Giovanni 5:1-16

L’unica “persona giusta” per te!

Sintesi. Conoscere "la persona giusta" sembra oggi rimanere molto importante, per trovare lavoro o persino per vedersi garantire i propri diritti. Per altri versi, conoscere e rapportarsi alle “persone giuste”, soprattutto se buone, oneste, intelligenti, sagge e di fiducia, è molto importante. Non è tanto quello che “si può ricavare” da queste persone, ma per la buona influenza che esercitano su di noi. La “persona giusta”, più importante ed influente che potremmo mai conoscere ed avere rapporto è il Signore e Salvatore Gesù Cristo, perché Egli è l'unico che ci possa veramente “raccomandare” presso Dio. Lo vedremo oggi attraverso il racconto evangelico della guarigione di un uomo che da lungo tempo giaceva invalido presso la vasca di Betesda, a Gerusalemme, Giovanni 5:1-16,

Raccomandazioni?

Conoscere "la persona giusta" sembra oggi rimanere molto importante. Secondo una ricerca del Censis del 2014, il 25% degli italiani chiede raccomandazioni e si rivolge a politici per risolvere un problema. Un articolo dal titolo: "La logica clientelare che trasforma un diritto in un favore" dice: "Ci si indigna. Si invocano rivoluzioni sociali e culturali. Ma alla fine, ognuno pensa a sé e cerca di salvarsi come può. (...) Un italiano su quattro ha confessato di essersi rivolto a un politico per ottenere la soluzione di un problema (...). Le cause che più recentemente portano i nostri connazionali a “baciare le mani” sono molteplici: si chiedono favori a questo o a quel politico di turno per tutto. Dall’ottenere un ricovero in ospedale (6,1%) alle preghiere per trovare un lavoro a un figlio o a un parente (5,2%), in particolar modo nel Nord Est e nel Centro. Si idolatrano i 'mammasantissima' della politica anche per accelerare la pratica della pensione (3,5%), nel Centro Sud, o addirittura per iscrivere il figlio a scuola (3,2%). Nelle grandi metropoli il malcostume sembra più contenuto, nei paesi o nelle cittadine invece la conoscenza diretta di politici e funzionari comunali agevola i meccanismi clientelari (27,7%). Negli agglomerati urbani con meno cinquemila abitanti, per garantire i diritti sul posto di lavoro spesso non si va dal sindacato, ma dal politico di turno (8,4%). Lo stesso meccanismo clientelare va in scena per ottenere un ricovero. Nelle metropoli, invece, la “spintarella” in generale risulta meno efficace, mentre nelle cittadine di media grandezza, fino a 100 mila abitanti, ci si rivolge agli amministratori locali per avere un aiuto a trovare un impiego (7,7%)" [http://www.tag24.it/136402-raccomandazioni-italia/].

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Per altri versi, però, nonostante questo, conoscere e rapportarsi alle “persone giuste”, soprattutto se buone, oneste, intelligenti, sagge e di fiducia, è molto importante. Non è tanto quello che “si può ricavare” da queste persone che conta, ma per l'influenza che possono avere in bene su di noi. D'altro canto, come afferma l'apostolo Paolo, “Non vi ingannate; le cattive compagnie corrompono i buoni costumi” (1 Corinzi 15:33). Esse, infatti, non solo “corrompono i nostri costumi”, ma mettono pure a rischio il nostro destino eterno.

La “persona giusta”, più importante ed influente che potremmo mai conoscere ed avere rapporto è il Signore e Salvatore Gesù Cristo, perché Egli è l'unico che ci possa veramente “raccomandare” presso Dio, renderci suoi amici! Difatti: “ogni buona donazione e ogni dono perfetto vengono dall'alto e discendono dal Padre dei lumi, presso il quale non vi è mutamento né ombra di rivolgimento” (Giacomo 1:17). Ecco perché l'apostolo Paolo continua a dirci anche oggi: “Vi supplichiamo, da parte di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio” (2 Corinzi 5:20).

