Matteo 28:1-10

Vincere il terrore della morte e aprirsi alla vita con Gesù

Riassunto: Viviamo più che mai nell'ambito di una cultura della morte. Assassini di ogni tipo minacciano la nostra esistenza. Non si tratta solo dei terroristi devoti alle loro divinità di morte, ma di una cultura che riesce a giustificare la soppressione della vita ad ogni fase dell'esistenza. Il Salvatore Gesù Cristo, però, incarna il Dio della vita, promuove la vita e ci apre prospettive di vita. Egli può "liberare tutti quelli che per timore della morte erano tenuti in schiavitù per tutta la loro vita" (Ebrei 2:15). L'annuncio della risurrezione di Cristo rimane l'unico a "fare differenza".

All’insegna della morte

Non è cambiato nulla. Viviamo più che mai nella cultura della morte. Ammazzare sembra il piacere ultimo della natura umana. Mi sembra bene rappresentato dalle serie cinematografiche pubblicizzate da RAI Movie per diverse serate: i migliori film di guerra… i migliori film di crimine…le migliori “guerre stellari”, i migliori film western... Questi ultimi sono annunciati da un divertente (si fa per dire) videoclip dove in una tipica scena da film western compaiono diversi personaggi di ogni età e condizione sociale, uomini e donne, tutti armati, che puntano il revolver l’uno verso l’altro, tutti contro tutti, in attesa di chi per primo apre il fuoco. C’è da supporre che alla fine non ne rimarrà più nessuno in vita e che quella città rimanga solo una città fantasma, spazzata dalle sabbie del deserto... Credo che rappresenti bene la nostra realtà: ammazzare, ammazzare, ammazzare… Non si tratta solo di terroristi adoratori del dio della morte, ma anche di “civili” abortisti e eutanasisti, di “civili” politici e capi militari sempre pronti a “fare giustizia” minacciando e sbaragliando l’avversario sulla base dei propri principi ritenuti “migliori” di quelli degli altri. E noi? Noi stimo in mezzo a tutto questo, non si sa più bene se aver paura della morte o ormai rassegnati a diventare prima o poi la vittima di qualche assassino che ci possa colpire quando meno ce lo aspettiamo (oggi può essere dovunque).

Un dato è inequivocabile: il nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo è il Dio della vita, e lui stesso la vittima per eccellenza dei seminatori di morte di questo mondo. Gesù è colui che vince la morte. Seguire Gesù vuol dire promuovere vita e aprirsi insieme a lui a dimensioni dell’essere dove la morte e tutto ciò che di orrendo vi è associato è e sarà bandito. Uno dei doni che Cristo fa ai Suoi discepoli, anche oggi, è quello di vincere in loro la paura della morte. Questo non ha nulla a che vedere con le vane e patetiche speranze di terroristi suicidi, ma, impegnandoci a promuovere vita ci dà dell’esistenza una prospettiva molto diversa da quelle di questo mondo.

I testi biblici

Vi propongo oggi due testi biblici. Il primo è il racconto della risurrezione del Cristo secondo l’evangelista Matteo, al capitolo 28. Esso dice:

La risurrezione di Gesù. Dopo il sabato, verso l'alba del primo giorno della settimana, Maria Maddalena e l'altra Maria andarono a vedere il sepolcro. Ed ecco si fece un gran terremoto; perché un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e vi sedette sopra. Il suo aspetto era come di folgore e la sua veste bianca come neve. E, per lo spavento che ne ebbero, le guardie tremarono e rimasero come morte. Ma l'angelo si rivolse alle donne e disse: «Voi, non temete; perché io so che cercate Gesù, che è stato crocifisso. Egli non è qui, perché è risuscitato come aveva detto; venite a vedere il luogo dove giaceva. E andate presto a dire ai suoi discepoli: "Egli è risuscitato dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete". Ecco, ve l'ho detto». E quelle se ne andarono in fretta dal sepolcro con spavento e grande gioia e corsero ad annunziarlo ai suoi discepoli. 9 Quand'ecco, Gesù si fece loro incontro, dicendo: «Vi saluto!». Ed esse, avvicinatesi, gli strinsero i piedi e l'adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea; là mi vedranno» (Matteo 28:1-10).

