Sintesi
Le Sacre Scritture rendono ampia testimonianza al fatto che la fede cristiana è una “fede globale” destinata a persone di ogni tempo e paese. Essa è al tempo stesso locale e globale. Si differenzia, però, dal globalismo umanista omogeneizzatore ed accentratore. Essa è prima di tutto appello alla conversione delle persone a Gesù, il Cristo, il Salvatore del mondo, chiamate poi a formare comunità, il Suo corpo, in comunione di fede ed ubbidienza a Lui come loro capo. Sono gente di ogni condizione, lingua e popolo che, senza perdere la loro identità culturale, stabiliscono fra di loro un patto di solidarietà. L'apostolo Pietro l'aveva dovuto imparare quando Dio, in una visione, lo spinge ad annunciare Cristo ad un pagano. Lo illustra il testo di questa settimana di Atti 11:5-8.
Il mondo è diventato davvero come un unico e grande villaggio. Con i moderni mezzi di comunicazione le distanze si sono accorciate come mai prima. Non si può più oggi parlare in termini locali come se si potesse dire: “Noi pensiamo ai fatti nostri, ai nostri interessi, e poi gli altri si aggiusteranno”. Siamo oggi inscindibilmente legati a tutti gli altri nel mondo, non possiamo prescindere più dagli altri. E’ certo necessario proteggere e custodire come un bene prezioso la nostra identità e cultura locale come pure esigere che gli altri la rispettino e la onorino, ma dobbiamo saperla pure armonizzare con tutti gli altri tramite il libero patteggiamento e mantenere, per quanto ragionevole e possibile, legami di cooperazione e solidarietà. Non è sempre facile, ma il principio è chiaro ed imprescindibile. Locale e globale non devono e non possono essere in contraddizione, allo stesso modo in cui devono essere tenuti assieme valori come la diversità e l’unità. Esiste un localismo sbagliato quando è semplice egoismo, ed esiste pure una globalizzazione sbagliata ed ingiusta quando diventa il pretesto per il dominio di pochi, oppure quando si vorrebbe imporre l’omogeneizzazione sulla base di ideologie globaliste. Non dobbiamo permettere che gli abusi pregiudichino ciò che è buono e giusto.
Anche la fede cristiana che noi professiamo è “globalizzante” (il termine più esatto sarebbe “cattolica”, ma esso si presta a troppi equivoci). La fede cristiana porta allo suo stesso cuore il concetto di missione a livello mondiale. Benché la fede cristiana debba essere diligentemente coltivata a livello locale, essa ha caratteristiche ed interessi globali. Autonomia locale insieme a cooperazione federativa allargata è parte qualificante della teologia biblica.
Non una religione locale. Parte dell’essenza stessa della fede cristiana è così quella che si potrebbe chiamare la sua prospettiva globale. La fede cristiana, infatti, non può in alcun modo essere considerata una “religione locale”, espressione culturale di un particolare popolo o nazione. Essa non è “la religione dell’Occidente”, benché essa inizialmente si sia ben consolidata in Europa e poi in America. E’ nata nel Medio Oriente, ma elemento essenziale, determinante e qualificante della fede cristiana è la sua vocazione mondiale. Il Grande Mandato missionario, dato dal Signore Gesù alla Sua Chiesa prima della Sua ascensione, è inequivocabile ed ineludibile: “Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell'età presente” (Matteo 28:20).
Finalizzato al mondo intero. Il libro degli Atti degli Apostoli ci presenta il nucleo originale e fondante della chiesa cristiana. Dopo la Sua morte e risurrezione, il Signore Gesù aveva loro chiesto di rimanere a Gerusalemme, ma solo per attendervi la potenza dello Spirito Santo che, investendoli, avrebbe dato loro forza e determinazione per portare la Parola e l’opera di Gesù a tutto il mondo. Gesù, infatti, aveva detto loro: “riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all'estremità della terra” (Atti 1:8). Notate bene quel: “fino all’estremità della terra”.
Non un movimento nazionalistico. All’inizio alcuni avrebbero voluto che il Cristianesimo fosse solo un movimento di riforma limitato alla nazione di Israele, un movimento nazionalistico, etnocentrico, locale. Alcuni fra loro parlavano della superiorità di Israele su tutte le altre nazioni, si vantavano di essere “guida dei ciechi, luce di quelli che sono nelle tenebre, educatore degli insensati, maestro dei fanciulli” (Romani 2:19,20); ambivano alla supremazia, magari esaltando le conquiste conseguite al tempo di Davide.