Un uomo privo di risorse

L'uomo protagonista del racconto che leggeremo quest'oggi non conosceva “le persone giuste” ed influenti che avrebbero potuto risolvere la sua difficile situazione. Ecco perché la sua vita era miserevole. Non conosceva nessuno “che contasse” e, in ogni caso, nessuno di fatto si occupava di lui. Lui stesso non contava nulla agli occhi della società, anzi, non era una “persona produttiva”. Era solo, in fondo, “un peso per la società”. Quell'uomo non era importante e nessuno ce ne avrebbe ricavato nulla ad essergli amico. Era, infatti, malato gravemente da ben 38 anni di una malattia cronica ed ora aveva ormai perduto ogni speranza di trovare aiuto per poter guarire. Un giorno, però, incontra Gesù. Leggiamo questo racconto come lo troviamo nel vangelo secondo Giovanni, al capitolo 5, dal versetto 1.

Guarigione del paralitico di Betesda. “Dopo queste cose, ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Or a Gerusalemme, vicino alla porta delle pecore, c'è una piscina detta in ebraico Betesda, che ha cinque portici. Sotto questi giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici, i quali aspettavano l'agitarsi dell'acqua. Perché un angelo, in determinati momenti, scendeva nella piscina e agitava l'acqua; e il primo che vi entrava, dopo che l'acqua era agitata, era guarito da qualsiasi malattia fosse affetto. C'era là un uomo infermo da trentotto anni. Gesù, vedendolo disteso e sapendo che si,trovava in quello stato da molto tempo, gli disse: «Vuoi essere guarito?»..L'infermo gli rispose: «Signore, io non ho nessuno che mi metta nella piscina, quando l'acqua è agitata, e, mentre io vado, un altro vi scende prima di me». Gesù gli disse: «Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina». L'uomo fu guarito all'istante, prese il suo lettuccio e si mise a camminare. Or quel giorno era sabato. I Giudei perciò dissero a colui che era stato guarito: «È sabato; non ti è lecito portare il tuo lettuccio». Egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: "Prendi il tuo lettuccio e cammina"». Essi allora gli domandarono: «Chi è quell'uomo che ti ha detto: "Prendi il tuo lettuccio e cammina"?». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi egli fosse, perché Gesù si era allontanato a motivo della folla che era in quel luogo. Più tardi Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco, tu sei stato guarito; non peccare più affinché non ti avvenga di peggio». Quell'uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era Gesù colui che lo aveva guarito. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù e cercavano di ucciderlo, perché faceva queste cose di sabato” (Giovanni 5:1-16).

La cosa giusta da fare

“Dopo queste cose, ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme” (1). Gesù partecipava sempre volentieri alle “occasioni sociali”. Per lui non era tanto un'opportunità di intrattenimento o semplice conformità ad usanze e tradizioni, “una cosa che va fatta”, come si dice. Spesso, infatti, la gente fa quello che sembra essere “la cosa giusta da fare”, senza discernimento. Non era così per Gesù. Certo, per Gesù le feste erano opportunità per incontrare gente e condividere con essa l'Evangelo, ma c'era qualcosa di più in questo. In quei giorni “il grande evento” era “una festa dei Giudei”, una festa del popolo di Dio. Probabilmente era Pentecoste o Pasqua, una festa che era stata istituita da Dio stesso e che Egli aveva loro comandato dicelebrare regolarmente. Doveva essere un'occasione di rammentare le grandi opere che Dio aveva fatto e continuava a fare per loro per liberarli e beneficarli, come pure un'opportunità per mostrargli la loro riconoscenza. La partecipazione di Gesù a queste feste era una conferma dell'importanza di ciò che queste feste dovevano essere. Il popolo eletto di Dio doveva seguire, al riguardo, l'esempio del Figlio di Dio, loro rappresentante. Quella di Gesù era “la cosa giusta” da fare.

Senza dubbio Dio, nella Sua grazia, non aveva mai cessato di operare per il loro bene. Gesù dice: «Il Padre mio opera fino ad ora, e anch'io opero» (Giovanni 5:17). L'opera di Dio, infatti, avrebbe raggiunto il suo punto culminante proprio nel ministero di Gesù, il Messia, il Salvatore promesso. Coloro che avevano occhi per vedere l'avrebbero riconosciuto, e così dobbiamo fare noi. Quel che accade nel racconto è un'ulteriore dimostrazione di questo fatto.

