Sintesi. Quando oggi si propone alla gente la nessità, anzi, il dovere che ogni creatura umana ha di rendere a Dio l’onore, la gloria ed il culto che Gli è dovuto nei termini da Lui stabiliti nella Sua Parola, si incontra prevalentemente indifferenza, derisione e persino ostilità. Alcuni parlano del nostro tempo come quello del “tramonto del sacro”. In realtà il culto viene reso ad altro. Possono essere più “raffinati”, ma sono sempre idoli. Niente di nuovo. Grazie a Dio vi sono sempre coloro che aprono gli occhi sugli inganni del nostro tempo e, rendendo al Dio vero e vivente il culto che gli è dovuto, si uniranno alla schiera dei redenti che, secondo la visione di Apocalisse 7:9-12 danno “al nostro Dio la lode, la gloria, la sapienza, il ringraziamento, l'onore, la potenza e la forza, nei secoli dei secoli! Amen”. È il nostro testo biblico di questa settimana.
Le ragioni di un disprezzo
Rendiamo a Dio il culto che gli è dovuto! Quando oggi si propone alla gente la nessità, anzi, il dovere che ogni creatura umana ha di rendere a Dio l’onore, la gloria ed il culto che Gli è dovuto nei termini da Lui stabiliti nella Sua Parola, si incontra prevalentemente ostilità e derisione. Anzi, questa stessa espressione italiana: “rendere a Dio il culto che gli è dovuto” è persino molto rara!
Non c’è limite all’inventiva umana di trovare “ragioni” per non farlo: scuse e pretesti, infatti, in questo caso abbondano. Seguendo i “teologi” che teorizzano la secolarizzazione della società come espressione di un “grande progresso” dell’umanità, vi sono anche predicatori compiacenti che, giustificando questo “fenomeno”, parlano del nostro tempo come dei tempi del “tramonto del sacro”, per poi contraddire questa loro asserzione inchinandosi molto religiosamente di fronte all’autorità ed al primato della “dea ragione”, o della “scienza”. Di fatto tutti e sempre, “rendono culto” ed “hanno fede”: la vera questione è “a chi” o “a che cosa”.
In tutto questo, evidentemente, a dispetto di coloro che vedono il fenomeno come un progresso, non si tratta di nulla di nuovo: sono idee vecchie, anzi antiche. Si tratta dell’antica “aspirazione” umana - promossa da Satana - che “l’uomo” diventi dio e legge a sé stesso, finalmente “autonomo”. È uno dei suoi “diritti” - si dice - quello di liberarsi da ogni “costrizione” della “religione”, vista come qualcosa di negativo. Vi sono sicuramente religioni oppressive dalle quali è necessario liberarsi, ma non si può fare “di ogni erba un fascio”, si deve discernere.
C’è poi chi sostiene e promuove una religione (nel nostro caso il Cristianesimo) riveduta e corretta, che intende “evoluta”, dove Dio diventa “un utile immaginazione”, una “astrazione” che rende culto sostanzialmente a un dio che è “al servizio dell’uomo”, posto a supporto dell’umana “autonomia e responsabilità”, supporto del suo “benessere”. Per questo oggi si trovano molte chiese che “si adattano”al clima imperante credendo così di conservare i loro (sempre più radi) membri e di attrarne possibilmente dei nuovi rispondendo a quelli che intendono “i bisogni reali della gente”.
Si comprende, allora, come tutto questo non si niente di nuovo, anzi d’antico, ma, grazie a Dio continuano ad esservi persone che aprendo gli occhi sulla follia e gli inganni dell’antropocentrismo, si rendono conto della loro creaturalità e che tutto quel che hanno, la loro stessa vita, dipende da Dio. È così che lo cercano, anzi, vengono trovati, dall’annunzio dell’Evangelo di Gesù Cristo al quale rispondono con gioia.
L’Evangelo di Gesù Cristo è la grazia della riconciliazione con Dio: esso rimette le cose a posto fra la creatura umana e Dio, così come debbono essere, e la fa ritornare al suo originale e perduto destino, quello di essere in comunione con Lui.
