Indizi rivelatori per attenti osservatori
Sintesi. Siete degli “acuti osservatori”, come lo era il proverbiale investigatore Sherlock Holmes? In effetti non è da tutti. Alcuni sono soliti a cercare con ansia e frenesia ciò che servirebbe loro, senza vedere che ...è sotto il loro naso! Gesù lasciava dei segni evidenti, indizi, della sua identità, ma non erano e non sono evidenti a tutti, ma solo per chi “ha occhi per vedere”! Il vangelo di Giovanni è stato chiamato “il vangelo dei segni”. Questa settimana esaminiamo il segno della Sua identità che ha dato alle Nozze di Cana (Giovanni 2:1-11).
Vi sono persone che hanno un forte spirito d'osservazione. "Vedono" ciò che altri, pur avendo occhi buoni, non vedono. Guardano le cose e la gente, e non c'è particolare che sfugga loro. Un insetto o una foglia di qualche colore speciale attira la loro attenzione. I sentimenti, il carattere o la situazione di una persona sono loro rivelati anche se questa cerca di nasconderli. Per la maggior parte di noi si potrebbe dire che: "Abbiamo occhi ma non vediamo", come diceva il profeta Geremia alla gente del suo tempo che non si rendeva conto del momento particolare che stavano vivendo e delle lezioni che avrebbero dovuto imparare da esso. Diceva loro, infatti: "Ascoltate ora questo, popolo stolto e senza cuore, hanno occhi, ma non vedono, hanno orecchi, ma non odono" (Geremia 5:21).
A questo riguardo è proverbiale lo spirito d'osservazione di Sherlock Holmes, nato dalla fantasia dello scrittore Arthur Conan Doyle. "Elementare, caro Watson", diceva (o almeno così si dice) al suo collaboratore dopo aver scoperto "l'assassino" magari dalle piccole tracce di fango che scorgeva al fondo dei suoi pantaloni e che rivelavano come questi provenisse dalla scena del delitto. Sherlock Holmes sapeva cogliere la verità dagli indizi che gli si presentavano, anche se si fosse voluta tenere nascosta.
Che cos'è un indizio? E' una traccia, un segno, una circostanza, e ogni altro elemento particolare per il quale si può indirettamente, ma con qualche fondamento logico, argomentare un fatto. Si dice, ad esempio: "Lo vedo tornare allegro, indizio questo che ha ottenuto quanto desiderava", oppure: "Nel malato non c'è alcun indizio che stia migliorando", o anche: "Gli starnuti sono indizi di un imminente raffreddore". Nella prova penale, indizio o "prova indiziaria" è una prova di colpevolezza che si desume deduttivamente o induttivamente da un fatto accertato, come un "indizio grave, lieve, chiaro, sicuro", oppure quando si dice: "Indizi a carico dell'imputato".
Capire chi fosse veramente Gesù di Nazareth, la Sua identità, la Sua missione, e quindi accoglierlo con fiducia come proprio Signore e Salvatore, al tempo della Sua vita terrena, non era da tutti, e non è da tutti nemmeno oggi. La Sua identità non era (e non è) qualcosa di chiaro, lampante, indiscutibile, ma qualcosa d'ambiguo, d'ambivalente, qualcosa che era lasciato volutamente nell'ambiguità, e non a caso.
Gesù lasciava dei "segni" della Sua identità e missione, attraverso i quali "chi aveva occhi per vedere" poteva intenderla e così accoglierlo con fiducia. Nei vangeli ci sono riportati 35 miracoli compiuti da Gesù, per i cristiani dimostrazioni evidenti della Sua gloria ed identità, alcuni fra questi pure spettacolari. Ciononostante, anche a quel tempo, molti continuavano a non credere in Lui: o li travisavano, o li ignoravano, o se ne scandalizzavano! Dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci, che aveva nutrito più di cinquemila uomini, Gesù parla di Sé come del Pane della Vita, ma molti che prima era no stati pure attratti da Gesù, si allontanano da Lui, scandalizzati, mormorando, e Gesù osserva: "Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è dato dal Padre" (Giovanni 6:65). Gesù aveva compiuto più di quei 35 miracoli riportati nei vangeli: molto più che sottili indizi della Sua identità, autentici "segni rivelatori". Essi bastano ed avanzano, però, per fare intendere, "per chi ha occhi per vedere" chi sia Gesù. Per questo l'evangelista Giovanni conclude la sua narrazione, dicendo: "Gesù fece in presenza dei discepoli molti altri segni miracolosi, che non sono scritti in questo libro; ma questi sono stati scritti, affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e, affinché, credendo, abbiate vita nel suo nome" (Giovanni 2:1-11).
