Luca 9:57-62
Una questione di priorità
Sintesi. Essere cristiani solo per tradizione, senza coerenti forti persuasioni ed impegno personale può esserci più o meno socialmente conveniente, ma davanti a Dio non conta nulla. non salva. Nel testo biblico di questa settimana (Luca 9:57-62) Gesù incontra delle persone che vorrebbero seguirlo, ma le priorità che avevano nella loro vita, per quanto ragionevoli, di fatto li squalificano. Quali sono le vostre?
Essere cristiani
Che cosa vuol dire essere cristiani? Un tempo essere cristiani voleva dire fare parte di una popolazione, o di una famiglia, che si dice "cristiana" nel suo insieme. Oggi la nostra società è "pluralista" e, al suo interno si trovano persone che apertamente dicono di far parte di religioni diverse, oppure di non appartenere ad alcuna d'esse, dicendosi, magari, "liberi pensatori". Essere cristiani, quindi, non è più "automatico". Altri affermano che si è cristiani quando si appartiene ad una famiglia che per tradizione. appartiene ad una chiesa. si è stati battezzati e confermati, o quando si sostiene finanziariamente una chiesa. Aumenta, però, oggi, il numero di quelle persone che non sono state mai sottoposte, nemmeno da bambini, ad alcun rito religioso, e che non partecipano alla vita di una chiesa.
Si dice che questa sia "la fine della cristianità", e molti se ne rammaricano con tristezza,
considerandolo una delle disgrazie dei tempi moderni. Si potrebbe, però, vedere tutto questo anche in senso positivo, perché spesso, un tempo, "essere cristiani" era solo una formalità con scarse conseguenze pratiche. A che serve, infatti, dire d'essere cristiani se poi non lo si dimostra nei fatti? Vuol dire solo portare una maschera, è un'ipocrisia che non giova veramente né alla persona che la porta, né alla società, e che, soprattutto, discredita anche al nome di Cristo. L'apostolo Paolo, al riguardo d'ipocriti formalisti religiosi, afferma: «Il nome di Dio è bestemmiato per causa vostra fra gli estranei» (Romani 2:24).
E' bene, quindi, che finisca la cristianità formale, per ricuperare un cristianesimo coerente con i principi biblici che lo definiscono, un cristianesimo fatto di forti persuasioni personali e di una vita vissuta in autentico riferimento a Cristo, coerente con ciò che Lui era, diceva e faceva. John Bunyan, a proposito di un cristianesimo formale, scrisse: "La casa di un formalista è altrettanto vuota di religione come il bianco dell'uovo è privo di sapore", od anche: "Del fuoco dipinto sul muro non ha bisogno di carburante: è altrettanto facile alimentare una professione di fede morta e formale" (Thomas Manton).
Il testo biblico
Il testo d'oggi ci presenta il dialogo che intercorre fra Gesù e tre persone che potremmo definire candidati a diventare Suoi discepoli, candidati a diventare dei cristiani. La prima di queste persone esprime essa stessa il suo desiderio di diventare discepolo di Gesù. Era stata probabilmente impressionata e affascinata da Gesù, dal Suo messaggio, dalla Sua vita e dalle Sue opere, e vuole seguire Gesù, facendo parte attiva del Suo movimento. La seconda e la terza persona, invece, ricevono da Gesù stesso, personalmente, l'invito a seguirlo, a diventare membri del gruppo dei Suoi discepoli.
Leggiamo così questo testo biblico, che si trova nel vangelo secondo Luca, al capitolo 9,
i versetti da 57 a 62.
“Mentre camminavano per la via, qualcuno gli disse: «Io ti seguirò dovunque andrai». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno delle tane e gli uccelli del cielo dei nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». (59) A un altro disse: «Seguimi». Ed egli rispose: «Permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Ma Gesù gli disse: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; ma tu va' ad annunziare il regno di Dio». Un altro ancora gli disse: «Ti seguirò, Signore, ma lasciami prima salutare quelli di casa mia». Ma Gesù gli disse: «Nessuno che abbia messo la mano all'aratro e poi volga lo sguardo indietro, è adatto per il regno di Dio». (Luca 9:57-62).
Fin qui il testo della Parola di Dio.