Si trattava però di un grave equivoco. Israele doveva essere – nei propositi di Dio – strumentale all’estensione del regno e delle benedizioni di Dio a tutto il mondo. Rammentiamoci delle promesse fatte da Dio ad Abrahamo: “... in te saranno benedette tutte le famiglie della terra” (Genesi 12:3). Il Signore Gesù si poneva nell’autentica linea di Abrahamo: l’estensione a tutto il mondo del beneficio della Sua Persona ed opera.
Al tempo di Gesù, gli altri popoli, le genti, erano per gli israeliti tradizionali, gente impura ed indegna, pagani idolatri da condannare, dai quali ritenevano solo doverne stare alla larga! Il mandato globale che Gesù aveva dato ai Suoi discepoli incontrava di fatto – nel loro stesso ambito, molte resistenze. Sarebbe stata necessaria per lo stesso Pietro una visione da parte del Signore che gli avrebbe comunicato una verità essenziale: “Le cose che Dio ha purificate, non farle tu impure” (Atti 11:9) e di questo egli stesso avrebbe dovuto persuadere chi – nella Chiesa – ancora faceva resistenza.
Leggiamo parte di questo episodio nel libro degli Atti. Le parole sono di Pietro che racconta:
“Io ero nella città di Ioppe in preghiera e, rapito in estasi, ebbi una visione: un oggetto, simile a una gran tovaglia, tenuto per i quattro capi, scendeva giù dal cielo, e giunse fino a me; io, fissandolo con attenzione, lo esaminai e vidi quadrupedi della terra, fiere, rettili e uccelli del cielo. Udii anche una voce che mi diceva: "Pietro, àlzati, ammazza e mangia". Ma io dissi: "No assolutamente, Signore; perché nulla di impuro o contaminato mi è mai entrato in bocca". Ma la voce ribatté per la seconda volta dal cielo: "Le cose che Dio ha purificate, non farle tu impure". E ciò accadde per tre volte, poi ogni cosa fu ritirata in cielo. In quell'istante tre uomini, mandatimi da Cesarea, si presentarono alla casa dove eravamo. Lo Spirito mi disse di andar con loro, senza farmene scrupolo. Anche questi sei fratelli vennero con me, ed entrammo in casa di quell'uomo. Egli ci raccontò come aveva visto l'angelo presentarsi in casa sua e dirgli: "Manda qualcuno a Ioppe, e fa' venire Simone, detto anche Pietro. Egli ti parlerà di cose, per le quali sarai salvato tu e tutta la tua famiglia". Avevo appena cominciato a parlare quando lo Spirito Santo scese su di loro, esattamente come su di noi al principio. Mi ricordai allora di quella parola del Signore che diceva: "Giovanni ha battezzato con acqua, ma voi sarete battezzati con lo Spirito Santo". Se dunque Dio ha dato a loro lo stesso dono che ha dato anche a noi che abbiamo creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io da potermi opporre a Dio?». Allora, udite queste cose, si calmarono e glorificarono Dio, dicendo: «Dio dunque ha concesso il ravvedimento anche agli stranieri affinché abbiano la vita" (Atti 11:5-18).
La prospettiva globale dell’Evangelo di Gesù Cristo era stata confermata dal miracolo della Pentecoste, quando, dopo essere sceso lo Spirito Santo sui discepoli riuniti di Cristo, essi predicano con forza l’Evangelo a Gerusalemme di fronte a persone di ogni provenienza, e tutti l’avevano intesa nella propria lingua. Ascoltatene il racconto:
“Quando il giorno della Pentecoste giunse, tutti erano insieme nello stesso luogo. Improvvisamente si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dov'essi erano seduti. Apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano e se ne posò una su ciascuno di loro. Tutti furono riempiti di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi. Or a Gerusalemme soggiornavano dei Giudei, uomini religiosi di ogni nazione che è sotto il cielo. Quando avvenne quel suono, la folla si raccolse e fu confusa, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. E tutti stupivano e si meravigliavano, dicendo: «Tutti questi che parlano non sono Galilei? Come mai li udiamo parlare ciascuno nella nostra propria lingua natìa? Noi Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia cirenaica e pellegrini romani, tanto Giudei che proseliti, Cretesi e Arabi, li udiamo parlare delle grandi cose di Dio nelle nostre lingue»” (Atti 2:1-11).
