Sintesi
Sembra che stiano rapidamente per finire i tempi della "società del benessere". Eppure le aspirazioni prevalenti della maggior parte della gente continuano ad essere concederci materialmente "il meglio" che la vita possa offrire, una vita facile e comoda, molto denaro a disposizione, divertimento e vacanze permanenti, nessuna responsabilità ed impegno, evitare il più possibile dolore e fatica, non prendere mai posizione su nulla perché è "compromettente", non farsi domande sulle cose, evitare il più possibile guai e "rogne", prendersela comoda stando "al caldo", non essere coinvolti, fare il meno possibile sfruttando, magari, il lavoro altrui e "le occasioni". Sempre di più il criterio con il quale siamo disposti a fare una qualsiasi cosa è chiederci: "E' divertente?". Se è facile, comodo e divertente, lo facciamo, altrimenti no, o di malavoglia. Nell'ansia di "vendere" il loro "prodotto" vi sono oggi coloro che propongono un cristianesimo facile e di comodo, che venga incontro a questa mentalità, fatto di vantaggi e profitti, temporali ed eterni, "salvezza" e guarigioni a buon mercato. Eppure quanto il Signore Gesù propone nel testo di questa domenica è ben lontano da tutto questo. E', anzi, qualcosa che ha fatto fuggire da Lui più di una persona! Di fronte a parole di questo genere, alcuni certamente Gli direbbero oggi: "Gesù, se tu vuoi vendere il tuo prodotto, guardati bene dal dire queste cose…". Che cos'è che disse Gesù? Lo troviamo nel vangelo di Marco 8:31-38.
Quando leggiamo libri di storia che descrivono le condizioni di vita nelle nostre zone durante i secoli passati, ci rendiamo conto come oggi noi si viva davvero come un tempo solo i nobili ed i principi potevano vivere. Possiamo certamente oggi lamentarci di tante cose che "non vanno”, ma la vita della maggior parte dei nostri antenati, secondo il metro moderno, era ben miserabile, e dubito veramente che noi saremmo disposti a farla. Oggi noi possiamo avere comodità che prendiamo per scontate e che sarebbero state inimmaginabili anche solo poco tempo fa: acqua in casa, impianti sanitari, luce, riscaldamento, elettrodomestici, automobili, telecomunicazioni, scuole, medicine, assicurazioni sociali, vacanze, libertà e tempo libero, divertimenti… Certo, direste, "è il progresso", e dobbiamo rallegrarcene.
Neanch'io vorrei farne a meno, ma che cosa spesso produce in noi tutto questo? Un fenomeno simile a quello che un tempo era retaggio di nobili e principi: decadenza e miseria morale e spirituale, lassismo, ignavia, corruzione… insomma, stiamo diventando una società sempre più corrotta e decadente. C'è dunque da chiederci se il "progresso" ci renda davvero migliori, spiritualmente e moralmente, oppure ci renda peggiori di un tempo? Ci rende più "uomini" oppure più simili a dei "molluschi", promuovendo il peggio che c'è in noi?
Consideriamo le "aspirazioni" e le tendenze di gran parte della nostra "società del benessere": quali sono? Concederci materialmente "il meglio" che la vita possa offrire, una vita facile e comoda, molto denaro a disposizione, divertimento e vacanze permanenti, nessuna responsabilità ed impegno, evitare il più possibile dolore e fatica, non prendere mai posizione su nulla perché è "compromettente", non farsi domande sulle cose, evitare il più possibile guai e "rogne", prendersela comoda stando "al caldo", non essere coinvolti, fare il meno possibile sfruttando, magari, il lavoro altrui e "le occasioni". Sempre di più il criterio con il quale siamo disposti a fare una qualsiasi cosa è chiederci: "E' divertente?". Se è facile, comodo e divertente, lo facciamo, altrimenti no, o di malavoglia. Sono forse pessimista ed esagerato in questa mia descrizione della società? Credo di no, perché questa è l'immagine della tendenza naturale dell'essere umano come si presenta ad un osservatore attento, e che rende del tutto impopolare ed "inaccettabile" quanto il Signore e Salvatore Gesù Cristo afferma nel testo biblico alla nostra attenzione quest'oggi.
