Filippesi 3:17-21

Nemici della croce di Cristo nella chiesa?

Sintesi. Chi sono “i nemici della croce di Cristo”? Abbondano anche oggi. Possono esserci però anche nemici della croce di Cristo nella chiesa stessa, abilmente mimetizzati e che pretendono i loro “diritti”. Ne parla ampiamente il Nuovo Testamento. Questa settimana analizzeremo il testo di Filippesi 3:17-4:1 che ne parla. Pur piangendo, lo dobbiamo fare.

Purtroppo accade

Chi sono i nemici della croce di Cristo? Forse i militanti islamici dell’ISIS? forse i comunisti cinesi o nordcoreani? Forse gli atei secolaristi che ne vorrebbero fare sparire ogni traccia considerandola un orribile superstizione? Sì, ma per grazia di Dio, diversi che un tempo erano nemici di Cristo non solo ne sono diventati amici, ma anche apostoli, come Paolo, che scrive: “Prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento; ma misericordia mi è stata usata, perché agivo per ignoranza nella mia incredulità” (1 Timoteo 1:13).

Potrebbero, però, dei nemici della croce di Cristo a tutti gli effetti trovarsi fra i membri della chiesa cristiana, dire di credere in Cristo avendolo “accettato” ed essere stati battezzati? Sì, purtroppo può accadere, ed è una realtà della quale parla persino lo stesso Signore Gesù e che è rilevata nel testo biblico che esaminiamo quest’oggi, nel capitolo 3 della lettera ai cristiani della città di Filippi.

È un argomento indubbiamente “scottante” che potrebbe turbare qualcuno e far male, ve ne avverto fin dall’inizio, ma la Scrittura ritiene importante parlarne. L’apostolo Paolo stesso ne parla piangendo: aveva rilevato il fenomeno fra i membri di una comunità che per altro egli loda: vi era là gente che dichiarava di essere cristiana, se ne illudeva, ma che, come egli afferma senza remore, “la fine dei quali è la perdizione”. Ne parla e ne parliamo perché la cosa è molto seria e rischiosa. Essi dovevano verificare attentamente la loro professione di fede in Cristo, e così dobbiamo fare anche noi.

Leggiamo questo testo:

“(17) Siate miei imitatori, fratelli, e guardate quelli che camminano secondo l'esempio che avete in noi. (18) Perché molti camminano da nemici della croce di Cristo (ve l'ho detto spesso e ve lo dico anche ora piangendo), (19) la fine dei quali è la perdizione; il loro dio è il ventre e la loro gloria è in ciò che torna a loro vergogna; gente che ha l'animo alle cose della terra. (20) Quanto a noi, la nostra cittadinanza è nei cieli, da dove aspettiamo anche il Salvatore, Gesù Cristo, il Signore, (21) che trasformerà il corpo della nostra umiliazione rendendolo conforme al corpo della sua gloria, mediante il potere che egli ha di sottomettere a sé ogni cosa. (4:1) Perciò, fratelli miei cari e desideratissimi, allegrezza e corona mia, state in questa maniera saldi nel Signore, o diletti!” (Filippesi 3:17-4:1).

Cristiani solo in apparenza?

È evidente che le persone a cui il testo si riferisce fossero persone che si definivano cristiane, ma che lo erano solo formalmente, a parole. Per quanto eccellente fosse la comunità cristiana di Filippi, vi erano fra di loro persone che di fatto erano falsamente cristiane. Da che cosa lo comprendeva, l’Apostolo? Non da quello che dicevano di credere, ma dal modo in cui si comportavano. La loro condotta (ciò che qui si intende con l’espressione “camminare”) non era di amici e seguaci di Cristo, ma di nemici ed avversari della fede cristiana, definita qui con l’espressione “la croce di Cristo”, il sacrificio di Cristo sulla croce, che della fede cristiana ne rappresenta il carattere, la sostanza.

