Apocalisse 1:4-8

Non vi può essere posto per Gesù Cristo nel Pantheon

Sintesi. L’ambizione sincretista di conciliare tutte le religioni in un unico pantheon è un’illusoria e ricorrente tentazione umanista che di fatto le vuole sottomettere ad un’ideologia che ritiene superiore ed illuminata. Il Signore Gesù Cristo, com’è autorevolmente annunciato e spiegato nelle Sacre Scritture, ci mette in guardia da questi tentativi ingannevoli presentando a chiare lettere Sé stesso e la Sua missione nell’introduzione al libro dell’Apocalisse (1:4-8), quella che esamineremo questa settimana. Si tratta di una sfida che inevitabilmente ci mette di fronte ad una scelta.

Le pretese del sincretismo

Mentre gli umanisti atei lavorano per il “superamento delle religioni”, gli umanisti religiosi lavorano per “l’unificazione delle religioni” in un grande “abbraccio ecumenico” all’insegna della pace, della tolleranza e della collaborazione. Stanchi di polemiche e contrapposizioni spesso violente, è indubitabile che quest’ultima idea risulti congeniale e desiderabile a molti della nostra generazione tanto da accogliere con entusiasmo un’iniziativa recente come quella di Berlino, dove al costo di 43 milioni di euro (sostenuto soprattutto da donazioni) si sta costruendo “un’unica chiesa per tutt’e tre le religioni” [1]: per ebrei, mussulmani e cristiani. L’idea non è nuova. La portano avanti da tempo centri di potere e religioni con ambizioni ecumeniche e mondialiste che, con la politica del sorriso e delle strette di mano, vorrebbero tenere l’intero globo sotto lo stretto loro controllo, controllo che, naturalmente, considerano “illuminato”. Questa stessa idea non era ignota nell’antica Roma dove, all’insegna della “pax romana” [2], vale a dire sotto il fermo controllo politico, economico e religioso dell’Impero romano, si era costruito quello che ancora oggi è chiamato “il Pantheon”.

Il Pantheon (dal greco: παν, pan, "tutti" e θεων, theon, "dèi") indica sia un edificio di culto, come un tempio, dedicato letteralmente "a tutte le divinità", sia l'insieme degli dèi di una specifica religione politeista. Il Pantheon era stato realizzato a Roma[3] ed è ancora oggi un edificio situato nel rione Pigna nel Centro storico, costruito come tempio dedicato a tutte le divinità passate, presenti e future. Fondato nel 27 a.C. da Marco Vipsanio Agrippa, genero di Augusto, era stato fatto ricostruire dopo un incendio dall'imperatore Adriano tra il 120 e il 124 d.C. All'inizio del VII secolo il Pantheon è stato convertito in basilica cristiana, chiamata Santa Maria della Rotonda o “ad Martyres”, il che gli ha consentito di sopravvivere quasi integro alle spoliazioni apportate agli edifici della Roma classica dai papi.

Benché legittime e desiderabili siano le aspirazioni alla pace, l’aspirazione alla “unificazione di tutte le religioni” può solo essere realizzata con l’imposizione ideologica dei presupposti filosofici del relativismo e del sincretismo e, in ogni caso, dell’umanismo [4]. Il relativismo [5] è una posizione filosofica, che nega l'esistenza di verità assolute, o mette criticamente in discussione la possibilità di giungere a una loro definizione assoluta e definitiva. Come sincretismo [6] può essere considerata qualsiasi tendenza a conciliare elementi culturali, filosofici o religiosi eterogenei appartenenti a due o più culture o dottrine diverse. Per umanismo si intende una vasta categoria di filosofie etiche che affermano la dignità e il valore di tutte le persone, basata sull'abilità di determinare giusto e sbagliato appellandosi a qualità umane universali, particolarmente alla razionalità. Esso può essere considerato come un processo attraverso cui la verità e la moralità sono scoperte attraverso l'investigazione che si focalizza sulle capacità umane di autodeterminazione demitologizzando ogni concetto di rivelazione.

Si tratta, così di una pace imposta, realizzata sottomettendo ed alterando le religioni ad un’ideologia ritenuta “superiore” o frutto di una presunta “evoluzione del pensiero”. È altresì chiaro che tutto questo non può essere accettato da chi, intendendo rimanere fedele ai presupposti della propria fede, non intende piegarsi ad ideologie estranee e vi oppone resistenza.

È il caso di chi, come noi, crede ed intende rimanere fedele al Cristo, i cui lineamenti autentici e normativi sono presentati ed esposti, in modo chiaro e inalterabile, negli scritti del Nuovo Testamento. La fedeltà a quel Cristo, che intendiamo l’unico vero e possibile, di fatto non è compatibile con l’aspirazione a costruire “pantheon”, perché per noi il Dio di Gesù Cristo e Gesù Cristo stesso, non è e non può essere “uno fra tanti”.