Nell'ansia di "vendere" il loro "prodotto" vi sono oggi coloro che propongono un cristianesimo facile e di comodo, fatto di vantaggi e profitti, temporali ed eterni, "salvezza" e guarigioni a buon mercato. Vi sono persino libri di successo che affermano aver trovata "nascosta nella Bibbia", da ripetersi spesso, una preghiera alla quale Dio risponderebbe sempre, anzi, alla quale Dio sarebbe costretto di rispondere, riversando su chi la pronuncia, benedizioni su benedizioni… Allettante, non è vero? Eppure quanto il Signore Gesù propone nel testo di oggi è ben lontano da tutto questo. E', anzi, qualcosa che ha fatto fuggire da Lui più di una persona! Di fronte a parole di questo genere, alcuni certamente Gli direbbero oggi: "Gesù, se tu vuoi vendere il tuo prodotto, guardati bene dal dire queste cose…". Che cos'è che disse Gesù? Sentite quando troviamo nel vangelo di Marco, al capitolo otto:
"(31) Poi cominciò a insegnare loro che era necessario che il Figlio dell'uomo soffrisse molte cose, fosse respinto dagli anziani, dai capi dei sacerdoti, dagli scribi, e fosse ucciso e dopo tre giorni risuscitasse. (32) Diceva queste cose apertamente. Pietro lo prese da parte e cominciò a rimproverarlo. (33) Ma Gesù si voltò e, guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro dicendo: «Vattene via da me, Satana! Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini». (34) Chiamata a sé la folla con i suoi discepoli, disse loro: «Se uno vuol venire dietro a me, rinunzi a se stesso, prenda la sua croce e mi segua. (35) Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi perderà la sua vita per amor mio e del vangelo, la salverà. (36) E che giova all'uomo se guadagna tutto il mondo e perde l'anima sua? (37) Infatti, che darebbe l'uomo in cambio della sua anima? (38) Perché se uno si sarà vergognato di me e delle mie parole in questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui quando verrà nella gloria del Padre suo con i santi angeli»" (Marco 8:31-38).
I discepoli di Gesù stavano certamente seguendo una "persona di successo": folle plaudenti, miracoli straordinari, coraggiose e vincenti sfide alla malattia, alla morte, alle forze dell'ingiustizia e dell'oppressione. Doveva essere davvero esaltante seguire Gesù in quei frangenti. Anticipando la gloria futura delle Sue irresistibili vittorie, alcuni Suoi discepoli persino gli chiedono il privilegio di occupare i posti d'onore accanto al Suo trono. Interrogati dallo stesso Gesù su chi pensano che Lui sia, Pietro risponde, senza esitazione, che Gesù è il Cristo, il Signore ed il Salvatore del mondo. Pietro ha ragione: Gesù è veramente Colui che Dio ha mandato per la salvezza dell'uomo dalle sue miserie, ma in qualche modo Gesù frena l'entusiasmo di Pietro, ordinandogli di non dirlo troppo in giro… Più ancora di questo, Gesù sconcerta Pietro del tutto, prospettandogli non il trionfo del Suo movimento, secondo i criteri umani, ma sofferenza e morte, per Lui e per loro!
Com'è possibile? Gesù sembra dire, "gettando acqua" sull'entusiasmo di Pietro: "Si, avremo successo, perché i propositi di Dio si realizzano sempre, e non c'è niente e nessuno che possa o potrà mai ostacolarli. Questo successo, però, non sarà riportato nello stile e secondo i criteri comuni in questo mondo. Questo successo verrà solo attraverso il sangue, il sudore e le lacrime, mie e anche tue, caro Pietro!". "Ma no, non è possibile, non sia mai!", risponde Pietro. Quello che è più scandalizzato ancora, però, qui non è Pietro, ma Gesù stesso, che bruscamente gli dice: "Taci, anzi, vattene via. In quello che dici, tu non sei meglio di Satana, il quale lui pure un tempo mi aveva prospettato una via più facile, quella che piacerebbe a te, ma tu non hai il senso delle cose di Dio! In questo tu ragioni ancora e sempre come ragiona questo mondo.
Quello stesso Pietro, che prima aveva confessato la sua fede apertamente, riconoscendo in Gesù il Signore ed il Salvatore del mondo, mostra, in quest'episodio, di non comprendere "il senso delle cose di Dio", quando Gesù gli prospetta la necessità che Lui stesso sia respinto, debba molto soffrire e poi essere ucciso.
