Il segreto della produttività!
Sintesi. Dell'energia elettrica oggi è impensabile poterne fare a meno. La prendiamo per scontata. Si può senz'altro discutere su come sia meglio produrla ma chi vorrebbe onestamente farne a meno? Se manca l'energia elettrica, nel mondo moderno non funzionerebbe in pratica più nulla. Ne siamo totalmente dipendenti. Chi ce la farebbe a vivere senza di essa? Tornereste a vivere "al lume di candela"? Allo stesso modo molti si ostinano a negare ed a pensare di poter fare a meno di Dio. E' lo stesso da cui dipende attimo per attimo l'intera nostra esistenza. Iddio è Colui che sostiene anche chi Lo disprezza e Lo nega, ma quanto più ricca, buona, giusta, feconda, realizzata, sensata e dalle prospettive eterne sarebbe una vita vissuta in consapevole comunione con Lui! Per comunicare un concetto simile a questo, un giorno Gesù fa un paragone fra Lui e una vite, fra i Suoi discepoli e i tralci che, da questa vite, traggono tutta la loro vita e produttività. E' Gesù, infatti, Colui che, l'unico, Dio ha provveduto affinché le creature umane tornino realmente a collegarsi con Lui per produrre le cose buone che fin dall'inizio erano intese a produrre. Seguiamo così il testo biblico di questa domenica, Giovanni 10:1-8 "La vite e i tralci".
Mi sembra oggi inevitabile "fare le lodi" dell'azienda elettrica. Dell'energia elettrica oggi è impensabile poterne fare a meno. La prendiamo per scontata. Si può senz'altro discutere su come sia meglio produrla, se con le centrali idroelettriche, con il carbone, il petrolio, il nucleare, con i pannelli solari o con altri metodi, ma chi vorrebbe onestamente farne a meno? Se manca l'energia elettrica, nel mondo moderno non funzionerebbe in pratica più nulla. Ne siamo totalmente dipendenti.
Possiamo godere oggi di tanti apparecchi che svolgono innumerevoli, utili ed essenziali funzioni, ma a che ci servirebbe avere, ad esempio, una lavatrice, un frigorifero, una televisione o un computer, senza avere altresì una presa elettrica attiva in cui "infilarne la spina"? Non dico solo a livello privato, ma come funzionerebbe un ospedale, una fabbrica, una scuola? Non per nulla, in una guerra, gli obiettivi primari da distruggere sono le fonti d'energia. Saremmo al freddo, al buio, senza cibo, cure mediche, del tutto impotenti, oggi, senza energia elettrica.
Chi ce la farebbe a vivere senza di essa, senza ricadere in un allucinante "medioevo"? Tornereste a vivere "al lume di candela"? Solo degli illusi che non si rendono conto della realtà, possono sognare di poter vivere "come una volta".
Forse Gesù avrebbe usato oggi un'illustrazione di questo genere per descrivere una realtà spirituale di primaria importanza che il mondo, cieco ed illuso, vorrebbe negare: l'essere umano e l'intera società non potrebbe vivere senza Dio. Colui che molti si ostinano a negare ed a pensare di poterne fare a meno, è lo stesso da cui dipende attimo per attimo l'intera nostra esistenza. Iddio è Colui che sostiene anche chi Lo disprezza e Lo nega, ma quanto più ricca, buona, giusta, feconda, realizzata, sensata e dalle prospettive eterne sarebbe una vita vissuta in consapevole comunione con Lui!
Quanta gente c'è oggi che non si rende conto di questo! Gesù è venuto proprio per "riattaccare la spina" fra l'essere umano e Dio e permettere così che la Sua "energia" passi al pieno delle sue capacità in noi, "apparecchi" davvero inutili e ben al di sotto delle loro possibilità, senza di Lui.
Per comunicare un concetto simile a questo, un giorno Gesù fa un paragone fra Lui e una vite, fra i Suoi discepoli e i tralci che, da questa vite, traggono tutta la loro vita e produttività.
Leggiamolo nel vangelo secondo Giovanni, al capitolo 15.
"(1) «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. (2) Ogni tralcio che in me non dà frutto, lo toglie via; e ogni tralcio che dà frutto, lo pota affinché ne dia di più. (3) Voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunziato. (4) Dimorate in me, e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dar frutto se non rimane nella vite, così neppure voi, se non dimorate in me. (5) Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla. (6) Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano. (7) Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto. (8) In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto, così sarete miei discepoli" (Gv. 15:1-8).
