Matteo 4:1-11

Vediamo di che pasta sei fatto!

Sintesi

Progettare accuratamente ed eseguire diligentemente, operando in modo ordinato, metodico, con impegno, dedizione, abnegazione e costanza fino al compimento finale. Questo è "lo stile" dell'opera di Dio in Gesù Cristo per tornare a rimettere pazientemente ordine nel mondo rovinato dal disordine del peccato. Il battesimo di Gesù da parte di Giovanni nel Giordano (oggetto del nostro studio biblico oggi) è un avvenimento unico nel suo genere che segna la totale identificazione di Gesù con i peccatori penitenti che Egli è venuto a salvare, il Suo preciso impegno a loro favore e la piena approvazione di Dio che Gli avrebbe garantito la potente efficacia dello Spirito Santo. Come Suoi discepoli, potremmo forse non seguirlo su quella strada?

Il battesimo di Gesù: a che pro?

A tempo ed a luogo

Ai bambini impulsivi che vorrebbero fare le cose “quando passa loro per la testa”, i genitori saggi dicono una frase che è diventata proverbiale: “A tempo ed a luogo”. Per ogni cosa lecita c’è il momento ed il luogo più opportuno per farla. Non anticipate i tempi: verrà il momento più appropriato. Ogni cosa deve essere pure fatta nel posto giusto, più adatto, il migliore, dove risulti maggiormente utile. Per i bambini, ma non solo, questa saggezza la considerano “noiosa” e frustrante, ma devono apprenderla, per il loro stesso bene. Lo stesso vale per il principio dell’ordine: ogni cosa a suo posto ed un posto per ogni cosa. Questa può essere cosa “tediosa”, ma ci si guadagna sempre rispettandola. Ogni cosa va fatta in maniera ordinata e metodica, bene, diligentemente, con impegno e dedizione.

Questo è il modo di procedere di Dio: salvezza è ordine, peccato è disordine. Egli è il Dio della gradualità dei sei giorni della creazione seguiti dal settimo giorno, quello del riposo. Il santuario ed il culto con i loro cerimoniali andavano fatti seguendo precise direttive. Anche nel Nuovo Testamento il principio del culto è: “ogni cosa sia fatta con dignità e con ordine” [1]. Egli è il Dio della legge morale, quella che garantisce la vita perché ogni cosa funzioni armoniosamente così come funziona l’intero meccanismo dell’universo. E’ la legge che Gesù non solo non ha abolito, ma ha onorato ed adempiuto correggendone gli abusi in un senso o in un altro.

Egli è il Dio che progetta ed esegue accuratamente. In quello che fa nulla è casuale, nulla è arbitrario. I propositi di Dio per tornare a rimettere pazientemente ordine nel mondo rovinato dal disordine del peccato, del quale stupidamente persino riteniamo di godere, s'incentrano nella Persona e nell'opera di Gesù Cristo, l'eterno Figlio di Dio. Anche la Sua venuta è stata accuratamente preparata e si è realizzata esattamente come e quando era stata prevista.

Perché Gesù è nato in quel preciso luogo e tempo? Perché era il momento ed il luogo che Dio, nella Sua saggezza e previdenza, riteneva più appropriati. Perché vi sono stati, dalla Sua nascita, trent’anni di silenzio e poi, “improvvisamente” Gesù si è presentato al battesimo di Giovanni? Perché era giusto così e c’era un buon motivo, anche se noi non lo comprendiamo del tutto.

Il testo biblico

Oggi esaminiamo l’episodio evangelico di quando Gesù, appunto dopo circa trent’anni di “silenzio” e di vita privata, compare sulla scena pubblica desiderando partecipare al battesimo al quale Giovanni chiamava la popolazione di Israele. Questo aveva un senso preciso ed importante: è avvenuto e ci è stato riportato dagli evangelisti affinché anche noi oggi lo comprendessimo nella sua rilevanza. Leggiamone il testo nella versione di Matteo, al capitolo 3 del suo vangelo, dal versetto 13 al 17.

“Allora Gesù dalla Galilea si recò al Giordano da Giovanni per essere da lui battezzato. Ma questi vi si opponeva dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Sia così ora, poiché conviene che noi adempiamo in questo modo ogni giustizia». Allora Giovanni lo lasciò fare. Gesù, appena fu battezzato, salì fuori dall'acqua; ed ecco i cieli si aprirono ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed ecco una voce dai cieli che disse: «Questo è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto»” (Matteo 3:13-17).

