2 Samuele 2:1-10

Dalla «tomba» della depressione alla gioia

Sintesi. La depressione è una condizione psico-fisica che caratterizza un grande numero di nostri contemporanei. Molte possono esserne le cause, sia contingenti che congenite. Il fenomeno era conosciuto anche nell’antichità e la Bibbia stessa ci presenta dei personaggi che si trovavano in questa condizione. Dio è stato per loro un efficace medico e terapista ed Egli ancora ci parla attraverso la loro testimonianza del ritrovare in Lui gioia e serenità, anche in circostanze molto difficili. Una di queste testimonianze la esaminiamo nel testo biblico di questa domenica. Riguarda Anna, madre del profeta Samuele che, dalla “tomba” della depressione ritrova e canta la sua gioia nel testo che troviamo in 1 Samuele 2:1-10. Ripercorriamone l’esperienza ed esaminiamo la sua confessione di fede in Dio, che l’ha guarita.

Gioia e depressione

Il Signore e Salvatore Gesù Cristo aveva detto un giorno ai Suoi discepoli, in un momento di grande tristezza per loro, perché si avvicinava il tempo in cui Egli sarebbe stato arrestato, torturato e fatto morire su una croce: «Voi siete ora nel dolore; ma io vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi toglierà la vostra gioia» (Giovanni 16:22).Sì, la risurrezione di Gesù sarebbe stata per i Suoi discepoli occasione di autentica e durevole gioia. Questa gioia non avrebbe riguardato solo i primi testimoni della Sua risurrezione, ma avrebbe caratterizzato pure i cristiani delle generazioni susseguenti, fino ad oggi. L'apostolo Paolo scrive, infatti, parlando dell'esperienza cristiana: «Ora il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e di ogni pace nella fede, affinché abbondiate nella speranza, per la potenza dello Spirito Santo» (Ro. 15:3). E' una gioia che sorge dalla riconoscenza quando si fa esperienza, come si esprime la Scrittura, di essere stati, attraverso il Salvatore Gesù Cristo, «messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce» (Colossesi 1:12). Dopo aver fatto l'esperienza dei frutti dell'Evangelo nella nostra vita, l'Apostolo può ancora oggi dirci: «Benché non abbiate visto [Gesù], voi lo amate; credendo in lui, benché ora non lo vediate, voi esultate di gioia ineffabile e gloriosa» (1 Pietro 1:8).

Qualcuno, però, potrebbe replicare: «...non capisco proprio quale motivo mai ci sia per essere così tanto contenti!». ...in effetti è difficile spiegarlo perché è una questione d'esperienza, e poi perché oggi sembrano prevalere i sentimenti opposti: o una gioia del tutto artificiosa, oppure, decisamente, la depressione! Sono molte le persone, infatti, in cui prevale il sentimento di «sentirsi a terra», o peggio, «sottoterra», perché avvilite ed abbattute. Sembra infatti che la depressione sia un disturbo sicuramente diffuso e che ne soffra dal 10% al 15% della popolazione, con una diffusione maggiore tra le donne. Le persone che soffrono di depressione, si sentono sempre giù, l’umore ed i pensieri sono sempre negativi. Sembra che presentino un vero e proprio dolore di vivere, che li porta non riuscire a godersi più nulla. Questi sentimenti spesso sono accompagnati da poco appetito, una diminuzione del sonno, si sentono spesso stanchi o agitati, avvertono una ridotta capacità di concentrarsi; una tendenza molto forte ad incolparsi, a svalutarsi; alcuni pensano al suicidio. Spesso i parenti spronano chi ne soffre a reagire, a sforzarsi. Questo ovviamente in buona fede, senza rendersi conto che ciò tende a far sentire chi ne soffre ancora più in colpa.

Come fare per vincere la depressione e vedersi tornare la gioia? Certo, oggi ci sono terapie per combatterla, ma sostanzialmente la gioia autentica e profonda è frutto della nostra riconciliazione e consapevole costante con Dio. La gioia è frutto dell'esperienza del nostro incontro – possibile – con il Salvatore e Signore Gesù Cristo, che è vivo, che è risorto dai morti. Incontrandolo, usciamo dalla «tomba» della nostra depressione e possiamo dire, eravamo «a terra» ed ora, come dice la Scrittura, «esultiamo di una gioia ineffabile e gloriosa».