E' molto importante comprendere bene chi sia Gesù di Nazareth. Per ben sette volte, infatti, nel vangelo secondo Giovanni,
Gesù presenta se stesso attraverso immagini che efficacemente descrivono la Sua identità e funzione: su di esse dobbiamo attentamente riflettere,
Gesù dice: "Io sono il pane della vita" (6:35); "Io sono la luce del mondo" (8:12); "Io sono la porta delle pecore" (10:7); "Io sono il buon pastore" (10:14); "Io sono la risurrezione e la vita" (11:25); "Io sono la via, la verità e la vita" (14:6).
Nell'ultimo dei sette grandi "Io sono", al cap. 15, Gesù dice: "Io sono la vera vite" (15:1). L'illustrazione che Gesù usa, così, è quella della coltivazione della vite, ancora oggi diffusa in Israele.
L'uva è indubbiamente un ottimo frutto e quando da esso si ricava il vino, si tratta di un eccellente prodotto. Del vino la stessa Bibbia dice che "rallegra il cuore dell'uomo" (Sl. 104:15), e persino che "rallegra Dio" (Gd. 9:13). Usato con moderazione, può diventare persino una medicina. Dice, infatti, la Scrittura: "Non continuare a bere acqua soltanto, ma prendi un po' di vino a causa del tuo stomaco e delle tue frequenti indisposizioni" (1 Ti. 5:23).
Vigna, vite, tralci, uva, vino, la sua coltivazione e lavorazione, diventano spesso, nelle Sacre Scritture, illustrazione di realtà spirituali.
Esaminiamo bene che cosa Iddio vuole comunicarci attraverso questo testo biblico.
Ecco, così, che Gesù dice: "Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo" (1). Che cosa intende dire?
Israele, come popolo eletto di Dio, era stato descritto nell'Antico Testamento come la vigna scelta di Dio, sulla quale, come un diligente vignaiolo, aveva profuso cure ed attenzioni, e da cui, giustamente, si attendeva del frutto. Aveva risposto, Israele, a queste giuste aspettative del suo Signore? In gran parte no. Il suo fallimento e la sua infedeltà, però, non frustrano le promesse di Dio.
A suo tempo Iddio manda Gesù, il Suo unico Figlio, "la vera vite". Fedelmente Gesù adempie i propositi di salvezza di Dio. Chiunque riconosce e confessa il suo peccato ed il suo bisogno, affidandosi "anima e corpo" al Signore e Salvatore Gesù Cristo, vede ristabilita per se la comunione con Dio che sola può dare alla sua esistenza significato ultimo. Chi fa questo scopre come la sua vita diventi sana, producente e fruttuosa. Perché? Proprio perché è stata "ricollegata" alla fonte stessa della vita, da cui sola può scorrere "linfa vitale".
A che serve una vigna, se non a produrre frutto, ad essergli utile secondo i fini per i quali era stata piantata e curata?
Da coloro che Egli sceglie (il Suo popolo, la Sua Chiesa), Egli desidera il frutto, di cui parla per ben otto volte in questo capitolo.
Si può notare, addirittura qui, una progressione: frutto (2), più frutto (2), molto frutto (5, 8), ed essa è in grado di produrlo se ben collegata alla vite. Il frutto che Dio desiderava dal Suo popolo era ubbidienza amorevole, dirittura e giustizia (Is. 5:1-7). Questo stesso frutto Egli si aspetta da coloro che appartengono al Suo popolo: una fiduciosa ubbidienza alla Sua volontà rivelata che sgorga dall'amore, una vita giusta e buona conforme ad essa, la giustizia e la pace, che s'irradia tutt'attorno a coloro che a Dio fedelmente ubbidiscono.
E' sempre così? Come un valente vignaiolo, Iddio opera sulla Sua vigna affinché produca frutto, e lo fa in due modi:
"Ogni tralcio che in me non dà frutto, lo toglie via; e ogni tralcio che dà frutto, lo pota affinché ne dia di più" (2). Ogni anno, in Palestina, i coltivatori potano le loro vigne, tagliando i rami morti e curando quelli vivi, affinché si sviluppino e crescano. Il tralcio che non porta frutto è chiaramente morto, e perciò è tagliato via.
Allo stesso modo, nell'ambito del popolo di Dio, non necessariamente tutti quelli che si dichiarano discepoli di Cristo, Lo seguono veramente. Vi sono, così, coloro che sono secchi, aridi, morti, improduttivi. Alcuni "cadono da soli" e si distaccano dalla "vite", altri continuano a rimanerne attaccati, ma non n'assorbono la linfa, e, come tralci disutili, a suo tempo saranno recisi. Infatti, a che servono? Siamo in questa situazione?
A differenza, però, dei tralci inconsapevoli della vite, potremmo renderci conto di essere così, aridi e improduttivi. Possiamo confessare a Dio questa nostra situazione, senza farci illusioni. Possiamo chiedergli di ristabilirci, ed Egli lo farà. Diventeremo così simili a quei tralci "fedeli" che Iddio giudica promettenti e che per questo sono da Lui curati affinché producano più frutto.
