1 Pietro 2:19-25

Come Cristo o come tutti gli altri?

Sintesi. L’espirazione ad “essere come tutti gli altri” è tipica di questo mondo. Non è però quella del cristiano che, piuttosto, è quella di somigliare al Gesù, il Signore e Salvatore Gesù Cristo. È Lui il pastore che seguiamo fiduciosamente, perché seguire l’andazzo di questo mondo vuol dire andare in rovina, mentre seguire Gesù è salvezza. Studieremo oggi l’argomento sulla base del testo biblico 1 Pietro 2:19-25. Lo faremo considerando (1) La perfezione della persona di Cristo; (2) In che senso Gesù deve essere nostro esempio; (3) Perché debba essere questo l’obiettivo della nostra vita; (4) alcune specifiche applicazioni, e (5) in che modo si possa assomigliare a Cristo.

Essere come tutti gli altri?

Una delle più grandi aspirazioni non solo degli adolescenti, ma anche della maggior parte degli adulti è quella di essere “come tutti gli altri”. Per molti apparire “diversi dagli altri” è qualcosa di angosciante, da evitare con la massima cura. Non vogliono essere diversi da come si comporta la maggioranza delle persone con le quali si vive, comunque esse siano. Si vuole essere accettati, bene integrati. Si ha paura dell’isolamento.

Questa però non è l’aspirazione del cristiano. Per il cristiano quello che più conta è di essere come Cristo, assomigliare a Lui, essere conforme alla Sua Persona, perché a questo siamo chiamati in quanto cristiani. Per il cristiano fedele alla sua vocazione, poco importa il conformarsi a questo mondo, anzi, non ne vuole proprio sapere di farlo, perché sa che questo mondo, ostile a Dio e ribelle alla Sua legge, è destinato alla perdizione, e certo egli non ne vuole condividere la sorte!

L’apostolo Pietro scrive la sua prima lettera a cristiani che stavano soffrendo perché li volevano costringere ad essere come tutti gli altri, mentre loro non ne avevano alcuna intenzione! Ad un certyo punto Pietro dice:

“Perché è una grazia se qualcuno sopporta, per motivo di coscienza dinanzi a Dio, sofferenze che si subiscono ingiustamente. Infatti, che vanto c'è se voi sopportate pazientemente quando siete malmenati per le vostre mancanze? Ma se soffrite perché avete agito bene, e lo sopportate pazientemente, questa è una grazia davanti a Dio. Infatti a questo siete stati chiamati, poiché anche Cristo ha sofferto per voi, lasciandovi un esempio, perché seguiate le sue orme. Egli non commise peccato e nella sua bocca non si è trovato inganno. Oltraggiato, non rendeva gli oltraggi; soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva a colui che giudica giustamente; egli ha portato i nostri peccati nel suo corpo, sul legno della croce, affinché, morti al peccato, vivessimo per la giustizia, e mediante le sue lividure siete stati guariti. Poiché eravate erranti come pecore, ma ora siete tornati al pastore e guardiano delle vostre anime” (1 Pietro 2:19-25).

Che cosa vuol dire seguire Cristo come nostro pastore, seguirne le orme, imitarne l’esempio?

L’unicità di Cristo

Una delle cose che colpisce maggiormente chiunque giunga a conoscere Gesù Cristo è il fatto che Egli sia stato e sia diverso da chiunque altro, come Egli sia unico. Questo è vero in molti modi. La Bibbia mette in rilievo come Egli sia, nel contempo, e uomo e Dio. Tutto ciò che è Dio, lo è pure Gesù. Qualunque cosa significhi essere Dio, Gesù lo è. Ogni attributo che sia essenziale alla deità appartiene a Gesù. Egli è Dio sotto ogni aspetto. Gesù, però, è anche uomo, uomo sotto ogni aspetto. Qualunque cosa significhi essere umani, Gesù lo era. Gesù possedeva ogni attributo dell’umanità. Egli è Dio, ed Egli è uomo. Per tutto questo non può esserci nessun altro come Lui. Egli è unico.

