Sintesi: Il nostro mondo è un vero “supermercato delle religioni”. Ce n'è per tutti i gusti e preferenze. Popolari sono pure le “scatole di montaggio” per farci noi stessi i nostri idoli, quelli che meglio rispondono alle nostre aspirazioni. Lo stesso c’era nel mondo antico, come quando l’apostolo Paolo aveva visitato la città di Atene e predicatovi l’Evangelo di Cristo. Paolo, però, non si compiace di tanta religione, anzi, ne attacca frontalmente la fallacia. È ciò che deve udire anche la nostra generazione. Esaminiamolo dal testo di Atti 17:15-34.
Immaginate una scatola di montaggio fai-da-te con sopra scritto: «Costruisciti da solo il tuo dio". Nella scatola c'è tutto ciò di cui hai bisogno per crearti il tuo dio personale... Dapprima sembra divertente. Però, nel leggere le istruzioni, ti accorgi ben presto che non puoi giocare con questo dio per alcuni giorni e poi dimenticarlo. Avendoti costruito il tuo proprio dio, dovrai viverci insieme, dovrai rendergli culto ed obbedirgli.
Che dio ti potresti costruire? Potresti decidere di crearti un dio che assomigli a quell'orsacchiotto di pezza che ti teneva compagnia da bambino. E un dio che invita a farsi coccolare, che ti fa tenerezza, che sta là solo quando nei hai bisogno, e che certamente non ti darebbe tanto fastidio. Oppure potresti farti un dio così grande che debba vivere solo oltre le stelle ed i pianeti nel buco nero dello spazio. Il tuo dio sarebbe così distante che non si preoccuperebbe affatto di come tu vivi o di quello che a te piace.
Le scatole di montaggio per costruirsi il proprio dio non si trovano nei supermercati, ma gente di ogni tipo, in effetti, si è costruita il proprio dio. Alcuni sono intagliati nella roccia o nel legno, ma la maggior parte di essi la si forma nella propria mente.
Nella sua lettera ai Romani, l'apostolo Paolo spiega il perché molti si costruiscono a piacimento il proprio dio: «...perché pur avendo conosciuto Dio, non l'hanno però glorificato né l'hanno ringraziato come Dio, anzi, sono divenuti insensati nei loro ragionamenti e il loro cuore senza intendimento si è ottenebrato» (Romani 1:21). Si, il nostro zoo religioso comincia nella mente. Dio odia l'idolatria perché diffama il suo carattere: il costruttore di déi sostituisce al vero Dio una grottesca imitazione. Peggio, l'idolatra comincia ad immaginare cose su Dio e poi si comporta come se fossero vere. Davanti a Dio un ragionamento distorto conduce ad un modo di vivere sbagliato perché noi modelliamo noi stessi secondo la concezione che ci facciamo della realtà e, se è errata quale ne è il risultato? La nostra vita non sarà più grande del concetto che abbiamo di Dio. Se quel concetto è falso e bugiardo non ce ne verrà alla fine nulla di utile. Non dobbiamo però fare sforzi di immaginazione, perché Dio ha rivelato sé stesso e quella rivelazione la troviamo registrata nella Bibbia.
