Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu?
"Giudicare gli altri" sembra essere il peccato più grave e riprovevole che si possa commettere oggi. Nessuno avrebbe il diritto di mettere in questione le scelte o le idee altrui, ...nemmeno Dio. Le cose, però, stanno diversamente: esistono criteri oggettivi ed assoluti per giudicare il comportamento umano, e saranno quelli sulla base dei quali Dio ci giudicherà. Nessuno lo potrà evitare, che gli piaccia o meno. Abbiamo una via d'uscita? Esaminiamolo sulla base del testo di Matteo 25:31-46.
“Stile di vita”. Una canzone popolare negli anni ’60, portata al successo dalla cantante Caterina Caselli, diceva: “Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu…” . Anche se è passato diverso tempo da quei giorni, il concetto rimane oggi molto attuale. Oggi ciascuno sceglie il proprio modo di vivere, la sua ideologia, le sue persuasioni, la sua religione e nessuno avrebbe il diritto di giudicare se fa bene oppure male. La canzone stessa diceva: “Ognuno ha il diritto di vivere come può (la verità ti fa male, lo so). Per questo una cosa mi piace e quell'altra no … ho visto la differenza tra lui e te ed ho scelto te … e sai perché? Sta di casa qui la felicità…”. Ecco così che nessuno avrebbe il diritto di “imporre” su un altro i propri criteri di giudizio, i propri valori. Il testo presenta degli accenti vagamente femministi, rivendicando alla donna la possibilità della scelta tra un partner e l'altro, cosa che se oggi appare banale, per l'epoca era ancora abbastanza sconvolgente.
Una volta si diceva: “De gustibus (et de coloribus) non est disputandum”, cioè: sui gusti e sui colori non si deve discutere, a dire che, trattandosi di valutazioni soggettive, tutti i giudizi sono ugualmente validi. “Gusti”, però, oggi si ritengono oggi anche idee, stili di vita, “preferenze sessuali”… come, appunto, l’omosessualità. “Se uno ha questi gusti …è affare suo, io non ho diritto di sindacarli, di metterli in questione di contestarli”. La cosa sembra assodata, scontata, ma lo è davvero?
Neanche i giudici… “Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu…”. Oggi anche la giustizia civile e penale è in crisi. Si vorrebbe anche contestare alla magistratura il diritto di giudicare chi commette dei crimini. Si vorrebbe che alcuni, come imprenditori e politici, fossero “immuni”, “esenti” dal giudizio. Per altri si invoca la giustificazione della malattia o del disagio sociale. “Se ha fatto quello che ha fatto,” si dice, “avrà dei motivi, i suoi motivi. Ad infrangere la legge è stato spinto da necessità di carattere superiore, per cui …era giustificabile. …è cresciuto in un ambiente malsano, …in quel momento era incapace di intendere e di volere, era malato… Non merita, quindi il giudizio, una condanna, deve essere curato, anzi …deve essere premiato, dandogli la possibilità di avere quello che gli era stato negato…”. La cosa sembra assodata, scontata, ma lo è davvero?
Tutto è relativo? “Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu…”. Tutto oggi sarebbe ammesso, tutto giustificabile. Che cos’è il bene? Che cos’è il male? Che cos’è la verità? Non lo si sa più, o meglio, si dice che tutto è relativo …dipende (così dice un’altra canzone)! Dipende dalle circostanze, dipende dai rapporti di forza e di potere, dipende dalla propria cultura… Quella cultura pratica il cannibalismo e la caccia di teste (umane)? La vendetta privata? L’inganno come stile di vita? I sacrifici umani? “Beh,” si dice, “nessuno ha il diritto di giudicarla. Così è giusto per loro! Non abbiamo il diritto di imporre loro le nostre persuasioni su ciò che è giusto o sbagliato! Non abbiamo diritto di imporre loro, come su chiunque altro i nostri principi cristiani, occidentali”. Secondo questa mentalità, sapete chi sono oggi i peggiori criminali? I missionari cristiani, i quali “osano” diffondere le loro idee! Peggio, pare oggi sempre più diffusa l’idea che la causa di tutti i mali del mondo sia …il cristianesimo, che sarebbe stato “imposto” alla stessa Europa! Non per nulla, in certi ambienti, è di moda l’abiura del cristianesimo e la riscoperta del paganesimo europeo celtico pre-cristiano, la stregoneria e la magia! La cosa sembra assodata, scontata, ma lo è davvero?