E' già un passo non indifferente, e non è da tutti, riconoscere in Gesù la presenza stessa di Dio che viene a salvarci, perché questa Sua identità è nascosta sotto apparenze del tutto umane, benché sia già straordinario quel che compie l'uomo Gesù. Iddio vuole che la Sua presenza sia nascosta e riconoscibile solo a certe condizioni, tanto che solo un'illuminazione può farci intendere il Suo segreto.
Alla folla, infatti, Gesù parla spesso attraverso racconti (parabole) che non spiega, ma che pure rivelano "i misteri del regno di Dio" per chi ha "orecchie" per ascoltarli, per chi è "aperto", chi è senza pregiudizi e non si ferma alla superficie delle cose. Certo, Egli spiega meglio, in seguito, quello che intende, al circolo più ristretto dei Suoi discepoli, a coloro che gli hanno dato fiducia e lo seguono, ma non è sempre scontato che essi veramente e subito intendano.
In che cosa, in questo testo, Gesù si avvede che i Suoi discepoli, Pietro in particolare, non ha "il senso delle cose di Dio"? Ha a che fare con quello che potremmo chiamare "la necessità della croce", difatti Gesù reagisce fortemente quando Pietro vorrebbe mettere in questione la necessità che Gesù "soffrisse molte cose, fosse respinto dagli anziani, dai capi dei sacerdoti, dagli scribi, e fosse ucciso e dopo tre giorni risuscitasse". La sofferenza e morte di Gesù in croce, infatti, non è un "incidente di percorso" della Sua carriera, ma qualcosa che Egli, pur avendolo potuto evitare, cerca espressamente. "Pura follia!", molti ancora oggi direbbero, molti che non riescono a capire perché mai fosse necessario che Gesù "facesse questa fine". E' quanto ci è annunciato e spiegato nelle predicazioni del tempo precedente la Pasqua, ma il fatto di non capirlo o peggio, di equivocarlo, rivela come anche noi oggi non abbiamo "il senso delle cose di Dio", ed essere creature umane secondo i propositi originari, significa proprio "pensare al seguito di Dio ", "calcare," nel nostro modo di pensare, "le impronte lasciate da Dio".
Non si tratta, però, soltanto di non comprendere la necessità che Gesù aveva di camminare sulla via della croce, ma, come rilevano le stesse parole successive di Gesù, come la croce debba necessariamente pure essere lo stile di vita del cristiano.
Che cos'è "la via della croce"? Gesù dice: "Se uno vuol venire dietro a me, rinunzi a se stesso, prenda la sua croce e mi segua". Gesù dice questo apertamente a chiunque pensi di seguirlo, anche se questo non è "buona pubblicità" per la Sua causa… Rinunzia a sé stessi. In negativo chi segue Gesù deve "rinunciare a sé stesso" in modo totale, dicendo "no" ai propri interessi immediati, al proprio comodo e alle proprie sicurezze terrene. "Rinunciare a se stessi" non significa negare la propria personalità, non significa il martirio o il rifiuto delle "cose" (come nell'ascetismo). Significa rinunziare all'io, nel senso di abbandonare l'idolatria del proprio egocentrismo ed ogni tentativo di orientare la nostra vita secondo i dettami di interessi strettamente personali per finalizzare tutto all'amore per Dio e per il prossimo. Vero cristianesimo non è la nemmeno ricerca della propria salvezza, né di benedizioni o vantaggi personali, ma vivere per la gloria di Dio e il bene del prossimo, in modo del tutto disinteressato. Cero, è più facile a dirsi che a farsi, ma questo è esattamente ciò che insegna Gesù e da questo non si può sfuggire a buon mercato.