La circostanza dell’avvenimento

Comprendiamo in primo luogo la circostanza scelti da Dio per dare avvio al ministero pubblico di Gesù. “Allora Gesù dalla Galilea si recò al Giordano da Giovanni per essere da lui battezzato” (13).

Matteo è molto selettivo nella informazioni che ci dà della vita di Gesù. Omette diversi episodi dell’infanzia di Gesù, perché i suoi interessi erano apologetici, più che storici, Egli introduce Gesù come il Re messianico di Israele che adempie le profezie dell’Antico Testamento e ne riceve espressamente la divina conferma [2]. Ci dice solo quel che è rilevante alla Sua identità e missione.

Per quanto sorprendente questo ci possa sembrare, i trenta primi anni [3] della Sua vita per gli scrittori dei vangeli non sono rilevanti: sono “gli anni del silenzio” di Cristo. Rilevante è solo il ministero pubblico di Gesù che, secondo i proponimenti di Dio, inizia con il Suo i incontro con Giovanni. Quello, in ogni caso, è il momento più appropriato, stabilito dall’eternità, perché Gesù cominci ad agire. Inutili ed illegittimi sono i vangeli apocrifi che vorrebbero artificiosamente colmare quel “vuoto” con le loro fantasie, soddisfacendo così la curiosità della gente e magari introducendovi di soppiatto delle eresie.

Nei propositi di Dio tutto deve iniziare con l’opera preparatoria di Giovanni, il battezzatore, al fiume Giordano. Anche Gesù vi giunge chiedendogli di essere pure battezzato. Qualunque cosa, però, la parola “battesimo” vi faccia venire in mente, essa non ha a che fare con la ragione per la quale Gesù chiede di esservi sottoposto. Il Suo battesimo è diverso da qualunque altro. Come il battesimo predicato da Giovanni era cosa diversa dal battesimo comandato da Gesù, quello di Gesù è diverso sia dall’uno che dall’altro, pur essendovi delle somiglianze e collegamenti.

Il messaggio annunciato di Giovanni era di riprensione e di ammonimento. Egli faceva appello a tutti affinché, nell’imminenza dell’arrivo del Messia, si ravvedessero dei loro peccati e lo suggellassero attraverso un battesimo. I “battesimi” o immersioni rituali in acqua, erano comunque frequenti in Israele, non erano una novità. Gli israeliti si immergevano in bagni rituali prima di entrare in luoghi sacri come segno di purificazione interiore. Così pure faceva la comunità degli Esseni nel deserto a Qumran. Anche i convertiti al Giudaismo sarebbero stati sottoposti a questo rituale come parte della loro iniziazione alla fede.

Giovanni considera il ravvedimento cosa di estrema urgenza, “prima che sia troppo tardi”. Dice: “Ormai la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero dunque che non fa buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco” (Luca 3:9). La sua è un’ammonizione a ravvedersi dalle proprie trasgressioni alla volontà rivelata di Dio, e il ravvedimento significa un autentico cambiamento nel modo di pensare e di vivere, non solo l’essere dispiaciuti per il male che si è fatto. Probabilmente i penitenti dovevano immergersi da soli nell’acqua e Giovanni ne sarebbe stato testimone.

Giovanni annuncia che sarebbe giunto presto qualcuno, Gesù, l’Agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo [4], molto più importante di lui e che avrebbe battezzato con lo Spirito Santo e col fuoco. Era un’indicazione di quel che sarebbe avvenuto con la prima e la seconda venuta del Cristo: molto più di un gesto simbolico di purificazione, Lui, il Cristo, sarebbe stato la potente operazione “purgante” prima del peccato nelle persone che l’avrebbero seguito mediante l’opera dello Spirito Santo e poi, in un giorno futuro, degli stessi peccatori impenitenti con il fuoco. L’opera del Cristo non sarebbe stata un riflesso ma la realtà stessa.