Si tratta indubbiamente, da parte dell’Apostolo, di un’accusa molto grave. Che nel tesoro della chiesa fossero presenti pure “monete false”, Paolo ne era sempre stato cosciente, tant’è vero che spesso questa sua ammonizione risuonava in termini non incerti. Lo rileva qui, però, appunto, “piangendo”, con grande tristezza. Non fa uso di un linguaggio duro di denuncia. Non addita quelle persone, come si dice “al pubblico ludibrio”. Non cerca di ferire i loro sentimenti con la satira, prendendoli in giro, né vuole sopraffarli con dure invettive. È profondamente toccato dal loro inevitabile destino, la loro “fine”. Ingannano sé stessi e sono ciechi del fatto che la loro fine sia “la perdizione”. Non li denuncia con durezza, no, ma si appella loro con lacrime, affinché, per così dire, il sole illumini la loro condizione e dissolva la nebbia in cui si trovano e che impedisce loro di vedere dove stiano effettivamente camminando, dove stiano andando, che non è dove pensano... Non li vuole irritare ma aprire loro gli occhi affinché alla loro condizione pongano rimedio. Vuole che si rendano conto della loro attuale situazione e se ne ravvedano prima che sia troppo tardi, cambiando strada. Il pericolo di essere cristiani solo ingannevolmente per l’Apostolo è grave.

L’apostolo non minimizza affatto la situazione. Non dice, come direbbe qualcuno oggi: “Va beh, va… sarete perdonati”, oppure “Mi astengo da qualsiasi giudizio, ci penserà Dio”. No, non c’è spazio per l’ambiguità: o amici (autentici) o nemici. È necessario, anzi essenziale, avere discernimento.

Siamo noi veri cristiani? È la domanda più importante che può essere posta in relazione a noi stessi. E 'una questione che può essere esaminata con la massima attenzione, senza pericolo di farci del male, di ferirci. La vera pietà, come l'oro, passerà vittoriosa dalla prova del crivello, ne uscirà più pura, più splendente. Esaminare noi stessi non ne dobbiamo essere allarmati anche se può essere doloroso. Dobbiamo metterci alla prova non per abbatterci ma per rialzarci. Se trovassimo in noi ciò che ci rende nemici di Cristo lo dobbiamo e possiamo abbandonare. Non è ancora detta l’ultima parola!

Questo testo della parola di Dio ci porta in modo naturale a fare tre osservazioni: (1) Vi sono precise ragioni di credere che molti che si considerano cristiani siano di fatto autentici nemici della croce di Cristo; (2) Quali sono le caratteristiche di questa inimicizia. Come può essere che siano nemici della croce di Cristo? (3) Perché il fatto che siano nella chiesa produce tristezza e lacrime?

Precise ragioni

Vi sono precise ragioni di credere che molti che si considerano cristiani siano di fatto autentici nemici della croce di Cristo. La prova di questo può essere tratta da ciò che sappiamo essere i suggerimenti ingannevoli del cuore umano. La Scrittura contiene numerosi avvertimenti sull’ingannare sé stessi, vedasi per esempio il caso di Giuda, fra gli apostoli.

Gesù illustra questo in due parabole: quella delle zizzanie e della rete del pescatore.

Egli propose loro un'altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che aveva seminato buon seme nel suo campo. Ma mentre gli uomini dormivano, venne il suo nemico e seminò le zizzanie in mezzo al grano e se ne andò. Quando l'erba germogliò ed ebbe fatto frutto, allora apparvero anche le zizzanie. E i servi del padrone di casa vennero a dirgli: "Signore, non avevi seminato buon seme nel tuo campo? Come mai, dunque, c'è della zizzania?". Egli disse loro: "Un nemico ha fatto questo". I servi gli dissero: "Vuoi che andiamo a coglierla?". Ma egli rispose: "No, affinché, cogliendo le zizzanie, non sradichiate insieme con esse il grano. Lasciate che tutti e due crescano insieme fino alla mietitura; e, al tempo della mietitura, dirò ai mietitori: 'Cogliete prima le zizzanie, e legatele in fasci per bruciarle; ma il grano, raccoglietelo nel mio granaio'" (...) «Il regno dei cieli è anche simile a una rete che, gettata in mare, ha raccolto ogni genere di pesci; quando è piena, i pescatori la traggono a riva, poi si mettono a sedere e raccolgono il buono in vasi, e buttano via quello che non vale nulla. Così avverrà alla fine dell'età presente. Verranno gli angeli, e separeranno i malvagi dai giusti e li getteranno nella fornace ardente. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti” (Matteo 13:24-30; 47-50)

Non vi è dubbio che il Salvatore, in queste parabole, voglia insegnare che vi sarebbero stati molti a professare il Suo nome, che di fatto, gli sono estranei.