E' davvero meraviglioso vedere come Dio si prenda cura dei Suoi e come essi "producano" alla Sua gloria. Possiamo far parte di loro. Per nessuno c'è di cui disperare se si rende conto onestamente della situazione ed implora il perdono e la misericordia di Dio.
Infatti, ai Suoi discepoli, Gesù dice: "Voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunziata" (3). L'insegnamento di Cristo, la Sua Parola, è davvero un "agente purificatore" per i Suoi discepoli.
Confrontandosi quotidianamente con la Parola di Dio, il cristiano sottopone ogni aspetto della sua vita ad un'attenta analisi (un costante "esame di coscienza") eliminando gradualmente da essa e correggendo ciò che non è conforme alla volontà rivelata di Dio. Gesù giudica i discepoli ai quali si rivolge, "molto avanti" nel loro processo di purificazione dal peccato, eccetto uno, Giuda, del quale, più tardi, dirà: " «Chi è lavato tutto, non ha bisogno che di aver lavati i piedi; è purificato tutto quanto; e voi siete purificati, ma non tutti». Perché sapeva chi era colui che lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete netti»" (Gv. 26:10,11).
Nessuno che faccia parte del popolo di Dio, infatti, può pensare di passare inosservato, evitando di sottoporsi al processo di purificazione che Gesù intende operare nei suoi. La sua vera natura, presto o tardi, sarà rivelata. Come avviene in pratica questo processo di purificazione in un credente o nella comunità dei credenti? Ponendosi in fiducioso e diligente ascolto della Parola del Signore che la Bibbia ci comunica.
A questo riguardo, il metodo di lettura biblica che ci propone, ad esempio, l'Unione per la Lettura della Bibbia, è molto utile.
PREPARAZIONE - Apri il tuo cuore e la tua vita per ricevere la Parola del Signore. Preparati ad ascoltare la voce di Dio. Prega e chiedigli di aiutarti a comprendere ed a rispondere a ciò che potrebbe mostrarti.
LETTURA - Leggi il brano biblico indicato, ascoltando ciò che Dio vuole dirti.
ESPLORAZIONE - Prima di leggere il commento proposto da Per l'Ora che Passa esplora il significato del brano. Le seguenti domande ti possono aiutare: Qual è il punto principale del brano? Che cosa m'insegna su Dio? C'è nel brano una promessa o un comando, un'ammonizione o un esempio da rilevare in modo speciale? Come mi può aiutare questo brano per comprendere me stesso, la mia situazione o i miei rapporti con gli altri?
Infine, la RISPOSTA - Esprimi a Dio in preghiera ciò che hai scoperto e determinati di fare ciò che Dio ti ha comunicato. Decidi come condividere le tue scoperte con altri parlandone loro ed agendo. Ecco un modo in cui la Parola di Dio ci può purificare!
4. Il segreto della produttività
Nelle fabbriche e negli uffici, ciò che conta per il successo economico dell'azienda è la produttività. Esistono degli esperti che studiano il modo in cui aumentare la produttività.
A livello, però, del singolo cristiano e della sua comunità, come discepoli di Gesù, qual è "il segreto" per essere veramente produttivi? Lo dice il versetto seguente: "Dimorate in me, e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dar frutto se non rimane nella vite, così neppure voi, se non dimorate in me" (4).
Una vita (il gioco di parole che la associa a "vite" è possibile solo nella lingua italiana!) una vita che voglia essere davvero realizzata e produttiva, può solo essere ottenuta in stretta comunione con il Signore e Salvatore Gesù Cristo.
Questa comunione fra i credenti e Cristo è rappresentata dal battesimo e dalla Cena del Signore. Gesù ha in se la stessa vita che la vite ha per i tralci. Egli disse: "…come il Padre ha vita in sé stesso, così ha dato anche al Figlio di avere vita in sé stesso" (Gv. 5:26). Ecco perché noi dobbiamo aver cura di "dimorare" in Gesù.
"Dimorare" è un'espressione chiave per comprendere il messaggio dell'evangelista Giovanni. Che cosa significa "dimorare in Cristo"?
In primo luogo accettare veramente con fiducia Gesù come proprio Salvatore, Signore, Guida, Maestro, non a parole, ma nei fatti!
Poi significa perseverare nella fede, essere costanti., coerenti in questa professione di fede. Per questo Gesù dice: "Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli" (8:31), ed anche: "Quanto a voi, ciò che avete udito fin dal principio rimanga in voi. Se quel che avete udito fin dal principio rimane in voi, anche voi rimarrete nel Figlio e nel Padre" (1 Gv. 2:24).