Ecco, così, che Gesù chiede a Giovanni di essere battezzato. A questo riguardo il nostro testo mette in evidenza tre cose: (1) la reticenza di Giovanni nel battezzare Gesù; (2) la spiegazione di Gesù sul perché avrebbe dovuto farlo; (3) la voce dal cielo che conferma la Persona e l’opera di Gesù. Esaminiamole attentamente.

L’opposizione di Giovanni

“Ma questi vi si opponeva dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?»” (14). Giovanni sapeva di Gesù, non solo perché era suo parente, ma, per ispirazione profetica, egli conosceva la Sua profonda identità. Magari non sapeva tutto di Lui, ma sapeva inequivocabilmente che Gesù non era un essere umano ordinario. Per questo Giovanni, alla richiesta di Gesù di essere pure Lui battezzato, Gli aveva fatto opposizione. Giovanni sapeva che il suo battesimo non si applicava a Gesù.

Giovanni stava chiamando ad un battesimo di ravvedimento. Molti avevano udito la sua predicazione, avevano preso coscienza dei loro peccati e dell’urgenza di ravvedersene, se n’erano ravveduti ed avevano ricevuto quel battesimo come testimonianza e segno della loro purificazione interiore. Quando però Gesù era venuto da Giovanni, egli non era un peccatore che necessitasse di ravvedimento. Egli era “senza difetto né macchia” come un agnello sacrificale. Di questo l’intera Scrittura rende testimonianza. Giovanni guarda in viso Colui che era venuto a lui e subito vede la differenza fra Lui e tutti gli altri. Fino a quel momento aveva ricevuto persone tristemente consapevoli dei loro peccati ed anche ipocriti che non teme di denunciare come tali, ma Gesù non era come loro. Gesù era l’Agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo. Egli era Colui che Giovanni riconosce essere di gran lunga superiore a sé, del quale egli riconosce non sarebbe stato nemmeno degno di sciogliergli i lacci dei sandali. Il battesimo di Giovanni sarebbe stato, indubbiamente, del tutto incongruente con Gesù, fuori posto. Giovanni se ne rende conto ed ammette che avrebbe piuttosto dovuto lui, Giovanni, essere battezzato da Gesù. Anche Giovanni, pur nella sua rettitudine e santità, sapeva di essere un uomo contaminato dal peccato come tutti gli altri. Avrebbe in seguito negato a viva voce di essere il Messia: conosceva sé stesso e non avrebbe al riguardo ingannato nessuno. Non però Gesù. Gesù non era come tutti gli altri e nemmeno solo migliore di altri.

La risposta di Gesù

“Ma Gesù gli rispose: «Sia così ora, poiché conviene che noi adempiamo in questo modo ogni giustizia». Allora Giovanni lo lasciò fare” (15). Gesù risponde a Giovanni dicendo che conveniva, era appropriato, per Lui adempiere in quel modo ad ogni giustizia. Notate prima di tutto quel “noi” in “noi adempiamo”. Non era semplicemente qualcosa che Gesù stava per fare, ma Giovanni e Gesù dovevano fare qualcosa per adempiere ogni giustizia. Gesù non agiva in isolamento. Egli avrebbe agito in quel momento con Giovanni. Colui che non aveva peccati da cui ravvedersi prende posto fra coloro che avevano peccati da cui ravvedersi. Colui che era privo di peccato scende nell’acqua di quel battesimo al quale il peccatore doveva sottoporsi. Quest’atto di battesimo sarebbe stato pure per Giovanni parte dell’adempimento della sua propria missione. Il precursore doveva in questo modo presentare al mondo il Messia.

In che cosa consisteva questa identificazione con i peccatori? La chiave per comprenderlo sta nel termine “giustizia” usato a questo punto. Il significato del termine “giustizia”, nelle Sacre Scritture, comporta diverse sfumature [5]. Qui sostanzialmente giustizia significa “conformità con la regola”, conformità con l’espressa volontà di Dio, fare ciò che è giusto davanti a Dio, fare ciò che Dio considera giusto, fare ciò che Lui vuole, fare la Sua volontà. Si adempie ad ogni giustizia quando si fa quel che Dio vuole, quando si ubbidisce alla Sua volontà. Ecco così come “conviene che noi adempiamo in questo modo ogni giustizia” significa: “E’ necessario fare ciò che Dio ha stabilito per e per un buon motivo”. Era necessario che Gesù si sottoponesse a quel battesimo. Era ciò che Dio aveva stabilito [6]. Perché?