Dobbiamo conoscere dunque il vero Dio, non quelli creati dalle fantasie umane, ma Colui che ha rivelato chiaramente sé stesso a noi nella Bibbia e in Gesù Cristo. Leggiamo che cosa troviamo nel libro degli Atti degli Apostoli su Paolo che evangelizza nella città di Atene:
"Mentre Paolo li aspettava ad Atene, lo spirito gli s'inacerbiva dentro nel vedere la città piena di idoli. Frattanto discorreva nella sinagoga con i Giudei e con le persone pie; e sulla piazza, ogni giorno, con quelli che vi si trovavano. E anche alcuni filosofi epicurei e stoici conversavano con lui. Alcuni dicevano: «Che cosa dice questo ciarlatano?» E altri: «Egli sembra essere un predicatore di divinità straniere», perché annunciava Gesù e la risurrezione. Presolo con sé, lo condussero su nell'Areòpago, dicendo: «Potremmo sapere quale sia questa nuova dottrina che tu proponi? Poiché tu ci fai sentire cose strane. Noi vorremmo dunque sapere che cosa vogliono dire queste cose». Or tutti gli Ateniesi e i residenti stranieri non passavano il loro tempo in altro modo che a dire o ad ascoltare novità. E Paolo, stando in piedi in mezzo all'Areòpago, disse: «Ateniesi, vedo che sotto ogni aspetto siete estremamente religiosi. Poiché, passando, e osservando gli oggetti del vostro culto, ho trovato anche un altare sul quale era scritto: Al dio sconosciuto. Orbene, ciò che voi adorate senza conoscerlo, io ve lo annuncio. Il Dio che ha fatto il mondo e tutte le cose che sono in esso, essendo Signore del cielo e della terra, non abita in templi costruiti da mani d'uomo; e non è servito dalle mani dell'uomo, come se avesse bisogno di qualcosa; lui, che dà a tutti la vita, il respiro e ogni cosa. Egli ha tratto da uno solo tutte le nazioni degli uomini perché abitino su tutta la faccia della terra, avendo determinato le epoche loro assegnate, e i confini della loro abitazione, affinché cerchino Dio, se mai giungano a trovarlo, come a tastoni, benché egli non sia lontano da ciascuno di noi. Difatti, in lui viviamo, ci muoviamo, e siamo, come anche alcuni vostri poeti hanno detto: "Poiché siamo anche sua discendenza". Essendo dunque discendenza di Dio, non dobbiamo credere che la divinità sia simile a oro, ad argento, o a pietra scolpita dall'arte e dall'immaginazione umana. Dio dunque, passando sopra i tempi dell'ignoranza, ora comanda agli uomini che tutti, in ogni luogo, si ravvedano, perché ha fissato un giorno, nel quale giudicherà il mondo con giustizia per mezzo dell'uomo ch'egli ha stabilito, e ne ha dato sicura prova a tutti, risuscitandolo dai morti». Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni se ne beffavano; e altri dicevano: «Su questo ti ascolteremo un'altra volta». 33 Così Paolo uscì di mezzo a loro. Ma alcuni si unirono a lui e credettero; tra i quali anche Dionisio l'areopagita, una donna chiamata Damaris, e altri con loro" (Atti 17:15-34).
Il brano della Scrittura che avete udito è molto significativo. L'apostolo Paolo capita ad Atene, in Grecia, un grande centro di vita intellettuale e religiosa dell'antichità e lì deve passare un po' di tempo per attendere i suoi collaboratori Sila e Timoteo. Egli si trova, per così dire, in un supermercato di religioni e di filosofie. Non c'era che l'imbarazzo della scelta: ce n'era per tutti i gusti, e certamente tutto ciò susciterebbe l'ammirazione di molti oggi che dicono che tutte le religioni portano a Dio o che basti "credere in qualcosa ed essere sinceri". E' compiaciuto l'apostolo Paolo nel vedere tanto impegno religioso ed intellettuale? No, anzi, «il suo spirito gli si inacerbiva dentro vedendo la città piena di idoli», cioè fremeva dentro di sé con rabbia, e la Bibbia descrive la sua rabbia come una santa e giusta perché non è vero che tutto sia lo stesso e che conduca allo stesso fine: c'è il vero Dio vivente e vi sono false divinità che in realtà ci danneggiano e che ci porteranno mille miglia dal risanare la nostra vita per il tempo e l’eternità.