L’unica pietra d’intoppo? “Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu…”. Questo movimento di pensiero, questa ideologia è peraltro piena di contraddizioni. Tutto sarebbe relativo, ma guai a contestare il relativismo moderno, a metterlo in questione: è un assoluto intoccabile come la teoria dell’evoluzione… Tutto sarebbe giustificabile, accettabile, tollerabile, …ma guarda un po’, caso strano, l’unico che per molti è da condannare è il cristianesimo biblico, il “Dio cristiano”. Si è disposti, al limite, anche ad accettare anche il dio dell’Islam, ma il Dio cristiano no! La cosa sembra assodata, scontata, ma lo è davvero?
Neanche Dio! “Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu…”. Sentite che cosa più o meno espressamente dice oggi la gente? “Dio! Come ti permetti di impormi la tua legge, come ti permetti di giudicarmi, come ti permetti di condannarmi?”. Non crediate, però, che sia una novità “moderna”. Questa non è altro che l’antica ed empia e satanica ribellione della creatura umana all’autorità legittima di Dio e della Sua Legge, quella ribellione che oggi sta raggiungendo il suo culmine nel tentativo (per altro patetico e stupido) di liberarsi “una volta per tutte” da Dio, da ciò che rappresenta ed è a Lui connesso. Vi sono, infatti, frange estreme che oggi abbracciano deliberatamente il satanismo, il culto di Satana, capovolgendo sistematicamente e contraddicendo, prendendo gusto a contraddire, con aria di malvagia rivalsa, tutto ciò che la Bibbia afferma, tutto ciò che si identifica con la chiesa cristiana. Tutto questo, però, è pure presente nei testi di molte canzoni popolari oggi fra i giovani che esplicitamente incoraggiano alla furiosa ribellione contro tutto ciò che il cristianesimo rappresenta ed i suoi simboli. Chi sta aizzando tutto questo?
Una folle ribellione. “Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu…” Si tratta però di una folle ed inutile ribellione, quella contro Dio e contro la verità oggettivamente rivelata nella Bibbia, perché Egli è e rimane sovrano, perché la Sua Legge di Creatore è reale ed essa è il criterio rispetto al quale verremo giudicati, che ci piaccia oppure no: ogni sua trasgressione verrà pagata. E’ folle pensare di ribellarsi a Lui, come folle potrebbe essere pensare di ribellarci alle leggi della fisica (stabilite pure da Dio), come la legge di gravità. Pensate come sarebbe se uno dicesse: “Io non accetto di essere sottoposto e condizionato dalla legge di gravità. E’ un’indebita intromissione nella mia vita privata e nelle mie scelte. Mi getterò giù da quel palazzo, mi librerò in aria e non mi succederà niente!”. Quale potrebbe essere la sorte di chi dice così? Lo potete immaginare. Non ci si può ribellare impunemente alle leggi di Dio! Eppure ci sarebbe ancora chi direbbe: “Allora meglio morto che sottomesso. Preferisco andare all’inferno a testa alta, ma non mi sottometterò mai a Dio!”.
Dio ne ha il diritto. “Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu…”. Eppure Dio giudica, che ci piaccia o meno. Ne ha il pieno diritto. Egli dice: “Guai a quelli che chiamano bene il male, e male il bene che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l'amaro in dolce e il dolce in amaro!” (Isaia 5:20). Ciò che è bene per noi, il nostro migliore bene, si trova solo in Lui. E’ perciò nostro interesse stare al posto che ci compete e non prestare ascolto alla seduzione satanica di essere noi “più di Dio” o dio a noi stessi, di essere noi gli unici arbitri del bene e del male. Vorremmo dare ascolto a Colui del quale Gesù disse: “egli fu omicida fin dal principio e non è rimasto fermo nella verità, perché in lui non c'è verità. Quando dice il falso, parla del suo perché è bugiardo e padre della menzogna” (Giovanni 8:44). Oggi si è giunti a credere l’opposto: Dio sarebbe bugiardo, e Satana avrebbe ragione. La cosa sembra assodata, scontata, ma lo è davvero?