La stessa cosa afferma quando descrive ciò che avverrà nel Giorno del Giudizio: “«Non chiunque mi dice: Signore, Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: "Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato in nome tuo e in nome tuo cacciato demòni e fatto in nome tuo molte opere potenti?". Allora dichiarerò loro: "Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, malfattori!" (Matteo 7:21-23).

Non ci attarderemo oggi su questi testi. Basti rilevare in essi l’estrema serietà della questione, l’estrema serietà di ciò che le Scritture dicono quando ci ammoniscono dicendo: “Non vi ingannate!”.

Osserviamo prima di tutto come il Cristianesimo non è responsabile della presenza nella chiesa di ipocriti o di coloro che, ingannando sé stessi, dicono di essere cristiani. Nessun’altro libro condanna questo fenomeno maggiormente che il Nuovo Testamento, e nessuno l’ha mai fatto con maggiore severità che il Salvatore. Falsi amici e traditori che dissimulano la loro condizione (ingannando sé stessi e gli altri) ce ne sono dovunque e riescono a sfuggire persino dalla disciplina della chiesa, che pure ci deve essere e deve operare in termini biblici.

Guardiamo a ciò che avviene in natura; quanti sono coloro che dicono di esserci amici e non lo sono veramente; gente che dice di essere onesta, temperante, casta, onorevole, ma che di fatto non è così, mentono. Ci sono eroi che hanno dato la loro vita per la loro nazione ed altri che l’hanno tradita per vile guadagno.

Raccomandiamo la fede cristiana, la chiesa, solo per il bene che ha fatto, per i peccatori che ha trasformato, per gli orgogliosi che ha umiliato, per le virtù che ha creato e promosso, per la sua influenza sulla morale e sul destino dell’umanità. Non siamo però responsabili se non fino ad un certo punto per la zizzania che è stata seminata nel nostro campo. Chi l’ha seminata? “Un nemico ha fatto questo”.

Una nazione esalta i suoi eroi, ma non può essere accusata dei crimini commessi da alcuni sotto il pretesto del patriottismo. È necessario avere discernimento. Non ignoriamo che vi siano stati e vi siano ancora falsi cristiani che hanno contribuito a diffamare la chiesa di Cristo e sono diventati il pretesto per i Suoi avversari a scagliarsene contro. Lo dobbiamo onestamente riconoscere ed anche che questo riconoscimento possa essere pure un ammonimento a noi stessi alla vigilanza su noi stessi, come scrive lo stesso apostolo: “Ora, queste cose avvennero loro per servire da esempio e sono state scritte per ammonire noi, che ci troviamo nella fase conclusiva delle epoche. Perciò, chi pensa di stare in piedi guardi di non cadere” (1 Corinzi 10:11-12).

Le caratteristiche di un’inimicizia

Quali sono le caratteristiche di questa inimicizia? Come può essere che questi ‘credenti” siano nemici della croce di Cristo? È molto importante determinarlo.

Il metodo non è diverso da quello usato quando si voglia capire chi ci sia veramente amico e da chi non lo è.

(1) Quando l’inimicizia è apertamente dichiarata, come fra nazioni in guerra o quando degli individui sono ingaggiati in contesa e aperto conflitto.

(2) Quando chi si professa amico non lo dimostra nelle circostanze in cui lo dovrebbe manifestare. Gli amici si vedono nel momento del bisogno. Se ti trascurano, accampano scuse e non fanno nulla per te, i loro veri sentimenti ne sono rivelati. “...perché ebbi fame e non mi deste da mangiare; ebbi sete e non mi deste da bere; fui straniero e non m'accoglieste; nudo e non mi vestiste; malato e in prigione, e non mi visitaste” (Matteo 25:42-43). Questo è lo scenario che determina la realtà del rapporto.