Quante volte, in questo testo biblico, si parla di paura, spavento e timore? La prima volta dello spavento delle guardie (4), la seconda quando l’angelo dice alle donne “Non temete!” (5), poi quando quelle donne, con gran spavento, ma anche con gioia si affrettano ad annunciare ai discepoli la risurrezione di Gesù (8), ed infine, quando Gesù si presenta loro risorto, e dice loro ancora: “Non temete!”. Per quattro volte qui si parla di paura.

Avendo tutto questo presente, associamolo ad un’altra affermazione della Bibbia, nel primo capitolo del libro dell’Apocalisse, dove l’apostolo Giovanni pure incontra il Cristo risorto: “Quando lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli pose la sua mano destra su di me, dicendo: «Non temere, io sono il primo e l'ultimo, e il vivente. Ero morto, ma ecco sono vivo per i secoli dei secoli, e tengo le chiavi della morte e dell'Ades” (Apocalisse 1:17,18).

Buchi neri…

In astronomia si parla di “buchi neri”. È un concetto complesso, ma più o meno, un buco nero è una zona nella vastità dello spazio che gli astronomi ci dicono che ha il potere di risucchiare ineluttabilmente dentro ogni cosa che vi si avvicini: persino astri ed intere galassie. Pare che ce ne sia uno anche vicino alla nostra galassia: un giorno inevitabilmente il nostro Sole e tutti i pianeti che lo circondano vi saranno risucchiati e tutto sarà finito. Se un giorno tutti noi dovremo essere risucchiati in questo buco nero, allora perché dovremmo, in questa vita, così tanto affannarci e preoccuparci, e fare progetti per il futuro? Perché darcene pensiero, se presto o tardi il buco nero dell’universo dovrà inghiottirci tutti? Non è forse vero che è la morte quello spaventoso buco nero che verso il quale ci stiamo irresistibilmente avvicinando giorno per giorno? Il solo pensarci ci spaventa e, di fatto, ci fa sembrare futile tutto quello che facciamo o potremmo fare. Pensate poi come si sentivano le donne di cui ci parla il nostro testo biblico: un “buco nero” aveva risucchiato la persona che più amavano, tutte le loro speranze e tutti i loro sogni. E come pensate che si sentissero i discepoli di Gesù che si erano rinchiusi nelle loro case fissandone bene i paletti? Avevano investito tutta la loro vita in Gesù. Avevano creduto che Gesù fosse il Messia promesso, Colui che dovevano seguire. Avevano creduto nella Sua causa così completamente che, per seguirlo avevano lasciato la loro casa, famiglia, sicurezze. Poi, arriva un “buco nero” e Gesù viene improvvisamente loro tolto. La parola che descrive le loro emozioni in quella circostanza, è paura, spavento, timore. “Che fare ora? Che ne sarà di noi? Verranno ad arrestare anche noi per farci fuori? Che avverrà domani? Gesù se n’è andato: che cosa faccio? Dove vado?

Forse c’è qualcuno fra di voi che sa bene che cosa sia un tale “buco nero”. Forse qualcuno che amavate se n’è andato via per sempre. Forse vi è stata sottratta la sicurezza di un posto di lavoro e non sapete più che fare. Allora vi chiedete: “A che giova continuare?”. Il messaggio di Pasqua, però, è questo: anche se nella vostra vita è venuto oppure vi minaccia un “buco nero”, oltre ad esso c’è qualcosa di grande, di inimmaginabile, di inatteso, e si trova in comunione con Gesù Cristo. Il testo biblico che ho letto dall’Apocalisse, ci dà quattro ragioni per le quali i cristiani non devono avere paura. Se siete dei cristiani, se Gesù Cristo è il vostro Signore e Salvatore, non c’è motivo di avere paura.

