Genesi 12:1-4

Partire senza sapere dove andare

Sintesi. Il dramma di intere popolazioni che devono fuggire dal loro paese a causa di situazioni per loro insostenibili deve poter trovare una soluzione. Altra cosa è però la vicenda di Abramo che parte dal suo paese con la sua famiglia anche se avrebbe potuto benissimo rimanervi e prosperare. Egli non sapeva dove Dio l’avrebbe portato ma accoglie la Sua vocazione come una sfida che avrebbe aperto per lui e per noi prospettive impensabili. La esamineremo nella riflessione di quest’oggi, tratta da Genesi 12:1-4.

Dolorose partenze

L’esperienza di chi deve partire dal proprio paese con la propria famiglia perché lì non si può più vivere a causa della guerra perché tutto è stato distrutto o perché è diventato impossibile viverci per altre ragioni, deve essere veramente allucinante. Dover partire magari con pochi beni rimasti e contenuti solo in uno zaino, con figli piccoli senza sapere dove andare, nell’indifferenza più totale della propria nazione e governo (inetto e compiacente) dalla quale si sarebbe ben potuto aspettare solidarietà. Doverti affidare a chi ti sfrutta la tua tragedia portandoti via persino i pochi risparmi che avevi, è il peggior incubo che si potrebbe immaginare. Dover partire senza sapere dove andare sperando nell’aiuto di stranieri che già hanno problemi per conto proprio è un’esperienza che si può solo a malapena immaginare. Si tratta di una situazione che esige che si mobilitino a livello internazionale tutte le risorse disponibili per far fronte temporaneamente alla loro situazione e per rendere possibile a quella gente l’auspicabile ritorno nel loro paese in condizioni diverse.

Completamente diversa, però, era stata l’esperienza di Abramo e della sua famiglia che pure era partito con i suoi beni senza sapere esattamente dove andare. Avrebbero potuto benissimo rimanere nel loro paese, dove non c’era per loro problema alcuno, anzi, dove stavano bene. Egli, però, sentiva l’impellenza, l’urgenza interiore a partire, la misteriosa ed apparentemente immotivata vocazione ad iniziare un’avventura essenzialmente di tipo spirituale. Era un’avventura persino sconsigliata dalla sua gente, come traspare anche dal noto canto cristiano: “Esci dalla tua terra” che fa: “Abramo non andare, non partire, non lasciare la tua casa, cosa speri di trovar? La strada è sempre quella, ma la gente è differente, ti è nemica, dove speri di arrivar? Quello che lasci tu lo conosci, il tuo Signore cosa ti dà? – Un popolo, la terra, la promessa – Parola di Jahvè”. Il Nuovo Testamento commenta l’esperienza di Abramo in questo modo: “Per fede Abraamo, quando fu chiamato, ubbidì, per andarsene in un luogo che egli doveva ricevere in eredità; e partì senza sapere dove andava. Per fede soggiornò nella terra promessa come in terra straniera, abitando in tende, come Isacco e Giacobbe, eredi con lui della stessa promessa, perché aspettava la città che ha le vere fondamenta e il cui architetto e costruttore è Dio” (Ebrei 11:8-10).

Abraamo

Protagonista del breve testo biblico di oggi è dunque Abraamo. Abraamo è una figura molto importante per la fede ebraica e cristiana perché è il prototipo, il modello per eccellenza, del credente, cioè di colui o colei che si rapporta a Dio con fede ed ubbidienza. Abraamo nasce intorno al 2000 a.C. e vive per molti anni nella prosperosa città di Ur in Mesopotamia (vicino all’attuale Nassiriya in Iraq). Su invito di Dio, egli parte per una destinazione a lui ignota con sua moglie Sara, suo padre Terach e suo nipote Lot. Si ferma qualche anno a Carran, dove suo padre muore e si reca poi nella terra di Canaan. Qui vive tra le colline come un prosperoso nomade. Abramo crede alla promessa di Dio che da lui sarebbe sorta una grande e speciale nazione e che Sara gli avrebbe dato un figlio nonostante che questa avesse già superato l'età per poterne avere. Più tardi Abramo si mostra disposto ad obbedire al comando di Dio che gli ordina di sacrificargli il suo unico figlio Isacco, nella certezza che Dio, “che fa rivivere i morti, e chiama all'esistenza le cose che non sono” (Romani 4:17), avrebbe provveduto a restituirgli la vita.