Il testo biblico

Nel testo biblico di oggi, troviamo l'esperienza di una donna, Anna, che, incontrando il Signore Iddio, esce da quella che potremmo chiamare «una grave crisi depressiva». Anna è un personaggio dell'Antico Testamento che prefigura, come tante altre esperienze precedenti alla venuta di Cristo, quello che diventa realtà proprio nell'incontro con Gesù. Come altri simili componimenti poetici, ad esempio, quelli di Miriam, Debora, Maria, Mosè, Davide, Ezechia e altri scrittori di Salmi e profeti, essi diventano ispirate testimonianze ed appelli a trovare in Dio la nostra forza e la nostra gioia. Il nostro testo, così, è un gioioso componimento poetico, un canto, che Anna esprime proprio dopo essere uscita, grazie a Dio, dalle tristi condizioni in cui si trovava.

Leggiamolo com'è scritto nel primo libro di Samuele, al capitolo 2.

Allora Anna pregò e disse: «Il mio cuore esulta nel SIGNORE, il SIGNORE ha innalzato la mia potenza, la mia bocca si apre contro i miei nemici perché gioisco nella tua salvezza. (2) Nessuno è santo come il SIGNORE, poiché non c'è altro Dio all'infuori di te; e non c'è rocca pari al nostro Dio. (3) Non parlate più con tanto orgoglio; non esca più l'arroganza dalla vostra bocca; poiché il SIGNORE è un Dio che sa tutto e da lui sono pesate le azioni dell'uomo. (4) L'arco dei potenti è spezzato, ma quelli che vacillano sono rivestiti di forza. (5) Quelli che una volta erano sazi si offrono a giornata per il pane, e quanti erano affamati ora hanno riposo. La sterile partorisce sette volte, ma la donna che aveva molti figli diventa fiacca. (6) Il SIGNORE fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa risalire. (7) Il SIGNORE fa impoverire e fa arricchire, egli abbassa e innalza. (8) Alza il misero dalla polvere e innalza il povero dal letame, per farli sedere con i nobili, per farli eredi di un trono di gloria; poiché le colonne della terra sono del SIGNORE e su queste ha poggiato il mondo. (9) Egli veglierà sui passi dei suoi fedeli, ma gli empi periranno nelle tenebre; infatti l'uomo non trionferà per la sua forza. (10) Gli avversari del SIGNORE saranno frantumati; egli tonerà contro di essi dal cielo; il SIGNORE giudicherà l'estremità della terra e darà forza al suo re; innalzerà la potenza del suo unto» (1 Samuele 2:1-10).

La depressione di Anna

Anna qui ringrazia il Signore perché Dio le aveva accordato di poter avere, dopo averlo tanto atteso e dopo aver molto pregato, un figlio, quello che diventerà il famoso profeta Samuele. Non si trattava, però, solo del figlio di per sé stesso: Anna era stata liberata da una situazione molto sgradevole: era una delle due mogli di Elcana, un uomo che viveva nella regione montuosa a nord di Israele (1:1).