Rendiamo a Dio il culto che gli è dovuto! È un fondamentale; è l’atteggiamento che dobbiamo avere come creature di Dio e membri, per grazia, del suo popolo eletto. Il Cristiano è colui che debitamente riconosce, in ogni occasione, che “ogni cosa buona e dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre degli astri luminosi” (Giacomo 1:17), cioè da Dio, per rendergli l’onore e la gloria che Gli sono dovuti.
La Scrittura, infatti, più volte si esprime in questo modo: “Tu sei degno, o Signore e Dio nostro, di ricevere la gloria, l'onore e la potenza: perché tu hai creato tutte le cose, e per tua volontà furono create ed esistono” (Apocalisse 4:11); e ancora: “Date al SIGNORE la gloria dovuta al suo nome,
portategli offerte e venite in sua presenza. Prostratevi davanti al SIGNORE vestiti di sacri ornamenti” (1 Cronache 16:29); “Date al SIGNORE la gloria dovuta al suo nome,
portategli offerte e venite nei suoi cortili” (Salmo 96:8).
Per questo il Cristiano pure si prende ogni giorno il tempo necessario per la preghiera, ringrazia Dio ad ogni pasto, partecipa al culto comunitario ogni domenica e riconosce debitamente in ogni occasione l’onore e la gloria che per ogni cosa a Dio sono dovute. Gli anni, i mesi, i giorni, della nostra vita sono nelle mani di Dio e anche le celebrazioni tradizionali come il proprio compleanno o la fine dell’anno, benché siano espressioni della nostra cultura, sono pure preziose occasioni per ringraziare e lodare Dio.
Il dovere di onorare Dio è così importante che mancare di farlo è, nella Scrittura, un grave peccato. Così dice prima il Profeta e poi l’Apostolo: “Un figlio onora suo padre e un servo il suo padrone; se dunque io sono padre, dov'è l'onore che m'è dovuto? Se sono padrone, dov'è il timore che mi è dovuto? Il SIGNORE degli eserciti parla a voi, o sacerdoti, che disprezzate il mio nome! Ma voi dite: "In che modo abbiamo disprezzato il tuo nome?” (Malachia 1:6); “...infatti le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo essendo percepite per mezzo delle opere sue; perciò essi sono inescusabili, perché, pur avendo conosciuto Dio, non l'hanno glorificato come Dio, né l'hanno ringraziato; ma si sono dati a vani ragionamenti e il loro cuore privo d'intelligenza si è ottenebrato” (Romani 1:20-21).
Come membri del popolo eletto di Dio, anche noi dobbiamo avere lo stesso spirito di lode ed adorazione verso Dio che le testimonianze bibliche manifestano in moltissime circostanze. Vorrei, però, quest’oggi, concentrare la nostra attenzione su un testo biblico, tratto dal libro dell’Apocalisse, che dipinge la folla di coloro che Dio ha salvato dal peccato e dalle sue eterne conseguenze che, davanti al trono di Dio nei cieli, è così riconoscente della grazia ricevuta che continua a lodare e ad esaltare Dio a gran voce insieme alle altre creature celesti. Notate alla fine di questo testo l’espressione “nei secoli dei secoli”, che indica come per sempre, in ogni luogo, tempo e circostanza, debba salire a Dio la nostra lode. Leggiamolo:
“Dopo queste cose guardai e vidi una folla immensa che nessuno poteva contare, proveniente da tutte le nazioni, tribù, popoli e lingue, che stava in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, vestiti di bianche vesti e con delle palme in mano. E gridavano a gran voce, dicendo: «La salvezza appartiene al nostro Dio che siede sul trono, e all'Agnello». E tutti gli angeli erano in piedi intorno al trono, agli anziani e alle quattro creature viventi; essi si prostrarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio, dicendo: «Amen! Al nostro Dio la lode, la gloria, la sapienza, il ringraziamento, l'onore, la potenza e la forza, nei secoli dei secoli! Amen»” (Apocalisse 7:9-12).
