Giovanni 21:1-14

Quando non si riesce a “combinare nulla”...

Sintesi Vi è mai capitato di esclamare frustrati: E' inutile: qui non si combina niente”, “Per quanto ci provi, proprio non ci riesco”. Può essere un qualche vostro lavoro o iniziativa che "non funziona" ma per qualcuno può riguardare la sua vita stessa. C'è chi ha la sensazione che tutta la sua vita sia inutile e frustrante. Certo, è possibile che “le circostanze” gli siano avverse, ma anche una vita non “funzionerà” mai, gli sembrerà sempre inutile e deludente. Spesso sono lezioni che dobbiamo imparare: fintanto la nostra vita che non la vivremo “secondo le istruzioni del costruttore”, secondo la volontà rivelata di Dio, in armonia con Dio, non funzionerà mai. Qualunque cosa si faccia al di fuori dalla volontà di Dio sarà sempre un fallimento. È l'esperienza dei discepoli di Gesù che dopo la sua sofferenza e morte ritornano affranti al loro lavoro di pescatori. Erano esperti pescatori, ma neanche quello sembra funzionare. Che cosa devono apprendere? Lo vedremo nel racconto di Giovanni 21:1-14 quando incontrano il Cristo risorto.

Frustrazioni

Sapete che cosa vuol dire frustrazione, l'essere frustrati? “Frustrazione” deriva dal latino frustra, cioè “invano, inutilmente, senza alcun risultato o costrutto”. E' lo stato d'animo di chi ha la sensazione che tutta la sua opera sia stata o sia vana, inutile”. Si dice: “E' come sbattere la testa contro il muro”, “E' inutile: qui non si combina niente”, “Per quanto ci provi, proprio non ci riesco”.

Quando andavo a scuola, con certe materie proprio non ci sapevo fare. Andavo bene in materie letterarie oppure con la lingua inglese. Con la matematica, però, sono sempre stato un disastro! Quante ore passavo cercando inutilmente di risolvere un'equazione, oppure un problema di geometria. Prova e riprova ...nulla: il risultato non veniva! E' un'esperienza frustrante, che avvilisce, scoraggia, delude. Magari avete avuto anche voi, in altri campi, esperienze simili. Seguivate (o pensavate di seguire) le istruzioni per montare un apparecchio, un mobile, un motore... volevate far funzionare un computer bloccato, oppure dovevate imparare ad usare un programma informatico. Nulla, non ci riuscivate! Quante ore sprecate inutilmente!

Allora vi arrabbiavate o peggio, bestemmiavate. Questa faccenda della bestemmia è interessante... Perché c'è chi bestemmia ed impreca contro Dio quando non riesce a fare qualcosa? Magari, per tutto il resto del tempo a Dio non pensa, Lo ignora o afferma di non credervi, ma quando è nel bisogno, protesta e si lamenta chiedendosi perché mai Dio non intervenga e non l'aiuti! Il più delle volte, la causa delle nostre frustrazioni, però, non sono le avverse circostanze oppure ...Dio, ma siamo noi che ...non abbiamo pazienza per fare le cose correttamente, nel modo giusto, seguendo le istruzioni. Al tempo della scuola io avrei dovuto studiare meglio la matematica o chiedere che qualcuno me ne spiegasse con pazienza le regole, accompagnandomi passo per passo per comprenderle.

C'è chi ha la sensazione che tutta la sua vita sia inutile e frustrante. Certo, è possibile che “le circostanze” gli siano avverse, ma anche una vita non “funzionerà” mai, gli sembrerà sempre inutile e deludente, fintanto che non la vivrà “secondo le istruzioni del costruttore”, secondo la volontà rivelata di Dio, in armonia con Dio. Qualunque cosa si faccia al di fuori dalla volontà di Dio sarà sempre un fallimento.

Il testo biblico

Anche i discepoli di Gesù dovevano comprendere questo, ed è per questo che Gesù lo insegna loro. Un giorno essi ricevono quest'importante lezione addirittura dal Gesù risorto dai morti che appare per insegnare loro qualcosa che, evidentemente, dopo anni di insegnamento, ancora non avevano capito! Gesù, infatti, aveva detto: “Chi non raccoglie con me, disperde” (Matteo 12:30).