(3) Quando il presunto amico viene trovato coincidere nei suoi piani e sentimenti con quelli di un nemico; quando non ostacola un nostro antagonista, ma facilita i suoi piani; dove rifiuta di venire in nostro soccorso; dove frustra i nostri sforzi e non è di imbarazzo ai movimenti del nemico; quando i nostri presunti amici trovano che i nostri progetti e movimenti imbarazzano i loro; se non sono in simpatia con noi, dubitano la sapienza dei nostri piani, suggeriscono errori e mali; se non hanno nulla da proporci ma vivono solo per suggerire dubbi e che i loro sono migliori. Questo prova che le loro simpatie non sono con noi, ma con i nostri nemici. (5) Se aiuta segretamente un nemico e lo favoreggia, mostra che non siamo veramente nei suoi interessi. Una parola o una singola azione può spesso fare di più per decidere il carattere e determinare i veri sentimenti nella crisi di una battaglia che nella condotta in molto tempo in tempo di pace.

(4) Il carattere è spesso determinato da qualche circostanza che lo rivela: in una forte tentazione che rivela dove stia veramente il suo cuore, mentre sembrava diversamente. É il caso di Acan (Giosuè 7) e di Giuda, che avrebbe tradito Gesù e che preferisce essere amico di Pilato! Nelle scene relativamente monotone della vita, i veri sentimenti possono essere celati, ma nel tempo della crisi si può riconoscere il vero carattere.

Nostro obiettivo, così, è verificare come si possa determinare se siamo nemici o nemici della croce di Cristo. Applicando questi ovvi e naturali principi per determinare le caratteristiche dell’amicizia e dell’inimicizia, consideriamo diversi particolari che possono aiutarci a rispondere a questa importante domanda nel contesto della chiesa. Osserviamo come:

Gravi mancanze

(1) I nemici della croce di Cristo nella chiesa sono quelli che non sono di fatto stati rigenerati, non sono nati di nuovo, non hanno mai veramente avuto l’esperienza di una conversione a Cristo.

La prova di questo è indubitabile. Nel linguaggio biblico, hanno una “mente carnale”, il loro cuore brama solo le cose di questo mondo. “Il loro dio è il ventre e la loro gloria è in ciò che torna a loro vergogna; gente che ha l'animo alle cose della terra“ (19). Come pure: “infatti ciò che brama la carne è inimicizia contro Dio, perché non è sottomesso alla legge di Dio e neppure può esserlo” (Romani 8:7). “Voi, che eravate morti nei peccati e nella incirconcisione della vostra carne” (Colossesi 2:13). Sono “figli del maligno” (Matteo 13:38).

In questo mondo non vi sono che due regni: l’ambito del “regno delle tenebre” e il “regno di Cristo” in cui i cristiani sono “trasportati” dalla sovrana opera rigenerante di Dio lo Spirito Santo. O si è sudditi del regno delle tenebre o si è sudditi del regno di Cristo. Se non si comportano da sudditi del secondo, vuol dire che lo sono ancora del primo, e questo lo si può rilevare nonostante le naturali imperfezioni ed inevitabili incoerenze del cristiano. É possibile stabilire dove stia davvero il suo cuore.

Dio sta edificando sulla terra un regno e questo viene realizzato attraverso la trasformazione di persone nel loro carattere, prospettive e sentimenti, la trasformazione più stupefacente che possa avvenire. La Bibbia la considera “vita dai morti”, “nuova creazione”: è impossibile che questa sia avvenuta se non è visibile evidenza alcuna di essa, senza che non vi sia una differenza da prima. Viene la primavera e il terreno rimane arido, deserto e freddo come in inverno? Se è così è evidente che non vi sono quei semi che altrimenti germinerebbero e fiorirebbero. Se ad un cadavere viene infusa la vita, esso viene fuori dalla tomba. Potrebbe un peccatore morto nei peccatore, morto nelle sue colpe e nei suoi peccati essere vivificato dalla potenza dello Spirito Santo, e ancora non manifestare alcuna vita? Potrebbe un’anima, da lungo intorpidita nel freddo di un inverno gelido, essere riscaldata ed animata dall’amore di Dio e nessuno se ne rende conto? Potrebbero essere spezzate le catene di chi era schiavo del peccato e le sue membra non sentire l’impulso di saltare di gioia? Potrebbe l’indemoniato essere liberato dalla sua oppressione e nessuno lo sa, non dando segno alcuno di essere “vestito e sano di mente”? Potrebbe qualcuno aver ricevuto una vita di eterna ed infinita eccellenza, e la sua anima ignora questa stupefacente trasformazione? E potrebbe colui che ha disprezzato la croce, calpestato il sangue del patto sotto i suoi piedi ed abbracciato la croce come solo fondamento della sua speranza del cielo, dare così dubbie indicazioni del cambiamento che è avvenuto in lui che nessuno lo sa o nemmeno lo sospetta dalla sua condotta?