Sebbene la Sua umanità sia la stessa che la nostra, Egli è unico pure sotto quell’aspetto. Egli sentiva gli stessi nostri desideri, le stesse passioni, gli stessi bisogni. Quando aveva fame, Egli poteva vedere i vantaggi, il piacere e la soddisfazione di cui avrebbe potuto godere quando Satana Lo aveva tentato di trasformare le pietre in pane. Era una tentazione autentica. Ciò che però era unico in Lui era il fatto che, sebbene gli fosse stato tentato in tutto e per tutto come noi, Egli non commise mai ciò che è peccato agli occhi di Dio, ciò che dispiace a Dio. Non vi cede mai, non raggiunge mai il punto di rottura, quello per cui Egli avesse accettato, non resistendo più alla tentazione, di infrangere la Legge di Dio. Satana aveva cercato in tutti i modi di farlo cadere, senza però mai riuscirci. Dice la Bibbia: «Egli non commise alcun peccato e non fu trovato alcun inganno nella sua bocca» (1 Pietro 2:22).

La perfezione della Persona di Cristo

Nulla su cui appoggiarsi. Questo era qualcosa di Sé stesso che Egli era in grado di affermare senza cadere in contraddizione alcuna. Egli poteva chiedere: “Chi di voi mi convince di peccato?” (Giovanni 8:46), cioè: Chi di voi potrebbe mai dimostrare che io sia caduto in contraddizione con la Legge di Dio? Mostratemi dove io l’abbia mai violata. La domanda non trova risposta: “Faccio continuamente le cose che gli piacciono” (Giovanni 1:29). Lo dice, e quelli che Lo conoscevano sapevano che era vero. Egli aveva ammonito i Suoi discepoli della forte opposizione che avrebbe dovuto affrontare da parte di Satana, ed era stato in grado di aggiungere: “Viene il principe di questo mondo e non ha nulla in me” (Giovanni 14:30). Satana non aveva mai potuto far leva su qualche Sua debolezza, non c’era nulla a cui avrebbe potuto appigliarsi per accusarlo, mai.

Una vita finalizzata ai propositi di Dio. Una volta, pregando Dio Padre, poco prima della Sua morte, Gesù aveva potuto dire: “Io ho compiuta l'opera che tu mi hai dato da fare” (Giovanni 17:4), cioè, qualunque cosa che Egli gli avesse dato da fare, Gesù l’aveva fatta. Gesù, infatti, così spiega il motivo stesso della Sua venuta: “io sono disceso dal cielo, non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato” (Giovanni 6:38). "Allora io ho detto: Ecco, io vengo nel rotolo del libro è scritto di me; io vengo per fare, o Dio, la tua volontà” (Ebrei 10:7). Questa era la valenza dell’intera Sua vita, in generale e in particolare, una vita spesa per servire Suo Padre.

Le Sue prime parole. E’ significativo che le stesse prime parole registrate di Gesù esprimessero esattamente quest’idea. All’età di soli 12 anni, Egli rammenta ai Suoi genitori: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Luca 2:49), in altre parole: Sono qui per servire il mio Padre celeste, e nulla potrà mai interferire con questo.

Zelo per la gloria di Dio. Entrando nel Tempio con una frusta di cordicelle e scacciandovene gli avidi commercianti che ne approfittavano, la Sua motivazione nel farlo è: “Lo zelo della tua casa mi ha divorato” (Giovanni 2:17). La Sua passione e amore per la gloria di Dio era così forte che vedere la casa di Dio usata per profitto personale era per Lui qualcosa di così rivoltante da farlo infuriare. Questa, poi, non era certo per Lui una fantasia passeggera o un’emozione del momento. Qesta era la caratteristica dell’intera Sua vita. Lo zelo per il Signore “lo divorava”: questa era la Sua passione dominante: “Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e di compiere l'opera sua” (Giovanni 4:34). Lo motivava: la gloria e la volontà del Padre. Era l’intero proposito della Sua vita.

Fino alla morte. Udiamo talvolta citare Filippesi 2:8 che Gesù era stato “ubbidiente fino alla morte”, ed è vero, meravigliosamente vero. Il punto di questo testo è proprio che Gesù era stato ubbidiente fino ad accettare la morte, e la morte di croce. La Sua morte è stata il punto culminante di un’intera vita di ubbidienza. Nell’entrare in quell’angosciosa “ora” della Sua sofferenza, l’ora in cui avrebbe dovuto subire l’ira degli uomini e l’ira di Dio, anche allora la Sua preghiera è la stessa: «Padre mio, se è possibile, allontana da me questo calice; tuttavia, non come io voglio, ma come vuoi tu» (Matteo 26:39).