La gente che abitava i paesi del Mediterraneo a quel tempo, circa 2000 anni fa, cercava di mettere insieme il puzzle della loro vita, proprio come oggi. Tutti cerchiamo di capire infatti il proposito e il significato della nostra vita: perché siamo nati, da dove veniamo, dove stiamo andando e a questo ciascuno dà la sua risposta. Ma è quella giusta? Anche noi possiamo percorrere le nostre città e vedere gli idoli che la gente adora. Tutto ciò che si mette di mezzo fra noi e il vero Dio, tutto ciò che, nella nostra vita prende il posto di Dio, è un idolo, e l'idolo, oltre a dispiacere a Dio ci fa del male.
Così, Paolo davanti ad un tale spettacolo passa all'azione e sfida tutti quelli che incontra annunziando con chiarezza che Dio, di fronte alla confusione dei tentativi umani di conoscerLo, ha preso Egli stesso l'iniziativa di rivelarsi in Gesù Cristo ed attraverso il messaggio della Bibbia.
Paolo non teme nemmeno di discutere con gli intellettuali del tempo, i filosofi, e con loro egli parla della risurrezione di Cristo. Questo per loro era qualcosa di nuovo. Non avevano mai sentito parlare della risurrezione, e alcuni reagiscono, dicendo: "Che cosa pretende di insegnarci questo ciarlatano?". Paolo pare loro irrazionale, primitivo, credulone, o peggio, un "venditore di fumo". Così questi filosofi sfidano Paolo, forse vogliono prendersi gioco di lui, e lo portano - loro, esperti in dibattiti culturali - all'Areopago, la loro palestra delle idee. "La nostra gente si diverte molto a sentire discussioni, polemiche, nuove idee!", pensano. E' sarà proprio percorrendo quella città che trova lo spunto per il suo discorso. Vede un altare su cui è scritto: «al dio sconosciuto».
a. L'ateniese medio di quel tempo era una persona religiosa. Anche noi possiamo essere religiosi, ed anche essere stati battezzati e ciononostante camminare su una strada che non porta veramente a Dio. Possiamo essere religiosi, ma ancora carichi del fardello dei nostri peccati e delle loro fatali conseguenze. Abbiamo bisogno della presenza di Cristo in noi. La religione ateniese incoraggiava un forte fisico ed uno splendido intelletto, ma lasciava vuota l'anima. Noi abbiamo un corpo ed un'anima creata all'immagine di Dio. Essa può essere soddisfatta solo in un'autentica comunione con Lui.
b. La Bibbia dice che ad ascoltare Paolo erano gli epicurei. Erano gente interessante: pensavano che il fine della vita fosse la felicità ed il piacere. Cercavano l'assenza di dolore ed il massimo del piacere. E' l'edonismo: quanti oggi pure sono così, gente che si occupa poco o nulla del lato spirituale della vita!
c. La Bibbia dice che ad ascoltare Paolo c'erano pure gli stoici. Credevano che tutto il mondo fosse governato dalla ragione, o logica. Erano di solito gente moralmente a posto, ma molto egocentrici. Gli stoici erano dèi a sé stessi, e avevano poco tempo da dedicare per i sentimenti o per la presenza di Dio.
d. Poi c'erano quelli che si consideravano seri e liberi ricercatori della verità. Possiamo forse anche noi essere così. Anche la Bibbia dice: «conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi». Essa però dice pure che non troveremo libertà fintanto che non conosciamo Cristo. Cristo può renderci liberi. Da quali problemi desideriamo noi essere liberati? Cristo solo può sovvenire a questo nostro bisogno, ed egli lo vuole fare.
Così, quando l'apostolo Paolo aveva accolto l'invito di tutte queste persone a venire a parlare, che cosa dice?
In primo luogo osa parlare loro dell'unico e vero Dio. Egli presenta loro ciò che Dio ha rivelato di sé stesso: «Quello dunque che voi adorate senza conoscerlo, io ve lo annunzio». Dio è il Creatore, Dio è santo. Egli è immutabile. Egli è il Dio d'amore. Molti sanno che un Dio esiste, che credono in Lui, ma Egli è sconosciuto per loro, nel senso che non sono veramente in comunione con Lui.