Gesù, così, “sale a Gerusalemme”, l'antica “città di Dio”. Là, mentre essi rendevano culto a Dio, avrebbero ancora una volta incontrato Dio che opera in mezzo a loro, in Gesù. L'avrebbero riconosciuto? Avevano bisogno di un giusto atteggiamento e l'avrebbero visto come Egli è veramente.

Il posto giusto da visitare

“Or a Gerusalemme, vicino alla porta delle pecore, c'è una piscina detta in ebraico Betesda, che ha cinque portici. Sotto questi giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici, i quali aspettavano l'agitarsi dell'acqua” (2,3). Gesù entra a Gerusalemme per la porta attraverso la quale le pecore erano portate in città, la “Porta delle pecore”, specialmente quelle da usarsi per i sacrifici da offrire a Dio per il perdono dei loro peccati. Questo fatto non può essere solo un fatto accidentale o contingente. Il profeta Isaia aveva scritto: “Noi tutti come pecore eravamo erranti,

ognuno di noi seguiva la propria via, e l'Eterno ha fatto ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti. Maltrattato e umiliato, non aperse bocca. Come un agnello condotto al macello, come pecora muta davanti ai suoi tosatori non aperse bocca” (Isaia 53:6,7).

Presso quella porta vi era una piscina, una grande vasca d'acqua. Acqua corrente pulita era essenziale per una grande città ed essa era stata largamente provveduta per Gerusalemme. Quella particolare piscina, probabilmente, era pure usata per lavare gli animali che erano così preparati per i sacrifici. Che grande valore simbolico essa aveva per molti che erano afflitti da malattie ed invalidità, gente che si recava presso quella piscina per implorare l'intervento di Dio a loro favore. Difatti non era insolito, in quel luogo, per qualcuno, avere forti esperienze di guarigione.

Intorno a quella piscina erano stati costruiti dei portici sotto i quali si raccoglieva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici che intensamente pregavano Dio con fede ed aspettavano che Egli intervenisse a loro favore guarendoli. Quello, indubbiamente, era un posto significativo, speciale: si trovavano a Gerusalemme, la città di Dio, accanto ad una piscina particolare chiamata Betesda, che vuol dire casa o luogo di misericordia. Ancora oggi vi sono nel mondo intero ospedali che portano il nome di Betesda, per rammentare anche a chi soffre oggi quel particolare luogo e che cosa vi era avvenuto.

C'erano allora delle storie che si raccontavano su quel luogo. C'era gente che testimoniava di essere guarita proprio immergendosi in quella piscina nel momento stesso in cui un improvviso sommovimento d'acqua presso la fonte di Gihon che la alimentava, la faceva agitare. Si raccontava, di fatti, che: “ un angelo, in determinati momenti, scendeva nella piscina e agitava l'acqua; e il primo che vi entrava, dopo che l'acqua era agitata, era guarito da qualsiasi malattia fosse affetto” (4). Essi facevano riferimento ad “un angelo” intendendo, però, Dio, perché nessuno avrebbe mai osato pronunciare il Suo sacro nome. Essi pure sapevano che Dio quasi mai interveniva direttamente, ma che lo faceva sempre tramite un Mediatore, perché Dio era creduto troppo santo per mescolarsi con peccatori quali noi siamo.

Può essere anche interessante notare come il porticato che stava attorno a quella piscina avesse cinque portici, probabilmente per rammentare così i cinque libri di Mosè attraverso i quali Iddio si rivela. È proprio là che un uomo bisognoso e sofferente incontraDio nella Persona di Gesù che gli viene incontro, al quale le intere Sacre Scritture rendono testimonianza

La persona giusta da incontrare

Ecco come continua il racconto: “C'era là un uomo infermo da trentotto anni. Gesù, vedendolo disteso e sapendo che si trovava in quello stato da molto tempo, gli disse: «Vuoi essere guarito?». L'infermo gli rispose: «Signore, io non ho nessuno che mi metta nella piscina quando l'acqua è agitata, e, mentre io vado, un altro vi scende prima di me»” (5-7).