Questa missione globale la vive in particolar modo l’apostolo Paolo nei suoi viaggi missionari nei paesi del mediterraneo. Predicando l’Evangelo in Grecia, egli dà anche un’altra spiegazione della valenza globale del messaggio dell’Evangelo, della Persona ed opera di Gesù Cristo: uno solo è il Dio creatore, e tutta l’umanità è unita nel fatto di essere Sua progenie.
“Egli ha tratto da uno solo tutte le nazioni degli uomini perché abitino su tutta la faccia della terra, avendo determinato le epoche loro assegnate, e i confini della loro abitazione, affinché cerchino Dio, se mai giungano a trovarlo, come a tastoni, benché egli non sia lontano da ciascuno di noi. Difatti, in lui viviamo, ci moviamo, e siamo, come anche alcuni vostri poeti hanno detto: "Poiché siamo anche sua discendenza". Essendo dunque discendenza di Dio, non dobbiamo credere che la divinità sia simile a oro, ad argento, o a pietra scolpita dall'arte e dall'immaginazione umana. Dio dunque, passando sopra i tempi dell'ignoranza, ora comanda agli uomini che tutti, in ogni luogo, si ravvedano, perché ha fissato un giorno, nel quale giudicherà il mondo con giustizia per mezzo dell'uomo ch'egli ha stabilito, e ne ha dato sicura prova a tutti, risuscitandolo dai morti»” (Atti 17:26-31).
Si, l’umanità è una e tutti, senza distinzione di razza, lingua, nazionalità od altro, provengono da un’unica coppia primordiale, quella di Adamo ed Eva, creata dall’unico Dio vero e vivente. L’umanità è dunque un tutt’uno, un’unica famiglia, legata da un’unica origin e da un unico destino. Non solo, ma questa concezione biblica è una garanzia contro il razzismo: non ci sono razze inferiori o superiori oppure gruppi “umanoidi” sorti qui e là senza alcuna relazione fra di loro. Siamo tutti “dello stesso sangue”.
Il nuovo Adamo. Nel messaggio dell’Evangelo – che gli apostoli proclamano – si rivolge all’umanità un messaggio di ravvedimento: la rinuncia di ogni divinità prodotto dell’immaginazione umana, la rinuncia all’empietà ed all’autolesionismo del peccato e l’adesione di ogni creatura umana alla Persona ed Opera di salvezza di Gesù Cristo che, per quanto sia nato nel contesto del popolo ebraico, come di una madre che ne ha permesso la gestazione e la nascita, è in assoluto “il nuovo Adamo”.
Ascoltate l’Apostolo: "Così anche sta scritto: «Il primo uomo, Adamo, divenne anima vivente»; l'ultimo Adamo è spirito vivificante. Però, ciò che è spirituale non viene prima; ma prima, ciò che è naturale; poi viene ciò che è spirituale. Il primo uomo, tratto dalla terra, è terrestre; il secondo uomo è dal cielo. Qual è il terrestre, tali sono anche i terrestri; e quale è il celeste, tali saranno anche i celesti. E come abbiamo portato l'immagine del terrestre, così porteremo anche l'immagine del celeste" (1 Corinzi 15:45-49).
Restituire l’umanità a Dio. Unire la nostra vita completamente con fede ed ubbidienza all’ultimo Adamo, a Gesù Cristo, vuol dire, così, rinnovare la nostra umanità, corrotta dal peccato, e restituirla alla condizione originaria, quella della comunione vitale con Dio. Comunione con Dio, legittima sottomissione alla Sua regalità, significa conformità alla Sua legge, santa e salutare, significa autentica giustizia, pace, solidarietà ed ordine. Ecco perché con Gesù veniva e viene proclamato il Regno di Dio. In Gesù si annunzia: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; ravvedetevi e credete al vangelo» (Marco 1:15). I Suoi discepoli sono chiamati a fare come Lui che: “ se ne andava per città e villaggi, predicando e annunziando la buona notizia del regno di Dio” (Luca 8:1). Infatti: “Gesù, convocati i dodici, diede loro l'autorità su tutti i demoni e il potere di guarire le malattie. Li mandò ad annunziare il regno di Dio e a guarire i malati” (Luca 9:1,2).
Abbiamo noi coscienza e crediamo di essere parte di una sola umanità, di essere creature dell’unico Dio vivente e vero, e che in Cristo c’è il Nuovo Adamo di cui le Sacre Scritture dicono: “In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati” (Atti 4:12)? Anche noi siamo così stati chiamati a partecipare a questo progetto globale, a vivere questo messaggio e poi a diffonderlo “fino alle estremità della terra”: questa è la missione a noi affidata.