Inattaccabile. Questa per lui non era questione che nessuno potesse mettere in dubbio o discutere: era una caratteristica ovvia per tutti coloro che Lo conoscevano, amici e nemici. In effetti questo era proprio ciò che faceva così tanto infuriare i Suoi nemici. Se solo essi avessero potuto trovare in Lui un accenno di peccato, una sola violazione della Legge di Dio, la loro causa sarebbe stata molto più facile. “Convincerlo” di peccato era cosa che essi non avrebbero potuto fare. La stessa moglie di Pilato, il governatore romano della Giudea, l’aveva riconosciuto, ed aveva così ammonito suo marito: “Non avere nulla a che fare con quel giusto” (Matteo 27:19). Pilato era d’accordo e disse a coloro che volevano condannarlo: «Io sono innocente del sangue di questo giusto; pensateci voi» (Matteo 27:24). Giuda stesso, la cui coscienza gli aveva permesso in qualche modo di tradire il Signore, ritornando in sé stesso ammise: «Ho peccato, tradendo il sangue innocente» (Matteo 27:4).

Non un “punto forte”… L’immagine che i vangeli all’unisono dipingono di Lui è quella di assoluta purezza rispetto alla volontà di Dio. E’ persino difficile dire quale fosse il punto più forte del Suo carattere. Non riusciamo infatti a trovare in Lui incoerenze che ci facciano risaltare una particolare virtù più di altre. Gesù era un uomo di coraggio, ma il Suo coraggio non dà mai luogo a irragionevolezza o fanatismo. Era un uomo di compassione, ma questo non lo porta mai a condonare o a giustificare malefatte, anche in coloro che Egli amava. Egli denunciava severamente e senza mezze misure il peccato, ma non perdeva mai la compassione per coloro che erano saldamente in mano di Satana. La Sua attenta e scrupolosa pietà non lo conduceva ad essere arrogante e pretenzioso. Egli era estremamente elevato nel Suo modo di pensare, ma non vediamo mai che Egli si gonfiasse di orgoglio. Non esagerava mai i fatti a suo favore, né li citava a sproposito. La disponibilità a chiedere scusa è una virtù che noi tutti apprezziamo, ma Gesù non chiese mai scusa, per il solo fatto che non c’era mai stato motivo di farlo. E’ Lui che ci insegna a considerare la confessione di peccato come parte essenziale della preghiera, ma in nessuna delle Sue preghiere Egli mai confessa i Suoi peccati!

Gesù, da ragazzo, ne sapeva certo meglio che i Suoi genitori, eppure leggiamo che: “stava loro sottomesso” (Luca 2:51). Era un uomo che pregava, un uomo che resisteva alle tentazioni, che perseguiva la gloria di Dio, che adorava Dio, che meditava sulle cose di Dio, che era dimentico di Sé stesso, disponibile, umile, amorevole, gioioso, pacifico, paziente, gentile, buono, controllato, fedele: era tutto ciò che Dio richiede da un uomo. Nessun peccato di commissione. Nessun peccato di omissione. In ogni cosa che Egli dice o fa, Egli non eccede, né viene meno. A differenza del resto di noi, ecco un uomo la cui coscienza non gli dava mai fastidio. Gesù era l’essenza della compiutezza, la misura perfetta dell’umanità.

Gesù, il nostro esempio

Tutto questo è ciò che Pietro dice del Signore Gesù nel versetto 22. Dal versetto 21, però, è evidente che ciò che l’apostolo vuol dire, riguarda direttamente ciascuno di noi. “…perché Cristo ci ha lasciato un esempio, affinché seguitate le sue orme. In tutte le Sue perfezioni, Gesù è il modello, il criterio rispetto al quale dobbiamo misurare, modellare, la nostra vita. Egli è l’esempio che dobbiamo imitare. Egli è il metro rispetto al quale misurare la vera umanità.

