Sintesi
Nella moderna società industrializzata ed inurbata non comprendiamo più bene la dinamica dei processi naturali secondo i quali i lavoratori della terra producono ciò che serve per vivere. Il prodotto alimentare non compare magicamente negli scaffali dei supermercati pronto per essere cucinato o già fumante e che noi acquistiamo... Può sembrare ovvio, ma lo stesso vale per quel cibo che nutre spiritualmente e fa crescere il regno di Dio. Spesso pretendiamo un risultato immediato senza comprendere la dinamica che porta a quel risultato, la stessa dinamica alla quale risponde la natura. E' una dinamica complessa che dobbiamo apprendere come i lavoratori della terra conoscono la loro arte. Questa corrispondenza fra agricoltura e coltura dell'Evangelo è quella a cui si riferisce ed insegna Gesù in molte sue parabole come quella che esaminiamo questa domenica, che si trova in Marco 4:26-34 con una riflessione biblica dal titolo: "Le lezioni che ci impartisce il contadino", o meglio, ciò che ci insegna Dio attraverso il lavoro del contadino.
La mia famiglia ha antiche tradizioni contadine. Mio nonno paterno, che abitava nella pianura piemontese, e suo padre prima di lui, e indietro nel tempo ancora, sapeva che cosa volesse dire seminare e coltivare la campagna. Era la terra che dava loro direttamente nutrimento ed ogni cosa. Era una vita dura, senza la protezione delle assicurazioni sociali, tanto che dopo un periodo di forte crisi economica, molti della famiglia avevano dovuto vendere tutto ed emigrare, mentre altri, come mio bisnonno, erano diventati mezzadri e braccianti alle dipendenze di altri. Erano le guerre, poi, a portare via dalla campagna forze produttive. Mio padre, che mi raccontava tutto questo, aveva anche lui abbandonato, giovanissimo, il mondo dell'agricoltura per arruolarsi nei carabinieri. La sua competenza nel coltivare l'avrebbe poi limitata solo più nell'orto di casa: niente più che un hobby, qualcosa di non indispensabile.
Io, così, sono cresciuto senza avere conoscenze pratiche e neppure interesse nell'arte del seminare, del coltivare e del raccogliere. È un errore, perché conoscere ed avere esperienza di come Dio, attraverso le dinamiche della natura e della coltivazione della terra, ci provveda nutrimento, è molto importante. Perché? Perché si tratta di principi utili ed applicabili anche in altri settori della vita.
Guardate che cosa è successo nel mio caso: benché io fossi lontano dal mondo dell'agricoltura, Dio mi ha chiamato a qualcosa in cui i principi dell'agricoltura rimangono essenziali. Dio, infatti, mi ha chiamato a far parte del Suo popolo, mi ha coinvolto nel suo regno, qualcosa che si semina, si coltiva ed i cui buoni frutti si raccolgono per goderne e per allargarne ulteriormente la semina. Di fatto, dopo aver seminato in me il seme della Sua Parola ed essendovi cresciuto, mi ha coinvolto nell'ulteriore semina del messaggio della salvezza in Cristo, l'Evangelo. Mi ha detto: "Ecco, come questo messaggio è stato seminato, cresce e porta frutto nella tua vita, ora devi seminarlo intorno a te e coltivarlo, affinché coloro ai quali ti manderò, nascano, crescano e portino frutto nel mio regno".
Si tratta indubbiamente di una grande responsabilità, della quale non si è certo mai sicuri di essere completamente all'altezza, se non con il conforto di sapere che si tratta di opera Sua, perché "chi pianta né chi annaffia è cosa alcuna, ma è Dio che fa crescere" (1 Corinzi 3:7). La scarsa competenza, però, non dev'essere una scusa: la competenza la si può e la si deve acquisire. I primi discepoli di Gesù, in fondo, erano pescatori, non contadini. Che ne sapevano di piante e di coltivazione? Avrebbero però imparato da Gesù la dinamica del seminare e del raccogliere, allo stesso modo in cui Gesù la continua ad insegnare oggi al Suo popolo, a me ed a voi che siete chiamati a far parte del Suo regno ed ad esservi attivamente impegnati, come Suoi volenterosi strumenti, per la sua diffusione.