La nostra croce. In positivo, la persona che segue Gesù deve prendere con decisione "la sua croce", dicendo "si" al volere ed alla via di Dio, sottomettendosi volentieri all'autorità di Dio. "Portare la croce" era un'espressione figurata assai appropriata per la Palestina occupata dai romani. Richiamava alla mente la figura di un uomo condannato, obbligato a mostrare la propria sottomissione alla potenza di Roma portando parte della sua croce attraverso tutta la città, fino al luogo dell'esecuzione. Così "prendere la propria croce" significava mostrare pubblicamente la propria sottomissione ed ubbidienza all'autorità alla quale prima ci si era ribellati. La sottomissione di Gesù alla volontà di Dio era la risposta più adeguata alle richieste di Dio. Per Gesù voleva dire la rinuncia alla Sua convenienza immediata e la morte in croce. Coloro che, invece, lo seguivano, dovevano prendere ognuno la propria croce (non quella di Gesù), qualsiasi cosa comportasse questa scelta, secondo il volere di Dio, come seguaci di Gesù.
Non significava necessariamente soffrire come Lui soffrì od essere crocifissi come avvenne a Lui. Neppure significava sopportare stoicamente le difficoltà, le malattie o i fastidi comuni della vita. "Porta la croce" chi ubbidisse alla volontà di Dio com'è rivelata nella Sua Parola, accettandone senza riserve tutte le conseguenze, per amore di Gesù e dell'Evangelo. Per alcuni, questo poteva includere sofferenze fisiche e persino la morte, come la storia ha dimostrato.
…prendere o lasciare, dice Gesù: questa è la via, e non ce ne sono altre. Non esiste alcun cristianesimo a buon mercato, anche se in giro ce n'è molto che tale vorrebbe chiamarsi. Alla resa dei conti, però, verrebbe da Gesù riconosciuto come autentico? Lo dubito.
"Allora, se è così," direbbe qualcuno, "rinuncio ad essere cristiano: ci sono tante alternative ma questo mondo!". "Certo," direbbe Gesù, "ma ti conviene veramente seguire quello che offre in mondo? Alla fine ci guadagni veramente?". Gesù, infatti, dice: "Che giova all'uomo se guadagna tutto il mondo e perde l'anima sua? Infatti, che darebbe l'uomo in cambio della sua anima?".
Gesù, con queste parole, sottolinea un paradosso: chi pensa di salvare la propria vita dalla croce di Cristo, prendendo strade “più comode”, in realtà segue solo un inganno, quello che promette il mondo, esso poi non mantiene, o almeno, sono piaceri di breve durata il cui unico risultato sarà quello di rovinarti completamente, pregiudicarti l'eternità della tua anima immortale". E' vero che il mondo dice: "Godi oggi più che puoi perché …del domani non c'è certezza", ma su che base ti permetti di dare del bugiardo a Gesù, dicendo che le cose non saranno così come dice Lui espressamente? A questo punto l'irresponsabilità e la stupidità umana è veramente senza limiti!
C'è chi vuole "salvare la sua vita" pensando che quella materiale sia il tutto, ma c'è qualcos'altro che Gesù intende per "vita", qualcosa d'ordine molto superiore, la vita vera, l'intima essenza di una persona, quella che trascende la vita terrestre. C'ê chi non vorrebbe privars i di tutte "le gioie" che questo mondo offre, ma chi decide che la propria vita sia centrata solo sulle cose di questo mondo, rifiutando di seguire le direttive di Gesù, evitando le asperità della via indicata da Gesù, alla fine, di fatto, perderà la sua vita intesa nella sua accezione più profonda. Al contrario, chi "perderà" (cederà, rinunziando ai propri interessi immediati) la propria vita (anche letteralmente, se necessario) per la propria fedeltà a Gesù ed al Suo Evangelo, accettando di seguire le direttive di Gesù, diventa erede della vita di valenza eterna che si passerà alla presenza di Dio. A che giova, infatti, quale reale profitto ricava, l'uomo, se "guadagna tutto il mondo", cioè se, per assurdo, riuscisse a realizzare tutti i piaceri e a possedere i beni terreni, se poi "perde l'anima", la sua essenza più profonda, non ottenendo, quindi, vita eterna presso Dio? La risposta è "proprio nulla"!
Mi dirà qualcuno, a questo punto, "…ma la maggior parte della gente segue la via del mondo e disprezza la via di Cristo. Non vorrai mica dire che la maggioranza abbia torto?". Gesù stesso, però, ci dice: "Entrate per la porta stretta, poiché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa. Stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano" (Mt. 7:13,14).