L'evangelista Giovanni ci racconta proprio quest'esperienza, di un giorno in cui lui, con altri sei compagni e fratelli in fede, erano tornati, frustrati, alla loro vecchia vita di pescatori. La troviamo al capitolo 21 del suo vangelo. Quel giorno si sentivano un totale fallimento! Ascoltate:

Gesù appare in riva al mare di Galilea. “Dopo queste cose, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli presso il mar di Tiberiade; e si manifestò in questa maniera. Simon Pietro, Tommaso detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e due altri dei suoi discepoli erano insieme. Simon Pietro disse loro: «Vado a pescare». Essi gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Uscirono e salirono sulla barca; e quella notte non presero nulla. Quando già era mattina, Gesù si presentò sulla riva; i discepoli però non sapevano che era Gesù. Allora Gesù disse loro: «Figlioli, avete del pesce?» Gli risposero: «No». Ed egli disse loro: «Gettate la rete dal lato destro della barca e ne troverete». Essi dunque la gettarono, e non potevano più tirarla su per il gran numero di pesci. Allora il discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, udito che era il Signore, si cinse la veste, perché era nudo, e si gettò in mare. Ma gli altri discepoli vennero con la barca, perché non erano molto distanti da terra (circa duecento cubiti), trascinando la rete con i pesci. Appena scesero a terra, videro là della brace e del pesce messovi su, e del pane. Gesù disse loro: «Portate qua dei pesci che avete preso ora». Simon Pietro allora salì sulla barca e tirò a terra la rete piena di cento cinquantatré grossi pesci; e benché ce ne fossero tanti, la rete non si strappò. Gesù disse loro: «Venite a far colazione». E nessuno dei discepoli osava chiedergli: «Chi sei?» Sapendo che era il Signore. Gesù venne, prese il pane e lo diede loro; e così anche il pesce. Questa era già la terza volta che Gesù si manifestava ai suoi discepoli, dopo esser risuscitato dai morti”(Giovanni 21:1­-14).

In questo testo, la frase “Quella notte non presero nulla” è particolarmente significativa. Pensate alla loro frustrazione e delusione! Non siete mai andati a pescare e siete rimasti là tutto il tempo senza riuscire a prendere nulla?

Il condizionamento di esperienze negative

Erano un gruppo di sette uomini, ed ognuno di loro era condizionato dalle esperienze negative che aveva fatto nel passato. Questo non era bene. Infatti, Iddio ci dà la possibilità di superare i nostri passati fallimenti, quando li confessiamo onestamente ricevendo il Suo perdono e le nuove possibilità della Sua grazia. Possiamo esserne liberati tanto da non esserne più condizionati!

Il loro Maestro se n'era andato. Lo avevano guardato mentre, arrestato e condannato, Lo avevano portato a morire su una croce. Loro se n'erano fuggiti tutti, spaventati. Sì, è vero, testimoni avevano detto che Lui era risorto dai morti. Era apparso ad amici e familiari, ma troppo pesante era il loro senso di colpa per ciò che avevano fatto e questo impediva loro di partecipare all'entusiasmo della risurrezione e passare all'azione. La memoria del passato li aveva come paralizzati.

1. Prima di tutto c'era PIETRO. Ancora soffriva dei postumi del fatto che avesse rinnegato Gesù. Pietro era rimasto fuori dal luogo dove stavano processando Gesù per vedere che sarebbe successo. Ricordate che cos'era avvenuto? “Una serva, vedendo Pietro seduto presso il fuoco, lo guardò fisso e disse: «Anche costui era con Gesù». Ma egli negò, dicendo: «Donna, non lo conosco». E poco dopo, un altro lo vide e disse: «Anche tu sei di quelli». Ma Pietro rispose: «No, uomo, non lo sono». Trascorsa circa un'ora, un altro insisteva, dicendo: «Certo, anche questi era con lui, poiché è Galileo». Ma Pietro disse: «Uomo, io non so quello che dici». E subito, mentre parlava ancora, il gallo cantò. E il Signore, voltatosi, guardò Pietro; e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detta: «Oggi, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». E, andato fuori, pianse amaramente” (Luca 22:55­-62). Il ricordo di quel fallimento lo perseguitava e lo affliggeva.

2. Anche TOMMASO aveva i suoi problemi... Era insanabilmente pessimista. Lo conosciamo come l'incredulo. In ogni cosa vedeva il peggio. Per Tommaso il bicchiere era sempre mezzo vuoto. Quando Gesù stava per mettersi in una situazione pericolosa, Tommaso aveva alzato le braccia disperato, dicendo: “Andiamo anche noi, per morire con lui!” (Giovanni 11:16). Anche quando Gesù risorge dai morti, lui mette in questione la cosa e si dimostra scettico: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, e se non metto il mio dito nel segno dei chiodi, e se non metto la mia mano nel suo costato, io non crederò” (Giovanni 20:25). Tommaso si ritirava sempre nella sua conchiglia. Era la sua protezione. Era sotto il controllo e ossessionato dai suoi passati dubbi.