Giungiamo così all’affermazione che per quanto risulti “indigesta” alla nostra generazione intendiamo ribadire con forza: Non conosciamo e non vogliamo conoscere altri che Lui, Egli è unico, non equiparabile ad alcun altro.

Questo affermiamo non solo come presa di posizione intellettuale, ma anche sulla base dell’esperienza. Chi, infatti, ha personalmente fatto esperienza autentica del Cristo presentato e spiegato nel Nuovo Testamento, chi ha fatto esperienza di un’autentica conversione a Lui, neppure si sognerebbe di metterlo alla pari con chiunque altro, di “accettare come valide tutte le religioni”, perché questa pretesa non solo è irrazionale e ingannevole, ma impossibile: sarebbe in contraddizione sia con i presupposti della sua fede che con la sua esperienza. Una tale aspirazione si otterrebbe solo sacrificandovi il concetto stesso di verità, alterata ad arte.

L’esperienza dell’incontro con il Cristo risorto

Conoscere e fare esperienza del Cristo delle Scritture (prima e dopo la sua morte in croce, come il Risorto) è ciò che ci testimoniano gli apostoli di Cristo i quali ce ne parlano in termini inequivocabili come una persona del tutto incomparabile. È quanto esaminiamo oggi dal testo introduttivo al libro dell’Apocalisse, nel quale l’evangelista Giovanni registra le rivelazioni che ha ricevuto da Cristo.

Quando Giovanni ce ne parla, i termini che usa sicuramente non sarebbero considerati oggi “politicamente corretti” [7]. La verità, però, spesso non è “conveniente” e si scontra con l’apparente plausibilità di ciò che oggi è generalmente creduto. Comunque ci considereranno, è nostra precisa intenzione persistere a presentare quella immagine del Cristo e a opporre resistenza a chi li contraddice, sicuri che la verità è solo in Cristo.

Nel libro dell'Apocalisse, l'ultimo libro della Bibbia, troviamo, così, l'impressionante esperienza avuta dall'evangelista Giovanni mentre si trovava relegato nell'isola di Patmos, isola del mar Egeo a un centinaio di km da Efeso, nell'attuale Turchia. In quest'isola venivano esiliate le persone che l'autorità romana dichiarava indesiderabili, e Giovanni vi era finito, come lui stesso afferma: *perché avevo annunziato la parola di Dio e la testimonianza portata da Gesù”. Evidentemente il Gesù che Giovanni annunziava non poteva essere posto nel pantheon dei Romani, e bisognava che Giovanni “imparasse la lezione” e si decidesse ad “adattare” la sua religione all’ideologia dominante.

Su quest'isola, una domenica, mentre prega e adora il Signore, lo Spirito di Dio "si impadronisce" di lui e, rapito nell'estasi, un'estasi simile a quelle degli antichi profeti di Israele, ha una sconvolgente visione. Egli è rapito nella mente e tutti i suoi sensi sembrano sospesi ed avvinti da una forza soprannaturale. Tutto il suo intelletto viene teso ed elevato alla contemplazione degli oggetti divini, rappresentati nella visione. Gli appare così Gesù Cristo, in tutta la Sua gloria di risurrezione, il quale gli rivela ciò che dovrà accadere nella storia. Si tratta di una rivelazione che egli dovrà affidare alla chiesa cristiana affinché venga fedelmente tramandata intatta nei secoli, e della quale il popolo di Dio dovrà far tesoro. Consideriamone semplicemente oggi l’intestazione dedicatoria.

“Giovanni, alle sette chiese che sono in Asia: grazia a voi e pace da colui che è, che era e che viene, dai sette spiriti che sono davanti al suo trono e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra. A lui che ci ama, e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno e dei sacerdoti del Dio e Padre suo, a lui sia la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen. Ecco, egli viene con le nuvole e ogni occhio lo vedrà; lo vedranno anche quelli che lo trafissero, e tutte le tribù della terra faranno lamenti per lui. Sì, amen. «Io sono l'alfa e l'omega», dice il Signore Dio, «colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente» (Apocalisse 1:4-8).