In terzo luogo, "dimorare in Cristo" significa vivere nell'ubbidienza. Infatti, come Gesù dice più avanti nel capitolo: "Come il Padre mi ha amato, così anch'io ho amato voi; dimorate nel mio amore. Se osservate i miei comandamenti, dimorerete nel mio amore; come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e dimoro nel suo amore" (Gv. 15:9,10). Non è possibile vivere in modo autentico, pieno e fecondo, lontano da Dio. In Gesù e con Gesù possiamo avere quella comunione con Dio che ci permetterà di "dar frutto".
Lo stesso concetto è ribadito nel versetto cinque: "Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla" (5).
L'espressione che Gesù qui usa è molto radicale, ma solo Lui può permettersi di farlo, Egli è il "legittimo proprietario" della "azienda" e sa ciò che sta dicendo! Si "produce" se si sta in stretto e costante contatto con Cristo, ma va da sé che è pure vero il contrario: "Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano" (6).
Che cosa intendeva dire Gesù con queste parole simboliche sulla vite e sui tralci bruciati? I tralci "bruciati" possono essere quei cristiani di nome soltanto che, come Giuda, non sono veramente "a posto", in condizione di salvezza, e perciò saranno severamente giudicati dalle evidenze stesse della loro vita. Non possono sfuggire da questa "logica".
Come un ramo morto, chi è senza Cristo, quand'anche facesse professione esteriore di fede, è destinato a ciò che la Bibbia chiama "fuoco eterno" (Mt. 25:46). Giuda stava con Gesù, sembrava essere "un tralcio" come gli altri, ma "i fatti" contavano. Egli non aveva veramente vin se la vita di Dio e per questo motivo se n'era andato: il suo destino era stato quello d'un ramo morto! 6. Preghiere esaudite!
Diversamente dal versetto 6 l'accento posto su questi versetti per noi oggi conclusivi è positivo: "Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto" (7).
Una preghiera efficace si basa sulla fede in Cristo e sulle Sue Parole, parole che i credenti conservano fiduciosamente nel cuore, ubbidendo ad esse e portando così frutto. L'ubbidienza è qui un concetto centrale. Tanti oggi si dicono cristiani, ma …tra il dire ed il fare c'è di mezzo il mare! Da che cosa si distingue il vero cristiano? Dalla sua ubbidienza alla Parola di Dio, e da null'altro.
Il concetto di "cristiani disubbidienti" è una tragica realtà, contro la quale la Bibbia stessa ci ammonisce. Nella sua prima lettera, l'apostolo Pietro, parla ad un certo punto a delle donne sposate. Sono cristiane fedeli ed ubbidienti, ma hanno un problema: i loro mariti "non ubbidiscono alla Parola". Che fare? Devono conquistare i loro mariti all'ubbidienza prima che sia troppo tardi, con la preghiera e l'esempio. Scrive Pietro: "…se anche ve ne sono che non ubbidiscono alla parola, siano guadagnati, senza parola, dalla condotta delle loro mogli" (1 Pi. 3:1).
L'ubbidienza è uno dei concetti centrali nella professione della fede cristiana. L'apostolo scrive: "Perché questo è l'amore di Dio: che osserviamo i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi" (1 Gv. 5:3-4). I comandamenti di Dio non sono gravosi, ma devono essere ubbiditi.
Ecco così come la parola di Cristo condizioni e controlli la mente a tal punto che anche le loro preghiere diventano conformi alla volontà del Padre. Infatti, se le sue preghiere sono in accordo con la volontà del Padre, il loro esaudimento è sicuro! Le preghiere esaudite portano gloria al Padre poiché, come Gesù, i Suoi discepoli fanno la volontà del Padre.
Ecco dunque l'affermazione finale, riassuntiva, che il Signore Iddio ci vuole comunicare attraverso il testo biblico di oggi: "In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto, così sarete miei discepoli" (8). Potrebbe esserci un modo più chiaro di questo per esprimere il concetto fin qui esposto?
La nostra vita conseguirà il suo senso ultimo quando sarà effettivamente "produttiva" per Dio, alla cui gloria e servizio eravamo stati creati. Qual è il segreto di questa produttività? Il nostro legame con Cristo, che deve essere autentico, reale, costante. E' un legame fatto di conoscenza, fiducia ed ubbidienza. Solo così, a livello singolo e comunitario "porteremo frutto". Il legame con Cristo è, in questo testo, la cosa più importante. In esso Gesù raccoglie i Suoi e celebra, rafforza, valorizza questo rapporto.
Che possa così essere per ciascuno di noi: "funzioneremo" veramente solo quando la nostra "spina" sarà bene inserita nella "presa elettrica". Vale …per un qualsiasi apparecchio. Dovrebbe non valere per noi?
Paolo Castellina, predicazione dell'11 maggio 2003.