3. Poi, c'era NATANAELE. Si può dire che stesse dalla parte di Tommaso: era un altro che, scettico, dubitava. Quando l'amico Filippo gli parla di Gesù, gli risponde: “Può forse venir qualcosa di buono da Nazaret?” (Giovanni 1:46).

4. C'erano anche I DUE FIGLI DI ZEBEDEO, due fratelli, Giacomo e Giovanni. Stavano sempre assieme. Erano tipi molto fieri, pronti a pronunciare giudizi di condanna su quelli che facevano opposizione a Gesù (sebbene Giovanni fosse il più sensibile dei due). Giacomo non si sapeva mai dove fosse quando le cose diventavano difficili e gli avversari facevano pressione sul gruppo.

5. Sono poi menzionati altri due discepoli di Gesù, ma non sappiamo chi fossero. In ogni caso, tutti loro avevano qualcosa nel loro passato, tale da paralizzarli e fiaccare la loro energia. Il passato può esercitare su di noi effetti di questo tipo.

Il senso di colpa ci blocca a tal punto che non riusciamo nemmeno ad accogliere la generosa offerta di grazia di Dio in Gesù Cristo. Piuttosto che confessare i nostri fallimenti e disporci a cambiare, fuggiamo da Colui che potrebbe salvarci e “fatalisticamente” accettiamo la nostra condanna... Invece che fare quel che dovremmo fare, implorare e ricevere il perdono di Dio, cerchiamo stupidamente di “rimediare” nascondendoci o impegnandoci in altre cose che ci impediscano di pensare e ci facciano illudere che ...non vi sia problema con la nostra situazione e che si possa tutto dimenticare!

Fuggire e dimenticare non risolve nulla!

E' possibile tutto questo? No. Il problema dei nostri passati fallimenti è che non vogliono rimanere nel passato. Non possiamo far finta che non esistano. Viaggiano con noi nel presente, e vi portao solo ulteriori frustrazioni e sconfitte e quindi disperazione!

Far finta che non sia successo niente, come se non avessimo mai incontrato Gesù, non risolve affatto il problema! Quei discepoli di Gesù, così, si illudevano che tornando alla loro vita precedente, presso il Mar di Tiberiade (1), avrebbero potuto dire: “Non è successo nulla! Torniamo alla solita vita, l'unica che esista! Abbiamo sbagliato a diventare discepoli di Gesù”, e tutto sarebbe ”tornato aposto”? L'odore del mare avrebbe fatto loro dimenticare Gesù. O no?

Pietro, così, dice: “Ragazzi, non so che cosa voi ave te deciso di fare voi, ma io ho preso la mia decisione: io torno a pescare! (3)! Gli altri che cosa rispondono? “Sì, ci sembra la cosa migliore da fare. Veniamo anche noi con te, Pietro”.

Ogni qual volta le cose non vanno come ci saremmo aspettati, ci guardiamo indietro e ci chiediamo se n'era valsa la pena. Quando rimaniamo frustrati, piantiamo lì tutto e ce ne andiamo altrove a fare qualcosa che ci sembra darci maggiore soddisfazione. Vogliamo solo fuggircene via. Il “compito di matematica” da fare non sparisce andando a fare “qualcos'altro di più soddisfacente”. Dobbiamo trovare il modo di affrontarlo e risolverlo!

Un comportamento ricorrente

Quest'atteggiamento, per altro, non era nulla di nuovo per Israele. Quando il popolo di Israele si era trovato a dover attraversare un deserto, dovevano imparare che cosa volesse dire la fede nelle promesse della terra promessa davanti a loro. Quando sembrava che non vi dovessero mai arrivare perché le difficoltà erano troppe, avevano detto: “Torniamo indietro. Torniamo in Egitto”. Volevano “il conforto” dell'Egitto: è vero, c'era la schiavitù, ma almeno c'era da mangiare e della sicurezza. Vogliamo una vita sulla quale ci sembra di esserne in controllo.