Un concetto ricorrente. Questa sottolineatura non è nuova nel Nuovo Testamento. Anche Paolo mette in rilievo l’importanza di Cristo come nostro Esempio: “Siate miei imitatori, come anch'io lo sono di Cristo” (1 Corinzi 11:1). Anche Giovanni riprende quest’idea: “Chi dice di dimorare in lui, deve camminare anch'egli come camminò lui” (1 Giovanni 2:6). E’ Gesù stesso che rileva questa stessa questione. Dopo quella grande espressione di umiltà e di servizio verso i Suoi discepoli, lavare loro i piedi, Egli disse: “Io infatti vi ho dato l'esempio, affinché come ho fatto io facciate anche voi” (Gv. 13:15). Tutt’attraverso il Nuovo Testamento, quando veniamo esortati al riguardo delle virtù o dei doveri cristiani, Gesù è il modello, il criterio. Quando vi chiedete se una certa azione sia giusta o sbagliata, è giusto chiedersi: “Che cosa avrebbe fatto Gesù?”.

Essenza della santificazione. Questa questione di “somiglianza con Gesù” è di fatto l’essenza stessa della santificazione. Quando gli scrittori del Nuovo Testamento ci comandano di “uscire dal mondo” o di “camminare in modo degno del Signore”, di “perseguire la santità”, o di “camminare con circospezione”, o di “conservarci puri”, o di”fuggire dalle passioni giovanili”, o “presentare i nostri corpi come sacrificio vivente”, o di “donare a Dio le nostre membra”, il tutto si può riassumere in questo: Siamo chiamati ad essere come Lui.La santificazione non è nulla di meno o nulla di più di questo.

L’obiettivo della nostra vita

A questo chiamati. Come ci si potrebbe aspettare, questo è esattamente ciò che Dio si è proposto di realizzare con ciascuno di noi. “A questo siete stati chiamati” (v. 21). Nel contesto qui Pietro parla di quei cristiani che soffrono a causa della loro fede in Cristo. Essi soffrivano non perché avessero fatto qualcosa di sbagliato, ma proprio perché non l’avevano fatto! E soffrire così con paziente sopportazione, ci dice Pietro, non è nulla di meno di essere “come Cristo”. Il punto a cui Egli vuole arrivare è: noi siamo “chiamati” ad essere in ogni modo come Lui, in ogni area della nostra vita. Dio ci ha portati alla salvezza, e quella salvezza consiste nella conformità al Suo Figlio. Questo è il suo obiettivo immediato ed ultimo.

La nostra somiglianza con Dio. Ciò che tutto questo ci rammenta, naturalmente, è la nostra naturale dissomiglianza con Lui. Creati “ad immagine e somiglianza” con Dio, sappiamo distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, il bene dal male; abbiamo un senso di giustizia e di moralità. Dopo l’ingresso del peccato, questa immagine è stata deturpata, sporcata, ed ogni essere umano che nasce dopo Adamo, nasce con una fondamentale dissomiglianza con Cristo. Nella salvezza, però, Dio si è proposto di restaurarci allo scopo per il quale eravamo stati creati. In Cristo, si. E pure attraverso Cristo, e in vista di Cristo, ma anche come Lui.

Questa faccenda della somiglianza a Cristo, infatti, riguarda ogni aspetto della salvezza e della vita cristiana.

(1) Eterni propositi. Nei Suoi eterni propositi Dio si è prefisso di renderci simili a Cristo. Romani 8:29 dice che a questo noi siamo stati predestinati: “Poiché quelli che egli ha preconosciuti, li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del suo Figlio affinché egli sia il primogenito fra molti fratelli”. Sin dall’eternità Dio ci ha guardati con grazia e ha preso la determinazione e di prendere noi, peccatori ribelli, e di trasformarci, affinché, quando avesse finito, noi potessimo assomigliare a Suo Figlio.

(2) Provvidenza. Lo stesso è vero nella cura provvidenziale che Dio ha verso i Suoi; Egli ha lo stesso obiettivo. Il “bene” al quale Dio fa “cooperare ogni cosa” per noi (Ro. 8:28) è la conformità a Suo Figlio. Ogni cosa nella nostra vita Dio la fa cooperare a quel fine.

(3) Redenzione. Lo stesso è vero nei termini di redenzione. Redenzione significa liberazione, così Paolo può dire: “Poiché l'amore di Cristo ci costringe, essendo giunti alla conclusione che, se uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti; e che egli è morto per tutti, affinché quelli che vivono, non vivano più d'ora in avanti per sé stessi, ma per colui che è morto ed è risuscitato per loro” (2 Corinzi 5:14,15). Siamo resi liberi affinché noi si viva per Lui, con Lui e similmente a Lui.