Lo supereremo!? Nella mentalità oggi comune quindi l’idea di un giudizio universale, l’idea che un giorno ci dovremo presentare di fronte a Dio per rendere ragione della nostra vita in base ai precisi criteri che Dio ha posto per le creature umane, è così molto sgradevole e molti non ne vogliono neanche sentire parlare. Allora, se un giudizio ci dovrà essere, i più pensano, …lo passeremo senza problemi: sapremo giustificare il nostro comportamento, trovare scusanti, i giusti argomenti per passarvi indenni. I criteri li stabiliremo noi”, immaginano, “…e poi non ci hanno forse detto che Dio è un bonaccione che alla fine perdonerà tutti?”. La cosa sembra assodata, scontata, ma lo è davvero?
Non pie illusioni. Forse hanno sentito dire questo, ma – mi dispiace – ma non è ciò che dice la Bibbia. La Bibbia, autorevole parola di Dio, parla spesso del giudizio finale e ne parla in termini impressionanti e temibili, dalla prima all’ultima pagina, e non troverete alcun accenno ad una salvezza a buon mercato. Noi siamo abituati anche a sentir parlare del “buon Gesù”, ma la predicazione apostolica originale era incentrata su di Lui come del Giudice. Era la nota dominante dei principali apostoli di Cristo, Pietro e Paolo. Pietro concludeva le sue predicazioni dicendo: “Or egli ci ha comandato di predicare al popolo e di testimoniare che egli è colui che Dio ha costituito giudice dei vivi e dei morti” (Atti 10:42). Lo stesso Paolo, chiamando tutti a rinunciare alle proprie illusioni e false sicurezze, diceva: “...ora, passando sopra ai tempi dell'ignoranza, Dio comanda a tutti gli uomini e dappertutto che si ravvedano. Poiché egli ha stabilito un giorno in cui giudicherà il mondo con giustizia, per mezzo di quell'uomo che egli ha stabilito; e ne ha dato prova a tutti, risuscitandolo dai morti” (Atti 17:30,31).
E’ Gesù stesso che aveva detto (e ne cito solo uno dei possibili riferimenti):
“Ora, quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i santi angeli, allora si siederà sul trono della sua gloria. E tutte le genti saranno radunate davanti a lui; ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri. E metterà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il Re dirà a coloro che saranno alla sua destra: "Venite, benedetti del Padre mio; ricevete in eredità il regno che vi è stato preparato sin dalla fondazione del mondo. Poiché ebbi fame e mi deste da mangiare, ebbi sete e mi deste da bere; fui forestiero e mi accoglieste, fui ignudo e mi rivestiste, fui infermo e mi visitaste, fui in prigione e veniste a trovarmi". Allora i giusti gli risponderanno, dicendo: "Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare? O assetato e ti abbiamo dato da bere? E quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato? O ignudo e ti abbiamo rivestito? E quando ti abbiamo visto infermo, o in prigione e siamo venuti a visitarti?". E il Re, rispondendo, dirà loro: "in verità vi dico: tutte le volte che l'avete fatto ad uno di questi miei minimi fratelli, l'avete fatto a me". Allora egli dirà ancora a coloro che saranno a sinistra: "Andate via da me maledetti, nel fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Poiché ebbi fame e non mi deste da mangiare, ebbi sete e non mi deste da bere fui forestiero e non mi accoglieste, ignudo e non mi rivestiste, infermo e in prigione e non mi visitaste". Allora anche questi gli risponderanno, dicendo: "Signore, quando ti abbiamo visto affamato, o assetato, o forestiero, o ignudo, o infermo, o in prigione e non ti abbiamo soccorso?". Allora egli risponderà loro dicendo: "in verità vi dico: tutte le volte che non l'avete fatto a uno di questi minimi, non l'avete fatto neppure a me”. E questi andranno nelle pene eterne e i giusti nella vita eterna” (Matteo 25:31-46).