Il primo dei "segni rivelatori" o miracoli, compiuti da Gesù durante il Suo ministero terreno, avviene nella cittadina di Cana di Galilea, in occasione di una festa di nozze, alla quale era stato invitato con Maria, Sua madre e con i Suoi primi discepoli. Si tratta dell'episodio in cui Gesù trasforma acqua in vino. Non è un miracolo cui dia tanta "pubblicità". Solo pochi si accorgono di quanto effettivamente avviene e non è neppure così "socialmente rilevante", come una guarigione.
La maggior parte dei presenti rimane certo sorpresa di questa strana ed improvvisa abbondanza d'ottimo vino. Ne godranno, però, senza neanche dire grazie, dimenticandosi ben presto delle circostanze della sua apparizione e senza più farsi delle domande. Tanto basta, però, per dare ai discepoli di Gesù, a coloro per i quali Gesù veramente "importa", un "intrigante" e significativo messaggio sulla Sua identità, missione e "rilevanza storica". E' ciò che l'evangelista Giovanni ci vuole comunicare.
Leggiamo il testo, al cap. 2 dal vers. 1 al 12: “Tre giorni dopo, ci fu una festa nuziale in Cana di Galilea, e c'era la madre di Gesù. E Gesù pure fu invitato con i suoi discepoli alle nozze. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino». Gesù le disse: «Che c'è fra me e te, o donna? L'ora mia non è ancora venuta». Sua madre disse ai servitori: «Fate tutto quel che vi dirà». C'erano là sei recipienti di pietra, del tipo adoperato per la purificazione dei Giudei, i quali contenevano ciascuno due o tre misure. Gesù disse loro: «Riempite d'acqua i recipienti». Ed essi li riempirono fino all'orlo. Poi disse loro: «Adesso attingete e portatene al maestro di tavola». Ed essi gliene portarono. Quando il maestro di tavola ebbe assaggiato l'acqua che era diventata vino (egli non ne conosceva la provenienza, ma la sapevano bene i servitori che avevano attinto l'acqua), chiamò lo sposo e gli disse: «Ognuno serve prima il vino buono; e quando si è bevuto abbondantemente, il meno buono; tu, invece, hai tenuto il vino buono fino ad ora». Gesù fece questo primo dei suoi segni miracolosi in Cana di Galilea, e manifestò la sua gloria, e i suoi discepoli credettero in lui. Dopo questo, scese a Capernaum egli con sua madre, con i suoi fratelli e i suoi discepoli, e rimasero là alcuni giorni" (Giovanni 2:1-12).
In oriente, le feste di matrimonio spesso duravano sette giorni; dopo che lo sposo era andato a prendere la sposa dalla sua casa o dalla casa del padre, e prima della consumazione del matrimonio, avveniva questo lungo festeggiamento. Si mangiava e si beveva allegramente, e le famiglie che potevano non badavano a spese. Avevano invitato, per l'occasione, certamente i maggiorenti del paese, e sicuramente per loro era un onore avere, fra gli invitati, Gesù e i Suoi discepoli, che stavano diventando "famosi" in Israele. Gesù aveva beneficato già tante persone e, sicuramente - essi pensavano - sarebbe stato di benedizione anche per quella famiglia e per quei novelli sposi. Sicuramente sarebbe stato così per loro, ed è così per chiunque, anche oggi, vuol fare altrettanto!
Ecco, così che, ad un certo punto durante quei festeggiamenti, accade l'imprevisto. Gli organizzatori di questa festa nuziale, evidentemente, non erano stati abbastanza lungimiranti da fornire sufficienti provviste per tutta la considerevole durata della festa, o non avevano previsto quanto gli invitati …sarebbero stati ingordi: viene a mancare il vino! Tragedia! Terminato il vino ("essenziale" in queste occasioni) la cosa avrebbe sicuramente "rovinato la festa".