(4) Rigenerazione. Lo stesso vale per la rigenerazione. I cristiani sono persone che possiedono una nuova vita, che sono “nati di nuovo”. Questa nuova vita che possiedono, però, non è altro che la vita di Cristo. “Noi infatti siamo opera sua, creati in Cristo Gesù per le buone opere che Dio ha precedentemente preparato, perché le compiamo” (Efesini 2:10). L’”uomo nuovo” “si va rinnovando nella conoscenza ad immagine di colui che l'ha creato” (Colossesi 3:10). Della rigenerazione si parla graficamente come “Cristo che si forma in noi” (Galati 4:19). La nuova vita che ci viene donata non è altro che la vita di Cristo in noi. Il grande privilegio della vita cristiana è che Cristo stesso viva in noi ed attraverso di noi. Egli è la nostra nuova vita.

(5) Conversione. Lo stesso vale per la conversione. Paolo descrive la conversione come: “Imparare Cristo, udire Cristo, ed essere insegnati da Cristo” (Efesini 4:20,21). Per quanto imperfetta sia stata la nostra crescita di fede, per quanto insoddisfacente sia stato fin ora il nostro progresso, questo fa una vera grande differenza! Questa differenza è evidente precisamente perché noi abbiamo “appreso Cristo”. Egli è la sola spiegazione per la trasformazione che la gente ha notato nella nostra vita. La vita cristiana non è altro che vita in Cristo, e vita attraverso Cristo.

(5) Battesimo. Lo stesso vale in riferimento al nostro battesimo. Essere battezzati “nel nome di Cristo” significa ben poco se non significa “diventare proprietà di Cristo”. Il nostro battesimo è segno della nostra consacrazione a Lui.

(6) Santificazione. Poi, naturalmente, questo è vero nella questione della santificazione, termine usato come sinonimo di “conformità a Cristo”. La stessa essenza e definizione di santificazione è “somiglianza a Cristo”. La santificazione progressiva non è nulla di meno e nulla di più che trasformazione graduale all’immagine di Cristo. E’ “finché giungiamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio a un uomo perfetto, alla misura della statura della pienezza di Cristo” (Efesini 4:13).

Questo è esattamente ciò che intende Pietro. Dobbiamo: “seguire le sue orme”, ed è lo stesso che vuol dire Paolo quando parla di “rivestire Cristo”. Questa è la santificazione.

Applicazioni specifiche

Gli scrittori del Nuovo Testamento illustrano tutto questo praticamente in molti modi. Non è che dobbiamo diventare simili a Cristo in modo generale, ma lo dobbiamo essere in modo particolare.

(1) La sofferenza. Qui il punto che Pietro mette in evidenza ha a che fare con la sofferenze e con il modo in cui noi rispondiamo ad essa. Egli ci dà l’esempio di Cristo, il quale pure soffrì ingiustamente, ma che la sopportò, “Oltraggiato, non rispondeva con oltraggi; soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva nelle mani di colui che giudica giustamente” (1 Pietro 2:23). Nella sofferenza dobbiamo essere come Cristo. In 4:1 pure egli così ci esorta: “Poiché dunque Cristo ha sofferto per noi nella carne, armatevi anche voi del medesimo pensiero, perché chi ha sofferto nella carne ha smesso di peccare”. Nella sofferenza dobbiamo “indossare l’armatura di Cristo”. Ne parla pure Ebrei 12. Qui lo scrittore non parla solo della vita cristiana come di una corsa, di una gara da fare, ma di una corsa che dobbiamo affrontare con forza e perseveranza, “tenendo gli occhi su Gesù, autore e compitore della nostra fede” (Ebrei 12:2). Nel mezzo di sofferenze e difficoltà, dice, “considerate colui che sopportò una tale opposizione contro di sé da parte dei peccatori, affinché non vi stanchiate e veniate meno” (Ebrei 12:3). Nella sofferenza dobbiamo essere come Cristo, anche là dobbiamo essere simili a Lui.