Questo si riferisce chiaramente a ciò che accadrà nell’ultimo giorno. Dovremo presentarci di fronte a Gesù Cristo glorificato, tutti, anche coloro che lo avevano sempre ignorato, sottovalutato, deriso, disprezzato, inchiodato sulla croce… un’immagine davvero impressionante: ”quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i santi angeli, allora si siederà sul trono della sua gloria. E tutte le genti saranno radunate davanti a lui”. Alla fine, dice Gesù, quando tutto sarà detto e fatto, e la nostra vita terminata, quando il mondo, nella sua corsa sarà giunto al capolinea, alla fine, saremo giudicati. Tutte le genti del mondo compariranno di fronte al Giudice, al Re. Allora Egli separerà tutti coloro che saranno così raccolti di fronte a Lui, quelli a destra da quelli a sinistra, le “pecore” dalle “capre”. “Pecore” e “capre” sono una maniera biblica si parlare del giudizio, dei salvati e dei dannati, quelli che entreranno dentro e quelli che rimarranno fuori.
Il giudice Gesù, la Sua Parola, sarà decisiva e …non sarà certo uno stupido. L’immagine di Gesù come pastore che cura amorevolmente le Sue pecore, fino a dare per esse la Sua vita è molto cara a molti, soprattutto se ci sentiamo non amati ed i guai della vita ci sopraffanno. L’idea di Gesù come re, sovrano dell’universo, che ha un potere molto più grande di tutto ciò che potrebbe farci del male, è particolarmente consolante per noi. L’immagine di Gesù come re e pastore ci suggerisce pensieri gradevoli. Pensiamo a Gesù un po’ come al re Davide, pensiamo a Lui come ad un grande sovrano vestito di vesti regali che veglia su di noi dal cielo. Pensiamo al Suo bastone che ci conforta, di Lui che ci conduce per verdeggianti pascoli, e ci sentiamo bene.
Gesù, il Re pastore: è una bella immagine, ci conforta, ci aiuta. E’ spesso l’immagine principale che abbiamo di Gesù. Come comprendere, allora Gesù, il re pastore, che vediamo ora dividere il Suo gregge e mettere da una parte coloro che sono “pecore” e dall’altra coloro che sono “capre”, il quale invita le prime nell’eterna gioia, e che manda le seconde a patire pene eterne? Questo ci fa un po’ rabbrividire, non è vero, perché ci fa pensare a come reagiamo di fronte al Giudice Gesù.
Prima di tutto, allora, mettiamo un punto fermo ed indiscutibile – ci sarà un giudizio. Questo non combacia molto bene con ciò che molti pensano. Per alcuni Dio non può in alcun modo essere un giudice, uno che manda alcuni alle gioie eterne e altri a pene eterne. Dopo tutto, Dio è amore, non è vero? L’idea di un giudizio non si adatta bene a quest’immagine di Dio. Per altri è duro accettare l’idea che vi sarà un giudizio finale, perché il pensiero di questo mondo che va alla fine è impensabile.
Prima del testo che abbiamo letto, Gesù racconta ai Suoi discepoli diverse storie – e tutte parlano di giudizio. - Pensate alla parabola delle dieci vergini che attendono l’arrivo dello sposo. Cinque erano pronte al suo arrivo, cinque non erano pronte. Le cinque pronte alla fine entrano nel salone delle feste. Cinque altre non erano pronte ed arrivano in ritardo, “Più tardi giunsero anche le altre vergini, dicendo: "Signore, signore, aprici". Ma egli, rispondendo, disse: "in verità vi dico che non vi conosco" (Matteo 25:11,12). C’è poi la parabola dei talenti: tre servitori a cui era stato dato un diverso ammontare di denaro da investire in assenza del loro padrone. Due di essi lo fanno molto bene, raddoppiando ciò che era stato loro dato, e vengono premiati per la loro fedeltà. Il terzo, però, aveva nascosto il denaro ricevuto non amministrandolo così con sapienza. Troviamo scritto: “gettate questo servo inutile nelle tenebre di fuori. Lì sarà il pianto e lo stridor di denti” (Matteo 25:30).
Non è vero che cominciamo ora ad avere un’immagine un po’ diversa di Gesù? Gesu è un pastore, ed un re che giudica il Suo popolo, inviando alcuni alla vita eterna e gli altri alle pene eterne, ciò che noi chiamiamo inferno. Noi rabbrividiamo al pensiero di un giudizio perché sappiamo molto bene di non aver vissuto conformemente ai criteri che Dio stabilisce per la nostra vita. Abbiamo veramente amato Dio ed il nostro prossimo con tutto noi stessi? Non al 10%, al 20&, al 50%, al 70%, ma al 100%. Non tiriamo fuori scuse: questo è ciò che Dio esige da noi.