1. La potenza di un tocco gentile

In primo luogo, non dobbiamo avere paura perché il Cristo risorto, nonostante la Sua potenza ci raggiunge con delicatezza ed amore. Giovanni dice: “Quando lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto” (17). Un giorno ciascuno di noi dovrà fare la stessa esperienza di Giovanni. Un giorno, voi ed io saremo faccia a faccia con il Signore. Saremo di fronte ad una figura così impressionante che probabilmente reagiremo allo stesso modo di Giovanni. Giovanni dice che, essendo egli caduto ai piedi del Cristo come morto, “Egli pose la sua mano destra su di me, dicendo: Non temere”.

Ecco potenza rivestita di delicatezza, gentilezza ed amore. Non siamo abituati a vedere i potenti in questo modo. Il potere, in questo mondo, è duro e spietato. Vediamo dittatori e governanti che abusano del loro potere e manipolano la gente. In Lui, però, vediamo potere illimitato rivestito di gentilezza. Gesù si abbassa davanti a Giovanni, pone la Sua mano destra su di lui e gli dice: Non temere. Quando consideriamo i racconti che nel Nuovo Testamento ci parlano di Gesù, vediamo come Egli amasse avvicinarsi a gente sola, stanca, travagliata e respinta, gente che la vita aveva consumato e depresso. Li guarda e li vede come pecore prive di pastore. Ecco, così che si avvicina a loro e li tocca. C’era qualcosa nel suo tocco che comunicava sicurezza e cancellava la paura. Talvolta Gesù persino toccava quelli che nessuno avrebbe avuto il coraggio di toccare. I vangeli ci parlano di lebbrosi che si accostavano a Gesù. La potenza di Gesù era tale da guarire gli ammalati, ma credo che, per la loro guarigione, molto potesse fare pure il suo tocco gentile e delicato. Pensate ad uno di quei lebbrosi che Gesù tocca. Tutti fuggivano da lui. Ecco, però, Gesù che si protende verso di lui e lo tocca con affetto, cura, considerazione, amore…Questo ha indubbiamente un potere di guarigione straordinario! Ecco, così che il lebbroso guarisce, si rialza, torna sul suo viso il senso della sua dignità, di essere una persona che si può e si deve amare!

Se Gesù Cristo è oggi il vostro Signore, Salvatore, Amico, Maestro, non c’è ragione di temere, perché il potere più grande che esista nell’intero universo è rivestito in Gesù con il mantello della gentilezza, della delicatezza, della cura amorevole.

2. Dalla morte viene la vita

Una seconda ragione per cui non dobbiamo avere paura è perché la vita, in Gesù, passa attraverso la Sua morte. Notate che cosa Gesù dice nel v. 18: “Io sono il vivente. Ero morto, ma ecco sono vivo per i secoli dei secoli”!

Vi sono tre cose da rilevare in questa frase. Prima di tutto, Gesù dice: “Io sono il vivente”.

Gesù, certo, quand’era sulla terra, aveva vissuto una vita proprio come le nostre. Partecipava a feste, rideva, piangeva, qualche volta era solo. Aveva bisogno di amici e non erano sempre con Lui, così talvolta si sentiva abbandonato. Si stancava, aveva fame e sete proprio come noi. Gustava le cose della vita tanto quanto noi. Era tentato esattamente come noi. Ecco, così, che mentre attraversiamo anche i dolori e le preoccupazioni della vita, Egli può comprenderci. Sa esattamente ciò di cui facciamo esperienza. Conosce le pressioni e le emozioni che passano attraverso il nostro cuore ed i nostri nervi ogni giorno, perché anche lui ne aveva fatto esperienza. Inoltre, non solo Lui aveva fatto esperienza della vita, ma aveva fatto l’esperienza anche della morte. Egli dice: “Ero morto”, o meglio “sono morto”. Quello stesso, infatti, che deliberatamente aveva scelto di entrare sulla scena di questo mondo, e diventare “carne”, cioè un essere umano, pure aveva scelto di sacrificare Sé stesso sulla croce e così morire. Egli ha fatto in prima persona l’esperienza del dolore, della solitudine e dell’agonia della morte stessa. Dice: “Io sono il vivente”, ma pure “Io sono morto”.