Il succo di tutta la questione, la sua fonte sta proprio qui: la freddezza ed inattività di un cristiano formale si trova proprio nel fatto che non ha mai conosciuto una vera conversione. Si attarda magari sulla soglia della vita, ma non l’ha mai attraversata. È ancora lì che si chiede che cosa sia la rigenerazione ed ancora dice: “Non abbiamo neppure sentito dire che ci sia lo Spirito Santo” (Atti 19:2). Moltitudini che si dicono cristiane non hanno idea alcuna di che cosa avvenga quando l’anima è rinnovata né hanno mai creduto alla verità che la Bibbia rivela su quest’argomento. Parlano magari di religiosità, ma non di rigenerazione. Parlano dell’impegno in una religione, non dell’essere convertiti a Cristo. Parlano di “opere buone” da compiere, ma non sanno che cosa significa passare dalla morte alla vita. Pensano che sia sufficiente avere una qualche connessione con la chiesa, essere persone “che non fanno male a nessuno”, ma parlano forse di una potente e radicale opera di trasformazione interiore, quella di cui parla il Nuovo Testamento e che è prefigurata nell’antico? Comprendono che cosa intende il Nuovo Testamento quando parla di “nuova nascita”, oppure immaginano qualche misteriosa ed intangibile trasformazione operata dall’essersi sottoposti a qualche “sacramento”? Conoscono che cosa significa essersi ravveduti dal proprio peccato di ribellione a Dio ed alla Sua legge morale? Conoscono l’amarezza di sentirsi poveri e contaminati di fronte a Dio? Della gioia del perdono? Delle nuove prospettive di gloria e grandezza del carattere di Dio che vedono splendere nel volto di Gesù? Hanno un nuovo cuore, una nuova vita, una nuova condotta? Hanno in sé nuove gioie, nuove ambizioni, quelle di Cristo? Hanno un proposito nella vita, quello di onorare e servire Dio, di crescere nella conoscenza di Cristo ed essere sempre di più a sua immagine? Oppure assomigliano al resto della gente di questo mondo che non ha mai tempo per Dio e mai tempo per la preghiera?

Peggio, spesso è il Cristo della loro fantasia (non quello che è annunciato nel Nuovo Testamento) che seguono, magari incoraggiati da libri, predicazioni, o ministri compiacenti che sono giunti nella loro posizione nascondendo di non avere mai avuto una reale conversione. Altre volte si tratta di cristiani sono formalmente tali, che ignorano, distorcono, equivocano e persino respingono ciò che Cristo ha compiuto morendo in croce. Cercano di conciliare questo mondo con la fede in Cristo, naturalmente come sentono e vedono fare da un clero falsamente cristiano che pure non ha nessun’idea di che cosa significhi il potere di trasformazione dell’Evangelo. Fa spavento solo a pensare a qualcuno che professa di essere cristiano, ma che cerca di giustificarsi e fare compromessi con Dio, in lega con il mondo, che cerca di far combaciare la luce e le tenebre, l’inferno ed il paradiso.

Questa è la fonte delle nostre difficoltà. Consiste in una bassa, non scritturale ed insoddisfacente concezione della conversione a Dio. Le Scritture parlano chiaro: non c’è autentico Cristianesimo laddove non vi è stata autentica conversione, e se nella nostra esperienza personale non abbiamo conosciuto che cosa intenda il Salvatore con nuova nascita, le nostre speranze di salvezza sono edificate sulla sabbia. Se il nostro linguaggio su questo argomento sa di misticismo o di fanatismo, se non sappiamo che cosa si intenda per nuova creazione, passare dalla morte alla vita, che cosa vuol dire che “l'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato” (Romani 5:5), la “pace che supera ogni intelligenza” (Filippesi 4:7), lo dico piangendo, allora siamo nemici della croce di Cristo.

(2) Sono nemici della croce di Cristo chi vive indulgendo in ciò che pur sanno essere peccato.