Le credenziali del Cristo e i doni che Egli fa ai Suoi

Giovanni scrive questo libro a sette comunità cristiane i cui pregi e difetti potremmo considerare rappresentativi di tante chiese nel corso della storia, e in una o più delle quali noi stessi potremmo identificarci. Attraverso Giovanni è Gesù stesso che, con voce inconfondibile, come capo e Signore della Chiesa, le rivolge la Sua Parola autorevole e potente. Di volta in volta è una parola di encomio oppure di rimprovero, ma sin dall’inizio, è chiaro da chi proviene. Sin dall’inizio, infatti, Gesù stesso presenta le Sue credenziali, le sue qualifiche uniche nel loro genere evidenziandone i Suoi diritti regali di Signore. Al tempo stesso, in questa stessa introduzione al libro, il Signore Gesù evidenzia quali siano i privilegi di cui godono, per grazia, coloro che Gli appartengono, privilegi che nessun altro al mondo potrebbe conferire. Il fine ultimo di tutto questo è quello di proclamare, senza ambiguità alcuna, la gloria e la potenza del Cristo: “A lui sia la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen” (6b).

Le qualifiche del Cristo

In primo luogo, in questo testo di saluto ed introduzione, il Cristo descrive Sé stesso secondo il Suo triplice ufficio (funzione, ministero), vale a dire quello di Profeta, Sacerdote, e Re. Gesù è il Profeta per eccellenza, il Sacerdote per eccellenza, ed il Re per eccellenza. Non ne esistono di più grandi, ed ogni altro legittimo profeta, sacerdote e re fa capo a Lui e Lo serve.

1. Profeta. Gesù è “il fedele testimone” (5a). Gesù, il Cristo, è il testimone oculare di Dio. "Egli rende testimonianza di quello che ha visto e udito (...) Perché nessuno ha visto il Padre, se non colui che è da Dio; egli ha visto il Padre” (Giovanni 5:32; 6:46).

Gesù soltanto, e nessun altro che non sia stato delegato da Lui, può riportare fedelmente e comunicare qcreatura mente e la volontà di Dio Padre, ciò che Egli vuole insegnare al Suo popolo (la retta dottrina e la retta prassi). Gesù soltanto è la Parola vivente di Dio che può dirci quale sia il culto che Gli è gradito. Gesù, infatti, dice: “Dio è Spirito; e quelli che l'adorano, bisogna che l'adorino in spirito e verità” (Giovanni 4:24).

È Dio in Gesù che sceglie sovranamente coloro ai quali concedere la Sua grazia e che lo debbono servire: “Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; affinché tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia” (Giovanni 15:16).

Gesù soltanto può parlare della Sua divinità e della Sua figliolanza unica e propria, come pure della Sua perfetta uguaglianza con il Padre “...che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch'essi siano in noi” (Giovanni 17:21). Egli è l’Emmanuele, cioè Dio con noi, il Cristo, il Messia da tempo preannunciato.

In Gesù abbiamo ogni grazia e verità: “In lui abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, il perdono dei peccati secondo le ricchezze della sua grazia, che egli ha riversata abbondantemente su di noi dandoci ogni sorta di sapienza e d'intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo il disegno benevolo che aveva prestabilito dentro di sé, per realizzarlo quando i tempi fossero compiuti” (Efesini 1:7-10). A queste verità Gesù ha reso fedele testimonianza in diversi modi: nel Suo ministero, nei Suoi miracoli, alla Sua morte, e versando il Suo sangue per suggellarla; con il Suo Spirito da allora e con il ministero della Parola.

2. Sacerdote. Gesù è descritto nel Suo ministero sacerdotale nell’essere: “il primogenito dei morti” (5b), vale a dire nell’essere il primo a risorgere dai morti con il Suo proprio potere e ad una vita eterna - perché seppure fossero pochi quelli che erano stati fatti risorgere dai morti prima di lui, non era per loro propria virtù, né per vivere per sempre, ma per morire ancora. Gesù risorge dai morti come suggello della Sua identità: “Perché come il Padre ha vita in se stesso, così ha dato anche al Figlio di avere vita in se stesso” (Giovanni 5:26), come pure del successo della Sua opera sacerdotale.

I sacerdoti dell’antico Israele prefiguravano la Sua mediazione fra il popolo e Dio, e nei sacrifici che offrivano a Dio il perdono dei peccati che sarebbe stato realizzato nel sacrificio ultimo del Cristo. Gesù, il Cristo, è la primizia della risurrezione, il suo suggello e caparra, come pure la causa efficiente ed esemplare di essa. Questo carattere presuppone che Egli morì, come ha fatto, per i peccati di coloro che Gli sono stati affidati (il Suo popolo); e che risorse dai morti, come ha fatto, per la loro giustificazione: “il quale è stato dato a causa delle nostre offese ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione” (Romani 4:25).

Egli è il capo del Suo corpo, dei Suoi, ai quali è detto: “fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta[8]. Per la gioia che gli era posta dinanzi egli sopportò la croce, disprezzando l'infamia, e si è seduto alla destra del trono di Dio” (Ebrei 12:2).