…non è cosa da prendersi alla leggera
Non è certo la prima volta che Gesù riceve richieste di tal genere a diventare Suoi discepoli, o che Egli chiamasse delle persone a seguirlo, ma quello che incontriamo qui è un momento particolare della Sua vita. Non si tratta dell'inizio della missione di Gesù, come quando Egli aveva chiamato a seguirlo i Suoi primi discepoli, ad esempio: Pietro, Giacomo e Giovanni, pescatori di professione,
presso il lago di Galilea (Luca 5). Allora, per loro, non erano ancora del tutto chiare le implicazioni
del seguirlo. Il movimento di Gesù riportava un largo successo ed essere chiamati a farne parte era, in una certa misura, attraente. Ora, però, le cose "minacciavano di andare male". Gesù stesso aveva preannunciato il Suo stesso arresto, sofferenza e morte violenta. Poco prima, infatti, troviamo scritto: "…si avvicinava il tempo in cui sarebbe stato tolto dal mondo e Gesù si mise risolutamente in cammino per andare a Gerusalemme" (Luca 9:51).
Inoltre, le condizioni per seguire Gesù erano state da Lui più volte evidenziate: "Se uno vuol venire dietro a me, rinunzi a se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi avrà perduto la propria vita per amor mio, la salverà" (Lu. 9:23,24). Non era cosa da prendersi alla leggera, quindi, seguire Gesù. Chi voleva farlo doveva essere ben cosciente del costo che avrebbe dovuto affrontare. Ecco quindi il motivo per il quale le persone che incontriamo in questo testo sembrano essere respinte da Gesù, o almeno scoraggiate dal seguirlo. Oggi vi sono chiese in crisi che pur di avere con sé molta gente, sono disposte ad accogliere tutti, senza, in concreto, porre condizioni, proponendone i vantaggi e minimizzando la necessità dell'impegno. Non così, però, Gesù: seguirlo è cosa seria ed impegnativa. A Lui non interessa tanto il numero dei Suoi seguaci, quanto la loro qualità.
Nessuna delle persone che questo testo presenta, è capace apparentemente di dare a Gesù ed alla Sua causa, il regno di Dio, quell'appassionata lealtà e dedizione che Egli esige; nessuna di loro è apparentemente pronta a prendere su di se la croce che Gesù ha ora irrevocabilmente e definitivamente accettato per se stesso.
Questa mancanza si manifesta nell'indisponibilità a dare, nel primo caso, quella devozione al regno di Dio che implica il saper rinnegare se stessi; nel secondo caso: l' assoluta priorità; e nel terzo caso, l'attenzione esclusiva che è richiesta.. Solo chi è capace a dimenticare persino i propri bisogni fisici e desideri, solo chi dà al regno di Dio precedenza su ogni altra cosa, solo chi è capace di concentrare la propria attenzione su di esso soltanto, è "adatto" per il regno di Dio.
Non possiamo, quindi, considerare un simile testo biblico, senza chiederci "Chi dunque può essere salvato?" (Luca 18:26), oppure: "Chi è sufficiente a queste cose?" (2 Corinzi 2:16).
Ostacoli al discepolato
E' interessante notare come gli ostacoli al discepolato, in questi tre casi sono: (a) eccessiva preoccupazione per se stessi, specialmente del proprio comodo; (b) una troppo stretta lealtà di gruppo. Questi tre uomini amavano troppo o se stessi o le loro famiglie, e non sembravano comprendere come bisognasse dare priorità al regno di Dio la cui importanza supera qualsiasi altra cosa, per quanto legittima.
Esaminiamo più da vicino questi tre casi. Il testo, al riguardo, è nudo ed essenziale, ma è sufficiente per farci intendere tutta la radicalità di ciò al quale il Signore e Salvatore Gesù Cristo ci chiama.
1.