Tutto diventa oggi “un problema”. Il concetto di missione globale è dunque fondante per la fede cristiana. Nel particolare momento storico che noi stiamo vivendo, però, tutto questo è diventato molto problematico, non è vero? Oggi è il tempo dove si “problematizza” e si mette in questione qualsiasi cosa. Oggi, si dice, non si possono più prendere neanche le chiare ed autorevoli espressioni della Bibbia per quello che sono: anche esse costituirebbero “un problema”. Mentre un tempo erano parole che mobilitavano all’azione come chiari suoni di tromba che mettevano in marcia schiere di cristiani, oggi sembra che non sia più un suono distinto tanto che, prima di rispondervi, ...bisogna organizzare innumerevoli seminari e dibattiti culturali per comprenderne bene “il loro autentico significato”.
L’Apostolo Paolo diceva: “se la tromba dà un suono sconosciuto, chi si preparerà alla battaglia?” (1 Corinzi 14:8). In effetti oggi la Parola di Dio, in particolare l’appello alla missione ed alla evangelizzazione, per molti è “un suono sconosciuto” e mentre si discute animatamente senza fine, tutto è fermo, immobile: di significativo non si fa più nulla... Il risultato della “problematizzazione” è così stranamente l’înerzia, il blocco totale, o persino la “moratoria” delle missioni (come propone oggi qualcuno). Ecco così le chiese che languiscono in uno stato pietoso, caratterizzate da contrazione, arretramento, mancanza di orientamento, confusione teologica... Bisogna “ripensare la missione”, si dice, e mentre si fa così tanto “ripensamento” tutto è bloccato... La verifica critica del nostro operato è certo buona, ma si può arrivare a mettere in questione lo stesso preciso mandato che ci ha affidato il Signore Gesù? Alcuni si spingono fino a questo e pretendono di ridefinirlo.
Chi sta al timone della barca? Una delle immagini più usate dal cristianesimo moderno (in particolare del movimento ecumenico) è quello della chiesa come nave. In effetti oggi questa nave sembra essere finita in mano a capitani e timonieri molto diversi di quelli di un tempo, capitani e timonieri che vorrebbero cambiare le antiche rotte e persino mettere in questione la struttura e la funzione stessa della nave... Non si capisce bene come siano finiti al comando di questa nave (anche se un’idea io ce l’avrei). Essi sembrano convinti che non sia più possibile seguire la rotta seguita nel passato (dai padri della fede). La “carta nautica” di prima non va più bene, è “problematica” (la Bibbia), non è più per loro un messaggio chiaro ed autorevole com’era sempre stato per il popolo di Dio. Va “reinterpretato”, riveduto, o per alcuni, persino gettato via come inutile... Ecco così la nave della chiesa che va alla deriva lontano dalle sue origini e dalla destinazione prima stabilita.
Come risolvere così il problema della direzione da imprimerle? La risposta per loro è pronta: lasciandosi trasportare dalle correnti della storia! Questa sembra una soluzione, ma inevitabile sarà il suo naufragio: ne vediamo già i chiari segnali. Molte chiese sembrano oggi abbandonate alla mercé di tutti i venti dello spirito del nostro tempo.
Seguendo le correnti... Il profilo della teologia riformata moderna, privata dei suoi fondamenti, sembra essersi così disintegrato in una serie di tentativi di seguire il trend morale, politico e scientifico di oggi. Mentre la fede cristiana biblica e riformata, sulla base della rivelazione biblica, considerata chiara ed oggettiva, trovava il suo genio nel criticare radicalmente gli edifici fondati sulle sabbie di questo mondo, e denunciava i limiti e le deficienze della ragione, dell’umanismo e della scienza, sono queste ultime ora a determinare la rotta su cui naviga. La fede biblica e riformata, che prima denunciava e derideva la follia delle religioni di questo mondo, come false e aberranti, oggi vorrebbe andare insieme a tutte loro, fare con loro un ecumenico fronte comune, inconsapevole che, come disse uno scrittore: “Il mondo è pieno di religioni, tutte impazzite” (G. K. Chesterton).