Poi l'apostolo Paolo dice: «Dio comanda a tutti gli uomini, e dappertutto, che si ravvedano». Notate che Dio comanda che noi ci ravvediamo. Davanti alla vera immagine di Dio, quella che Egli stesso ha rivelato, Egli ci chiama a ravvederci dei nostri idoli e ad abbandonarli, a confessare i nostri peccati e ad affidare tutta la nostra vita a Cristo, l'unico nome che al mondo possa darci veramente la salvezza, l'unico "mediatore autorizzato". Siamo chiamati a cambiare opinione e ad accogliere la Rivelazione che Egli fa di Sé stesso e della nostra vera natura.
Dio è un Dio santo ed amorevole che ha donato Suo Figlio Gesù Cristo, a morire sulla croce per noi. Dobbiamo dire a Dio: "Sono su una strada sbagliata, lo riconosco con dolore, sono pronto a cambiare il mio modo di pensare e di vivere". Egli può aiutarci a farlo.
L'apostolo Paolo spiega poi perché dobbiamo ravvederci: «Poiché egli ha stabilito un giorno in cui giudicherà il mondo con giustizia, per mezzo di quell'uomo che egli ha stabilito».
L’apostolo ci rivolge il comando di Dio a ravvederci perché un giorno compariremo davanti a Dio per rendergli conto della vita che abbiamo vissuto. Nessuno potrà sfuggire a questo perché siamo stati creati come esseri responsabili, responsabili verso il nostro Creatore di come abbiamo vissuto la vita che ci ha dato. A molti questo non piace sentirlo e lo negano o lo prendono “sotto gamba”, come si dice. La cosa è però estremamente seria, drammaticamente seria, perché quel giorno molti avranno “brutte sorprese” ed è quindi quanto mai opportuno avvertirli. Immaginano che quel giorno sarà per loro facile giustificarsi o essere giustificati, ma si ingannano. Non vi sarà alcun perdono a buon mercato. La nostra vita sarà messa a confronto con quella Legge che Dio ha stabilito per la nostra vita e che ci è stata chiaramente rivelata. Nessuno potrà scusarsi e dire di non conoscerla, perché essa è sia radicata nella nostra coscienza che rivelata nelle Sacre Scritture. A noi piace udire dell’amore e della “tolleranza” misericordiosa di Dio, ma non ci rendiamo conto di come Egli pure sia perfetta e santità. Noi cerchiamo di farci un Dio di comodo che non ci disturbi troppo. Una figura del giudizio ci viene data nel libro dell'Apocalisse: «Poi vidi un gran trono bianco e colui che vi sedeva sopra... E vidi i morti, grandi e piccoli, che stavano ritti davanti a Dio, e i libri furono aperti; e fu aperto un altro libro, che è il libro della vita; e i morti furono giudicati in base alle cose scritte nei libri, secondo le loro opere. ...E se qualcuno non fu trovato scritto nel libro della vita, fu gettato nello stagno di fuoco». La legge morale alla quale Dio ci ha sottoposto è implacabile e quel giorno sarà palese come, rispetto a Dio e alla sua Legge noi siamo stati ribelli e trasgressori, e non vi sarà alcuno “sconto di pena”. Saremo irreparabilmente condannati e l’uomo che Dio ha stabilito come Giudice supremo è Cristo Gesù. Come non varranno scuse e giustificazioni varie da parte nostra (delle quali siamo maestri) in quel giorno non ci serviranno nemmeno presunti avvocati ed intercessori vari: con le loro vane pretese essi saranno respinti. “Il salario del peccato è la morte”. Siamo allora irreparabilmente perduti? Sì, è meglio che “ce ne facciamo una ragione”, anzi, la ragione della nostra condanna c’è ed è chiarissima. Non ci sarà davvero via d’uscita? Una via d’uscita, la via per uscire assolti dal tribunale di Dio c’è, ed è la sola. È la grazia di Dio in Gesù Cristo, quella che dobbiamo invocare dopo aver riconosciuto la giustizia della nostra condanna. La Bibbia afferma: “Infatti il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore” (Romani 6:23). Colui che sarà nostro Giudice è lo stesso che era venuto in questo mondo come nostro Salvatore, per vivere quella vita di perfetta giustizia che ci può essere accreditata e per pagare lui stesso, al nostro posto, la conseguenza ultima dei nostri peccati. Ricevere ora per fede in Lui la Sua giustizia e “il certificato” di pagamento di tutti i nostri debiti verso Dio - la sua morte espiatrice in croce - seguendolo ora come suoi discepoli è l’unica cosa che ci potrà salvare quel giorno, quando compariremo di fronte al Giudizio di Dio. Chi affida la sua vita a Gesù e lui si prende carico del nostro destino eterno, viene salvato. Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: "Chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato, ha vita eterna... non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita"». Gesù è risorto come pegno e garanzia della risurrezione di chi a Lui si affida.