La volontà di Dio per Lui era stata espressa già da secoli. Isaia 53, infatti, annuncia che il Servo sofferente sarebbe stato “contato fra i malfattori”. Ecco così che qui Gesù, con il battesimo di Giovanni, comincia ad essere contato fra i malfattori, vale a dire, ad identificarsi con loro (pur non essendolo). Egli avrebbe “portato i peccati di molti” ed “interceduto per i colpevoli” (12). Come Giovanni aveva detto di questo Agnello di Dio, Isaia aveva profetizzato che il Messia, il Giusto, avrebbe “reso giusti i molti” e si sarebbe caricato Egli stesso delle loro iniquità (11). Il Servo sofferente si sarebbe identificato con i peccatori. Il Suo destino sarebbe stato così indissolubilmente legato a loro come Egli era indissolubilmente legato a Dio Padre. Questo l’avrebbe posto perfettamente nel Suo ruolo di Mediatore fra Dio e quei peccatori a cui Dio aveva concesso in Cristo la grazia della salvezza. Gesù avrebbe adempiuto la profezia che dice: "...erano le nostre malattie che egli portava, erano i nostri dolori quelli di cui si era caricato", e "Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiamo pace, è caduto su di lui e mediante le sue lividure noi siamo stati guariti" (4, 5). Questo battesimo, per Gesù, era l’inaugurazione di quel ministero.

Gesù stesso fa uso del termine “battesimo” per descrivere la Sua sofferenza e morte per i peccati degli eletti. Quando due dei Suoi discepoli avevano espresso la loro ambizione a diventare dei “grandi”, Gesù dice loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete voi bere il calice che io bevo, o essere battezzati del battesimo del quale io sono battezzato?» (Marco 10:38). In un’altra occasione Gesù dice: “Vi è un battesimo del quale devo essere battezzato; e sono angosciato finché non sia compiuto” (Luca 12:50). Questo “battesimo” d’acqua acquista così per Gesù una connotazione diversa: esso inizia la Sua missione nella vita come il Servo sofferente impegnato ad adempiere la volontà di Dio. E’ appropriato qui riferirsi pure ad un altro testo biblico, il Salmo di consacrazione n. 40. Nei versetti 6-8 abbiamo le parole con le quali il fedele si consacra a Dio: “Ecco, io vengo! Sta scritto di me nel rotolo del libro. Dio mio, desidero fare la tua volontà, la tua legge è dentro il mio cuore”. Con queste parole il credente israelita veniva al tempio per esprimere il suo impegno a conformarsi alle parole che “rotolo del libro” (le Scritture) prescrivevano per lui. La lettera agli Ebrei, nel Nuovo Testamento, riprende questo Salmo e significativamente le applica a Gesù: "Ecco perché Cristo, entrando nel mondo, disse: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta ma mi hai preparato un corpo; non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: "Ecco, vengo" (nel rotolo del libro è scritto di me) "per fare, o Dio, la tua volontà"» (Ebrei 10:5-8). Dio Padre Gli prepara “un corpo” (l’Incarnazione) ed Egli viene per assolvere quanto Gli era stato prescritto, vale a dire la Sua opera messianica, il compito che l’espressa volontà di Dio Gli aveva affidato. Comprendiamo allora quanto Gesù volesse dire scendendo nelle acque del Giordano: “Desidero fare la tua volontà, la tua legge è dentro il mio cuore”. Questa, indubbiamente, è “ogni giustizia”. Che avviene dopo?

La risposta di Dio Padre

“Gesù, appena fu battezzato, salì fuori dall'acqua; ed ecco i cieli si aprirono ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed ecco una voce dai cieli che disse: «Questo è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto»” (16-17). In primo luogo è significativo notare chi vede lo Spirito di Dio scendere su di Lui e chi sente quella voce dai cieli. Matteo dice che Gesù è la persona che la vede e la sente. L’evangelista Giovanni dice che pure Giovanni il Battista avesse condiviso questa esperienza sensoriale [7] che è, di fatto una visione non aperta a chiunque ma, di fatto, per alcuni eletti, simile all’esperienza di persone che nelle Sacre Scritture ricevono visioni da parte di Dio, visioni uniche nel loro genere, non condivise da altri [8]. Noi le possiamo conoscere solo perché Gesù stesso le aveva raccontate ai Suoi discepoli, o, in ogni caso, sulla base dell’ispirazione divina degli scrittori sacri.