Del primo "candidato" ad essere cristiano, il testo dice: "Mentre camminavano per la via, qualcuno gli disse: «Io ti seguirò dovunque andrai» (57). Ecco un uomo sinceramente entusiasta di Gesù ed interessato alla Sua causa, che promette di seguire Gesù dovunque Egli vada. Chi mai respingerebbe una persona così! Si tratta, indubbiamente, dell'atteggiamento, della risoluzione, che, di fatto, deve caratterizzare ogni autentico discepolo di Gesù: essere disposti a tutto per Gesù. Non è "fanatismo" è solo serietà di intenti, cosa oggi quanto mai rara! Una volta anche Pietro aveva detto a Gesù: «Signore, sono pronto ad andare con te in prigione e alla morte». Gesù, però, gli risponde: «Pietro, io ti dico che oggi il gallo non canterà, prima che tu abbia negato tre volte di conoscermi» (Luca 22:33,34).
Quel primo candidato al discepolato era stato troppo precipitoso a chiedergli di poter seguire Gesù, e non aveva riflettuto abbastanza sul costo che, per questo, avrebbe dovuto affrontare. Difatti, Gesù gli risponde: «Le volpi hanno delle tane e gli uccelli del cielo dei nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo» (58). Il costo di seguire Gesù è, nelle Sue stesse parole il sapere rinunciare alle sicurezze ed ai comfort di questo mondo. Gesù non possedeva una casa propria e neppure i Suoi primi seguaci. Stavano andando a Gerusalemme, dove Lui sarebbe stato messo a morte. Inoltre, le condizioni di vita di Gesù, per scelta, erano sempre state molto basse. Colui che aveva creato ogni cosa, non aveva provveduto per se stesso nemmeno un accomodamento, una casa propria. Qui Gesù mostra quanto totale sia la dedizione alla Sua missione, il Suo amore per l'umanità. Per questo dice a que ll'uomo: "Saresti disposto a fare altrettanto?".
Gesù indica come il Suo e nostro sguardo, quando Lo seguiamo, debba rivolgersi alle "cose di lassù", relativizzando le cose di questo mondo. Per molti non c'è altro che queste cose, ma Gesù cambia la prospettiva secondo la quale viviamo. L'apostolo Paolo scrive: "Se dunque siete stati risuscitati con Cristo, cercate le cose di lassù dove Cristo è seduto alla destra di Dio" (Colosesi 3:1). "Se abbiamo sperato in Cristo per questa vita soltanto, noi siamo i più miseri fra tutti gli uomini" (1 Corinzi 15:19).
Chi vuole stare "comodo ed al caldo" non può, di fatto, seguire Gesù. Persino gli animali hanno un posto dove andare a dormire, ma la missione di Gesù Lo costringe ad essere "senza tetto" e ad essere frequentemente respinto, come mostra l'episodio precedente dove Gesù non viene accolto da samaritani. Chi vuole seguire Gesù deve essere pronto a rinunciare persino a tutto ciò che gli altri considerano cose necessarie.
2.
Del secondo candidato ad essere cristiano, è scritto: "Ad un altro disse: «Seguimi». Ed
egli rispose: «Permettimi di andare prima a seppellire mio padre»" (59). Qui Gesù invita una seconda persona a seguirlo, rivolgendosi ad essa nello stesso modo in cui si era rivolto ai Suoi discepoli in precedenza. Rammentare Levi? "Dopo queste cose, egli uscì e notò un pubblicano, di nome Levi, che sedeva al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi».Ed egli, lasciata ogni cosa, si alzò e si mise a seguirlo" (Luca 5:27,28). Levi aveva accolto senza riserve l'invito di Gesù. Non l'uomo del nostro testo, che gli oppone una riserva: "Ho un padre, a casa, che non vivrà, in ogni modo, a lungo, e che ora ha bisogno di me. Lascia che me n'occupi, e poi, quando morirà, io verrò e Ti seguirò". Potremmo sostenere che fosse una riserva ragionevole. Quest'uomo è disposto a seguire Gesù. Noi gli avremmo detto: "Bene, vai pure, l'importante è che poi tu ti unisca al nostro gruppo".
L'espressione: "Lasciami andare a seppellire mio padre" è per noi strana, ma era un modo di dire del tempo. Il padre di quest'uomo, molto probabilmente, era vivo. Queste parole indicano come il potenziale discepolo volesse continuare a prendersi cura di suo padre fino alla fine. Forse desiderava anche attendere per entrare in possesso della sua parte d'eredità. Se il padre era davvero morto, le parole di Gesù appaiono ancora più sconvolgenti, dato che la pietà figliale richiedeva che un figlio si occupasse delle disposizioni funerarie del padre. Nel Giudaismo il dovere di dare sepoltura a parenti morti era un dovere, considerato persino più importante che studiare la legge. Anche ai sacerdoti era permesso di allontanarsi dai loro doveri sacerdotali per adempiere le pratiche funerarie (Levitico 21:1-3).