Ciò di cui abbiamo bisogno noi oggi, come i filosofi di Atene, è speranza per il futuro. Egli solo, Gesù, può farci dono di un significativo presente e di un glorioso futuro. Per questo è essenziale affidarci a Lui rinunciando a tutte le nostre pretese ed illusioni.
Udito di peccato, di ravvedimento, e di risurrezione, i filosofi greci non vogliono più continuare ad ascoltare, non lo sopportano più, e sospendono la riunione. Troppo scomodo, troppo "ridicolo". Le reazioni della gente sono diverse.
Alcuni lo deridono: "tutto questo è assurdo". Qual era il loro problema? Forse l'orgoglio, forse la paura di quello che avrebbe la gente pensato di loro. La pressione dei propri simili li impediva di venire a Cristo. Succede anche oggi. Altri dicevano: «Ci penseremo, e forse un'altra volta prenderemo la nostra decisione». La Bibbia però dice: «Ecco ora il tempo accettevole, eccolo ora il giorno della salvezza». E' pericoloso ritardare a decidersi, perché l'opportunità può sfumare. Se oggi ti è data questa opportunità non rimandare. Altri decidono per Cristo proprio quel giorno. Forse solo pochi. Essere un credente può significare stare in una minoranza. Ma Gesù disse: «Se qualcuno mi vuole seguire, rinunzi a sé stesso, prenda la sua croce e mi segua», anche a costo di essere impopolari. Siamo pronti noi, come quelle persone, quel giorno ad Atene, a ritornare al nostro posto di lavoro, a casa nostra ed al nostro vicinato e parlare loro di Cristo? Siamo pronti a lasciare che la gente sappia che noi seguiamo Cristo?
Molti si costruiscono un dio a proprio uso e consumo: farà loro comodo per un po', ma ben presto si accorgeranno di avere ingannato sé stessi e di non avere ottenuto quello che speravano. Dio però non è questione di opinioni, di gusto, di ipotesi: questo è inutile perché Dio si è rivelato a noi chiaramente in Gesù Cristo ed attraverso la Bibbia, ed attraverso questa rivelazione Egli ci chiama al ravvedimento ed alla fede, Egli ci chiama a trovare in Lui la risposta alle nostre legittime aspirazioni.
Qualcuno ha detto giustamente: "La ricerca della verità, la ricerca di Dio, è come la ricerca di un ago in un pagliaio. Qualcuno per caso però, sedendosi, ha trovato quell'ago perché gli ha punto il sedere, ma ha preferito gettare via l'ago, perché gli era più comodo continuare a cercare nel pagliaio, piuttosto che riconoscere che la verità è stata trovata".
Seguiremo noi la presuntuosa umana follia, oppure accetteremo con riconoscenza la sfida dell'Evangelo di Gesù Cristo?
Paolo Castellina, 13 giugno 2017 - rielaborazione di un sermone del 4 febbraio 1990.