Il testo biblico di oggi, che tratta di questo tema, è Marco 4, dal versetto 26 al 29. Si tratta, infatti, di un tipico esempio di come i principi dell'agricoltura valgano pure per il Regno di Dio. Ascoltiamo ed impariamo.
" Diceva ancora: «Il regno di Dio è come un uomo che getti il seme nel terreno, e dorma e si alzi, la notte e il giorno; il seme intanto germoglia e cresce senza che egli sappia come. La terra da se stessa porta frutto: prima l'erba, poi la spiga, poi nella spiga il grano ben formato. 29 Quando il frutto è maturo, subito il mietitore vi mette la falce perché l'ora della mietitura è venuta».".
Per quanto, in sé stessa, questa parabola non paragoni direttamente la Parola di Dio con il seme del grano, essa si pone in un capitolo del vangelo dove tutto questo è riferimento costante. Prima, infatti, in un'altra parabola, parla del seminatore che getta la sua semente in diversi tipi di terreno. Questa parabola s'incentra sulla grande forza, sulla potenza, sulla dinamica insita nel seme della Parola di Dio, e questo proprio per incoraggiarci ad averne fiducia. Se ci occupiamo di seminare e di coltivare questo seme, infatti, possiamo avere la certezza che per noi non sarà mai tempo sprecato. Possiamo avere questa certezza proprio per la dinamica particolare insita in questo particolare seme della Parola di Dio.
La mente umana ragiona in un determinato modo, e questo è studiato dalla psicologia. La società umana funziona secondo le leggi studiate dalla sociologia. Il Regno di Dio, però, vale a dire il modo in cui Dio opera sovranamente nei Suoi rapporti con le creature umane, ha le sue leggi, e queste sono simili a quelle che Egli ha posto nella natura per il suo funzionamento.
In che modo Dio si serve oggi della Sua Parola scritta e predicata per realizzare i Suoi propositi? Spesso confessiamo con stupore che si tratti di un mistero insondabile. Certo, nessuno potrebbe pretendere di comprendere appieno la mente di Dio. Però, Dio si è compiaciuto di rivelarci molte cose del Suo operare e Gesù, in questa parabola, ci fa capire alcune cose essenziali di quella dinamica.
In primo luogo, dobbiamo renderci conto che la Parola di Dio, scritta e predicata, è qualcosa di vivo, potente e fecondo. La chiesa moderna, o "modernista" spesso non se ne rende conto, anzi lo nega. Non è "una parola qualsiasi". È come se sul pacchetto ci fosse scritto "maneggiare con cura".
Molti la trattano con sufficienza ed in modo casuale. Osano persino criticarla se non corrisponde a quello che loro pensano! Non si rendono conto di come essa sia, nelle mani di Dio, "l'agente di trasformazione" per eccellenza.
Possiamo dire ancora oggi ciò che osservava l'apostolo Pietro quando attribuiva la conversione a Cristo alla potenza della Parola: "perché siete stati rigenerati non da seme corruttibile, ma incorruttibile, cioè mediante la parola vivente e permanente di Dio" (1 Pietro 1:23). Essa è parola umana così come Gesù, l'eterno Figlio di Dio, era un autentico essere umano. In Lui erano congiunti (ma non confusi) divinità ed umanità. Così pure è della Parola scritta di Dio.
Questa Parola molti "non l'ascoltano" nemmeno. Non intendo solo con le orecchie, ma anche e soprattutto con la mente ed il cuore. Questa Parola dev'essere "viva" per noi Dobbiamo vederla come verità, verità reale, vitale e vivente. Ci deve "afferrare", "tenere in pugno", "catturare". Si tratta forse, come alcuni ci accusano di fare con essa, di "un idolo", o "un papa di carta"? No, la consideriamo né più né meno come Gesù e i Suoi apostoli, e prima ancora i profeti, la consideravano, e questo ci basta, checché ne dicano gli avversari.
Dobbiamo chiedere a Dio di comunicarci questa Parola, di aprircene il significato (senza imporre di di essa i nostri pensieri), ed allora la Chiesa adempirà al suo compito primario. Seminare la Parola, così, presuppone la preghiera, il "cercare il volto di Dio", aprire gli occhi del nostro cuore alla Sua Parola, essere disposti ad ubbidirvi e poi proclamarla in verità.