Politicizzare l’Evangelo. “Ripensare la missione” sembra oggi così significare politicizzare l’Evangelo, assicurare libertà politiche, elaborare e promuovere piani economici e sociali promuovere rivoluzioni... “Ripensare la missione” significherebbe fare eco agli slogan del femminismo o della teoria gender e promuovere l’egualitarismo dei sessi o la libertà di abortire. Per altri il messaggio dell’Evangelo non sarebbe altro che una terapia psicanalitica e di sostegno psicologico ed allora ecco che il pastore si dovrebbe trasformare in psicologo, sociologo o assistente sociale atto ad infondere consolazioni a buon mercato e libertà dai sensi di colpa... Ecco così che questi promuove un mondo dove tutto è permesso (basta “che ci si voglia bene!) in barba all’oggettività della legge di Dio ed al richiamo evangelico alla confessione dei peccati ed alla conversione.
Stravolgimento. Si parla molto oggi – negli ambienti ufficiali delle chiese storiche – della missione come “servizio del prossimo”: tutto, cioè, viene tradotto a livello sociale nei termini di trasformazione delle strutture dell’economia e della politica, magari a braccetto con le forze delle ideologie politiche più alla moda del “progressismo”. Questo, però, in quell’ottica, non ha nulla a che fare con la riconciliazione dell’uomo a Dio attraverso Gesù Cristo, non vuole dire rigenerazione del cuore e dell’anima attraverso il ravvedimento e la fede, non vuole dire “cristianizzazione”, ma semplicemente “umanizzazione”. Per alcuni questo potrà andare bene, ma non per chi sa che i termini della Parola di Dio sono diversi. Per missione oggi sempre di più si intende promuovere obiettivi come la pace, la non violenza, la libertà, la solidarietà, il disarmo, una società senza classi, la realizzazione politica e ...l’ecologia dei “partiti verdi”. Nobilissimi ideali... ma dov’è finito il buono ed antico Evangelo del ravvedimento e della fede in Cristo? Non lasciamoci ingannare da queste belle parole. Chi è questa gente che vorrebbe modificare e sovvertire la Chiesa di Cristo per farla seguire le ideologie del momento? Non vanno e non vorrebbero più che si andasse a far conoscere la Parola e l’opera di Cristo fra i perduti di questo mondo (sia in lontane foreste che nelle moderne megalopoli); anzi criticano aspramente come non “politicamente corretta” e “non rispettosa” delle culture e delle religioni di questo mondo chi lo vorrebbe fare. Anzi, lo stesso termine “perduti” non ha più per loro il significato che aveva nella Bibbia e nella storia della Chiesa: lo “ridefiniscono”, stravolgendolo sotto il pretesto dell’aggiornamento... Ma chi è questa gente che nei panni di teologi e di leader ecclesiastici vorrebbe così stravolgere l’Evangelo? Il credente dice: “Ma questi non sono più veramente ‘dei nostri’”. In effetti stiamo assistendo allo stravolgimento totale della fede cristiana fatto passare per progresso e aggiornamento di “vecchi clichè”.
Missione oggi? In questi termini? La missione globale della chiesa cristiana non può essere ridotta a iniziative più o meno generiche per la pace, la giustizia e l’integrità del creato, non può essere ridotta ad un’opera solidaristica e caritatevole, non è “fare manifestazioni” “ecumeniche e interreligiose” insieme a “compagni di sinistra”, pacifisti, “verdi”, anti-globalizzazione, femministe. gay e “alternativi” di vario genere come oggi sempre di più si vorrebbe fare intendere in certi circoli. E questo per diversi motivi.
Senza discernimento. In primo luogo le belle parole degli ideali umanistici sono accettate un po’ troppo acriticamente, in blocco, senza spirito di discernimento. L’agenda del mondo non può diventare acriticamente quella della missione della Chiesa e soggiogare così lo specifico cristiano. Sono questi ideali che devono essere sottoposti al vaglio critico della Scrittura e non viceversa. Non bisogna lasciarci ingannare da queste belle parole perché il più delle volte rimangono solo parole. Guai a quei cristiani che si illudono che basti, per esempio, aver partecipato a delle “belle manifestazioni di protesta” (in ogni caso sono solo e sempre fatte da una minoranza di cristiani) e pensare così di “aver fatto il proprio dovere”, perché il più delle volte queste manifestazioni, magari qualche colletta benefica, non cambiano assolutamente nulla e certamente non cambiano il cuore, la mente, l’anima delle persone, l’unica cosa che di fatto possa operare concrete trasformazioni della realtà perché prescindono da ciò che più conta: la predicazione dell’Evangelo (che non è un comizio politico).