Era l’indulgenza in un singolo peccato, e non una generale depravazione di costumi, che determinava il carattere di Acan e di Giuda. Non servono lunghe dimostrazioni per sostenere che chi desidera il mio male sia mio nemico, e che colui che favoreggia ed aiuta il nemico anche nelle questioni più piccole debba essere considerato un traditore della sua patria. Non è nelle grandi transazioni che si determina alla meglio un carattere. Colui che dà informazioni sul punto debole di una fortezza è già nemico del suo paese come se dovesse far arrendere un’intera guarnigione. Basta solo fornire al nemico una barca per essere come favorire una flotta.

È per questa ragione che il Salvatore dice: “Se dunque il tuo occhio destro ti fa cadere in peccato, cavalo e gettalo via da te; poiché è meglio per te che uno dei tuoi membri perisca, piuttosto che vada nella geenna tutto il tuo corpo. E se la tua mano destra ti fa cadere in peccato, tagliala e gettala via da te; poiché è meglio per te che uno dei tuoi membri perisca, piuttosto che vada nella geenna tutto il tuo corpo” (Matteo 5:29-30), come pure Davide quando dice: “Chi conosce i suoi errori? Purificami da quelli che mi sono occulti” (Salmo 19:12).

È perfettamente manifesto che uno che deliberatamente indulga in un peccato che sa essere tale, quello è nemico del suo Creatore. Mostra di disdegnare la sua autorità e disprezzare l’opera di Cristo, il quale è venuto per “purificarci da ogni iniquità” (1 Giovanni 1:9). Non importa quale sia quel peccato, né che debba essere lo stesso in tutti. Può essere la frivolezza, l’orgoglio, l’invidia, la malizia, la maldicenza, o l’avidità. Può essere il proposito di vendicarsi per un affronto ricevuto vero o supposto. Può essere l’indisponibilità a confessare una colpa e a chiedere perdono. Può essere il rifiuto di compensare un danno procurato ad una persona o proprietà. Può essere indulgere in un comportamento non santo, oppure il riempirsi la mente di immagini di sensualità o di licenziosità. Può essere l’incessante aspirazione agli onori del mondo, o il desiderio insaziabile per le sue ricchezze. Può essere l’abitudine di mormorare di quanto Dio ci provvede, e l’indulgenza in sentimenti di invidia che altri siano più onorati di noi o più prosperi di noi. Può essere l’attaccamento a qualche idolo o all’inconsolabile afflizione per qualcosa che ci è stata rimossa dalla mano di Dio. Qualunque cosa sia, l’ostilità alla croce è evidenziata dall’indulgenza. Quell’uomo o donna mostra certamente di essere nemico di Cristo come se avesse ben fissato i chiodi che l’hanno messo in croce, o come se avesse schiacciato ancor di più la corona di spine sulla sua testa. “Mi sono tenuto il mantello di coloro che avevano lapidato il martire Stefano”, dice Paolo, e sebbene non avesse tirato una sola pietra, egli non si considerava degno di essere chiamato apostolo. Uno degli elementi stessi della fede cristiana è che chi non desidera rinunciare ad una qualsiasi cosa che sappia essere peccato, è il nemico di Dio.

(3) Coloro che conducono uno stile di vita dubbioso ed incerto senza fare alcuno sforzo per conoscere ciò che è giusto, sono nemici della croce di Cristo.

Un uomo onesto, un cristiano sincero, vorrà necessariamente conoscere quelli che sono le sue colpe. Non distoglierà l’orecchio dalla riprensione, ma desidererà candidamente ed in spirito di preghiera conoscere quel che sia la volontà di Dio. È infatti uno degli elementi della fede cristiana che si venga a Cristo come dei bambini e si sia disposti a sedersi ai Suoi piedi. Là pregherà, esaminerà e renderà proprio l’impegno ad accertarsi se egli stia o no perseguendo lo stile di vita che piace a Dio. In tutti questi casi, egli è evidentemente un nemico della croce di Cristo, perché solo manifesta quello spirito che sempre hanno i nemici di Cristo e che un cristiano non potrà mai avere. La gente di questo mondo si fa solo gli affari propri e con zelo. Non ascolteranno ammonimenti, non si fermeranno a chiedersi se quel che fanno piace a Dio oppure no. Anzi, si arrabbiano se Dio, con la Sua provvidenza o il Suo Spirito “si permette” di interferire nei loro affari, metta in questione la loro condotta come non appropriata. Quando il cristiano formale fa la stessa cosa, egli solo mostra di avere lo stesso spirito e di non essere mai nato di nuovo.