Una seconda lezione che il contadino impartisce alla comunità cristiana è che è necessario coltivare la terra "ubbidendo alle leggi della natura". Se il contadino vuole ottenere un raccolto, deve adattare la sua opera al tipo di pianta che semina, al terreno su cui opera ed al susseguirsi dei tempi e delle stagioni. Non decide lui quando e in che modo seminare. Lo stesso si può dire al riguardo del "seme" della Parola di Dio: il cristiano deve "ubbidire alla natura" di cui quel seme fa parte.
Se cerchiamo di comunicare la Parola senza noi stessi ubbidire a ciò che essa dice, abbiamo già rovinato la nostra testimonianza e quella Parola sarà necessariamente sterile e morta per coloro che la odono. Una comunità cristiana che non solo trascura la Parola di Dio, ma che non conforma ad essa diligentemente tutto il suo modo di essere e di agire, si svuota di significato ...e di membri!
La terza lezione che il contadino impartisce alla comunità cristiana è che tutto il processo di crescita e di maturazione non dipende da noi, ma da Dio. Il nostro contributo è importante, ma la crescita non dipende tanto da ciò che facciamo noi: è connesso con la sovrana e misteriosa attività di Dio. Noi ne siamo solo strumenti (e necessariamente docili). Questo è l'elemento importante della parabola che abbiamo letto. È Dio che fa crescere il seme. Gesù ci dice che questo avviene in tre fasi. Prima avviene la crescita dell'erba, poi la formazione della spiga e infine la maturazione del seme nel grano ben formato. Tutto questo è responsabilità di Dio.
Questa è l'esperienza del cristiano. Egli sente come la Parola di Dio prenda radice nella sua vita. Un qualche detto della Scrittura, un qualche versetto, una qualche frase, un qualche grande pensiero che ci affascina e ci prende, e poi diciamo: "Signore, è proprio vero. Voglio camminare alla luce di questo, voglio andare in quella direzione". E quando cerca di farlo, scopre come quella Parola stia facendo qualcosa in lui che non saprebbe neppure spiegare. Quando poi comincia ad apparirne il frutto, guarda indietro nella sua vita per vedere come quella Parola sia stata piantata nel suo cuore, nella sua vita e come ora produca benedizione, un effetto veramente meraviglioso. Si sente una persona più felice, più realizzata, più piena, rinnovata, libera da cattive abitudini e da quei pensieri che lo turbavano. La Parola è giunta al raccolto. Ha prodotto frutto nella sua vita. Questo, dice Gesù, è il processo con il quale il Regno di Dio si radica nel cuore umano. Questo avviene ogni giorno nel mondo! Tutto questo determina gran parte del modo in cui ci rapportiamo al Regno di Dio. In che modo?
In primo luogo, la comunità cristiana ed ogni singolo credente deve essere fedele nel seminare la Parola di Dio. Non si può pretendere di raccogliere se prima non seminiamo. Questa è una delle maggiori debolezze delle "chiese storiche" e di molti credenti. Non seminiamo abbastanza la Parola, il che sarebbe la prima cosa da fare per una chiesa. In qualche modo facciamo altre cose che riteniamo importanti, ma non seminiamo la Parola. Opponiamo resistenza alla Parola e non lasciamo che di fatto questa parola metta radici nel nostro cuore - aprire gli occhi su questa parola, crederle, ubbidirle e poi proclamarla a chi ci circonda. Questo è il solo modo che Dio ha previsto per piantare il Regno di Dio in mezzo all'umanità. Non lo farà con manovre politiche, né con conquiste militari, oppure con un qualsiasi altro programma umano o strategia. Egli lo farà solo attraverso la semina della Parola. Per questo dobbiamo essere fedeli nel farlo. Non avremo mai il Regno di Dio nel nostro cuore, non conosceremo mai la gloria del vivere sotto il governo di Dio, fintanto che non seminiamo questo seme, deliberatamente, giudiziosamente, seriamente. Un cuore aperto a questa Parola vivente lo farà.
In secondo luogo, dobbiamo lasciare spazio a Dio affinché Egli operi. Non è forse quello che Gesù sottolinea in questa parabola? Quando seminiamo questo seme dobbiamo attenderci che Dio operi. Dopo che il nostro cuore si è aperto alla Sua Parola ed essa mette radice nella nostra vita, è Dio che continuerà l'opera. Non c'è più nulla che noi si debba fare se non ubbidirgli con fiducia!