Perché Gesù qui è così radicale e sembra non comprendere un'esigenza legittima? Gesù non mette in questione la legittimità della sua esigenza, ma aveva visto che nel cuore di quest'uomo il regno di Dio, la causa di Dio, quella di Gesù, non costituiva davvero, come doveva essere, per lui, una priorità. Noi siamo tentati a considerarci discepoli di Gesù "in linea di massima". Diciamo, magari, d'essere disponibili e di credere, ma ci sono altre cose che appaiono per noi più importanti ancora. Gesù …può aspettare. "Quando avremo tempo", allora potremo cominciare a pensare alla religione, …potremo venire allo studio biblico, al culto, ad aiutare quel bisognoso, ma …verrà mai quel tempo o ci sarà sempre una scusa? Gesù dice: "Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più" (Matteo 6:33).
Ecco così che Gesù gli risponde: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; ma tu va' ad annunziare il regno di Dio» (60). Gesù non vuole qui dire che si debba trascurare i nostri doveri famigliari, perché anzi, solidarietà ed assistenza sono valori e comandamenti molto importanti nella prospettiva di Dio. Non dobbiamo, però, trasformare questi in scuse per trascurare i nostri doveri verso Dio. Se i rapporti con i famigliari o con gli amici diventano un impedimento o un ostacolo al seguire Gesù, allora Gesù deve avere il primo posto. Non c'è scusa che tenga per non ubbidire alla chiamata di Gesù.
Gesù sovverte le convenzioni sociali, insistendo che il Regno di Dio ha priorità persino sui legami famigliari, che le esigenze del Regno di Dio hanno la precedenza su qualunque legame terreno. Quando Gesù dice "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti", egli intende: "Lascia che il compito di seppellire coloro che sono fisicamente morti, sia lasciato a coloro che sono spiritualmente morti! Che gli affari di questo mondo se li assumano quelli che hanno per la testa solo quelli". La proclamazione del Regno di Dio era così importante che non poteva aspettare.
Naturalmente, se l'uomo avesse trascurato i suoi doveri per seguire Gesù, avrebbe suscitato scandalo nella sua comunità, ma anche questo era meno importante che proclamare il Regno e seguire il Messia. Un discepolo doveva prendersi un impegno totale.
3.
Del terzo candidato ad essere cristiano, infine, è scritto: "Un altro ancora gli disse: «Ti seguirò, Signore, ma lasciami prima salutare quelli di casa mia». Ma Gesù gli disse: «Nessuno che abbia messo la mano all'aratro e poi volga lo sguardo indietro, è adatto per il regno di Dio» (61,62).
Anche in questo caso si tratta di una richiesta ragionevole. Il profeta Elia lascia che Eliseo dica addio alla sua famiglia, prima che questi lo segua nella missione profetica (1 Re 19:19-21). Ciononostante, l'appello di Gesù è qui ancora più radicale di quello d'Elia ed esigeva ubbidienza pronta ed incondizionata. Il Regno di Dio è ancora più importante dei convenevoli sociali, se di questo si trattava veramente... Il messaggio ed il Messia non potevano attendere: dovevano avere priorità assoluta. Lo scrittore C. S. Lewis disse: "Il cristianesimo, se è falso, è di nessun'importanza e, se è vero, è di importanza infinita. L'unica cosa che non può essere, è essere moderatamente importante!".