In effetti, la lettura del vangelo di oggi, fa, in un certo qual senso, rabbrividire: “Poiché ebbi fame e non mi deste da mangiare, ebbi sete e non mi deste da bere fui forestiero e non mi accoglieste, ignudo e non mi rivestiste, infermo e in prigione e non mi visitaste”. Poi Gesù conclude dicendo: “in verità vi dico: tutte le volte che non l'avete fatto a uno di questi minimi, non l'avete fatto neppure a me”. Io lo trovo impressionante. E’ Gesù che parla qui. Parla a voi. Pensiamo a gente bisognosa sperduta lontano da noi ma Gesù qui, però, non sta parlando di persone per noi lontane, ma gente con la quale veniamo ogni giorno faccia a faccia. Spesso siamo stati ciechi rispetto alla persona nel bisogno proprio davanti a noi, nel nostro stesso vicinato. Gesù dice: “in verità vi dico: tutte le volte che non l'avete fatto a uno di questi minimi, non l'avete fatto neppure a me”. Era Gesù che si nascondeva dietro quel giovane, quell’uomo, quella donna, quell’anziano, quel malato. Anche se però ci fossimo dedicati anima e corpo ai bisognosi, lo avremmo fatto di tutto cuore, come espressione di un amore senza confini e imitando in questo Dio che a Sua volta amiamo e serviamo senza riserve? Dubito.
A me piace pensare che nessuno voglia essere “una capra”, mi piace pensare che ognuno di noi voglia essere la persona giusta, ma davanti a ciò che la Legge di Dio ci comanda in tutti e dieci i comandamenti – i quali riassumono la Sua legge – la situazione per noi si fa veramente scottante, e non si tratta solo di “fare del bene” genericamente, ma di amare Dio ed il prossimo con tutto noi stessi, senza riserve, senza sconti! Ecco ciò che ci rende così temibile l’idea di un giudizio finale. Abbiamo paura, e la paura è fondata, che sulla base di ciò che Dio esige da noi – non dei nostri criteri piuttosto “elastici”, non udiremo le parole d’accoglienza di Gesù, ma: “Andate via da me maledetti, nel fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e per i suoi angeli”! Guardate che è Gesù a dire così, e non me lo sto inventando io… Quando Dio separerà gli uni dagli altri, da che parte saremo veramente?
Una buona notizia, però, esiste! Gesù non è solo giudice, ma anche il nostro avvocato, l’avvocato difensore. Egli non solo parlerà per noi al giudizio finale, ma (se Lo abbiamo accolto nella nostra vita come Signore e Salvatore, ponendo in Lui tutta la nostra fiducia, e seguendolo con ubbidienza) rammenterà a tutti i giurati che Egli è morto per noi. Egli è il nostro Salvatore.
Noi confidiamo che Egli sia morto sulla croce per liberarci dalla condanna che giustamente dovrebbe essere pronunciata su noi quell’ultimo giorno. Il Suo sacrificio sulla croce ha un tale valore da coprire tutta la nostra colpevolezza per non avere amato Dio ed il nostro prossimo così come avremmo dovuto amarlo. Egli si è assicurato del fatto che coloro che ripongono in Lui tutta la loro fiducia, non moriranno ma avranno vita eterna. Se il nostro eterno futuro dipendesse dalle buone cose che abbiamo fatto nella nostra vita, allora certamente saremmo destinati solo al peggio. Infatti ogni cosa buona che facciamo è ammantata dal nostro egoismo e dal nostro orgoglio. Il nostro futuro eterno dipende soltanto da Gesù:
Egli può salvarci dalle pene eterne di cui Egli stesso più volte parla per avvertircene a non prendere la cosa alla leggera. Se oggi per noi Gesù sarà stato il nostro personale Signore e Salvatore, nel giorno del giudizio – e solo così – ne usciremo indenni, ma se questo non è avvenuto nella nostra vita, allora incontreremo Gesù come Giudice che – senza alcuno sconto di pena o giustificazione – ci darà solo quello che meritiamo. Per questo dobbiamo oggi avere “le carte a posto”: esse però non sono risultato di formalità religiose, ma di un cuore, di una vita, veramente e concretamente consacrata a Lui.