Per questo dobbiamo evitare di fare alcune cose. Ad esempio, non dobbiamo attenderci che sia sufficiente una "conoscenza" della Bibbia, come si intende normalmente per "conoscenza". Certo, dobbiamo conoscerla molto bene. Potremmo anche diventare dei professori che insegnano nelle scuole "Bibbia". Potremmo essere in grado di spiegarne in dettaglio luoghi e tempi, ma questo non basta. Non si è seminato il seme della Parola di Dio fintanto che con essa non abbiamo "un rapporto intimo" tramite il quale noi le ubbidiamo "con il cuore", fintanto che noi non impostiamo la nostra vita sulla sua base. La conoscenza intellettuale della Bibbia non si sostituisce all'ubbidienza alla Bibbia. La Parola opera quando siamo in sintonia con Dio, ed il "segnale" è pulito e senza disturbi estranei. Allora soltanto sarà comprensibile e diventerà "musica" alle orecchie di chi l'ascolta operando il fine per il quale è mandata.
Spesso, infatti, incontriamo chi questa parola "la disturba" filtrandola con un'ideologia ad essa estranea, la storce, oppure ne seleziona solo quello che "fa comodo" o sembra "più conveniente". È allora che diventa una Parola "geneticamente modificata", riveduta e corretta, e non è più quella che Dio ci ha dato. Quante volte presumiamo di saperne di più e meglio della Parola così come ci è stata data e vorremmo "correggerla" o "integrarla". Non sorprende, poi, che nascano "dei mostri".
Dobbiamo, inoltre, evitare di aspettarci un raccolto prima del te,po. Gesù dice: "Quando il frutto è maturo, subito il mietitore vi mette la falce perché l'ora della mietitura è venuta". Spesso, però, vorremmo raccogliere prima di aver seminato, o quando non è veramente ancora giunto il tempo del raccolto. Vorremmo vederne i risultato, vero? Ma non con il "forzarne i tempi"! Non ci accontentiamo del processo del seminare e poi di attendere che Dio operi: vorremmo avere frutti SUBITO! Salvezza istantanea, maturità istantanea. Oggi è il tempo del "tutto e subito", dei prodotti "istantanei". Per tutto abbiamo una formula: mescola con acqua, agita, ed ecco il risultato! La "polenta rapida" però, non è buona come quella che richiede di stare li a mescolarla per lungo tempo, come si deve!
Spesso vorremmo diventare cristiani maturi in questo modo. Non possiamo, però, forzare i tempi, dobbiamo rispettare con pazienza non solo i modi, ma anche i tempi di Dio, come fa il contadino "di una volta". Il contadino non esce il giorno dopo la semina per vedere come il grano sia maturato... Così non dovremmo fare noi. Dobbiamo permettere al seme di giungere a maturazione come Dio ha stabilito e non pretendere di avere il raccolto prima del tempo!
Il nostro problema è spesso l'impazienza. È come se, lavando i panni in lavatrice, fermassimo la macchina ogni due minuti ed aprissimo lo sportello per vedere se i panni si stanno pulendo. Sarebbe stupido: dobbiamo lasciare finire il programma! Questo è pure il motivo per cui oggi vi è tanto pessimismo. Si guarda talvolta alla chiesa e si afferma che non stia accadendo nulla. "No," dice Gesù, "in quel modo non lo puoi dire". Il Regno di Dio non viene per essere controllato se funziona... Come misuriamo il successo del Regno di Dio? Non lo puoi misurare con criteri normali... Ad esempio, non è questione di statistiche, quante persone siano quelle che aderiscono (formalmente) alla causa di Cristo. È la sostanza che conta, non la qualità. Certe chiese però (che "devono pagare gli stipendi e le pensioni dei loro dipendenti e mantenere i fabbricati) vogliono avere molti membri di chiesa contribuenti, e per ottenerli sono disposti a fare tutto, anche ad abbassare lo standard di adesione alla chiesa, oppure modificarne il messaggio per compiacere il maggior numero di persone e "farle venire in chiesa". È la sostanza che conta non la quantità. "...eh, ma così la nostra istituzione non può funzionare". "Allora bisogna smantellare l'istituzione... è l'Evangelo che conta, la Parola di Dio, non l'istituzione, per quanto 'indispensabile' si crede che sia. In ogni caso la chiesa primitiva non ce l'aveva e prosperava!".