La cosa è notata da Maria, che sicuramente era una "donna di casa" sensibile, avveduta e previdente. Nel momento in cui Maria vede che il vino era finito, si rivolge a Gesù nella speranza che Egli possa risolvere il problema. E' come se Gli dicesse: "E adesso che si fa'? Hai qualche idea per aiutare questa gente a venire a capo di questa imb arazzante situazione?". Non credo che Maria si aspettasse da Gesù un miracolo, perché sicuramente Maria non Lo aveva mai visto compiere miracoli. Maria, però, conosce Gesù, sa che Egli non rimane mai indifferente quando vede intorno a Sé dei problemi, e che Egli trova sempre modo di intervenire e di venirne a capo. Gesù, infatti, quando vede un problema, non sta lì a piangere e a lamentarsene, ma si dà da fare per cercare e trovarne una soluzione, non necessariamente in modo "miracoloso".
Quando noi abbiamo dei problemi, crediamo che dei miracoli possano risolverli, ma il più delle volte basterebbe un po' più - da parte nostra - di creatività e d'inventiva… Gesù però, all'insistenza di Sua madre, considera inopportuno il Suo intervento in un caso come questo, e glielo fa notare, quasi come se le dicesse: "Ho ben altre cose di cui occuparmi che del vino che manca per l'imprevidenza degli organizzatori di questa festa. I miei interventi sono mirati e avverranno a tempo e a luogo. Ti prego di non interferire. Che c'entro io con queste cose?".
Certo, Gesù non è venuto per riempire la pancia di vino a chi coglie ogni occasione per divertirsi e che poi neanche ti dice grazie… Anche oggi spesso alcuni ritengono che Dio sia al servizio dei propri comodi e del proprio piacere e non si preoccupa minimamente di conoscere e di mettere in atto la Sua volontà. Gesù certo interverrà, ma il Suo intervento sarà una lezione importante non tanto per quella gente gaudente, ma per i Suoi discepoli e per noi che, attraverso il gesto che farà, il "segno" che compirà, avremo un'ulteriore conferma della Sua identità, della Sua autentica missione, delle finalità della Sua opera.
Maria non deve interferire nell'opera salvifica di Gesù (almeno questo non era e non è la sua vocazione, prettamente strumentale, terrena e indiretta), ma qui, almeno, dà anche a noi un prezioso e saggio consiglio: «Fate tutto quel che vi dirà» (v. 5).
Ciò che Gesù compie, la trasformazione di acqua in vino, diventa, così, una "lezione" per i Suoi discepoli. Egli imprime nella loro mente dei "segni" della Sua identità, me ssaggio e missione, che forse non comprenderanno subito, ma che più tardi saranno loro chiari.
Solo Dio può fare queste cose
Giovanni, l'evangelista, interpreta il significato di questo miracolo, prima di tutto come una manifestazione della gloria di Cristo, della Sua identità. La gloria e la potenza di Cristo è la stessa di quella che, in natura, è tale da trasformare l'acqua in vino, in seguito alla fermentazione del succo d'uva. Come vedranno in seguito, quella di Gesù è potenza per calmare un mare in tempesta, guarire da malattie, risuscitare i morti, moltiplicare pani e pesci, scacciare démoni, perdonare i peccati, ecc. ecc. Tutto questo dovrebbe portare a pensare ogni persona riflessiva: Chi potrebbe mai fare tutte queste cose assieme, se non Dio stesso? Chi mai potrebbe parlare in modo così intimo di Dio se non Colui che da sempre era stato "nel seno del Padre", che condivide la gloria di Dio Padre? Se si mettono assieme tutti questi "indizi", quella sola è la conclusione: con Gesù siamo di fronte a Dio stesso! Il concetto di "gloria" si applica, nella Bibbia, in modo supremo, soltanto a Dio, il quale è il Creatore ed il Reggitore dell'universo, e davanti al quale ogni ginocchio si deve piegare. Nell'Antico Testamento, Dio manifestava la Sua gloria con diversi avvenimenti miracolosi, ed il commento di Giovanni indica come egli voglia che i suoi lettori riconoscano la divinità di Cristo. Il Figlio di Dio possiede per Suo stesso diritto la gloria di Dio. Prima della Sua sofferenza e morte, infatti, Gesù prega, dicendo: "Padre, glorificami tu presso di te della gloria che avevo presso di te prima che il mondo esistesse" (Giovanni 17:5). Il "segno" che Gesù compie, però, pure indica altre cose.