Non appena, così, Gesù esce fuori dall’acqua lo Spirito di Dio scende su di Lui come una colomba. La colomba, che da allora rappresenta lo Spirito Santo, ne è qui una significativa illustrazione. Nell’Antico Testamento, sacerdoti, profeti e giudici venivano consacrati al loro ufficio con un’unzione rituale d’olio. Così essi venivano “abilitati” a svolgere il loro compito, ricevevano la loro sanzione ufficiale e capacità. Oggi i cristiani usano il termine “unzione” per riferirsi all’abilitazione operata in loro dallo Spirito Santo. Quando Dio rigenera spiritualmente una persona portandola al ravvedimento ed alla fede, quella non solo è opera dello Spirito Santo, ma Egli stesso viene a dimorare in essa, tanto da divenire “tempio dello Spirito Santo”. Similmente, qui troviamo Dio Padre che impartisce a Gesù l’unzione per adempiere alla missione che Gli è stata affidata. Egli Lo consacra a questo scopo “abilitandolo”. L’intera Sua vita sarebbe stata lo strumento per riscattare dal peccato quelli che Gli erano stati affidati. Anche Gesù, in quanto uomo, aveva bisogno dell’abilitazione divina per fare la volontà del Padre. Questa è la funzione dello Spirito Santo. Dio Padre approva il Suo impegno a compiere la volontà di Dio Padre e Gliene fornisce il potere.

Nell’Antico Testamento la colomba, creatura gentile e innocua, era l’animale che i poveri avrebbero potuto acquistare e portare in sacrificio per la remissione dei loro peccati in sostituzione a tori o capre che non potevano permettersi. L’offerta di colombe erano i sacrifici dei poveri. Ecco così che Gesù, dopo aver espresso il Suo impegno a fare la volontà del Padre diventando il Servo sofferente per i peccati di molti, è detto che lo Spirito discende su di Lui come una colomba, l’offerta sacrificale della gente più povera. La colomba simbolizza forza nell’umiltà, la potenza di Dio a salvare in un Salvatore mansueto ed umile di cuore [9]. La colomba, così, rafforza l’idea dell’identificazione di Gesù con peccatori d’ogni condizione.

Lo Spirito di Dio scende su Gesù, ma questo non vuol dire che prima Gesù non avesse avuto questo Spirito, perché la Sua stessa concezione era opera dello Spirito di Dio e Lui era sempre stato in perfetta comunione con Dio. Solo che in quanto uomo quello era il momento in cui riceve l’investitura ufficiale attraverso la quale Egli conosce che quello era il momento di “uscire dal privato” ed iniziare il Suo ministero. Un principe nasce principe e cresce come tale, ma viene il momento dell’investitura in cui comincia a regnare ufficialmente. E’ allora che Gesù comincia ad essere autorevolmente il portavoce di Dio [10] ed agisce come strumento di Dio [11].

Ad una rivelazione visibile segue poi una udibile: una voce dai cieli afferma come tutti questo sia “giusto, vero, buono ed approvato”. “Questo è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto”. Dopo 400 anni di “silenzio di Dio” senza rivelazioni profetiche, Dio “rompe il silenzio” e torna a parlare nell’ambito dell’umanità.

Nell’Antico Testamento il re è designato come figlio di Dio [12]. Avrebbe avuto un rapporto speciale con Dio padre ed egli sarebbe stato erede di ogni cosa e trionfatore sui suoi nemici. I vangeli identificano Gesù come questo Re, questo Messia, questo Figlio. Inoltre, quando la Bibbia descrive Gesù come “il Figlio” per eccellenza, intende che Egli abbia la stessa natura del Padre, eterna e divina, quel che Pietro intende dire quando confessa: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Matteo 16:16), cosa che comprenderà meglio dopo la risurrezione di Cristo e la Pentecoste.