Il Regno di Dio opera secondo i suoi modi ed i suoi tempi. Come afferma Gesù nella parabola, l'uomo, dopo aver seminato, torna a casa e vive la sua vita normale. Dorme la notte e si alza al mattino. Mentre il seme affonda le sue radici nel terreno, dobbiamo continuare la nostra vita "normale" e, per tutto il tempo che lo facciamo, i principi ai quali siamo consacrati stanno operando con i loro tempi, stanno operando gradualmente delle trasformazioni. Avvengono cose che non vediamo.
Non siamo, quindi, scoraggiati, se ci sembra che nulla stia cambiando. Forse che il contadino si scoraggia quando semina? Forse che la mattina dopo, alzandosi e vedendo i campi esattamente come li aveva lasciati la sera prima'dice: "A che è servito ciò che ho fatto? Perché sto sprecando così le mie sementi? Non accade nulla!". No, il contadino non fa questo: sa che in modo altrettanto sicuro di come il seme stia nella terra, esso deve mettere radici. Le forze vitali del suolo devono reagire con le forze vitali nel seme e, senza che lui se ne renda conto, accade qualcosa. Solo se aspetterà il tempo necessario, a suo tempo, tornerà nei campi e comincerà a vedere del verde apparire qui e là. Ancora un altro poco di tempo ed il campo sarà coperto da nuove pianticelle e poi... Ci renderemo conto del grande cambiamento che è avvenuto solo quando l'opera di Dio sarà compiuta, volgendoci indietro e sorprendendoci, perché è opera Sua.
Certo, dobbiamo astenerci dal cercare di volere stabilire noi quale forma debba prendere il seme una volta che sia maturo. Seminare con diligenza la Parola di Dio vuol dire rispettare che Dio operi anche quanto ed in modo diverso da quanto ci aspettiamo. Siamo disposti a lasciare che Dio rivoluzioni, se vuole, anche le nostre forme e tradizioni, quelle a cui siamo abituati? Egli potrebbe farlo, anche se sarà sempre coerente con la Parola che ha rivelato e non andrà mai oltre ad essa. Essa, infatti, è il Suo programma e le cose vanno avanti esattamente come Egli ha disposto fin dall'inizio. Nessuna sorpresa. Nessun cambiamento di programma. Siamo noi che, magari, abbiamo capito male ciò che Dio si proponeva, ed abbiamo magari supposto che le cose dovessero andare nel modo che noi crediamo più opportuno.
L'opera è di Dio, non la nostra. Il seme produrrà ciò che gli è proprio. Gesù dice: "La terra dà da sé stessa il suo frutto". Non possiamo decidere noi quale forma prenderà la pianta che nasce da un seme. Non ci è autorizzata nessuna "ingegneria genetica". Possiamo solo riconoscerne il risultato come del prodotto dell'azione di Dio, caratterizzato da ciò che gli è proprio così come Dio ha stabilito.
Quanto spesso, come l'antico profeta Elia, abbiamo l'impressione che l'opera che abbiamo fatto per il Signore sia stata inutile, e diciamo: "...sono rimasto io solo e cercano di togliermi la vita" (1 Re 19:14). Dio, però, dice: "Ho lasciato in Israele un residuo di settemila uomini, tutti che non hanno piegato le loro ginocchia davanti a Baal" (1 Re 19:18 ND). Devo aver fiducia!
In primo luogo, Dio sta portando avanti nella storia un piano che non sarà in alcun modo frustrato. Il Signore Gesù Cristo è vivente nella Sua Chiesa. Ci ha lasciato fisicamente, ma non è andato in vacanza. Là dov'è non sta con le mani in mano! Non sta girando i pollici annoiato in qualche posto nel cielo, e magari, frustrato perché noi non ci diamo più da fare... Egli è là dove ha detto di essere, là dove la Sua chiesa ubbidisce al mandato che le è stato affidato di fare ogni nazione discepoli" (Matteo 28:19). È a quella chiesa fedele ed ubbidiente che Gesù promette: "Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell'età presente" (Matteo 28:20). Dio non ha mai smesso di portare avanti i Suoi propositi. Il popolo che ubbidisce alla Sua volontà vede che Egli è all'opera o comunque crede alle Sue promesse anche quando non la vede!