(2) L’umiltà. Questo non è tutto. Dobbiamo essere simili a Cristo anche nell’umiltà. “Abbiate in voi lo stesso sentimento che già è stato in Cristo Gesù” (Filippesi 2:5). Gesù, che dall’eternità portava i segni di identificazione della divinità, questi, “essendo in forma di Dio, non considerò qualcosa a cui aggrapparsi tenacemente l'essere uguale a Dio, ma svuotò se stesso, prendendo la forma di servo” (Filippesi 2:6,7). Gesù richiede lo stesso da noi. Il Suo umile atto di lavare i piedi ai Suoi discepoli doveva essere il nostro esempio: “Io infatti vi ho dato l'esempio, affinché come ho fatto io facciate anche voi” (Giovanni 13:15). Noi abbiamo bisogno di esortazione e di esempio. Spesso crediamo che l’umiltà sia più facile per gli altri! Pensiamo di avere buoni motivi per vantarci, o almeno ragioni che sembrano buone. Come possiamo allora spiegare il nostro Signore? Ecco uno che Dio, che è sommamente elevato, potente, eccelso, perfetto, senza peccato, e che pure è il più umile di tutti. Non ci aspetteremmo che uno così fosse umile, ma in Lui vediamo che il vanto non deve far parte della nostra personalità, e che noi dobbiamo avere lo stesso Suo sentimento, la stessa sua mente!

(3) L’amore. C’è di più ancora. Dobbiamo essere come Lui nel nostro amore. “camminate nell'Amore, come anche Cristo ci ha amati e ha dato se stesso per noi, in offerta e sacrificio a Dio come un profumo di odore soave” (Efesini 5:2). “Vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, anche voi amatevi gli uni gli altri” (Giovanni 13:34). Qualunque grado d’amore diciamo d’avere per i nostri fratelli in Cristo, non dobbiamo esserne contenti fintanto che il nostro amore non sia simile a quello che Lui ha avuto per noi. E si tratta di un gran mucchio di amore! A questo riguardo noi dobbiamo proprio lavorare molto!

(4) Il servizio. Dobbiamo essere come Lui nel servizio. “Ciascuno di noi compiaccia al prossimo nel bene, per l'edificazione, poiché anche Cristo non ha compiaciuto a se stesso” (Romani 15:2,3). Giacomo e Giovanni avevano imparato questa lezione in modo imbarazzante. Avevano iniziato una conversazione con Cristo chiedendogli di essere grandi, di poter sedere con Lui nel Suo regno, uno alla Sua destra e l’altro alla Sua sinistra. Gesù, però, dice loro di non aspirare affatto di essere come i re pagani che solo vogliono essere signori e padroni degli altri: “chiunque fra voi vorrà essere il primo, sarà schiavo di tutti. Poiché anche il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti” (Mr. 10:44,45). Se vogliamo essere come Gesù non dobbiamo cercare di usare gli altri, ma di servire loro.

(5) La generosità. Paolo applica la questione anche a questioni mondane come offrire al Signore il nostro denaro. Qual è qui la considerazione da fare, il modello da seguire? “Voi conoscete infatti la grazia del Signor nostro Gesù Cristo il quale, essendo ricco, si è fatto povero per voi, affinché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Corinzi 8:9). Dobbiamo essere generosi nel nostro donare, e farlo seguendo il Suo esempio.

(5) Fare il bene. Pietro fa un’ampia generalizzazione al riguardo della vita di Cristo che, a questo riguardo, potrebbe esserci utile. “il quale andò attorno facendo del bene” (Atti 10:38). Con questo siamo condotti a pensare nei termini di pazienza, simpatia, dono, disponibilità, servizio, guarigione. E che lezione c’è qui! Per natura noi siamo egoisti, così concentrati in noi stessi e nelle nostre proprie cose! Abbiamo così paura di fare del bene a quelli che non lo meritano. Abbiamo paura di essere “troppo” generosi, o di dare del nostro tempo e denaro a chi proprio non se lo apprezzerebbe! Ma tutto ciò che il nostro Signore stesso ha fatto, è stato compiuto per coloro che non lo meritavano e non lo avrebbero mai saputo apprezzare abbastanza! Egli è il nostro modello nel “far del bene” agli altri.

