetto rimane, ed è tristemente carente oggi. Abraamo aveva quel sentimento perché pure viva era la consapevolezza di far parte di un’umanità peccatrice e ribelle a Dio e che, davanti a lui non può accampare alcun diritto. Se abbiamo qualcosa è perché Dio si compiace di darcelo. Tutto è grazia. Vuoi qualcosa, anche ciò che ti è necessario per vivere? Chiedila a Dio, compresa la forza di lavorare per ottenerlo.
Tutti i personaggi della Bibbia testimoniano di questa consapevolezza. Giobbe perde tutti i suoi beni ed anche i suoi figli. Si tratta di un tragico incidente, una fatalità - diremmo noi. Egli però, per quanto il suo dolore sia immane, dice: “Nudo sono uscito dal grembo di mia madre, e nudo tornerò in grembo alla terra; il SIGNORE ha dato, il SIGNORE ha tolto; sia benedetto il nome del SIGNORE” (Giobbe 1:21).
Dio dice ad Abraamo di rinunciare consapevolmente a suo figlio, quello che tanto aveva desiderato, il figlio della promessa. E lui che fà, ubbidisce pur con dolore, senza discutere, senza chiedere il perché, consapevole che se Dio gli chiede qualcosa, se qualcosa succede, se deve succedere, deve essercene un buon motivo. Dio glielo aveva promesso quel figlio, gli aveva promesso che tramite lui avrebbe avuto una grande discendenza. Abramo crede che Dio sarebbe rimasto fedele alle sue promesse, in altra maniera. La lettera agli Ebrei così commenta: “Per fede Abraamo, quando fu messo alla prova, offrì Isacco; egli, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito. Eppure Dio gli aveva detto: «È in Isacco che ti sarà data una discendenza». Abraamo era persuaso che Dio è potente da risuscitare anche i morti; e riebbe Isacco come per una specie di risurrezione” (Ebrei 11:17-19).
Arroganti e pieni di noi stessi noi crediamo di avere tutti i diritti e di meritare le benedizioni di Dio. Quando ci viene presentata la grazia di Dio in Gesù Cristo la rifiutiamo o crediamo che ci sia dovuta. Crediamo di saperne di più e di meglio di quanto Dio ci dice nella sua parola. A nostra vergogna, però, perderemo tutto, perché l’uomo o la donna che Dio salva è come Abraamo, che riconosce che tutto è per grazia, tutto è per fede, fede in Colui che provvede, e come Dio aveva provveduto un sacrificio sostitutivo a quello di Isacco, per noi provvede la grazia di Dio in Gesù Cristo, ed in lui soltanto.
Abraamo esegue una cosa apparentemente insensata
Abraamo obbedisce a Dio perché si fida di Dio che sà di più e meglio di noi, anche quando quel che dice ci sembra una cosa insensata. Perché Dio vorrebbe riprendersi ciò che aveva promesso? “Ho forse sbagliato in qualcosa? Fatto qualcosa di male?”. No, Abraamo non aveva colpa alcuna da espiare. Anche Giobbe era un uomo giusto, nonostante che i suoi amici volessero provargli il contrario. Quel che gli era capitato non era conseguenza di colpa alcuna che egli avesse fatto. Giobbe accetta il fatto doloroso in silenzio e senza ribellarsi. Abramo ubbidisce, senza giustificare una sua eventuale inadempienza o cercare scappatoie.
Quello che Dio ci chiede nella sua Parola è perfettamente ragionevole e sensato. Se qualcosa ci sembra “strano” e impossibile, quello dipende dalla nostra limitata comprensione. Inoltre, ogni testo biblico (anche quello più oscuro) può essere spiegato confrontandolo con altri testi più chiari della Bibbia che ce lo spiegano. Inoltre abbiamo la sapienza secolare del popolo di Dio a cui attingere. Non possiamo accampare scuse. Ubbidirgli è sempre la cosa migliore per noi. Spesso capita di rendercene conto solo molto tempo dopo, e a nostra vergogna per non averlo fatto.
Abraamo non discute con Dio e confida nella sua fedeltà
Abramo non discute con Dio né mette in questione ciò che Dio gli ordina. Ubbidisce solamente. Possiamo imparare molto da Abraamo. Questa è fede nella sua forma più pura. Si rende conto che, se avesse seguito le istruzioni di Dio, tutto sarebbe andato bene. Sapeva che se anche suo figlio Isacco fosse morto, Dio avrebbe trovato modo di restituirglielo in vita. Iddio aveva provveduto. Iddio è un Dio fedele e non si rimangia le promesse fatte, anche quando tutte le evidenze sembrano farci credere il contrario. Egli non ripone la sua fiducia in un Dio capriccioso come le false divinità pagane, che un giorno dicono una cosa e il giorno seguente un’altra diversa, ma in Dio, il Dio vero e vivente, che è fedele alle sue promesse perché la fedeltà fa parte del suo carattere.