La reale importanza di Abraamo non dipende tanto, però, da questioni genealogiche, dal fatto che egli sia fisicamente l’antenato del popolo ebraico, ma dal fatto che egli sia “padre spirituale” di tutti coloro che, come lui, si rapportano al Dio vero e vivente. Dice infatti l’apostolo Paolo: "Non tutti i discendenti d'Israele sono il vero popolo d'Israele, e non tutti i discendenti di Abramo sono veri figli di Abramo (...) non sono considerati figli di Dio quelli generati naturalmente, ma quelli nati in seguito alla promessa" (Romani 9:6-8 TILC). Tanto è vero questo che di Abraamo i veri credenti possono dire: “Egli è il padre di tutti noi” (Romani 4:16) proprio perché ne seguono l’esempio. Leggiamo, così, il testo biblico, che si trova nel libro della Genesi, al capitolo 12, dal versetto 1 al 4.

"Il SIGNORE disse ad Abramo: «Va' via dal tuo paese, dai tuoi parenti e dalla casa di tuo padre, e va' nel paese che io ti mostrerò; io farò di te una grande nazione, ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai fonte di benedizione. Benedirò quelli che ti benediranno e maledirò chi ti maledirà, e in te saranno benedette tutte le famiglie della terra». Abramo partì, come il SIGNORE gli aveva detto, e Lot andò con lui" (Genesi 12:1-4).

L’appello a partire

"Il SIGNORE disse ad Abramo: «Va' via dal tuo paese, dai tuoi parenti e dalla casa di tuo padre, e va' nel paese che io ti mostrerò” (1). Quando lascia la terra di Ur (in Bassa Mesopotamia), Abramo non è un poveraccio, perché apparteneva ad un importante tribù di allevatori, guidata dal padre Terah. Egli poteva, quindi, godere di sicurezza economica e sociale. Egli non era, quindi, come chi è costretto anche oggi ad emigrare dal proprio paese. Abramo, però, era molto spiritualmente insoddisfatto del mondo in cui viveva. Materialismo, immoralità e corruzione, dittatura, violenza, schiavitù… La sua gente, poi, coltivava una religione idolatra. Egli aspira ad un modo diverso di vivere, ad una religione che stimoli e sfidi, rivolta non a divinità fatte a proprio uso e consumo, ma al Dio unico, vero e vivente, al quale il suo cuore rendeva testimonianza.

È Dio stesso, quindi, che dopo avergli messo in cuore questa insoddisfazione e queste aspirazioni, in qualche modo lo chiama ad avere il coraggio di partire e mettere le basi di qualcosa di diverso. Non è qualcosa dai contorni ancora ben definiti, ma sa che “all’orizzonte” il mondo non termina, ma, “al di là” c’è qualcos’altro, anche meglio di quel che conosce. È “una scommessa”, una sfida.

Abramo, però, quando Dio lo chiama a partire, è già un uomo anziano. Per lui sarebbe stato solo il tempo di “andare in pensione” (se allora ci fosse stata) e godersi gli ultimi anni della sua vita tranquillo e senza pensieri… Noi potremmo dire: “Chi glielo fa fare a partire? Sarebbe solo una stupidaggine… Ci pensi magari qualcuno più giovane, …e poi, in fin dei conti bisogna adattarsi… e non fare i sognatori!”. Egli, però, respinge questo modo di pensare miope ed ottuso. Il suo spirito e la sua fede sono rimasti quelli di un giovane. Non si rassegna e “non getta la spugna”. La “terza età” non lo spaventa, anzi, la sfida. C’è chi, dopo i 60 anni, e ancora sano, dice: “Sono troppo vecchio per fare alcunché…” e …si mette davanti alla televisione …per i prossimi venti o trenta anni! Abraamo è come descrivono i Salmi: “Quelli che sono piantati nella casa del SIGNORE fioriranno nei cortili del nostro Dio. Porteranno ancora frutto nella vecchiaia; saranno pieni di vigore e verdeggianti“ (Salmi 92:13,14); “…egli sazia di beni la tua esistenza e ti fa ringiovanire come l'aquila” (Salmi 103:5).

Dio dice, così, ad Abramo: “Va' via dal tuo paese”. È il paese dell’idolatria e dell’immoralità, il paese delle tentazioni. Non deve lasciarsene infettare. È lo stesso che dice a Lot che abita in Sodoma, il cii stile di vita egli non deve adattarsene. È l’appello a fuggire prima che sia troppo tardi, da ciò che Dio considera peccato, perché il suo giudizio presto si abbatterà implacabile su di esso.