Con quella “voce dai cieli” Dio Padre manifesta il Suo compiacimento con Suo Figlio [13]. C’era qualcosa di cui Gesù avrebbe dovuto ravvedersi? No. C’era qualcosa che Egli avrebbe dovuto fare diversamente? No [14]. Questa testimonianza dai cieli afferma che l’Agnello di Dio era immacolato. Egli aveva ed avrebbe sempre fatto ciò di cui il Padre si compiace (e di nessun altro questo può essere detto). L’identità di Gesù non può essere considerata così “un’opinione umana”, un pio desiderio o una “mitologizzazione”, ma è dichiarata espressamente da Dio [15]. Conoscerla sarà così frutto di rivelazione dall’Alto come nel caso esemplare della confessione di fede di Pietro. Qui, al Suo battesimo, Gesù inizia la Sua opera di Servo sofferente, e Dio Padre si compiace del Suo impegno, quello che porterà a termine fino in fondo.

E’ importante, infine, notare qui il coinvolgimento nel battesimo di Gesù dell’intero Essere trinitario di Dio. Questo sta a significare la sua importanza. L’essenza trinitaria di Dio, adombrata in molti modi nell’Antico Testamento, per la prima volta qui si manifesta come tale. Non c’è opera di Dio in cui non siano coinvolte le persone della Trintà, dalla creazione fino alla redenzione: il Padre lo decreta, il Figlio lo attua, lo Spirito lo energizza.

Conclusione

Il battesimo di Gesù, l’evento descritto nel testo che abbiamo esaminato, è unico nel suo genere e dichiarativo di ciò che Dio compie in Cristo nella potenza dello Spirito Santo. Fa parte della funzione di proclamazione apologetica dei vangeli. Esso serve per ulteriormente accreditarci Gesù di Nazareth come il promesso Salvatore del mondo. Egli davvero è il Signore che giunge in prima persona per “ripulire”, ciò che il peccato ha sporcato e per ricuperare a Sé, nella Sua grazia, una parte dell’umanità. Il Suo battesimo è il momento della Sua “investitura ufficiale” che suggella la Sua identificazione con i peccatori penitenti, il Suo farsi carico del loro peccato e delle sue conseguenze, affinché sia “tolto” da loro. Con il Suo battesimo Gesù di Nazareth inizia il Suo ministero di Servo sofferente che, con completa dedizione di Sé stesso ed abnegazione, sarebbe morto per i peccati di molti. Dio Padre dichiara di approvarlo completamente e gli garantisce la potenza dello Spirito Santo affinché Egli realizzi la Sua missione. In questo è impegnato l’intero Essere trinitario di Dio. Non è opera che la creatura umana avrebbe potuto escogitare e mettere mai in atto. Giovanni ne è testimone.

In questo testo non c’è per noi alcun comando, nessuna esortazione e nessun esempio da imitare. Sarebbe artificioso utilizzare questo testo come pretesto per altri fini [16]. Ciò che questo testo si prefigge è essere un ulteriore appello alla fede in Cristo e nell’opera unica nel suo genere che Egli ha compiuto e che rimane efficace.

Implicitamente questo testo pure contiene l’appello della Parola di Dio a che tutti coloro che Egli ha salvato in Cristo per la Sua grazia, pure si impegnino a compiere la Sua volontà [17], quella che ci è rivelata nelle Scritture. Questo significa impegno ed abnegazione nel servire Dio e gli altri: è la sostanza stessa della vita cristiana. Esso in qualche modo pure ci rimanda al significato del nostro battesimo perché il Battesimo dichiara che apparteniamo a Lui che ci ha redenti. Ubbidirgli diligentemente non solo è dimostrazione della nostra riconoscenza verso di Lui, ma che è pure Suo diritto l’esigerla. Certo, la volontà di Dio per noi è ovviamente diversa da ciò che Gesù doveva fare, ma la volontà di Dio per noi è pure registrata nelle Scritture nell’insegnamento di Gesù e dei Suoi apostoli. Possiamo così impegnarci verso di essa in modo consapevole ed informato. Dato poi, infine, che significherà una vita di servizio sacrificale, dato che non è uno stile di vita facile o naturale, abbiamo bisogno pure noi della potenza dello Spirito Santo, sempre a nostra disposizione [18], perché Egli si è compiaciuto di dimorare in noi fin dal momento della nostra conversione. La vita cristiana non è “naturale” ma “sovrannaturale”. Di una tale vita di servizio, con Cristo ed in Cristo, il nostro Padre celeste ne sarà sicuramente compiaciuto.