Che magnifico culto avviene in cielo! Ho avuto più volte, nella mia vita, magnifiche esperienze di culto in comunità che lodavano e cantavano con grande e trascinante entusiasmo e gioia, cosa che non avviene molto spesso… Che culti meravigliosi, però, saranno quelli a parteciperemo per grazia in cielo alla presenza di Dio: supereranno di gran lunga i migliori culti ai quali avremo partecipato sulla terra!
Mi verrebbe però anche da osservare che, allo stesso modo, chi, sulla terra, disdegnava e trascurava il culto domenicale e la preghiera, perché mai vorrebbe essere salvato e giungere in paradiso, visto che lassù si contnuerà a lodare e ringraziare il Signore ...in un culto eterno? Inoltre, qui sulla terra diciamo a malapena grazie per i favori che riceviamo dagli altri: un eterno culto di riconoscenza è la naturale espressione di chi si rende conto da che cosa sia stato salvato in Cristo. Quanti cristiani se ne rendono conto fino in fondo? Sono coscienti di quello a cui giustamente sarebbero andati incontro se Dio non avesse avuto misericordia di loro in Cristo?
Consideriamo bene questo testo.
Le persone coinvolte
Notiamo, prima di tutto, in questo testo, le persone coinvolte in questo glorioso culto celeste: “una folla immensa che nessuno poteva contare” (9). Si tratta di coloro che, in ogni tempo e paese, sono stati resi da Dio partecipi della Sua grazia e che per quel motivo sono al Suo cospetto per sempre. Oggi, purtroppo, coloro che intendono essere fedeli a tutto ciò che il Signore Iddio ha comandato di osservare sono pochi. Le chiese che abbiamo, però, non basterebbero, se ogni creatura umana comprendesse che a Dio è dovuto il culto nei termini che Egli stesso ha indicato e se con entusiasmo le riempisse ogni Domenica con canti e preghiere di lode e di adorazione.
Non si tratta, però, solo di “un sogno”. Sono stato una volta in un paese dove avevano dovuto persino abbattere il muro davanti della chiesa ed aggiungervi un gran tendone per ospitare tutti coloro che intendevano rendere a Dio, insieme, il culto che Gli è dovuto. In quel luogo stavano indubbiamente facendo esprerienza di un grande risveglio spirituale. Desidero ardentemente e preego perché possa avvenire anche per molte chiese in Occidente. Un giorno, però, in cielo, una grande folla sarà riunita per un culto perenne. Questo è di grande consolazione ed incoraggiamento.
Chi sono tutte queste persone di cui ci parla la visione riportata nel libro dell’Apocalisase? Sono tutti coloro che, in ogni tempo e paese, ordinati a vita eterna, hanno creduto in Cristo affidando sé stessi completamente a Dio (Atti 13:48), peccatori che hanno riposto nel Salvatore Gesù Cristo la loro fede perché Egli ha espiato sulla croce la condanna che a loro sarebbe toccata, coloro che Egli ha amato liberandoli dai loro peccati con il Suo sangue (Apocalisse 1:5), coloro che Egli ha giustificato e che, chiamati dalla Sua grazia, sono stati portati alla gloria.
Quanti sono? Nessuno può calcolarne il numero: solo Dio lo conosce, perché esse sono coloro che Dio ha scelto, redenti in Cristo, perfettamente e distintamente da loro conosciuti, il cui nome è scritto nel libro della vita dell’Agnello. Dio e Cristo li chiamano per nome, e quando sono stati affidati a Cristo dall’eternità sono passati, nel tempo, dalla porta stretta della salvezza… Sarete voi trovati in quel numero? È difficile dirlo ora. L’unica cosa che dobbiamo fare, senza preoccuparci del resto, è soltanto andare presso Cristo in fede per trovarvi salvezza alle Sue condizioni. Egli disse: “Tutti quelli che il Padre mi dà verranno a me; e colui che viene a me, non lo caccerò fuori” (Giovanni 6:37).