Persegui uno stile di vita, forse, per il quale la tua coscienza ti rimprovera, e per il quale il mondo ti rimprovera, e che i veri cristiani dicono che è sbagliato, e che tu hai ogni ragione per dire che la Bibbia lo condanna, eppure non ti scomodi nemmeno per esaminarla. Continui su quella strada anno dopo anno, e così solo mostri di essere un totale straniero agli stessi elementi di quell’Evangelo che Paolo aveva abbracciato, quando ha detto: “Signore che cosa vuoi che io faccia?”.

(4) I nemici della croce di Cristo fra coloro che si professano Suoi amici sono quelli che nella loro condotta non mostrano alcuna delle peculiarità di coloro che veramente Lo amano.

C’è un qualcosa che costituisce la peculiarità, la natura essenziale, della fede cristiana. C’era un qualcosa che distingueva il Signore Gesù dalla massa umana e che costituiva la peculiarità del suo carattere. Ci deve essere un qualcosa - qualunque cosa possa essere - che il Nuovo Testamento esige come evidenza distintiva dell’attaccamento al Signore Gesù. C’è un qualcosa che serve a distinguere i cristiani dal resto dell’umanità, altrimenti si tratterebbe di una religione “come un’altra”, apprezzata da questo mondo, ma priva di valore davanti a Dio.

Questa differenza è che, qualunque essa sia, se non la possediamo siamo nemici di Cristo. Qualunque cosa essa sia, non può essere una moralità esteriore, perché sono molti al mondo che sono persone morali. Non è un carattere gradevole ed attrante, perché sono molti ad essere gradevoli ed attraenti. Non è semplicemente l’onestà e l’integrità, perché sono pure molti ad essere onesti. Si tratta di qualcosa di più che ci distingue da tutti gli altri al mondo, e senza la quale, la nostra professione di fede sarebbe “un rame risonante o uno squillante cembalo” (1 Corinzi 13:1).

Ci si potrebbe chiedere: da che cosa appare che vi sia una qualsiasi cosa che rende peculiare un cristianesimo formale e di nome soltanto? Rispondo: Non è la natura della fede cristiana quella di rimanere nascosta! Non si accende un lume per poi metterlo sotto un secchio. Le stupende verità della fede cristiana non possono essere applicate veracemente all’anima umana solo per lasciarla tale e quale com’era prima. Forse che Cristo è morto perché i suoi seguaci fossero tali e quali tutti gli altri? Forse che il Suo sangue prezioso è stato versato sul Calvario perché i Suoi seguaci fossero indistinguibili dalla grande massa di peccatori? Forse che gli apostoli hanno faticato e sanguinato affinché il regno che promuovevano fosse esattamente uguale a tutti gli altri regni? Forse che gli apostoli hanno faticato, e sofferto, e sono morti come martiri perché potessero lasciare il mondo esattamente come l’hanno trovato? E forse che lo Spirito Santo opera la potente trasformazione della nuova creazione nell’anima, affinché l’uomo potesse essere proprio com’era prima? Forse che le grandi verità che riguardano l’autorità e la sovranità di Dio, paradiso ed inferno, sono comunicate alla coscienza umana affinché gli amici di Cristo rimangano esattamente com’erano prima con la mente tutta rivolta alle cose mondane? Perché essi continuino a divertirsi nelle cose profane, non predichino, si compiacciano nella vanità, siano ambiziosi, esattamente come tutti gli altri? Forse che solo la moralità e la gentilezza deve essere battezzata e questo è tutto ciò che il sangue di Gesù ha conseguito sulla croce? Allora tutte quelle sofferenze sono state davvero vane, allora tutto lo stupendo schema dell’incarnazione, morte e risurreezione del Figlio stesso di Dio, era un grandioso schema finalizzato a risultati ordinari, banali, non importanti?

Non è così. Egli ha disposto che la fede cristiana sia ben visibile nei suoi concreti risultati, conosciuta, sentita. Egli ha inteso che il Suo popolo fosse un popolo peculiare. Egli ha inteso far crescere un regno diverso da tutti gli altri regni; essere a capo di un impero diverso da ogni altro impero; per mobilitare una gran quantità di persone che brillino come le stelle del cielo, o come il sole, nelle tenebre di un mondo perduto. E se non abbiamo le peculiarità dell’essere annoverati fra i Suoi amici, siamo i nemici della Sua croce.