C’è ancora un ulteriore punto importante in ciò che Gesù ci dice in questo testo sul giudizio ultimo, cioè la differenza fra fede falsa e fede genuina. Coloro che davvero hanno fede in Gesù ne danno evidenza concreta, pratica, nel loro modo di pensare, parlare ed agire, dal loro modo di rapportarsi a Dio ed agli altri. Coloro che davvero hanno fede in Cristo concretizzano questa fede nell’ubbidienza del culto e della solidarietà. Il vero credente si vede alla prova dei fatti e …gli affamati, gli assetati, gli stranieri, i poveri, i malati, i prigionieri saranno testimoni in questo nostro procedimento giudiziario. Notate la sorpresa degli imputati nel racconto: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare? O assetato e ti abbiamo dato da bere? E quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato? O ignudo e ti abbiamo rivestito? E quando ti abbiamo visto infermo, o in prigione e siamo venuti a visitarti?". E’ inutile che alcuni dicano di sé stessi: “Io credo in Dio, io prego”. Se questo è vero dove sono le prove e le evidenze secondo i criteri che ci dà la stessa Parola di Dio. Non si può giocare con le parole, e non sono i nostri criteri di “fede” o di “bontà” quelli che conteranno quel giorno, ma quelli stabiliti da Dio. La fede fa ciò che viene naturale. E’ come un melo che produce mele, o una pianta di pomodori che produce pomodori. La fede agisce concretamente nei modi e nei termini che Dio ha stabilito, non come decidiamo noi… La vera fede determina il nostro modo di pensare, di parlare e di agire in imitazione di Cristo che intensamente amava Dio Padre e il suo prossimo.
“Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu” diceva la canzone, quella canzone che molti oggi cantano come proprio “inno nazionale”. Che pretesa, però, che arroganza! Non servirà però loro nulla perché – come dice Gesù, e Gesù non mente – “tutte le genti saranno radunate davanti a lui; ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri”.
Al giudizio di Dio nessuno potrà in alcun modo sfuggire, né potrà facilmente eludere il sommo Giudice, come si illude di poter fare. Quel giorno molti avranno brutte sorprese. Meglio prendere sul serio la Parola di Dio e premunirsi, meglio prenderla sul serio: è molto più intelligente farlo. La parabola provoca così una domanda: Siamo noi “pecore” oppure “capre”? Saremo alla destra o alla sinistra di Dio?
I nostri peccati – miei e vostri – dice senz’alcun dubbio che noi siamo capre. Abbiamo trascurato Dio, abbiamo trascurato Cristo. Abbiamo trascurato chi ha fame, sete, lo straniero, il povero, il malato, il prigioniero. La nostra fede non ha dato prove della sua esistenza nei fatti concreti della vita quotidiana. Siamo onesti. D’altro canto, per grazia di Dio, oggi Dio ci chiama, per grazia Sua, a far parte, come “pecore” del Suo gregge. Ne abbiamo avuto la promessa nel nostro battesimo. Cristo ha dato l’intera Sua vita per liberarci dal giudizio a venire. Dobbiamo cogliere oggi, mentre ancora ne abbiamo l’opportunità, l’offerta che Dio ci fa in Cristo. Cristo oggi non è il nostro giudice. Oggi la Parola di Dio ci dice: “Dio infatti non ha mandato il proprio Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma affinché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato ma chi non crede è già condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. Ora il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno amato le tenebre più che la luce, perché le loro opere erano malvagie” (Gv. 3:17-19).
Vi scongiuro di prendere sul serio queste cose! Qualcuno potrebbe non rendersi conto della loro gravità, sottovalutarle ed avere poi brutte sorprese. Prendiamo seriamente ciò che ci dice Gesù. Non scherzava e sapeva che cosa stava dicendo. Accogliamo oggi la Sua offerta di salvezza.
Paolo Castellina, riproposizione della predicazione del 27 gennaio 2002.