(6) Il perdono. Egli è nostro modello anche per quanto riguarda il perdono. Ecco qualcosa di molto necessario e di anche molto difficile. E’ molto più naturale “tenere il broncio”. Che impariamo, però, da Lui? “Siate invece benigni e misericordiosi gli uni verso gli altri, perdonandovi a vicenda, come anche Dio vi ha perdonato in Cristo” (Efesini 4:32), “sopportandovi gli uni gli altri e perdonandovi, se uno ha qualche lamentela contro un altro, e come Cristo vi ha perdonato, così fate pure voi” (Colossesi 3:13). Ricordate la parabola di Gesù sul condono dei debiti? Ci è stato condonato un debito enorme, ma noi non riusciamo a perdonare agli altri. Nel perdonare le colpe altrui contro di noi, noi siamo come Cristo.

Queste sono alcune delle qualità dell’essere “come Cristo”: Sopportazione, amore, servizio, generosità, far del bene, perdono. Queste virtù ci mostrano come essere simili a Lui.

Conseguire la nostra somiglianza con Cristo

Una capacità data. Ora la questione che sorge è molto pratica: Come realizzare questo? Si tratta di un livello molto alto! Come possiamo raggiungerlo? Pietro non approfondisce qui l’argomento, ma vi allude al versetto 24: “Egli stesso portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, affinché noi, morti al peccato, viviamo per la giustizia”. Senza dubbio qui egli parla degli effetti liberatori della morte di Cristo. Nella salvezza noi siamo liberati, ci viene data una nuova capacità di vivere per Dio. Più in generale Pietro allude a ciò che promette al riguardo della santificazione, la Nuova Alleanza. Non siamo lasciati a noi stessi. La Legge di Dio viene scritta “sul nostro cuore” (Geremia 31:33). Si, dobbiamo scegliere e fare come Dio ci ha comandato, ma: “Dio è colui che opera in voi il volere e l'operare, per il suo beneplacito” (Filippesi 2:13). Questa è una verità veramente liberante! Ciò che Dio richiede da noi è a portata di mano! Egli provvede pienamente al nostro bisogno!

Contemplare. La questione però rimane: come? In che modo aver successo nel tentativo di essere come Cristo? Paolo discute questo in 2 Co. 3:18: “E noi tutti, contemplando a faccia scoperta come in uno specchio la gloria del Signore, siamo trasformati nella stessa immagine di gloria in gloria, come per lo Spirito del Signore”. Per natura noi siamo così ciechi che nemmeno riconosciamo la gloria di Cristo quando la vediamo! Noi non vediamo quanto Egli sia così desiderabile, attraente, glorioso! E’ come se un velo fosse davanti ai nostri occhi. Con grazia e potenza, però, giunge lo Spirito Santo e fa in modo che noi Lo vediamo in una luce del tutto nuova. Allora il velo si alza e subito Lo vediamo come il Salvatore, glorioso, potente, attraente! …e corriamo a Lui per fede.

Attraverso la Scrittura. Ciò che sorprende è che Egli non cessi mai di farlo. Lo Spirito Santo continua a mostrarci la gloria di Cristo attraverso le pagine della Scrittura, e quando Egli ci rivela l’immagine di Cristo, ci trasforma secondo quella stessa immagine, “di gloria in gloria”. In qualche modo la nostra somiglianza con Cristo diventa nostra semplicemente contemplandolo. Quando vediamo la grande varietà delle Sue perfezioni, quando siamo testimoni delle Sue sofferenze o quando lo vediamo confrontarsi con le molte situazioni della Sua vita e i molti begli aspetti della Sua Persona, in qualche modo questo si imprime sulla nostra coscienza e ci fa desiderare essere sempre di più come Lui. Più lo desideriamo e tendiamo a quello, ci scopriamo di fatto a diventare sempre più come Lui. Guardandolo, contemplandolo, noi siamo resi come Lui.

Riempire di Lui i nostri pensieri. E questo risponde esattamente alla nostra domanda: Come facciamo a diventare sempre di più come Lui? Risposta: Prestandogli attenzione. Non c’è luogo migliore in cui concentrare la nostra attenzione che su di Lui. Non c’è nulla che meglio si adatti al farci crescere nella grazia che avendo sempre più familiarità con Lui. Ecco la “sostanza” che lo Spirito Santo usa per renderci come Lui. Egli ci familiarizza con Lui nelle Scritture, e misteriosamente usa questa familiarità per modellarci nella stessa immagine. Questo è molto importante e rilevante per la santificazione. Quanto spesso i cristiani lottano contro un qualche peccato desiderando sapere come fare per vincerlo! La risposta è la stessa che si dà a coloro che cercano salvezza: Cristo! Leggere le Scritture, meditare sull’amabile immagine di Cristo che vi scorgiamo, riempire di Lui i nostri pensieri. Pensate a queste cose e, potrei osare di dire, la santità diventerà sempre di più un obiettivo realizzato.