La loro caratteristica
Saranno molti e vari: “...proveniente da tutte le nazioni, tribù, popoli e lingue” (9b). Sarà gente di ogni razza, lingua e nazione, coloro che Dio ha eletto, Cristo ha salvato e lo Spirito Santo efficacemente chiamato. La famiglia di Dio già oggi conosce gente di ogni razza, lingua e nazione, e in ogni luogo del mondo in cui i cristiani si trovano a passare, possono trovare persone con le quali essere in perfetta comunione spirituale, perché amano lo stesso Dio, servono lo stesso Cristo e vivono secondo la guida dello Spirito Santo. Quel giorno ciascuno canterà e suonerà nello stile che è proprio alla sua cultura. Pensate che meraviglia di musiche ed armonie! Potremo udire come cantavano i primi cristiani. Magari non ci piacerà lo stile, ma non importa: noi esprimeremo gli stessi loro sentimenti come noi siamo abituati e questo sarà perfettamente accettabile!
La loro disposizione
In che disposizione viene rappresentata tutta questa gente? “...che stava in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello” (9c), Gesù Cristo. Pensate: stare di fronte al glorioso trono di Dio, tre volte santo, e per di più “in piedi”! Chi mai potrebbe ardire a fare tanto senza ...essere fulminato all’istante da Colui davanti al quale può stare nulla di sporco e di immondo? Com’è possibile questo? Da dove proviene la grande dignità di “stare in piedi” davanti a Dio? Dalla nostra dignità congenita? No di certo! Chi mai potrebbe vantarla?
Questo è possibile perché si tratta del risultato dell’opera di Cristo in colui o colei che Gli si affica: “...come anche Cristo ha amato la chiesa e ha dato sé stesso per lei, per santificarla, dopo averla purificata lavandola con l’acqua della parola, per farla comparire davanti a sé gloriosa, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti, ma santa ed irreprensibile” (Efesini 5:25-27).
Notate come i redenti stiano di fronte al trono di Dio accompagnati dall’Agnello, da Cristo, il Mediatore, senza il quale nessuno potrebbe stare alla presenza di Dio. Una ragione di più per prenderlo con estrema serietà e diligenza. Il trono di Dio sarebbe inaccessibile ai peccatori se non fosse per il Mediatore. La lettera agli Ebrei dice ai credenti in Cristo “Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovare grazia ed essere soccorsi al momento opportuno” (Ebrei 4:16).
Le loro vesti
Tutto quanto abbiamo or ora detto lo possiamo vedere anche dall’abito che portano: “vestiti di bianche vesti”. È la veste bianca della giustizia di Cristo loro accreditata e di cui sono stati rivestiti. Ricordate la parabola evangelica dell’invito a nozze? “Ora il re entrò per vedere quelli che erano a tavola e notò là un uomo che non aveva l'abito di nozze. E gli disse: "Amico, come sei entrato qui senza avere un abito di nozze?" E costui rimase con la bocca chiusa. Allora il re disse ai servitori: "Legatelo mani e piedi e gettatelo nelle tenebre di fuori. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti". 1Poiché molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti»” (Matteo 22:11-14). Questa è la sorte di coloro che, nella loro vita, avranno disdegnato Cristo e la Sua opera, pretendendo di essere a posto com’erano e senza aver voluto rivestirsi di essa. Faremmo bene a prendere questo molto sul serio oggi, prima che per noi sia troppo tardi.
Queste persone, poi “hanno delle palme in mano” (9d), segno dell’acclamazione che fanno per il trionfo di Cristo sul peccato, sul mondo e su Satana, come un tempo si acclamava i grandi trionfatori.