Paolo E. Castellina, 10 gennaio 2014.

Note

    • [1] 1 Corinzi 14:40.

    • [2] Simile a ciò che era avvenuto con Mosè nell’Esodo: “Allora Dio pronunciò tutte queste parole” (Esodo 20:1).

    • [3] Luca ci fornisce dei dettagli del tempo in cui Giovanni aveva iniziato il suo ministero, il 15° anno di Tiberio Cesare, quando Ponzio Pilato era governatore della Giudea. Gli studiosi hanno indicato l’anno 29 A.D. come il più probabile dell’inizio del suo ministero. Questo probabilmente pone il battesimo di Gesù fra l’autunno del 29, e questo permette diverse Pasque (ogni primavera) che avvennero durante il ministero pubblico di Gesù dal 30 al 33. Il ministero pubblico di Gesù inizia così fra l’autunno del 29 ed è crocifisso nella primavera del 33 A. D

    • [4] Giovanni 1:29-34.

    • [5] Vi è, per esempio, una distinzione fra “essere” e “fare”. Si può parlare di “essere in condizione di giustizia” o “essere giusti” quando si è personalmente in linea con la volontà rivelata di Dio, conformi a ciò che Dio vuole che noi siamo. E’ la condizione di essere accettabili da parte di Dio. Questo è l’accento che vi dà l’apostolo Paolo quando parla della giustizia che “salva” una persona. Si può però usare il termine giustizia nel senso di fare od operare giustizia (come in questo caso). Adempiere ad ogni giustizia significa “fare tutto ciò che Dio ha stabilito, e che, per definizione, è giusto, buono, retto e santo. La giustizia, in ogni caso, non è un termine astratto, ma bisogna sempre considerarla come conformità ai criteri etici e morali che Dio stabilisce.

    • [6] “Adempiere ogni giustizia”, inoltre, non significa che Gesù fosse stato ingiusto e che avesse dovuto compiere questa giustizia per mettersi in regola, ma che Egli si sarebbe impegnato, e l’avrebbe formalmente suggellato con quel battesimo, a fare quella che era per Lui la volontà di Dio, a conformarsi a tutti i criteri della volontà di Dio.

    • [7] “Giovanni rese testimonianza, dicendo: «Ho visto lo Spirito scendere dal cielo come una colomba e fermarsi su di lui” (Giovanni 1:32).

    • [8] Ad esempio: Isaia 64:1; Ezechiele 1:1; Atti 7:56; Apocalisse 4:1; 19:11.

    • [9] Matteo 11:29

    • [10] “la folla si stupiva del suo insegnamento, perché egli insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi” (Matteo 7:28-29).

    • [11] “Ma se è con l'aiuto dello Spirito di Dio che io scaccio i demòni, è dunque giunto fino a voi il regno di Dio” (Matteo 12:28),

    • [12] 2 Samuele 7; Salmo 2.

    • [13] Isaia aveva pure profetizzato: “Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori” (Isaia 53:10 CEI). Questo non significa che il Padre si rallegrasse del Suo dolore. Significa che la sua sofferenza e morte come Messia aveva adempiuto al progetto di Dio di fornire salvezza ai peccatori eletti.

    • [14] Quest’affermazione, così approva ciò che sta avvenendo qui, ma anche attesta la completa rettitudine (giustizia) di Gesù durante tutti i Suoi “anni del silenzio”

    • [15] Cosa che gli increduli troveranno comunque sempre modo di negare.

    • [16] Troppo spesso lo si sente fare in molte predicazioni che lo utilizzano come appoggio per questioni di altro tipo che, per quanto buone, non lo riguardano direttamente e, in qualche modo, ci distraggono dalle sue finalità primarie.

    • [17] Questo impegno spesso viene al tempo della nostra stessa conversione, ma si può precisarsi più tardi, quando ci rendiamo sempre meglio conto di ciò che Dio desidera da noi.

    • [18] Per questo le epistole sono piene di istruzioni ed esortazioni ai cristiani a che la loro vita sia di sacrifici viventi (Romani 12:1-2) e d’essere ripieni (controllati) dallo Spirito Santo (Efesini 5:18)