Frutto amaro della critica biblica. Inoltre missione intesa esclusivamente come promozione sociale, spesso per molti è l’unica cosa che rimane della fede cristiana dopo aver visto la critica biblica strappare via dalla Bibbia, attoniti, tutto ciò che, a suo dire, non sarebbe più attuale, o “ragionevole”: tutto ciò che avrebbe carattere mitologico, sarebbe “legato al contesto storico in cui è stata scritta” o in qualche modo, non essere più “attuale”. La critica biblica, togliendo alla Bibbia ogni trascendenza, il suo carattere di Parola di Dio verbalmente ispirata, ha privato gran parte del popolo cristiano e dei pastori modernisti di ogni autentica spiritualità biblica e quindi di ogni interesse ed impeto evangelistico e missionario. Essa non è più, com’era sempre stata per il popolo di Dio, regola ultima di fede e di condotta, ma solo una generica “testimonianza di fede” di un passato che non c’è più, di credenti – a loro dire – molto lontani dalla nostra mentalità e cultura... La critica biblica, privando credenti e pastori di ogni rapporto verticale con Dio, dalla personale conversione e dalla spiritualità, ha lasciato solo ciò che è “orizzontale”: appunto vaghi ideali da condividere – come si dice – con “uomini di buona volontà” riducendo così a questo la ragion d’essere stessa dell’essere cristiani e quindi sfumandola e vanificandola.
Ripiego di inconvertiti. La missione intesa esclusivamente come “attività sociale” assomiglia così a quelle attività caritatevoli, a quelle “opere pie” che un tempo si facevano, e spesso si fanno ancora, e che sono un patetico ripiegamento e una giustificazione dell’essere cristiani da parte di chi non ha mai avuto e non ha idea di che cosa sia un’esperienza di conversione, chi è estraneo ad ogni spiritualità autentica, chi non è oggettivamente in comunione con Dio, non prega e non legge regolarmente la Bibbia nella persuasione che essa è autorevole Parola di Dio. La Parola che gli si rivolge personalmente per guidare i suoi passi quotidiani, per riprenderlo e correggerlo, per farlo avanzare sulla via della santificazione gli è di fatto estranea. Questo è simile al comportamento di chi rimane membro di chiesa e paga i suoi contributi solo nella persuasione che “la chiesa faccia del bene”, ma che non solo non ha e non conosce personalmente la spiritualità biblica, ma che non ha alcun interesse né a partecipare direttamente alle attività della chiesa, né ad approfondirne la fede. La fede e la vita cristiana non è limitabile a questo.
E’ secondario! Gli ideali umanistici – passati al vaglio critico della Bibbia – sono semmai conseguenza, accompagnamento, della predicazione dell’Evangelo di ravvedimento e di conversione, quella che ha come suo centro qualificante la Persona e l’opera del Signore e Salvatore Gesù Cristo, in tutta la sua unicità e potenza. Solo lo Spirito Santo che procede da Cristo e opera in funzione di Cristo, potrà trasformare la realtà, trasformando il cuore delle persone. Oggi abbiamo ridotto l’evangelizzazione e la missione alla diaconia, al servizio. Il servizio è importante, ma non è la prima cosa. In ogni caso, nel Nuovo Testamento, il diacono era anche predicatore ed evangelista. Guardate che cosa dice di Stefano. Egli era “pieno di grazia e di potenza, faceva grandi prodigi e segni tra il popolo” (Atti 6:8).
Ripensiamo allora alla missione della chiesa cristiana, ripensiamo alla dimensione ed alla responsabilità globale della chiesa cristiana, ma che questo non significhi rivedere e sovvertire il concetto biblico di missione! Che questo non diventi la riduzione della missione alla dimensione orizzontale della realtà perché di fatto si è estranei a quella verticale.
Che questo non diventi la svendita acritica del messaggio e dell’identità cristiana alle ideologie più popolari del momento. L’attivismo sociale non può sostituire una vita spirituale autentica, allo stesso modo in cui una vita spirituale autentica senza impegno sociale non è una spiritualità sana. Rammentiamoci che il simbolo del cristianesimo è la croce, e la croce è fatta di un palo verticale ed un palo orizzontale, sempre. La missione intesa nel senso biblico e riformato comprende evangelizzazione, proclamazione della Parola di Dio, come pure trasformazione del mondo e delle sue culture.
Ripensiamo alla missione come stimolo per una responsabilizzazione a livello personale, spirituale e sociale. Dobbiamo prenderci diligente cura della nostra comunità cristiana a livello locale, ma guai a trascurare od ignorare le nostre responsabilità a livello globale, perché questo fa parte dell’essenza stessa della fede cristiana, quando voglia veramente rispondere alle sue caratteristiche fondanti originali.
(Paolo Castellina, venerdì 23 novembre 2001.