Per Pietro la via che Gesù gli prospetta "è una vera follia". Pietro, però, ancora ragiona secondo i fallaci criteri di questo mondo. Deve ancora imparare a ragionare secondo le prospettive più vaste di Dio, ad acquisire il senso delle cose di Dio. Lo imparerà, ma quanta strada dovrà ancora percorrere! Dovrà passare egli stesso proprio dall'esperienza che Gesù qui prospetta, quando dice: "Perché se uno si sarà vergognato di me e delle mie parole in questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui quando verrà nella gloria del Padre suo con i santi angeli". Verrà, infatti, il giorno in cui Pietro rinnega Cristo vergognandosi di farsi vedere dalla Sua parte. Riconoscerà, però, amaramente il suo errore, e Cristo lo perdonerà e lo ristabilirà. Non così Giuda, che venderà il suo Signore e Maestro per un pugno di monete d'argento, pensando così di guadagnarci di più... Alla fine, però, disperato, si accorgerà, troppo tardi, del suo errore e si toglierà la vita. Ci aveva guadagnato molto a preferire del denaro a Gesù!? Qualcuno continua oggi ad illudersi che sia così! Impareremo noi mai questa lezione? Per molti pare proprio di no. Certo, "portare la croce" non è molto simpatico né facile. Portare la croce significa, in diversi modi "morire" e chi vorrebbe morire? Portare la croce significa camminare contro corrente, rischiare di essere impopolari, derisi, umiliati e persino assassinati, in certe circostanze. Portare la croce significa "la vergogna" di pensare e di vivere diversamente dalla maggioranza. Questo ed altro ancora, è seguire Cristo. Egli lo dice chiaramente fin dall'inizio, rischiando pers ino di "perdere gente" e rimanere in pochi. Siamo sicuri, però, che "ci guadagniamo" veramente a seguire la via del mondo?
Avevamo iniziato la nostra riflessione considerando proprio quanto incongruente sia il messaggio dell'Evangelo con certi "progressi moderni" e allo spirito moderno, "all'insegna del comfort". In realtà siamo sempre di fronte alla totale incongruenza di sempre che esiste fra Dio e questo mo ndo che ha deciso di saperla più lunga di Lui e di farne a meno, pensando di "guadagnarci". E' però davvero così, oppure si tratta solo e sempre dell'antico inganno a cui erano cascati Adamo ed Eva, e noi con loro? Iddio aveva loro detto chiaramente: "Se seguirete quella via rovinerete tutto". Non avevano voluto crederci, ed ecco dove siamo finiti e dove finiremo, nonostante i nostri conclamati "progressi".
Certo, dal punto di vista di questo mondo, portare la croce non è né popolare né di successo. La via della croce si pone in totale contraddizione alla nostra sapienza mondana e secolare, come pure in contraddizione con la nostra natura. La sapienza mondana insegna a non considerare altro che sé stessi. La via della croce insegna a mettere da parte il proprio io e ad essere servitori gli uni degli altri. La sapienza mondana e secolare, come pure la natura umana, insegna ad attendersi salute, ricchezza, fama, pubblico riconoscimento e felicità. La via della croce non promette queste cose: guardate che cos'è avvenuto a Gesù stesso, che muore come un criminale, disprezzato, respinto ed umiliato, abbandonato persino dai suoi amici e tradito. Potremmo seguire questo Cristo aspettandoci qualcosa di diverso?
Eppure il segreto della vita è celato proprio in quel Cristo, deriso, disprezzato e poi respinto, perché così "incongruente" con ciò che questo mondo tanto valuta. Che il Signore ci dia di discernere in Lui, nella Sua mentalità, messaggio ed opera, la verità di una vita significativa ed eterna, che il Signore ci dia di seguire Lui con decisione, costi quello che costi. Non è tutto oro quel che luccica, anzi, ciò che è più appariscente molto spesso nasconde una trappola. Apprendiamo la sapienza biblica che dice: "C'è una via che all'uomo sembra diritta, ma essa conduce alla morte" (Pr. 14:12) ed accogliamo Gesù, via, verità e vita, segno a cui si contraddirà, "Ma com'è scritto: «Le cose che occhio non vide, e che orecchio non udì, e che mai salirono nel cuore dell'uomo, sono (proprio) quelle che Dio ha preparate per coloro che lo amano»" (1 Co. 2:9).
Paolo Castellina, 26.02.2003.