Conclusione

Vorrei chiudere osservando come, se la discussione dovesse terminare qui, forse sarebbe stato già detto già abbastanza per distruggere le false speranze di alcuni che odono o leggono queste parole.

Ho specificato quattro particolari e vi potrebbero essere molti cristiani professanti che, messi a confronto con questi criteri, si troverebbero in grave difetto - molti che non mostrano la benché minima evidenza di essere stati rigenerati; che indulgono in qualche peccato che riconoscono come tale senza fare sforzo alcuno per liberarsene; che perseguono uno stile di vita discutibile senza accertarsi mai se sia o no coerente con il Nuovo Testamento, e che sono consapevoli di possedere nessuna delle peculiarità che costituiscono il carattere di Cristo; che sono consapevoli di non aver mai fatto il progetto, o eseguito un’azione che la persona di questo mondo mai farebbe, e che non ha mai manifestato un solo sforzo, che sia uno, per promuovere la gloria di Dio.

Se questa è la situazione in cui potremmo trovarci, la conclusione è inevitabile. La luce non ha comunione alcuna con le tenebre, né Cristo con Belial. Dolorosa quanto possa esserne la conclusione, dobbiamo rammentarci che è stato un nemico a seminare le zizzanie nel grande campo in cui Dio presto inizierà la raccolta, e la prova è chiara dallo stesso Nuovo Testamento che i nemici di Cristo si sono sempre intrufolati nella Sua chiesa.

Cristo non ci ha lasciato questo insegnamento per turbarci e lo ripete non per produrre altri dolori. “Chi ama ferisce, ma rimane fedele” (Proverbi 27:6). L’ammonizione a tempo debito è evidenza di amicizia. Non è un tentativo di “intonacare un muro con una malta che non regge” o di dire “pace, pace, quando non c’è alcuna pace” (Ezechiele 13:10). Non sono quindi solo parole, né cose dette solo per dovere, ma cose dette in linguaggio di amicizia per mettere all’allerta, per esortare, per implorare ogni cristiano professante ad esaminare il suo cuore, e la sua vita. Perché presto questi occhi si apriranno davanti al tribunale di Dio, e presto le nostre orecchie udranno le parole rivolte ad infelici mortali, che sostenevano di essere cristiani, seguaci di Cristo, ma che solo si sentiranno dire: “Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, malfattori!" (Matteo 7:23).


Ho detto fin dall’inizio che questo sarebbe stato un discorso piuttosto scomodo e che dà dolore, ma è un dolore del tutto salutare. Il vero cristiano, umile, pio, onesto, che prega, di solito è quello ad essere il più allarmato ad udire cose di questo genere. L’uomo ingannato, il freddo cristiano formale, quello per il quale queste parole sono intese, e che è il vero nemico di Cristo, di solito è quello che non se ne lascia impressionare, quello che meno se ne preoccupa. Giuda era quello che si era preoccupato di meno quando il Salvatore aveva detto che uno l’avrebbe tradito. Aveva risposto con un vuoto e riluttatante “Sono forse io?”. Era il traditore, ma non se ne preoccupava, Sarebbe stato l’ultimo a chiedersi: sono io stato veramente rinnovato, indulgo in qualche peccato conosciuto, perseguo uno stile di vita discutibile, manco di mostrare evidenze dello spirito peculiare di un cristiano?”. Non sarebbe improbabile che fosse proprio lui a dare evidenze d’essere il nemico della croce di Cristo.

Tale persona non se ne allarmerebbe. Non ringrazia il Signore per le Sue ammonizioni e rimproveri. Apriamo allora la nostra bocca e, volgendoci al Signore, diciamogli: “Esaminami, o Dio, e conosci il mio cuore. Mettimi alla prova e conosci i miei pensieri. Vedi se c'è in me qualche via iniqua e guidami per la via eterna.”.

Paolo Castellina, 17 febbraio 2016. Predicazione tradotta ed adattata da: Practical Sermons Designed for Vacant Congregations and Families, “Enemies of the Cross of Christ”, di Albert Barnes (1798-1870). Anche in: http://www.biblestudytools.com/sermons/barnes-practical-sermons/sermon-xiii.html