È l’appello stesso dell’Evangelo di Cristo. I legami naturali non devono impedirci di perseguire il regno di Dio, perché vale molto di più. Gesù dice: “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, e la moglie, i fratelli, le sorelle e persino la sua propria vita, non può essere mio discepolo” (Luca 14:26). Ciò che Dio considera peccato deve essere abbandonato soprattutto quelli che ti frenano o che ti vorrebbero persuadere a stare a casa. Dobbiamo dire con il Salmista: “Allontanatevi da me, malvagi; io osserverò i comandamenti del mio Dio” (Sl. 119:115), e rispondere all’appello evangelico: “Salvatevi da questa perversa generazione” (At. 2:40). Abramo parte. Non considera più il suo paese, la sua casa, ma se ne distacca “confessando di essere forestiero e pellegrino sulla terra” (Ebrei 11:13).

Dio dice ad Abramo: “Va' nel paese che io ti mostrerò”. In questo Abramo viene messo alla prova per vedere se avrebbe confidato in Dio al di là di quello che avrebbe visto. Non gli specifica dove sarà e come sarà questa terra. Avrebbe dovuto seguire Dio con fede implicita, prendere Dio in parola, senza avere alcuna sicurezza oggettiva. Trattare con Dio, infatti, vuol dire operare sulla base della fiducia. È sempre ben riposta. Paolo dice: “Camminiamo per fede e non per visione” (2 Corinzi 5:7). Non è facile, ma, come egli dice: “Io ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria che deve essere manifestata a nostro riguardo” (Romani 8:18); “Non è stato ancora manifestato ciò che saremo. Sappiamo che quand'egli sarà manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo com'egli è” (1 Gv. 3:2). Il cristiano è chiamato, come Abramo a vivere in costante dipendenza da Dio ed avere i suoi occhi sempre su di Lui.

Le sei promesse di Dio

Iddio, così chiama Abramo a partire, non senza, però, fargli una precisa promessa, anzi, molteplici promesse, grandi e preziose. ”Io farò di te una grande nazione, ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai fonte di benedizione. Benedirò quelli che ti benediranno e maledirò chi ti maledirà, e in te saranno benedette tutte le famiglie della terra” (2,3). Le promesse sono sei di numero.

1. Io farò di te una grande nazione. Abramo non aveva figli e, anche in questo caso, si sarebbe potuto mettere “il cuore in pace”: dopo la sua morte i suoi beni sarebbero comunque andati a parenti prossimi. Non sarebbe stato così. Sarebbe diventato il capostipite di una nuova grande nazione, animata dalla sua stessa fede ed ideali! Per Abramo era stato molto pesante non avere avuto figli. La promessa di Dio è stupefacente ed è tale da sanare la sua ferita interiore. Certo, non tutti i suoi futuri figli naturali avrebbero poi continuato a condividere la sua stessa fede ed ideali, ma ci sarebbero stati innumerevoli suoi figli spirituali che l’avrebbero fatto. Il nostro Signore Gesù non ha avuto alcun figlio naturale. La profezia, però, dice di Lui: “Dopo aver dato la sua vita in sacrificio per il peccato, egli vedrà una discendenza, prolungherà i suoi giorni, e l'opera del SIGNORE prospererà nelle sue mani” (Isaia 53:10).

Che cos’è questa discendenza di Gesù di cui qui si parla? La vasta discendenza spirituale dei Suoi discepoli fedeli! Abramo avrebbe avuto un figlio naturale, e proprio da Sara, sua moglie, ritenuta sterile! Che prova per Abramo! La Bibbia dice: “Per fede anche Sara, benché fuori di età, ricevette forza di concepire, perché ritenne fedele colui che aveva fatto la promessa. Perciò, da una sola persona, e già svigorita, è nata una discendenza numerosa come le stelle del cielo, come la sabbia lungo la riva del mare che non si può contare” (Ebrei 11:11,12).

2. Ti benedirò. Dio promette di benedire Abramo, non solo con una discendenza, ma con ogni sorta di benedizioni, quelle contenute nei “forzieri celesti”. È la ricca eredità di un padre amorevole e provvidente verso i Suoi figli. Il primo capitolo della lettera di Paolo agli Efesini elenca le stupefacenti benedizioni che è possibile ricevere legando la nostra vita a quella del Signore e Salvatore Gesù Cristo. Paolo può scrivere: “Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che ci ha benedetti d'ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti in Cristo” (Efesini 1:3). Chiamando i cristiani all’azione, l’Apostolo scrive: "Soltanto desideriamo che ciascuno di voi dimostri sino alla fine il medesimo zelo per giungere alla pienezza della speranza, affinché non diventiate indolenti ma siate imitatori di quelli che per fede e pazienza ereditano le promesse" (Ebrei 6:11,12).