Capita anche ai migliori. Elia era riuscito a sbaragliare 850 profeti di Baal. La regina Izebel, però vuole vendicarsi di lui: “Allora Izebel mandò un messaggero a Elia per dirgli: «Gli dèi mi trattino con tutto il loro rigore, se domani a quest'ora non farò della vita tua quel che tu hai fatto della vita di ognuno di quelli» (1 Re 19:2). Lo minaccia di morte ed Elia se ne fugge via il più veloce possibile.

Lo stesso capita al profeta Giona. Iddio gli comanda di andare a Ninive e predicarvi il giudizio sulle loro iniquità. Giona, però, ritiene che la cosa sia troppo pericolosa, non vuole guai e cerca di fuggire lontano dalla voce di Dio. E' inutile, però, viene colto da una violenta tempesta. E' spesso così nella vita: giungono le “tempeste”, e ci sentiamo sbattuti come tappi di sughero in un oceano. Il nostro presente è fonte per noi di confusione e frustrazione. Questo, però, succede perché stiamo fuggendo.

Le “misure di ripiego” non hanno successo!

Nella loro frustrazione, così, quei discepoli cercano di fare buon viso a cattivo gioco: salgono in barca e vanno a pescare, di notte. Le luci della lanterna avrebbero attratto il pesce nella rete. Si era sempre fatto così: perché preoccuparsi?

E' ironico, ma quella notte non prendono nulla (3). Strano! Non gli era mai successo prima! Avrebbero almeno aver dovuto un qualche successo! Non erano forse esperti di pesca? Non avevano forse esperienza nel campo? Qualche volta, però, Dio ci deve mostrare che: “Non per potenza, né per forza, ma per lo Spirito mio", dice il SIGNORE degli eserciti” (Zaccaria 4:6).

Talvolta Iddio ci porta proprio là dove dobbiamo toccare con mano che ...le cose non dipendono da noi, anche quando pensiamo d'avere sufficiente esperienza per tenere la cosa in pugno! ...tutta la notte a pescare e per niente!

Quando voi ed io non siamo dove Iddio ci vorrebbe, non vi saranno mai buoni risultati, ...niente pesce! Come l'avrebbero chiamato i discepoli? Sfortuna? Quando i pescatori prendono qualcosa, lo chiamano “competenza”, “capacità”. Quando non prendono nulla, è colpa della temperatura dell'acqua, dell'esca sbagliata... Come vi sentireste se, dopo essere stati per mare tutta la notte senza prendere nulla, vi accogliessero in casa con: “Che hai preso per colazione?”. Probabilmente racconterete che avevate preso un pesce grosso così ma che la sfortuna ve l'ha fatto scivolare di nuovo in acqua! I discepoli non avevano neppure potuto dire nemmeno quello. Il mattino, completamente frustrati ed abbattuti, stavano per scendere a terra a testa bassa... Ora i primi raggi di sole stavano arrivando dall'orizzonte. Guardano sulla spiaggia e vedono un uomo che sembra attenderli. Che strano!

L'instancabile grazia di Dio

Non lo riconoscono da lontano. “Probabilmente è un altro pescatore”, pensano. Noi sappiamo che era Gesù. Iddio si dimostra ancora una volta instancabile nella Sua pazienza e generosa misericordia. Gesù li porta di nuovo nel Suo cuore e nella Sua volontà.

1. Fa loro prendere coscienza della loro situazione. Comincia a fare loro una domanda: “Figlioli, avete del pesce?” (5). Iddio ci fa delle domande per farci vedere dove stiamo, la nostra reale situazione.

Iddio chiama Adamo e gli dice: “Dove sei?” (Ge. 3:9). E' allora costretto ad ammetterlo: “Sto cercando di nascondermi da Te”. Quando Iddio ode Sara che ride all'annuncio che, nonostante la sua tarda età, avrebbe avuto un figlio, Iddio chiede: “Vi è forse qualcosa che sia troppo difficile per il SIGNORE? Al tempo fissato, l'anno prossimo, tornerò e Sara avrà un figlio” (Genesi 18:14). Abramo allora deve rispondere: “No, non c'è nulla di troppo difficile per il Signore”.

Al profeta Ezechiele, di fronte a una distesa di ossa secche, il Signore chiede: «Figlio d'uomo, queste ossa potrebbero rivivere?» E io risposi: «Signore, DIO, tu lo sai» (Ezechiele 37:3). Il Signore ce lo chiede proprio ora: “Dove sei? Che stai facendo?”. Il Signore vuole una risposta!

La domanda che Gesù fa ai discepoli è molto diretta: “Beh, allora? Non avete preso neanche un pesce, vero?“. Ciò che chiede loro, in realtà, è: “Dove sono i risultati? Dove sono i prodotti della vostra decisione di andare a pescare? Mostratemeli!”.