Poi dice: “ma ecco sono vivo per i secoli dei secoli”! I Suoi nemici non lo possono più toccare. Non possono più infilargli chiodi nelle Sue mani e nei Suoi piedi. Non dovrà più subire gli sputi e la derisione dei Suoi nemici. Gesù è vivo “per i secoli dei secoli”. Udite che cosa scrive l’Apostolo in Romani 6:9-10: “Cristo, risuscitato dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Poiché il suo morire fu un morire al peccato, una volta per sempre; ma il suo vivere è un vivere a Dio”. Non dobbiamo quindi avere paura, perché ogni potenza è nelle mani di un Salvatore amorevole e gentile, e perché dalla Sua morte è venuta la vita. La Bibbia ci insegna che il nostro corpo è come il seme che seminiamo nella terra del giardino: si corrompe e muore. Quando però viene il sole e la pioggia, esso produce nuova vita. Non dobbiamo, quindi, aver paura della morte, perché la potenza di Gesù nel credente è come il sole e la pioggia, e lo trasformerà.

3. Egli è il primo e l’ultimo

In terzo luogo, non dobbiamo avere paura, proprio per ciò che dice nell’ultima parte del versetto 17: “io sono il primo e l'ultimo”.

Egli dice: “Io sono il primo”. L’apostolo Giovanni scrive: “Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio” (Giovanni 1:1). Sta parlando di Gesù! Poi dice: “Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta” (Giovanni 1:3). All’alba della creazione, quando la terra era informe e vuota, c’era Gesù. Sono state, per così dire, le sue mani, a plasmare questo mondo. E’ emersa la terra ferma e ben presto sarebbe cominciata a crescere la flora e la fauna. Infine, al culmine stesso dei Suoi atti creativi, Egli prende della terra, la materia, e forma il corpo umano. Egli soffia nelle sue narici l’alito della vita e Adamo comincia a diventare un’anima vivente. Ben presto anche una donna sarà al suo fianco. Gesù era là, sin dall’inizio.

Egli, poi, non solo è il primo, ma anche l’ultimo, il punto al termine della frase, la frase finale del libro. La storia umana si muove verso il suo compimento finale. Allora, l’ultima voce che si udrà, l’ultimo viso che si vedrà, sarà il Suo. L’ultima presenza di cui farete esperienza è Colui che è “l’ultimo”. Egli è il primo e l’ultimo. Non dobbiamo aver paura perché quello stesso Cristo che abbiamo conosciuto, amato e seguito in questa vita, allora sarà il primo ad accoglierci.

4. Egli ha le chiavi della morte e dell’Ades

Non dobbiamo, infine, avere paura, perché il Signore risorto dice: “…e tengo le chiavi della morte e dell'Ades”. Provate ad immaginare questa figura. Immaginate Gesù che si erge in tutta la Sua gloria e che tiene in mano un mazzo di chiavi. C’è più di una chiave, perché tiene le chiavi sia della morte che dell’Ades. La parola “Ades” significa “la dimora dei morti”. Vi è un solo mazzo di chiavi, ed è Gesù che lo tiene in mano. Sono chiavi nuove e brillanti e sono state usate solo in rare occasioni.

Una volta, mentre Gesù si stava recando in un certo posto per insegnare alle folle, un uomo di nome Giairo Gli si era avvicinato e Gli aveva detto che sua bambina era gravemente ammalata. Arriva così, disperato, da Gesù e Gli dice: “Mia figlia è ammalata. Ti prego, vieni a guarirla!”. Ecco, così che mentre Gesù si fa largo tra la folla per raggiungere la casa dove quella bambina giaceva ammalata, viene accostato da una donna affetta da frequenti emorragie. Protende la mano, tocca la veste di Gesù e si ritrova istantaneamente guarita. Così Gesù si ferma e parla con lei. Questo fa ritardare Gesù, e, con la buona notizia di quella donna guarita, giunge anche la cattiva notizia che quella bambina era morta. Gesù non aveva fatto a tempo per trattenere la sua vita. A quella notizia, potete immaginare come il cuore di quel padre amorevole. Gesù, però, non desiste. Finalmente Gesù entra nella camera dove giace il corpo di quella bambina, le prende la mano senza vita e le dice: “Principessa, svegliati!”. Ecco così che Gesù fa uso di quelle chiavi ed apre la porta della morte e dell’Ades. La ragazzina, così, si siede, sbatte le palpebre, fa un grande sorriso ed abbraccia suo padre.