Il secondo principio è che si vede che "le cose funzionano" quando il popolo di Dio porta avanti i compiti che gli sono affidati in modo cooperativo, tutti insieme secondo i doni che ciascuno ha ricevuto. Il lavoro dei campi porta maggior frutto ed è più efficiente quando è fatto assieme, quando ciascun membro del popolo di Dio fa la sua parte, e non lascia fare tutto al ministro pur retribuito. La squadra di calcio retribuisce un allenatore, ma non manda l'allenatore in campo a che giochi lui la partita mentre i calciatori stanno seduti nelle tribune a guardare! Ognuno deve giocare il ruolo nella squadra che gli compete secondo le sue capacità e competenze. Il compito del ministro di Dio nella chiesa è importante, ma Dio non gli affida tutta l'opera della Chiesa, mentre gli altri possono disinteressarsene. Alcuni dicono: "Lui è pagato, quindi che faccia lui!". L'opera della chiesa non potrà mai funzionare e fruttare se il lavoro è svolto ...da uno solo!
Un terzo principio è quello dio dichiarare il grande segreto che Dio ha dato all'uomo nella Sua Parola: la vita del Signore Gesù, la potenza del Cristo risorto, deve e può dimorare in modo autentico in ogni cristiano. La chiesa cristiana deve e può, anzi, ha il dovere di rendere visibile il Cristo invisibile. Questa è la funzione della chiesa. Essa esiste per questo. Questo è il motivo della sua esistenza, e quando comincia a viverlo, allora ne conseguiranno effetti tangibili, inclusa la soluzione di molti spinosi problemi della società ed alleviare la miseria dell'umanità.
Un'osservazione finale. Il raccolto promesso e possibile è inteso per una seminagione ancora maggiore. Perché l'agricoltore raccoglie il grano? Certo perché di esso possa vivere, ma pure affinché possa seminare, la primavera prossima, altri semi. Allora vi sarà un raccolto ancora maggiore perché il seme cresce in modo tale e moltiplica, i granai si riempiono e traboccano per darci nuove opportunità di seminare. La semina è un processo ripetitivo. Ciò che Dio ci ha insegnato e ci ha portato a godere nella nostra vita, noi lo seminiamo ancora nella vita di altri, "lo passiamo avanti". Così l'apostolo Paolo scrive a Timoteo: "...le cose che hai udite da me in presenza di molti testimoni, affidale a uomini fedeli, che siano capaci di insegnarle anche ad altri" (1 Timoteo 2:2).
Quella che abbiamo descritto corrisponde alla dinamica della crescita del grano. È la stessa dinamica della crescita del Regno di Dio attraverso la "seminagione" della Sua Parola quello che dobbiamo comprendere. Il mondo potrà fare e disfare tutto ciò che vuole, ma non potrà arrestare il costante svolgersi dei propositi di Dio verso il Suo obiettivo finale, ben diverso da quello che il mondo immagina volendo fare a meno di Dio o facendosi le proprie convenienti religioni. Il Signore Gesù disse: "...il nemico che le ha seminate, è il diavolo; la mietitura è la fine dell'età presente; i mietitori sono angeli. Come dunque si raccolgono le zizzanie e si bruciano con il fuoco, così avverrà alla fine dell'età presente. Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli che raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono l'iniquità, e li getteranno nella fornace ardente. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti. Allora i giusti risplenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi oda" (Matteo 13:39-43).
È di grande incoraggiamento per il cristiano che il seme cresca segretamente, sia nella sua vita che nel mondo. Dio sta realizzando i Suoi eterni progetti ed essi andranno a compimento. Dio non fallisce e non fallirà il Suo popolo, la Sua Chiesa. Certo vi sono chiese più o meno fedeli, e persino chiese che tradiscono il loro mandato, ignorandolo o alterandolo, ma i progetti di Dio saranno realizzati, grazie a Lui. La vera Chiesa di Cristo (da non identificare con alcun raggruppamento organizzato) non cadrà mai. Quel che Dio ha seminato cresce e giungerà a maturazione, e vi sarà il raccolto esattamente come Gesù ha dichiarato. Cresce e crescerà: per questo siamo chiamati a comprenderne il progresso e ad esserne coinvolti attivamente. Allora ne vedremo i frutti, in noi ed intorno a noi.
Paolo Castellina, 10 giugno 2015, rielaborazione della predicazione del 29 gennaio 2005.