2. Un'onesta ammissione. La risposta che essi danno a Gesù mostra tutta la loro frustrazione. Gli rispondono semplicemente “No” (5). Anche noi talvolta dobbiamo ammettere di non essere riusciti a combinare niente, con tutta la nostra sicumera. La nostra rete è vuota. E' duro ammetterlo. Molto duro. E' questo il risultato di tutta la nostra saggezza? Non ne vogliamo parlare: ci siamo tanto affannati, ma il risultato è zero! Non abbiamo il coraggio di confessare che avevamo pensato che le misure prese avessero funzionato, e invece: niente!

Eppure, veri e propri miracoli iniziano sempre con UN'ONESTA CONFESSIONE, con l'ammettere di esserci incamminati su una strada sbagliata. Ammettere di aver fallito e di essere frustrati è l'inizio della soluzione.

3. Una possibilità di riscatto. Ecco così che, una volta ammesso di non avere preso nulla, ricevono un'indicazione preziosa: «Gettate la rete dal lato destro della barca e ne troverete» (6). Rammentate come Pietro fosse un pescatore esperto, ed ora ...un falegname “incompetente” gli dice come deve pescare! Il proverbio dice: “Non si insegna ad un gatto ad arrampicarsi”. Mai dire ad un pescatore che si ritiene esperto, come deve pescare!

Fin troppi cristiani girano a vuoto, inutilmente. Questi uomini avevano fatto del loro meglio tutta la notte, e senza dubbio anche noi pensiamo di fare del nostro meglio, ma Gesù ha di meglio che il nostro meglio!

Il pesce era sempre stato sotto la barca. Ecco perché il diavolo ci dice di muoverci, perché le benedizioni sono proprio sotto di noi e non vuole che le cogliamo. Agitati e preoccupati vogliamo darci da fare e non combiniamo niente lo stesso! Nella Sua grazia, però Iddio ci dà una preziosa indicazione: Non muovetevi, non preoccupatevi: fate solo come io vi dico!”.

Quello che non erano stati capaci a fare per tuttala notte, Dio lo provvede loro la mattina. Iddio vuole benedirci proprio là dove ci sentiamo maggiormente frustrati. Non fuggiamo, allora, dai problemi, non cerchiamo di risolverli con le nostre misure d'emergenza. Seguiamo ciò che Dio ci dice, non ciò che ci suggerisce la nostra “sapienza”!

4. Gesù, premuroso, li nutre. Iddio, per prima cosa, dà loro CIBO. Essi pescano 153 grandi pesci (6, 11). Era un peso veramente considerevole. Quintali! Perché Giovanni sembra sapere esattamente quanti ne avevano pescati? Essi li contavano quando dovevano farne le parti. Si sono fatte le ipotesi più strampalate sul significato di quel numero, 153. La risposta, però, è molto semplice. Perché i pescatori contano il numero dei pesci pescati? Perché se ne possano vantare! 153 pesci era veramente un record!

Giovanni non poteva comprenderlo. Sapeva che tutto questo era innaturale, anzi, soprannaturale. “...sembra un déjà vu. Non vi ricordate? Lo stesso era avvenuto tre anni fa, sì, quando Pietro, Giacomo e Giovanni erano in società per pescare. Anche allora non avevamo preso nulla tutta la notte, ma alle istruzioni dateci da Gesù, siamo tornati con la barca stracolma di pesci, tanto che stava per affondare [Luca 5:1­11]. Gesù è il solo a sapere come e dove trovare”pesce”!

I discepoli non riconoscono Gesù nella notte in cui non prendono nulla, lo riconosco solo quando la rete è piena! Iddio ci chiama fuori dalla nostra frustrazione e ci dà le Sue benedizioni. Egli è in controllo sia dei tempi difficili che dei tempi facili, sia del bene che del male. “O voi tutti che siete assetati, venite alle acque; voi che non avete denaro, venite, comprate e mangiate! Venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte! Perché spendete denaro per ciò che non è pane e il frutto delle vostre fatiche per ciò che non sazia? Ascoltatemi attentamente e mangerete ciò che è buono, gusterete cibi succulenti! Porgete l'orecchio e venite a me; ascoltate e voi vivrete” (Isaia 55:1­3).

Nella prospettiva di Dio, si ottengono risultati solo quando si ubbidisce a Lui, anche se ci sembra illogico... Gesù disse: “Date, e vi sarà dato; vi sarà versata in seno buona misura, pigiata, scossa, traboccante; perché con la misura con cui misurate, sarà rimisurato a voi” (Luca 6:38).