Ci sono persone che, se possono, evitano di entrare in un ospedale. Dicono che non sopportano il suo odore... Può essere, ma non potrebbe anche darsi che questa sia una scusa per non dover vedere il triste spettacolo della sofferenza umana? Spesso non vogliono neanche pensare a malattie, dolore, invecchiamento, morte... Per molti questo è “uno spettacolo intollerabile”. Non possiamo, però, nasconderci dalla realtà, spesso “deprimente” e ritirarci nel nostro “mondo dei sogni” senza affrontarla e agire di agire di conseguenza. Inoltre, le persone sofferenti hanno bisogno della nostra solidarietà. Gesù, difatti, un giorno accoglierà uomini e donne nel Suo celeste regno con queste parole: "Venite, benedetti del Padre mio; ricevete in eredità il regno che vi è stato preparato sin dalla fondazione del mondo. Poiché ebbi fame e mi deste da mangiare, ebbi sete e mi deste da bere; fui forestiero e mi accoglieste, fui ignudo e mi rivestiste, fui infermo e mi visitaste, fui in prigione e veniste a trovarmi" (Matteo 25:34-36). A Gesù “importano molto queste cose” ed ecco perché, mentre sale verso Gerusalemme, Egli si ferma in un posto di sofferenza trasformandolo in un posto di misericordia.

Attorno alla piscina di Betesda vi era un uomo infermo che si trovava in quello stato da molto tempo, tanto che aveva ormai perduto ogni speranza di guarire. Ecco perché Gesù gli fa la domanda, che sarebbe stata altrimenti ovvia: “Vuoi essere guarito?”. È come se gli avesse chiesto: “Hai ancora speranza?”. Evidentemente si recava ormai presso quella piscina per abitudine, completamente rassegnato, scoraggiato, senza speranza. Ora vi domandoi: Ci sono persone che ormai hanno perduto ogni speranza che voi vi occupiate di loro come dovreste fare? L'uomo del nostro racconto, infatti, soffriva non solo a causa della sua malattia, ma anche per la mancanza di solidarietà ed egoismo degli altri, persino dei suoi compagni nella sofferenza. «Signore, io non ho nessuno che mi metta nella piscina quando l'acqua è agitata, e, mentre io vado, un altro vi scende prima di me»” . Potrebbe anche essere che voi abbiate perduto ogni speranza di vedere la vostra situazione cambiare per il meglio, sebbene voi continuiate a pregare “per inerzia” senza veramente credere che Dio possa fare qualcosa per voi.

È esattamente quando quest'uomo perde ogni speranza nelle altre persone, che Gesù subentra e gli viene incontro. Dio, in Gesù, secondo la Sua sovrana misericordia, prende l'iniziativa e lo incontra con il Suo potere di guarigione. “Gesù gli disse: «Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina». L'uomo fu guarito all'istante, prese il suo lettuccio e si mise a camminare” (8,9).

Quell'uomo sofferente si era trovato al posto giusto nel momento giusto, potreste dire. Vi possono certo essere nella vostra mente molte domande sulla situazione di cui parla il nostro racconto e potremmo non avere risposta per esse. Ciò che qui, però, è importante, è che per chiunque la situazione, in un modo o in un altro, cambia sempre per il meglio quando incontriamo Gesù, o meglio, quando Gesù viene incontro a noi.

Gesù è un “fattore decisivo”, l'incontro più significativo che mai potremmo fare nella nostra vita. Potrebbe magari non completamente far cessare le nostre sofferenze, ma certamente Egli le trasforma dandoci la certezza di una misericordiosa salvezza dalle conseguenze dei nostri peccati – anche se non siamo spesso disposti ad ammetterlo – perché i nostri peccati sono altrettanto reali e dolorosi come la malattia di quell'uomo, e ci affliggono da lungo tempo. Dice la Bibbia spiegandoci il significato del nome di Gesù: “Egli salverà il suo popolo dai loro peccati” (Matteo 1:21). Un giorno, quando il Cristo risorto apre la mente di due dei Suoi discepoli che non riuscivano a comprendere il senso della Sua morte violenta: “Così sta scritto, e così era necessario che il Cristo soffrisse e risuscitasse dai morti il terzo giorno, e che nel suo nome si predicasse il ravvedimento e il perdono dei peccati a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme” (Luca 24:46,47).