A quei tempi, non avere figli era considerato una disgrazia, un segno di disapprovazione da parte di Dio. Non era così, ma la cosa diventava allora uno stigma sociale. Anche se priva di figli, Anna era la favorita di Elcana, che la consolava, rendendola oggetto di particolare amore e favori (1:5). Peninna, l'altra moglie di Elcana, che aveva avuto da Elcana dei figli, era molto gelosa delle speciali attenzioni che le riservava Elcana e così la tormentava costantemente, per distruggere il suo morale ed esasperarla. La Bibbia, infatti, ci dice: «La rivale mortificava continuamente Anna per amareggiarla perché il SIGNORE l'aveva fatta sterile» (1:6). Tutto questo causava ad Anna grande afflizione, dolore ed angustia. Queste molestie e vessazioni erano ormai durate da anni, e, di conseguenza, Anna era caduta in uno stato di profonda depressione. Aveva «l'anima piena di amarezza» (1:10), sempre triste (1:8), piangeva spesso e non mangiava quasi più (1:7). Si considerava «una donna da nulla» (1:16), priva di valore. Non poteva dormire e non aveva più alcun piacere nella vita. Si sentiva spesso priva di forze, in colpa e senza speranza. Probabilmente aveva pure l'abitudine di «affogare nel vino» i suoi guai (1:14) nel vano tentativo di trovare un po' di sollievo alla sua distretta. L'amore del marito non sembrava darle alcun conforto. Egli le diceva: «Anna, perché piangi? Perché non mangi? Perché è triste il tuo cuore? Per te io non valgo forse più di dieci figli?» (1:8). Un figlio era per lei l'unica cosa che avrebbe potuto risollevarla, e per questo aveva tanto pregato Dio. Un giorno, mentre pregava, fa un voto. Se solo Dio le avesse concesso un figlio, lei lo avrebbe consacrato particolarmente a Dio affinché diventasse un ministro di Dio per tutta la sua vita. Un giorno, così, dopo aver condiviso questa sua afflizione con Eli, sacerdote del tempio di Silo, attraverso di lui Dio le comunica un messaggio: «Va' in pace e il Dio d'Israele esaudisca la preghiera che gli hai rivolta!» (1:17). Questo ha il potere di rassicurarla e «il suo aspetto non fu più quello di prima» (1:18). Ecco così che:«Nel corso dell'anno, Anna concepì e partorì un figlio, che chiamò Samuele; perché disse, l'ho chiesto al SIGNORE» (1:20). Raggiunto Samuele una certa età, Anna, adempiendo il suo voto, l'avrebbe poi portato da Eli perché fosse educato al servizio di Dio.

Un'esperienza terapeutica

E' in questa circostanza che Anna, così, compone il Salmo che abbiamo letto e che è anche per noi testimonianza di ciò che Dio vuole e può fare per tutti coloro che Gli si affidano. Non è tanto, evidentemente, la questione dell'avere o non avere figli (perché non sono i figli, per quanto importanti, ciò che ci possono conferire dignità), ma l'importanza del nostro rapporto con Dio.

E' la riconciliazione con Dio, infatti, il nostro vedere la nostra vita nella prospettiva di Dio, che non solo ci può dare dignità, ma anche darci gioia autentica e profonda, capovolgendo in modo spesso inatteso, tutte le nostre aspettative. Anna «esce dalla tomba» della sua depressione e trova la sua gioia e dignità intrinseca di donna in un vivo e personale rapporto con Dio. Certo, la stima e il rispetto dell'ambiente in cui si vive è importante, ma Anna lo troverà proprio a partire dal suo rapporto con Dio, che sarà «terapeutico» per lei e per chi vive attorno a lei.

Certo, il diventare madre per lei era e rimane importante, ma, in fondo, se notate bene dal racconto, Anna «restituirà» quel suo figlio a Dio, non se lo terrà gelosamente stretto a sé come una madre possessiva! Anna potrà con serenità affidare suo figlio al tempio (al Signore), in un certo senso, privandosene, perché il suo bene più grande sarà, da ora in poi, Dio soltanto, nelle cui mani potrà comunque affidare con fiducia suo figlio, sapendo che sarà «in buone mani». Di fatto quel suo figlio diventerà «il grande Samuele». Chi affida sé stesso e quel che possiede al Signore non rimarrà deluso, anzi, lo vedrà fruttare. Anna non nasconde il suo talento «sotto terra», come nella parabola di Gesù (Matteo 25) per paura che glielo portino via, ma «lo investe» per il Regno di Dio ed esso frutta abbondantemente. E' in questo che Anna trova la sua gioia e può davvero esultare (2:1).

Una confessione di fede basata sull'esperienza

Il Salmo che Anna compone è pure, di fatto, una confessione di fede in Dio. Anna può scrivere la sua personale confessione di fede, non come espressione formale di una speculazione intellettuale ed accademica, ma sulla base della sua esperienza. Anna:

1. Riconosce l'unicità di Dio: «Non c'è altro Dio all'infuori di te; e non c'è rocca pari al nostro Dio» (2b). Infatti, solo chi non ha esperienza personale di Dio può dire che tutte le religioni e tutte le divinità si equivalgano! Non è affatto vero! Quando si incontra il Dio vero e vivente, Colui che si è manifestato e si manifesta nel Cristo risorto, si comprende per esperienza ciò che disse Gesù stesso: «Tutti quelli che sono venuti prima di me, sono stati ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta; se uno entra per me, sarà salvato, entrerà e uscirà, e troverà pastura. Il ladro non viene se non per rubare, ammazzare e distruggere; io son venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza» (Giovanni 10:8-10). Allora si può dire come Pietro: «In nessun altro è la salvezza;perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati» (Atti 4:12). Anna:

2. Riconosce la santità di Dio: «Nessuno è santo come il Signore» (2). Quant'è vero che spesso si assolutizza l'importanza e la perfezione di qualcuno! Anna aveva un bravo ed amorevole marito ed avrebbe avuto un figlio straordinario che serviva il Signore con integrità. Anna, però, non diceva, idolatrandoli, «Mio marito è perfetto», o «Mio figlio è perfetto». Anna era riconoscente per la sua famiglia, ma sapeva che essi erano imperfetti, fallibili e peccatori come tutti. Non avrebbe investito «tutto» in loro, per quanto bravi fossero, ma solo nel Signore Iddio! Riconoscendo i loro limiti, Anna li avrebbe perdonati, sostenuti ed aiutati quando avrebbero sbagliato, concentrando piuttosto la sua attenzione sulla santità di Dio, l'unico degno di ogni onore e gloria! Anna:

3. Riconosce l'onniscienza di Dio: «Il SIGNORE è un Dio che sa tutto e da lui sono pesate le azioni dell'uomo» (3). Anna si era sentita sola ed abbandonata, priva di valore, «una donna da nulla», respinta, tormentata da chi solo sembrava di volerla distruggere, e non solo nel suo morale! L'amore di suo marito non lo sentiva sufficiente per darle valore. La presenza di quell'altra donna le faceva sospettare della sincerità dell'amore di suo marito, che avrebbe magari voluto solo per sé. Anna, però, scopre in Dio un vero amico, qualcuno che la conosceva a fondo, la valutava e l'amava per quello che era. Anna aveva compreso di essere nelle mani amorevoli di Dio e che non sarebbe stata da Lui mai abbandonata. Quanto sia «personale» l'amore che Dio ci dimostra in Gesù Cristo è pure la scoperta che fanno oggi pure uomini e donne che in Lui trovano il loro personale compimento e considerazione. Questo infonde loro il senso della loro importanza e dignità, la loro voglia di vivere! Anna:

4. Riconosce che Dio è Colui che veramente sazia, dà riposo, rende fecondi (5). E' ciò che deriva proprio dalla consapevolezza di essere amati da Dio [e la prova è ciò che Dio ha fatto per noi in Gesù Cristo]. Anna, ed ogni cristiano, trova in Dio soddisfazione, senso di riposo e di benessere, come pure le risorse per rendere la propria vita feconda, utile e produttiva per una causa che supera di gran lunga ciò che comunemente la gente si occupa. Anna:

5. Riconosce che Dio è sovrano sulla vita e la morte: «Il SIGNORE fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa risalire» (6). Vita e morte non sono, infatti, il prodotto di un «cieco destino» o di un «fato» che spaventa. Anna, ed ogni cristiano,scopre in Dio Colui che provvede e da cui dipende tutta la vita. Ecco perché lei si affida completamente a Dio. Dice: «Voglio comprendere i propositi di Dio ed esserne in armonia» perché solo cosi la vita acquista un senso ed una prospettiva. Lo stesso era per la morte e risurrezione di Cristo. Quella Sua morte non era un'incidente o una disgrazia, macorrispondevano ad un preciso piano destinato ad essere benefico per la vita del Suo popolo. Allo stesso modo la nostra vita, se la consideriamo dalla prospettiva di Dio. Anna:

6. Riconosce che Dio solo è la fonte dell'autentica prosperità. «Il SIGNORE fa impove-

rire e fa arricchire, egli abbassa e innalza» (7). Il libro dei Proverbi dice: «Quel che fa ricchi è la benedizione del SIGNORE e il tormento che uno si dà non le aggiunge nulla» (Proverbi 10:22). Anna si era tormentata per tanto tempo di non avere quello che le pareva dare significato alla sua vita. Il significato della sua vita l'avrebbe trovato non tanto in quel figlio, ma in Dio che glielo avrebbe provveduto. La prosperità materiale è importante, ma ancora di più lo è quella spirituale: «Se dunque siete stati risuscitati con Cristo, cercate le cose di lassù dove Cristo è seduto alla destra di Dio» (Colossesi. 3:1). Gesù stesso dice: «Fatevi tesori in cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove i ladri non scassinano né rubano» (Matteo 6:20). Anna:

7. Riconosce che Dio è la fonte della dignità umana: «Alza il misero dalla polvere e innalza il povero dal letame, per farli sedere con i nobili, per farli eredi di un trono di gloria» (8a). E' meraviglioso, infatti, come Dio venga incontro soprattutto a persone emarginate, oppresse, tormentate, considerate come se non fossero e non valessero. Questo èproprio «lo stile» di Dio che in tutta la Scrittura e particolarmente in Cristo va alla ricerca per ricuperare, valorizzare ed onorare proprio persone come Anna ed innumerevoli altre.Pensate ad Abraamo che diventa, pure anziano, «padre di molte nazioni»: «Egli ... credette a Dio, che fa rivivere i morti, e chiama all'esistenza le cose che non sono» (Romani 4:16,17). E' proprio tramite «lo sconfitto» Gesù che Dio opera salvezza. E' proprio quel Gesù che muore come un criminale in croce che scaturisce, nella risurrezione, la nuova umanità. Anna:

8. Riconosce che Dio è fonte di stabilità: «e colonne della terra sono del SIGNORE e su queste ha poggiato il mondo» (8b). La vita di Anna è incerta e apparentemente senza fu turo, ma in Dio ella trova sicurezza, speranza e futuro. Infine, Anna…

9. Riconosce che le risorse dell'uomo sono in Dio: «...infatti l'uomo non trionferà perla sua forza» (9b), «Il SIGNORE giudicherà l'estremità della terra e darà forza al suo re; innalzerà la potenza del suo unto» (10). Che meravigliosa lezione Iddio ci dà attraverso l'esperienza di quell'antica Anna! Ella profetizza che il Re, il Signore, il Cristo, offeso, vilipeso, martoriato e morto in Croce è Colui che riceverà onore e gloria.

Conclusione

La risurrezione di Gesù sarebbe stata per i Suoi discepoli occasione di autentica e durevole gioia. Questa gioia non avrebbe riguardato solo i primi testimoni della Sua risurrezione, ma avrebbe caratterizzato pure i cristiani delle generazioni susseguenti, fino ad oggi. Gesù è risorto. Egli è il vivente e può ancora oggi dare vera gioia a quanti si affidano di tutto cuore a Lui, tanto che Egli può guarire persino la depressione.

Guardate all'esempio emblematico di quell'antica Anna che scopre in Dio dignità, senso e prospettiva per la sua vita. Incontrando Gesù sulla vita di Emmaus, anche quei due Suoi discepoli

scoraggiati ed abbattuti, trovano gioia, forza e coraggio per annunciarlo in giro per il mondo. Esempi troppo lontani da noi di un mondo che non è più il nostro? No.

Ecco un uomo di oggi che ci rende questa testimonianza: «La depressione è una vera e propria malattia dalla quale si esce con la forza e la volontà che purtroppo non possediamo e che invece ci vengono richieste comunque da chi non capisce e non può sapere. Ma si può venirne fuori, certo, questo è sicuro, è successo a me. Quando ogni piccolo male appariva insormontabile, quando non avevo più la gioia di vivere, quando il mio desiderio era solo quello di cessare di vivere, ecco che Dio ha steso la sua mano su di me, ha iniziato ad intervenire nella mia vita guarendo il mio cuore, ogni cosa è passata! Ora sono guarito del tutto e questo lo ha constatato stupefatta anche la dottoressa dalla quale ero in cura. Per questo voglio incoraggiare chiunque dovesse trovarsi come ti trovavo io, fino a qualche mese fa, a riporre tutta la propria fiducia in Dio, Lui solo può dove gli

altri non possono, Lui solo può raggiungere le profondità del tuo cuore, dove nessuno può arrivare, dove nessun medico può leggere. Con questa breve testimonianza voglio che tutta la gloria vada a Colui che ha operato questo miracolo nella mia vita!».

Paolo Castellina, 16 aprile 2006.