Preferisco raggiungere Gesù

Ecco, però, un dilemma, per Pietro. Aveva ottenuto ciò per cui aveva faticato tutta la notte. Da Gesù aveva ottenuto un'inaspettata benedizione: abbondanza di pesce. Poteva ritenersi soddisfatto. Eppure Pietro non rimane sulla barca con le sue benedizioni!

Ora che ha riconosciuto che si tratta di Gesù, si getta in mare e Gli va incontro. Il benefattore, per Lui, è più importante delle benedizioni. Ora non gli importa più del pesce, quel che più gli importa è seguire Gesù. Pietro non cerca Gesù per i vantaggi che ne può ottenere, ma Lo ama di per Sé stesso. “Allora il discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!» Simon Pietro, udito che era il Signore, si cinse la veste, perché era nudo, e si gettò in mare” (7), per raggiungerlo a nuoto, il più in fretta possibile!

Erano andati a pescare, erano ritornati delusi alla solita (e frustrante) vita, ma ora che Gesù gli conferma di essere il Vivente, la”solita vita” non gli interessa più. Con Gesù aveva scoperto qualcosa di molto meglio, meglio ancora del successo materiale. “Voi potete stare qui, se volete, io vado a raggiungere Gesù! Pietro, così, salta giù dalla barca, lascia tutti indietro, e va da Gesù. “No, anche se questa vita può essere di successo, ora che ho capito che Gesù vive, preferisco raggiungere Gesù!”.

Tutto è provveduto

Ecco, così, che quando arrivano a terra, c'è qualcosa che li attende: la comunione con Gesù. Avete notato il miracolo che c'è nel versetto 9? “Appena scesero a terra, videro là della brace e del pesce messovi su, e del pane” (9). Dove aveva preso, Gesù, quel pesce? E dove aveva preso la brace? Come aveva fatto ad accendere quel fuoco? Non ne ho idea. Gesù sa sempre ciò che ci serve in tempo di crisi. Egli supplisce, Egli provvede.

Egli prepara loro da mangiare e un'occasione per stare bene insieme. Quando famiglie ed amici si incontrano, è intorno ad un tavolo pieno di cibo, che lo fanno. Gli ospiti non devono portare nulla. Troveranno tutto pronto e potranno servirsi: è per loro un segno di affetto da parte dei padroni di casa! Gesù, così, li invita ad avere comunione con Lui: “Gesù disse loro: «Venite a far colazione»” (12). Pietro aveva nella barca la benedizione di 153 grossi pesci, ma Gesù aveva preparato sulla spiaggia una benedizione di pesce arrostito. Allo stesso modo, Iddio, con Gesù, ha in serbo inestimabili benedizioni. E' Lui che si fa carico dell'onere, ha qualcosa da donare per il quale noi non abbiamo fatto nulla, qualcosa che non dobbiamo neppure guadagnarci. Il Salmo 23 dice: “Per me tu imbandisci la tavola, sotto gli occhi dei miei nemici; cospargi di olio il mio capo; la mia coppa trabocca” (Salmi. 23:5). “E vi diedi una terra che non avevate lavorata, delle città che non avevate costruite; voi abitate in esse e mangiate il frutto delle vigne e degli uliveti che non avete piantati" (Giosuè 24:13). Come disse Gesù in Giovanni 14:2: “Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore; se no, vi avrei detto forse che io vado a prepararvi un luogo?”. L'apostolo Paolo lo conferma: “Ma com'è scritto: «Le cose che occhio non vide, e che orecchio non udì, e che mai salirono nel cuore dell'uomo, sono quelle che Dio ha preparate per coloro che lo amano»” (1 Corinti 2:9). Nessun occhio ha visto, nessun orecchio ha udito, nessuna mente ha concepito, ciò che Dio ha preparato per coloro che l'amano.

Siete allora frustrati, delusi, amareggiati? La Parola di Dio ci dice, allora che non siamo dove dovremmo essere. Presso Gesù, in armonia con la Sua volontà, non saremo mai frustrati e delusi, perché la vita in Lui, trova il suo maggiore compimento. Riconosciamolo onestamente e passiamo all'azione. La grazia di Dio ci accoglierà volentieri. Se non lo facciamo, non vi sorprenda che non “combiniate nulla di buono nella vita”!

Paolo Castellina, 3 aprile 2005