Colui che porta gioia
Anticamente, la potenza di Dio attraverso Mosè aveva trasformato l'acqua del Nilo, in Egitto, in sangue. Quello era stato espressione del giudizio di Dio (Esodo 7:14-24) contro l'ostilità e la durezza di cuore del Faraone: questa trasformazione aveva portato molta afflizione all'Egitto. Gesù, invece, trasformando l'acqua in vino, porta gioia.
Il vino è, nella Bibbia, simbolo di gioia. "Il vino che rallegra il cuore dell'uomo" (Salmo 104.15), dice la Scrittura. Il libro dei Proverbi dice addirittura: "Date bevande alcoliche a chi sta per perire, e del vino a chi ha il cuore amareggiato" (Proverbi 31:6). C'è, però, Chi può dare gioia vera e duratura meglio ancora del vino: l'opera di Dio in Gesù. Dice una profezia: "Quelli di Efraim saranno come un prode e il loro cuore si rallegrerà come per effetto del vino; i loro figli lo vedranno e si rallegreranno, il loro cuore esulterà nel SIGNORE" (Zaccaria 10:7).
L'Evangelo di Gesù Cristo è "gioiosa notizia" perché Egli è Mediatore della riconciliazione umana con Dio, Mediatore di una rinnovata comunione con Dio. L'uomo e la donna che in Gesù e con Gesù "ritrovano Dio", trovano gioia autentica perché è solo in comunione con Dio che la creatura umana può essere davvero realizzata. Gesù è Mediatore di tutto questo, perché assumerà Lui stesso il costo di questa riconciliazione con Dio: la Sua morte, il sacrificio del Suo corpo, lo spargimento del Suo sangue per il perdono dei peccati di ciascuno che a Lui si affida. Non a caso pure il vino diventerà simbolo del sangue che Lui versa per la salvezza di coloro che a Lui sono stati affidati.
Quel vino che Gesù miracolosamente procura a quella giovane coppia di sposi, dimostrazione della Sua misericordiosa condiscendenza, è il dono della Sua grazia e indica che solo in comunione con Dio essi, e chiunque altro, potranno trovare la gioia di una vita veramente realizzata.
Colui che trasforma la realtà
La trasformazione, da parte di Gesù, dell'acqua in vino, ha pure un terzo significato: è pure segno che è Lui, Gesù, che può trasformare, cambiare veramente le cose in una persona, nella società, nella realtà stessa.
Notate da dove proviene quell'acqua trasformata in vino: da sei recipienti di pietra che contenevano l'acqua adoperata per il rito israelita della purificazione prima e dopo i pasti. "Purificarsi" così era un'usanza, una cerimonia religiosa in uso a quel tempo. Domandiamoci: quel rito poteva veramente "purificare", moralmente e spiritualmente, la vita di una persona? No, al massimo era un simbolo, ma non lo faceva veramente. Ci vuole ben altro per purificare una persona dalla contaminazione di ciò che davanti a Dio è peccato. Solo l'opera di Gesù può farlo perché Egli è "L'Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo!" (Giovanni 1:29).
Ciò che prima è solo "acqua", ora diventa "vino": riuscite a cogliere in questo il messaggio? Questo "segno" è appunto un "segnale indicatore" che punta a Gesù come a Colui che trasforma vuote cerimonie religiose nella sostanza di una vita trasformata. L'apostolo Paolo dice: "Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove" (2 Corinzi 5:17).
Di questo possono testimoniare tutti coloro che, in ogni tempo e paese, hanno affidato a Cristo la loro vita. Vorrei però aggiungere un altro elemento ancora al valore del segno che compie Gesù.
Un ottimo vino
Quando il "maestro di tavola", il "maestro delle cerimonie" assaggia quel vino che Gesù aveva procurato, sente che era molto più buono di quello che aveva bevuto fino a quel momento: diversamente dal solito, per cui il vino buono veniva servito per primo, e la qualità più scadente alla fine, egli constata che questo vino, benché servito per ultimo, era buono, anzi ottimo.
Questo mi fa venire in mente quella frase dell'apostolo Pietro che dice, anche se lo dice a proposito del latte, ma il concetto è lo stesso: "Come bambini appena nati, desiderate il puro latte spirituale, perché con esso cresciate per la salvezza, se davvero avete gustato che il Signore è buono" (1 Pietro 2:2,3). E' la citazione di un Salmo, quello che dice: "Provate e vedrete quanto il SIGNORE è buono! Beato l'uomo che confida in lui" (Salmo 34:8).