3. Renderò grande il tuo nome. Abbandonando il suo paese, Abramo perde là il suo nome e la sua reputazione. Pensate alle critiche che aveva sicuramente ricevuto dopo la sua partenza, e chi l’avrebbe messo in ridicolo per la sua “stupidità”! Dio però gli dice: “Ignora tutto questo, abbi fiducia in me, ed io renderò il tuo nome immensamente più grande di quanto tu l’avresti mai potuto guadagnare laggiù”. Non avendo figli, egli temeva che il suo nome sarebbe stato ben presto dimenticato, ma Dio, da lui, avrebbe fatto sorgere un’intera nazione che avrebbe portato il suo nome con fierezza! È Dio, infatti, la fonte del vero onore. Dio è Colui che: “Alza il misero dalla polvere e innalza il povero dal letame, per farli sedere con i nobili, per farli eredi di un trono di gloria” (1 Samuele 2:8). Tanto è vero che il nome dei credenti ubbidienti sarà certamente celebrato e reso grande. La migliore menzione d’onore è quella che si ottiene sulla base della fede: “Infatti, per essa fu resa buona testimonianza agli antichi” (Ebrei 11:2).

4. Tu sarai fonte di benedizione. E’ come se Dio gli avesse detto: “La tua felicità sarà l’esempio stesso, per tanti, di che cosa significhi felicità, tanto che coloro che vorranno benedire i loro amici, pregheranno solo che Dio li voglia rendere simili ad Abraamo, come la benedizione data a Boaz, marito della biblica Ruth: “Il SIGNORE conceda che la donna che entra in casa tua sia come Rachele e come Lea, le due donne che fondarono la casa d'Israele” (Ruth 4:11). Ruth, inclusa nel popolo di Dio, condivide così le benedizioni che Dio aveva promesso al Suo popolo e diventa anche lei progenitrice del Messia, di Gesù. È indubbio come i cristiani siano chiamati ad essere fonte di benedizione dovunque essi vadano, come lo stesso Signore Gesù, la cui vita era e rimane consacrata a fare del bene dovunque passasse. Egli stesso diceva: “...amate i vostri nemici, fate del bene, prestate senza sperarne nulla e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo; poiché egli è buono verso gli ingrati e i malvagi” (Luca 6:35).

5. Benedirò quelli che ti benediranno e maledirò chi ti maledirà. Questa è una sorta di lega, di alleanza, offensiva e difensiva, fra Dio ed Abramo. Abramo (e chi camminerà sulla sua via) dovrà testimoniare che cosa significa vivere in comunione con Dio, promuovere la Sua volontà ed annunciare la Sua Parola. Dio gli promette, facendo egli questo, di manifestarsi amico verso tutti coloro che saranno sinceramente amici suoi e ricompensarli di conseguenza. Egli promette pure di manifestarsi nemico di tutti quelli che gli si dimostreranno nemici ed ostili. Ci sarebbero stati coloro che avrebbero odiato e maledetto Abramo. Se però le maledizioni contro Abramo non avrebbero sortito alcun effetto (perché Dio protegge i Suoi), le giuste maledizioni divine sarebbero cadute sui suoi oppositori per rovinarli. Certo, noi dobbiamo pure benedire quelli che ci maledicono sperando che essi si ravvedano e si convertano. Se essi, però, non lo faranno, non potranno fuggire dall’ira di Dio. L’Apostolo dice: “Pensi tu, o uomo, che giudichi quelli che fanno tali cose e le fai tu stesso, di scampare al giudizio di Dio?” (Romani 2:3). Un giudizio di Dio ci sarà, infatti, su tutti i nemici impenitenti di Dio. La Scrittura dice: “Il Signore Gesù apparirà dal cielo con gli angeli della sua potenza, in un fuoco fiammeggiante, per far vendetta di coloro che non conoscono Dio, e di coloro che non ubbidiscono al vangelo del nostro Signore Gesù” (2 Tessalonicesi 1:7).

6. In te saranno benedette tutte le famiglie della terra. Questa è la promessa che corona tutte le altre perché rivolge la nostra attenzione al Messia, il Salvatore del mondo, in cui “tutte le promesse di Dio hanno il loro «sì»” (2 Corinzi 1:20). Gesù Cristo, infatti, è la più grande benedizione del mondo, la più grande della quale il mondo sia mai stato benedetto. È interessante come si tratti di una benedizione che riguardi la famiglia. Quando, ad esempio, Gesù entra in casa di Zaccheo, Egli esclama: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa, poiché anche questo è figlio d'Abraamo” (Luca 19:9). In che modo le famiglie della terra sono benedette in Cristo quando così tante gli sono straniere? Prima di tutto perché: “In nessun altro è la salvezza. La benedizione di Dio scende su una famiglia quando in essa il Signore e Salvatore Gesù Cristo riceve il posto d’onore a tavola, cioè, viene preso sul serio, creduto ed ubbidito! È uno straordinario onore essere in rapporto con Cristo, come singoli e come famiglie. È stato questo a rendere grande il nome di Abraamo, tanto da far discendere da Lui il Cristo. È stato un grande onore per Abraamo diventare padre per natura, come lo è per noi essere per grazia suoi fratelli. Gesù disse: “Poiché chiunque avrà fatto la volontà del Padre mio, che è nei cieli, mi è fratello e sorella e madre” (Matteo 12:50).