Particolarmente odioso e maledetto è il vizio moderno di mettere tutto in discussione e di voler dire la nostra in ogni caso, imponendo la nostra opinione che difendiamo ad ogni costo. Persino ci offendiamo a morte se qualcuno osa metterla in questione. Uno di quelli che oggi riteniamo il massimo “peccato capitale” è che qualcuno osi giudicarci. Ci riteniamo al di là di ogni critica. Ci vantiamo persino di avere scuole teologiche che criticano la Parola di Dio, anzi, negano che sia tale! È proprio questa maledetta arroganza che ci dannerà. Abramo, però, confida nelle promesse di Dio e non osa contraddirle. Giobbe, pieno di vergogna, si mette la mano sulla bocca e tace, sapendo di averla fatta grossa a mettere in questione Dio, nella sua onniscienza. La Scrittura dice: “Confida nel SIGNORE con tutto il cuore e non ti appoggiare sul tuo discernimento. Riconoscilo in tutte le tue vie ed egli appianerà i tuoi sentieri” (Proverbi 3:5-6); “Fedele è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione del Figlio suo Gesù Cristo, nostro Signore” (1 Corinzi 1:9).
Abraamo sa che Dio provvede sempre
Abraamo non aveva una Bibbia come ce l’abbiamo noi, che ci spiega esattamente quale sia il carattere di Dio, eppure conosceva Dio come “Jahvé-Iré”, il Provvidente. Egli sapeva che Dio avrebbe provveduto in qualche modo. Egli sapeva che Dio non manca di parola. Gli aveva promesso un figlio, e da lui l'intera discendenza. Dio provvede ciò di cui abbiamo bisogno: fisicamente, spiritualmente, finanziariamente, emozionalmente. Basta seguire quel che ci dice, fare responsabilmente il nostro dovere e a lui lasciamo che gestisca le situazioni della nostra vita. Dio ha i mezzi per provvederci ciò che ci è necessario. A noi tocca solo ubbidire alla sua Parola rivelata, e farlo diligentemente. Ne siamo persuasi oppure restiamo nel dubbio che “magari” non sia così? Respingiamo la tentazione all’incredulità, è la tipica tentazione che proviene solo dall’avversario di Dio, bugiardo ed omicida. Anche di questo la Bibbia contiene preziose testimonianze.
Abraamo obbedisce senza riserve
Nella sua fiduciosa ubbidienza Abraamo va fino in fondo in quello che Dio gli aveva comunicato. Questa è davvero una prova durissima per ljui. Sarebbe andato fino in fondo in quel che Dio gli aveva chiesto? Con il coltello in mano, avrebbe eseguito l’ordine o avrebbe esitato? Indubbiamente era una prova spaventosa. Incrollabile, però, è la determinazione di Abraamo a credere che Dio avrebbe provveduto, forse anche all’ultimo istante, forse anche attraverso una risurrezione! Oggi noi riterremmo questo una forma di “morboso fanatismo”. Il fanatismo può esistere se si ubbidisce alle follie di esseri umani che pretendono obbedienza cieca. Dio, però, non è un folle dittatore. Egli sa quello che dice ed è sempre per il nostro bene ultimo.
Oggi Dio non ci chiederà mai una prova di questo genere, tanto drammatica. La fede del cristiano, però è pure messa alla prova, e molto meno di quella di Abraamo. La nostra fede nel Dio che si rivela nella Bibbia è stata messa alla prova ultimamente? Abbiamo resistito? Abbiamo conservato la fede?
La fiducia che Abraamo ha in Dio è confermata
Abramo, dunque ubbidisce, e Dio provvede. Le promesse di Dio non vengono mai meno. Iddio è coerente con quanto ha rivelato di essere nella Sua Parola, sempre. Tutta la storia secolare del popolo di Dio è una costante testimonianza che è proprio così.
Dio ha sempre provveduto del necessario. Sin dalla creazione Dio provvede all’essere umano tutte le risorse necessarie per la sua vita. Dovrà certo operare, lavorare, sviluppare, gestire responsabilmente ciò che Dio gli ha dato. Per questo con condividiamo come creature la creatività, l'inventiva, l’intelligenza che ci permette di sviluppare la scienza, la tecnologia ed ogni arte. Se però operiamo secondo i principi di vita che egli ci ha dato nella sua parola, non mancherà niente, né a noi né alle innumerevoli creature umane che questo mondo può ospitare. Tramite l'obbedienza intelligente e creativa alla volontà rivelata di Dio non dobbiamo temere nulla.