Che cosa fanno
Infatti: “E gridavano a gran voce” (10), voce che esprime la forza del loro amore, la grandezza della loro gioia, quanto riconoscenti sono per ciò che hanno ricevuto e con quanta convinzione danno gloria a Dio ed all’Agnello! Gridano, infatti, affermando: “La salvezza appartiene al nostro Dio che siede sul trono, e all’Agnello” (10b). Sia Dio Padre che Dio Figlio vengono associati nelle loro lodi: Colui che l’ha preparata e Colui che l’ha realizzata. “Siamo qui,” sembrano dire, “e il merito di questo non è il nostro, perché se fosse dipeso da noi, nessuno avrebbe mai potuto sperare di arrivarci!”. Lo afferma a più riprese la Scrittura quando parla della Grazia di Dio: “Egli ci ha salvati e ci ha rivolto una santa chiamata, non a motivo delle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la grazia che ci è stata fatta in Cristo Gesù fin dall'eternità” (2 Timoteo 1:9), ed ancora: “egli ci ha salvati non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, mediante il bagno della rigenerazione e del rinnovamento dello Spirito Santo” (Tito 3:5). Vediamo, infine:
Chi si unisce alla lode
“ tutti gli angeli erano in piedi intorno al trono, agli anziani e alle quattro creature viventi; essi si prostrarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio” (v. 12), celebrando le perfezioni della Sua natura ed ascrivendogli tutta la gloria dovuta alla Sua opera. Sono gli angeli santi ed eletti, migliaia di migliaia, insieme ai ministri dell’Evangelo che con profonda umiltà e profonda riverenza, esaltano la grandezza di Dio: “dicendo: «Amen! Al nostro Dio la lode, la gloria, la sapienza, il ringraziamento, l'onore, la potenza e la forza, nei secoli dei secoli! Amen»” (12b). Essi approvano e confermano che Dio è degno di ogni onore e gloria dicendo che è quanto mai giusto che le creature umane lo facciano in ogni occasione.
Il Signore Iddio, dunque, è sommamente degno di ogni onore e gloria: è nostro dovere e responsabilità il riconoscerlo ed il praticarlo in ogni tempo, ma soprattutto nel giorno che Egli ha consacrato per il culto, il Giorno del Signore, la Domenica.
La gloria è la gloria delle Sue divine perfezioni, Lui che è il Dio della gloria, e di tutte le Sue opere nella natura e nella Provvidenza, specialmente della salvezza dell’essere umano in Cristo. Sapienza, perché Egli è sommamente sapiente e giusto in tutto ciò che Egli compie, anche se talora non lo comprendiamo. La Sua sapienza si mostra nelle opere della Creazione e nel governo del mondo, come pure nel piano di Redenzione in Cristo. Ringraziamento per tutte le Sue grazie e favori temporali, spirituali ed eterne, godute sia dagli angeli che dalle creature umane. Onore, quello che Gli è dovuto da tutte le creature, perché Egli è il Creatore; da tutti i Suoi figli, perché Egli è il loro Padre; da tutti i Suoi servi, perché Egli è il loro Padrone. Potenza, esercitata nel creare ogni cosa dal nulla, nel sostenere l’intero universo e nel preservare e salvare il Suo popolo. Forza, perché Egli è l’Iddio onnipotente, la rocca eterna in cui c’è stabilità eterna.
Le creature celesti e terrestri attribuiscono a Dio e a Dio soltanto tutto questo per tutta l’eternità e desiderano che così possa essere. Lo vedranno fare anche da noi? Questo è giusto. Che così possa essere, ...ma lo sarà un giorno in ogni caso, perché verrà il giorno in cui Dio trionferà su ogni peccato e ribellione. Questa è la certezza del popolo di Dio, quella che Gli permette di perseverare nonostante ogni avversità.
A. W. Pink scrive: “Quanta gente va in un luogo di culto semplicemente perché ritiene che una persona di rispetto lo debba fare, ma molto volentieri se ne starebbero alla larga. Non così per il cristiano - nella sua migliore disposizione: va a rendere il culto che a Dio è dovuto, va per udire la voce di Colui che ama, cerca da esso un rinnovato segno del Suo amore, desidera crogiolarsi al sole della Sua presenza. Quando poi è favorito da una visitazione di Cristo, egli esclama con Giacobbe: ‘Com'è tremendo questo luogo! Questa non è altro che la casa di Dio, e questa è la porta del cielo!» (Genesi 28:17), un assaggio del Cielo stesso!’” (A. W. Pink, La dottrina dell’Elezione, p. 197).
Paolo Castellina, rielaborazione di una predicazione del 29 dicembre 2000.