La stessa cosa accade una volta in cui Gesù stava entrando nella cittadina di Nain. Incontra la processione di un funerale. La Bibbia ci dice che era una vedova che stava portando a seppellire il suo unico figlio. Ora sarebbe stata sola al mondo e senza alcun sostegno Gesù non poteva stare lì ad assistere a quella pietosa scena senza fare nulla. Così, mentre la conforta, procede verso la bara e dice: “Figliolo, alzati!”. Ecco così che, una volta ancora, Gesù fa uso delle chiavi della morte e dell’Ades, ne apre la porta, e il ragazzo si mette a sedere e saluta sua madre. La morte è stata sconfitta.

Accade ancora quando Gli giunge voce che Lazzaro, uno dei suoi amici era malato. Muore, ed ecco Gesù che sta presso la tomba di lui, con Marta, Maria, tutta la sua famiglia ed amici. La Scrittura dice che Gesù, in quella circostanza, piange. E’ il dolore della separazione. La morte sembra invincibile. Si chiude la porta della vita e la serratura la blocca con tripla mandata. Gesù, però, con un forte grido, dice: “Lazzaro, vieni fuori!”, ed ecco la vita che ritorna in Lazzaro. Ancora una volta, così, Gesù usa le Sue chiavi ed apre la serratura solida di quella porta e la vita viene restituita a Lazzaro.

Accade una quarta volta. Delle mani pietose prendono il corpo morto di Gesù staccandolo da quella croce che l’aveva straziato. I suoi amici lo trasportano in una tomba. La cava mortuaria viene chiusa da una pesante pietra. Il governo romano dice: “Mettete il sigillo di Roma su quella tomba. Mettetevi davanti delle guardie, assicuratevi che nessuno vi entri per rimuovere il corpo di Gesù e poi dica che è risorto... Sarebbero capaci di fare anche quello!”. Una parte del più potente esercito del mondo e che pensa di potere contrastare le forze di Dio! Ciò di cui non si rendono conto è che dentro quella tomba c’era Colui che tiene le chiavi della morte e dell’Ades. E così, il primo giorno della settimana, molto presto, Gesù fa uso ancora una volta di quelle chiavi e le gira nella toppa aprendo la porta. All’arrivo di quelle donne che dovevano svolgere gli ultimi gesti di pietà verso un morto, scoprono che la tomba di Gesù è stata aperta, la grossa pietra che la chiudeva è stata rotolata via. La morte era già stata sconfitta. Gesù è vivo, per i secoli dei secoli!

Conclusione

Ho detto all’inizio che se voi avete Gesù Cristo come vostro Signore e Salvatore, avendogli affidato tutta la vostra vita con fede ed ubbidienza (è questo il significato dell’essere cristiani), questo brano della Scrittura vi à quattro buone ragioni per non avere paura. Se, però, non avete consapevolmente affidato a Gesù la vostra vita, allora avete tutte le ragioni per avere paura. Se voi voltate le spalle a Cristo, allora proprio non avete speranza alcuna. La morte avrà su di voi l’ultima parola. Ascoltate, però, questa parola di speranza: l’invito è ancora aperto. Gesù ancora oggi rivolge a tutti il Suo invito. Egli vi esorta a venire a Lui mentre siete ancora in tempo, per accogliere senza riserve la Sua Persona, Parola ed Opera nella vostra vita, accogliendolo come vostro Signore e Salvatore. Allora, potrete fare esperienza del Suo tocco gentile ed amorevole. Potrete conoscere la vita che sorge dalla Sua morte. Potrete conoscere per esperienza che Egli è il primo e l’ultimo, ed infine come Egli abbia per voi le chiavi della morte e dell’Ades e veramente vi possa dare vita eterna. Questo è l’annuncio della Pasqua cristiana!

Paolo Castellina, predicazione del 25 marzo 2005, rielaborata il 10 aprile 2017