Quest'uomo dice forse a Gesù qualcosa del genere: "Lascia che prima io vada a sistemare i miei affari di famiglia". Egli vorrebbe seguire Gesù, ma gli è difficile staccarsi da tutto ciò che famiglia ed amici rappresentano. Esita, è tirato da due parti. Tentenna, oscilla. Comprende ciò che Gesù gli propone, ma è ancora troppo attirato dalle cose di questo mondo. "Salutare" è segno di buon'educazione: certo questo Gesù non lo vuole negare. Quest'uomo, però, è come se dicesse a Gesù: "Ti seguirò, ma lasciami ancora un poco con i miei amici, lasciami godere ancora un poco della loro compagnia…". Lasciarlo tornare "per un attimo" dai suoi avrebbe potuto significare sottoporsi alla tentazione di rimanere e di non più partire, sperare magari che gli argomenti dei famigliari potessero essere migliori e dissuaderlo dal seguire Gesù. Inoltre, quell'uomo, se volesse davvero occuparsi dei suoi, dovrebbe comprendere che seguire Gesù potrebbe essere per loro di maggiore benedizione di quanto ne avrebbero se lui rimanesse a casa. Assomiglia alla moglie di Lot. "…ma la moglie di Lot si volse a guardare indietro e diventò una statua di sale" (Genesi 19:26). Pure quando Cristo tornerà, non ci dovrà essere per noi nulla di più importante che andargli incontro. Gesù disse altresì: "In quel giorno, chi sarà sulla terrazza e avrà le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così pure chi sarà nei campi non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot" (Luca 7:31,32).
I discepoli di Gesù non potevano avere altri interessi che potessero distoglierli, come un contadino che si fosse messo ad arare, ma poi si fosse distratto volgendo lo sguardo indietro. Nessuno può arare efficacemente se guarda sempre indietro, perché il solco diventerebbe storto, e l'aratro di legno potrebbe rompersi. Così, nessuno può seguire Gesù senza renderlo il centro assoluto ed esclusivo della sua vita. Inoltre, poiché Gesù stava andando a Gerusalemme, era cosciente, quell'uomo, di che cosa Egli stava andando a farvi?
Conclusione
Luca non riporta la conclusione delle conversazioni di Gesù con i tre uomini. Lascia la cosa in sospeso. Quelli che, però, ha descritto, rimangono oggi i maggiori ostacoli alla venuta del Regno di Dio. E' così perché, di fatto, questi ostacoli sembrano appartenere in modo molto radicato alla natura umana ed alla natura della storia umana. Per questo pure molti disperano che mai il regno di Dio possa comparire nella storia.
Solo un nuovo e miracoloso ordinamento dove gli uomini siano persuasi che "non si vive solo di pane", potrà il regno di Dio venire compiutamente. Il minimo, perciò, che questo brano deve suscitare in noi è la domanda realistica che ci porta a chiederci: "Chi dunque può essere salvato?" (Lu. 18:26), oppure: "Chi è sufficiente a queste cose?" (2 Corinzi 2:16). E' ovvio che, come questi uomini, nessuno di noi sarebbe "adatto per il regno di Dio". Confessiamolo pure onestamente. Se Dio non avesse compassione per i "non adatti", e non fosse desideroso e capace a redimerli quando essi comprendono e confessano proprio di "non essere adatti" e implorano la Sua grazia, nessuno potrebbe avere speranza alcuna presso Dio!
Nel leggere testi biblici come quello di quest'oggi, molti ne sono respinti per quello che appare essere "la durezza" delle parole di Gesù. Non è forse naturale o giusto che un candidato ad essere cristiano si occupi di suo padre o che saluti la sua famiglia? Questo racconto, però, non è detto in tal modo da poter rispondere a queste domande: esso ha uno scopo soltanto, vale a dire presentare la suprema importanza che per noi deve avere il regno di Dio, ciò che riguarda Dio. Rispetto ad esso, ogni altra cosa deve andare in secondo piano, deve essere relativizzata.
Se così è per noi, allora "non siamo lontani dal regno di Dio"! E', infine, proprio davanti alle parole stesse dell'Evangelo, in tutta la loro radicalità, che viene sconfessato come illusorio e fuorviante il falso Evangelo della salvezza a buon mercato che oggi va per la maggiore. Non credeteci, un Evangelo troppo comodo e facile non è quello insegnato dal Signore e Salvatore Gesù Cristo! Qualcuno ha detto: "Non esiste qualcosa come un cristianesimo facile. Se è facile, non è cristianesimo; se è cristianesimo, non è facile".
Paolo Castellina, Domenica 23 marzo 2003