E' davvero difficile far capire a chi non lo ha mai sperimentato, quanto sia buono ed amabile il Signore, quanto sia desiderabile la Sua presenza, quanto sia soddisfacente immergersi nella Sua Parola e trovare in essa un piacere maggiore di quanto mai possa dare ciò che il mondo può offrire, ma è la realtà. Alcuni non riescono a capire, per esempio, che magnifica esperienza sia il canto dei Salmi. Essi esprimono lo stesso sentimento: "Con cuore generoso ti offrirò sacrifici; celebrerò il tuo nome, o SIGNORE, perché sei buono" (Salmi 54:7); "Poiché il SIGNORE è buono; la sua bontà dura in eterno, la sua fedeltà per ogni generazione" (Salmi 100:5); "Celebrate il SIGNORE, perch'egli è buono, perché la sua bontà dura in eterno" (Salmi 106:1); "Lodate il SIGNORE, perché il SIGNORE è buono; Salmeggiate al suo nome, perché è amabile" (Salmi 35:3).
Perché questa insistenza? Perché quanto questi salmi esprimono è vero. Non si tratta di "una questione di gusti", come di chi dice: "A me il vino non piace, sono astemio!", quasi a significare: "Se trovi piacere nella religione è affare tuo, a me piacciono altre cose". Tutti potrebbero "gustare" la bontà del Signore Iddio perché le creature umane sono state fatte originalmente proprio per questo. Ecco perché, si potrebbe dire che "i gusti" di molti dovrebbero essere "rieducati" ad apprezzare la comunione con Dio. I loro "gusti", infatti, sono stati rovinati dagli "zuccheri malsani" che tanto sono graditi a questo mondo, dalle "cattive abitudini alimentari" che troppo spesso ci caratterizzano.
Provare "il vino" di Cristo, potrebbe rivelarsi una gradita sorpresa, proprio come era stata una sorpresa per la gente a quella festa gustare la bontà di ciò che era stato loro provveduto.
Al termine del nostro racconto l'evangelista scrive: "Gesù fece questo primo dei suoi segni miracolosi in Cana di Galilea, e manifestò la sua gloria, e i suoi discepoli credettero in lui" (v. 11). Egli mette proprio in rilievo quanto fin ora ho cercato di spiegare: si tratta di un "segno miracoloso", di un indizio importante su Gesù, del primo fra quegli "indizi" che sommati l'un l'altro avrebbero condotto i discepoli di Gesù ad accompagnarlo per quei tre anni fino al Suo sommo sacrificio sulla Croce, ed oltre, alla Sua risurrezione dai morti, alla Sua ascensione ed al mandato missionario.
Anche la nostra generazione è chiamata a "raccogliere gli indizi" su Gesù, come ci sono trasmessi dalla Sua Parola registrata nella Bibbia, come pure dall'esaminare attentamente le testimonianze antiche e moderne dell'opera di Gesù in uomini e donne che si sono affidati a Lui, riflettere attentamente su di questo, e trarne le dovute conseguenze.
Si dice che la nostra generazione sia stupida e superficiale e che non rifletta abbastanza attentamente sulle cose. E' vero, secondo voi? Potrebbe essere, ma conosco molte persone che non lo sono affatto e che, dopo aver considerato attentamente tutte le cose, giungono a Cristo con fiducia, facendo di Lui il loro Signore e Salvatore. Essi Lo scoprono come la presenza stessa di Dio fra noi, come Colui che porta loro gioia, come Colui che trasforma la loro realtà, come Colui che si dimostra davvero "buono". Ancora oggi, per grazia di Dio, avviene quanto avveniva allora: "Mentre egli era in Gerusalemme, alla festa di Pasqua, molti credettero nel suo nome, vedendo i segni miracolosi che egli faceva" (Giovanni 2:23).
Dovreste forse vedere anche voi tangibili miracoli per poter credere? Non necessariamente, perché Giovanni è fiducioso che anche ciò che è scritto nella Bibbia può essere strumentale per il miracolo della conversione a Cristo. Egli, infatti, scrive: "Questi sono stati scritti, affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e, affinché, credendo, abbiate vita nel suo nome" (Giovanni 20:31). Gesù dice a Tommaso: "Perché mi hai visto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!" (Giovanni 20:29).
Che così possa avvenire anche per voi: giungere ad affidarvi consapevolmente a Cristo e "avere vita nel Suo nome".
Paolo Castellina, 16 gennaio 2003.