La risposta della fede

Ecco dunque l’invito che Dio rivolge ad Abramo, e le promesse conseguenti alla sua fiduciosa obbedienza. Come risponde egli a tutto questo? ”Abramo partì, come il SIGNORE gli aveva detto, e Lot andò con lui" (4). Sì, come dice la Scrittura, “…davanti alla promessa di Dio non vacillò per incredulità, ma fu fortificato nella sua fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli ha promesso, è anche in grado di compierlo” (Romani 4:20,21). Abramo crede, obbedisce e parte. Egli lascia la sicurezza del suo parentado e nazione, delle quali non era comunque soddisfatto, e si incammina verso nord con i suoi più stretti familiari, sicuro che Dio l’avrebbe condotto verso “un altro mondo”, quello stesso che Egli li aveva messo in cuore. Non si volterà indietro. Non si pentirà di essere partito. Non avrà nostalgia di Babilonia. Come dice la Scrittura anche di coloro che in ogni tempo e paese hanno imitato Abraamo: “…così dimostra di cercare una patria; e se avessero avuto a cuore quella da cui erano usciti, certo avrebbero avuto tempo di ritornarvi! Ma ora ne desiderano una migliore, cioè quella celeste; perciò Dio non si vergogna di essere chiamato il loro Dio, poiché ha preparato loro una città” (Ebrei 11:14-16).

Abramo risponde a Dio con pronta obbedienza, senza ritardo. Con lui partono i suoi immediati famigliari (è una grande benedizione quando la nostra famiglia ci segue nel cammino della fede). Avrà altre disavventure, come racconta il libro della Genesi, ma è senza dubbio di grande incoraggiamento quando altri si accompagnano a noi perché hanno compreso che cosa vogliamo perseguire. A quel tempo quel gruppo di persone che si incammina sulla via della fede in Dio non sapeva dove stava esattamente andando. Noi che conosciamo il seguito della storia sappiamo che non sarebbero stati delusi. Quando il Signore Iddio ci propone di camminare con la Sua guida sulla via della fede, spesso non ci è chiaro “che cosa verrà dopo”. Questa è la fede. Non è però, una “fede cieca”, perché le testimonianze di innumerevoli altre persone sono chiare: “Infatti la Scrittura dice: «Chiunque crede in lui, non sarà deluso»” (Romani 10:11). Possiamo fidarci!

Conclusione

Partire senza sapere dove andare? In realtà il cammino della fede cristiana non è un andare avanti alla cieca, perché la nostra guida, il Signore Gesù Cristo, sa benissimo dove sta portandoci. Dobbiamo solo avere fiducia nella guida. Essa non ha mai deluso nessuno che si fosse affidato a lei. È di grande incoraggiamento quanto scrive per noi la lettera agli Ebrei: “Anche noi, dunque, poiché siamo circondati da una così grande schiera di testimoni, deponiamo ogni peso e il peccato che così facilmente ci avvolge, e corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta, fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta. Per la gioia che gli era posta dinanzi egli sopportò la croce, disprezzando l'infamia, e si è seduto alla destra del trono di Dio. Considerate perciò colui che ha sopportato una simile ostilità contro la sua persona da parte dei peccatori, affinché non vi stanchiate perdendovi d'animo” (Ebrei 12:1-3). Dobbiamo indubbiamente (perché è pure un comando biblico) prenderci cura dei migranti e provvedendo affinché possano ritornare a casa loro. Fra di loro vi sono nostri fratelli e sorelle in fede ed altri che lo diventeranno, ma le nostre prospettive come popolo eletto di Dio vanno molto oltre. Le promesse che erano state fatte ad Abraamo si sono pure realizzate in noi, chiamati a far parte in Cristo del popolo di Dio. ben 4000 anni dopo la chiamata di Abraamo. Potremmo ancora dubitarne la realtà se solo consideriamo questo?

Paolo Castellina, rielaborazione del 6 marzo 2017 della predicazione del 16 luglio 2006.