Dio provvede fino a sanare le conseguenze del peccato. Il genere umano, però si è ribellato agli ordinamenti divini e continua a farlo, credendosi sapiente, ma è solo uno stupido, perché così causiamo la nostra stessa rovina. Meritiamo totalmente e giustamente come umanità di auto-distruggerci e scomparire. Eppure, ciononostante ha provveduto in Cristo alla salvezza di una parte dell’umanità, quelli a cui egli concede la sua grazia, rigenera e rende suo popolo fedele ed ubbidiente. Grazie alla misericordia di Dio, l’umanità ha un futuro. Si tratta però della “nuova umanità” che segue il Signore e Salvatore Gesù Cristo. Non sarebbe stato necessario per Abramo sacrificare suo figlio. Dio avrebbe provveduto “un sostituto”, la prefigurazione del Cristo.
La provvidenza di Dio è costante nella vita del popolo di Dio. La provvidenza di Dio, manifestata esemplarmente durante il cammino del popolo di Dio, Israele, attraverso il deserto, verso la terra promessa, e di cui ci parla il libro dell’Esodo, è cammino dalla schiavitù alla libertà. Ma è un cammino didattico, anni fatti di errori ed anche sofferenze, in cui il popolo di Dio sarebbe maturato, si sarebbe formato sotto la provvidente mano di Dio. Egli aveva sempre provveduto loro, sia cibo (rappresentato dalla manna che l’acqua che gli era necessaria. Della sua carenza sempre se ne lamentava, ma Dio non gli avrebbe mai fatto mancare la sua presenza provvidente. Dio provvede ad Abramo un sacrificio sostitutivo, Dio provvede a noi il Cristo. Come potrebbe negarci il resto?
Le ripetute esortazioni di Dio a mettere alla prova la fedeltà di Dio. Per tutta la Scrittura Dio esorta il suo popolo a mettere alla prova la sua fedeltà nei suoi riguardi. Il salmo 34 dice: “Provate e vedrete quanto il SIGNORE è buono! Beato l'uomo che confida in lui. Temete il SIGNORE, o voi che gli siete consacrati, poiché nulla viene a mancare a quelli che lo temono. I leoncelli soffrono penuria e fame, ma nessun bene manca a quelli che cercano il SIGNORE. Venite, figlioli, ascoltatemi; io v'insegnerò il timor del SIGNORE” (Salmo 34:8-11). Gesù dice: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; 8 perché chiunque chiede riceve; chi cerca trova, e sarà aperto a chi bussa” (Matteo 7:7-11). Non servono altre spiegazioni a quanto aggiunge l’apostolo Giacomo: “Non avete, perché non domandate; domandate e non ricevete, perché domandate male per spendere nei vostri piaceri” (Giacomo 4:2-3).
Dio è davvero Padre provvidente. Infine, Dio provvede perché si è manifestato in Cristo come Padre, Padre provvidente e generoso. Gesù dice ai suoi discepoli: “Qual è l'uomo tra di voi, il quale, se il figlio gli chiede un pane, gli dia una pietra? Oppure se gli chiede un pesce, gli dia un serpente? Se dunque voi, che siete malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figli, quanto più il Padre vostro, che è nei cieli, darà cose buone a quelli che gliele domandano!” (Matteo 7:9-11). Serve altro perché il popolo di Dio e ciascun cristiano impari questa lezione?
Conclusione
La vicenda di Abraamo è dunque preziosa ed emblematica: non limitiamoci alle apparenze del testo. Essa sta al cuore stesso della fede. Abraamo è disposto a privarsi di ciò che gli è più prezioso, ma è ricompensato. Abraamo esegue una cosa apparentemente insensata, ma si rivelerà una prova necessaria. Abraamo non discute con Dio e confida nella sua fedeltà. Abraamo sa che Dio provvede sempre e non è smentito. Abraamo obbedisce senza riserve: non è fanatismo, ma la fede di cui Dio si compiace. È pure la mia? È pure la vostra? Ricordate il dialogo fra Gesù e quell’uomo che gli chiedeva di guarire suo figlio? “Gesù: «Dici: "Se puoi!" Ogni cosa è possibile per chi crede». Subito il padre del bambino esclamò: «Io credo; vieni in aiuto alla mia incredulità»” (Marco 9;23-24). Che possa essere così per ciascuno di voi che mi avete seguito fino a questo punto.
Paolo Castellina, rielaborazione del 27 giugno 2017 da una predicazione del 13 marzo 2005. https://dochub.com/paolocastellina/rq9Z3W/pr050313?dt=2vy0zswsvyhpkbs3