Concentrarci su Cristo. Il nostro problema è che spesso pensiamo troppo come dei legalisti. Abbiamo una mentalità più orientata verso il dovere che verso la grazia. Pensando in questi termini perdiamo di vista Cristo, e perdendo di vista Lui, il nostro amore per Lui comincia a vacillare e noi cominciamo a cadere. Quando dobbiamo affrontare un qualche peccato “ostinato”, la cosa migliore che possiamo fare al riguardo non è quello di concentrarci su di esso, ma concentrarci su di Lui. Allora, concentrandoci su di Lui lo Spirito Santo ci renderà sempre più simili a Lui. Non c’è modo più “naturale” che sconfiggere il peccato che questo: concentrare la nostra attenzione e i nostri sentimenti su di Lui. Pensare nei termini della Sua amabilità, desiderabilità e gloria.

Perché la Bibbia ci dà una tale meravigliosa presentazione di Cristo? Risposta: affinché contemplandola noi si sia salvati, e, continuando a contemplarlo, noi cresceremo per essere come Lui. Fa meraviglia, allora che Pietro, chiudendo la sua seconda epistola, così esorti i suoi lettori: “Crescete invece nella grazia e nella conoscenza del Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo. A lui sia la gloria, ora e in eterno. Amen” (2 Pietro 3:18). Fa forse meraviglia che dopo circa 30 anni di servizio verso Cristo, come Suo ispirato apostolo delle genti, l’obiettivo principale della vita di Paolo continuasse ad essere lo stesso: “conoscere lui, Cristo la potenza della sua risurrezione e la comunione delle sue sofferenze, essendo reso conforme alla sua morte” (Fl. 3:10). Se volete essere come Lui, dovete meditare su di Lui. Ecco il mezzo che lo Spirito Santo usa per la santificazione.

Una somiglianza conseguita

Glorificazione. La nostra riflessione, però, non termina con la dottrina della santificazione. C’è di più. Vi è anche la glorificazione. Avendoci predestinati alla conformità con Cristo, avendoci redenti in vista di Cristo, avendoci trasformati a Sua somiglianza in qualche misura e facendo in modo che in essa noi cresciamo, Dio promette che l’obiettivo che dall’eternità Egli si era proposto, finalmente sia raggiunto: “Carissimi, ora siamo figli di Dio, ma non è ancora stato manifestato ciò che saremo; sappiamo però che quando egli sarà manifestato, saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è” (1 Giovanni 3:2). Si, vi sarà un glorioso giorno in cui ogni peccato sarà del tutto scomparso. Mai più Satana, la carne, o il mondo, potranno più attrarci. Saremo in grado di dire No a Satana e, come Gesù, dire: “Egli non ha più nulla a che fare con noi”. Mai0 più egocentrismo, mai più desideri smodati, mai più avidità, mai più amarezza, mai più gelosia, mai più infedeltà. Mai più saremo forzati a sopportare l’esperienza umiliante della confessione di peccato. Mai più ci troveremo a cercare aiuto per poter vincere il peccato. Mai più temeremo di fallire. Mai più andremo a Dio per chiedergli perdono, per poi peccare ancora. Sarà tutto finito. Saremo come Lui, “essendo convinto di questo, che colui che ha cominciato un'opera buona in voi, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù” (Filippesi 1:6).

Il fine della nostra salvezza non è nient’altro che la somiglianza con Cristo, e la promessa che abbiamo è che tutti coloro che sono salvati saranno resi simili a Lui. Siamo salvati in Lui, attraverso di Lui e a causa Sua. Oggi impariamo a vivere sempre di più per Lui. Un giorno saremo con Lui, e finalmente saremo come Lui. Amen.

Paolo Castellina, rielaborazione del 1 maggio 2017 di una predicazione del 9 gennaio 2000.