La religione giusta da praticare

Come ultimo punto, permettetevi di attirare la vostra attenzione su un altro aspetto significativo del nostro testo: Gesù agisce in modo molto diverso da come spesso diventano le religioni umane. Con un piccolo gioco di parole si potrebbe dire che la religione di Gesù è molto “umana”, mentre spesso le religioni di questo mondo diventano disumane... Comprendetemi bene: persino il Cristianesimo può diventare disumano quando degenera e si distanzia dall'insegnamento e dallo spirito di Gesù. Può accadere tanto quanto era avvenuto alla pura religione di Abramo, Isacco e Giacobbe: era diventata disumana, senza cuore, priva di misericordia. Guardate ciò che accade in questo racconto. Invece di rallegrarsi e di lodare Dio per quel che era avvenuto presso la piscina di Betesda, i leader religiosi sembrano interessarsi soltanto del fatto che Gesù e lo stesso infermo guarito, secondo loro avevano infranto la legge divina che regolava il Sabato, o meglio, trasgredito la loro interpretazione del Sabato. Questo li aveva resi ciechi verso l'atto di misericordia compiuto da Gesù. Il testo dice: “Or quel giorno era sabato. I Giudei perciò dissero a colui che era stato guarito: «È sabato; non ti è lecito portare il tuo lettuccio». Egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: "Prendi il tuo lettuccio e cammina"». Essi allora gli domandarono: «Chi è quell'uomo che ti ha detto: "Prendi il tuo lettuccio e cammina"?»” (9-12). Essi, così finiscono per chiamare Gesù un peccatore! Peggio: “Per questo i Giudei perseguitavano Gesù e cercavano di ucciderlo, perché faceva queste cose di sabato” (16).

Com'è possibile finire a discutere di “teologia” e di leggi bibliche ed essere, nel contempo, completamente ciechi al bisogno di amore e di misericordia, il cuore stesso della religione biblica? Questo è pure ciò che fanno spesso alcuni cristiani quando si scaldano molto per difendere ogni dettaglio della “pura ortodossia biblica” e non sono ugualmente sensibili all'amore ed alla misericordia che, di fatto, trascurano? L'Apostolo Giacomo dice: “La religione pura e senza macchia davanti a Dio e Padre è questa:soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puro dal mondo” (Giacomo 1:27). Anche Paolo, il teologo, dopo un gran ragionare di teologia, cosa senz'altro importante, termina dicendo: “L'amore non viene mai meno, ma le profezie saranno abolite, le lingue cesseranno e la conoscenza sarà abolita, (...) Ora dunque queste tre cose rimangono: fede, speranza e amore; ma la più grande di esse è l'amore” (1 Corinzi 13:8,13). Perché? Perché anche per il teologo Paolo di Tarso l'amore pratico, concreto, è la cosa più importante.

Conclusione

Quest'uomo sofferente e privo di risorse che giaceva presso la piscina di Betesda, aveva trovato che il rapporto più significativo ed importante che mai avrebbe potuto avere nella sua vita era quello con il Signore e Salvatore Gesù Cristo. Aveva imparato che non poteva completamente fidarsi della gente, nemmeno dei suoi compagni nella sofferenza. Ci possono essere eccezioni, ma spesso è così. Non poteva fidarsi delle istituzioni religiose. Non dovrebbe essere così, ma purtroppo spesso è il caso. Non poteva affidarsi alle storie che si sentivano sul potere miracoloso di certe piscine... Aveva imparato che poteva fidarsi solo di Gesù, perché solo Gesù era “la persona giusta” per lui, che ci riconcilia con Dio e ci rende “persone giuste”, Colui che ristabilisce una “connessione stabile” con Dio, la quale scaturisce, per grazia Sua, in una vita integra ed eterna. Giungendo a conoscere “la persona giusta” anche lui avrebbe potuto diventare “la persona giusta” per il suo prossimo, amorevole e solidale.

Che possa essere così anche per voi!