3. Re. Gesù è pure descritto nel suo ministero regale nell’essere: “il principe dei re della terra” (5c). Questo potrebbe essere inteso in maniera figurata in riferimento ai discepoli di Cristo che, attraverso la grazia efficace di Cristo, e dei quali Egli è Principe o Re, essi “regnano” sul peccato, su Satana e sul mondo. Molto più di questo deve essere inteso, perché Cristo è Signore non solo della Sua chiesa, di coloro che Gli appartengono. Che la signoria di Cristo non riguardi solo la Chiesa, lo esprime bene l’apostolo Paolo: "Questa potente efficacia della sua forza egli l'ha mostrata in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla propria destra nel cielo, al di sopra di ogni principato, autorità, potenza, signoria e di ogni altro nome che si nomina non solo in questo mondo, ma anche in quello futuro. Ogni cosa egli ha posta sotto i suoi piedi e lo ha dato per capo supremo alla chiesa, che è il corpo di lui, il compimento di colui che porta a compimento ogni cosa in tutti" (Efesini 2:20-22). Di fatto, il Cristo è stato stabilito Signore dell’universo e in particolare pure al di sopra dei governanti di questo mondo, sui quali Cristo è Re e Signore, dal quale essi ricevono le loro corone e regni, e governano tramite lui, sono verso di lui responsabili ed un giorno a Lui ne dovranno rendere conto.

I doni che Egli fa ai Suoi =

Nella dossologia (attribuzione di gloria) che segue, il nostro testo, sebbene sia introduttivo all’intera opera, già mette in rilievo ciò che Dio ha compiuto, attraverso Cristo, per beneficare coloro che fa oggetto della Sua grazia salvifica. Di essi dice:

1. Sono amati. “A Lui che ci ama” (5d). Nel mondo, da Dio giustamente condannato a causa del suo peccato di ribellione e disubbidienza, Dio ha scelto “un popolo” a cui dare la grazia immeritata della salvezza. Si tratta di un grande “campione di umanità” fatto di persone da ogni luogo, tempo ed estrazione, che, unendolo al Cristo, diventa in Lui il nucleo di una nuova umanità.

Sono stati affidati dall’eternità a Cristo, e in Lui e con Lui sono amati. Quando per loro Gesù prega ed intercede, Egli dice: “Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per quelli che tu m'hai dato, perché son tuoi” (Giovanni 17:9). Essi sono amati di un amore eterno ed immutabile. Come Dio ama e si compiace del Suo Figlio Gesù, il Cristo, così Egli ama e si compiace di coloro che sono in comunione (autentica) con Gesù e ne fa oggetto degli stessi privilegi.

Si tratta di un amore che sorpassa ogni conoscenza e che mai finirà. Il mondo equivoca e distorce il significato di questo amore, ma ai cristiani di Efeso Paolo scrive: “...affinché, essendo radicati e fondati nell'amore, siate resi capaci di abbracciare con tutti i santi qual sia la larghezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità dell'amore di Cristo, e di conoscere questo amore che sorpassa ogni conoscenza, affinché giungiate ad esser ripieni di tutta la pienezza di Dio” (Efesini 3:18-19).

Si tratta di un amore tale da spingere Dio in Cristo ad identificarsi con essi, ad assumere la loro natura e la loro causa: “Egli ha dato se stesso per noi per riscattarci da ogni iniquità e purificarsi un popolo che gli appartenga, zelante nelle opere buone” (Tito 2:14). Giovanni scrive: “In questo è l'amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che egli ha amato noi, e ha mandato suo Figlio per essere il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati” (1 Giovanni 4:10). Notate: essere Lui stesso, Dio in Cristo, il sacrificio propiziatorio, in cui ha versato il Suo proprio sangue. Difatti:

2. Sono liberati dai loro peccati. Il testo dice: “A lui che ci ama e che ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue” (5e), che si può anche tradurre: “ci ha lavati dai nostri peccati nel suo sangue” (ND).

Notate come che Dio ci ami in Cristo preceda il fatto che Egli in Cristo ci ha liberati dai nostri peccati. Non è che siamo amati dopo essere stati liberati dai nostri peccati (come se quello ci avesse reso degni del Suo amore), ma ci ha liberati dai nostri peccati proprio perché ci amava. L’amore è stato la causa della nostra liberazione dal peccato e dalle sue conseguenze, non la liberazione la causa dell’amore. Infatti: “Dio invece mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Romani 5:8).

Precisiamo poi che per “liberazione dai nostri peccati” con il Suo sangue non si intende la santificazione della nostra natura (che è l’opera conseguente e graduale dello Spirito Santo) ma l’espiazione della pena dovuta al nostro peccato operata da Cristo vicariamente (al nostro posto) attraverso il Suo sacrificio cruento sulla croce. “il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato” (1 Giovanni 1:7), “In questo modo è stata espiata l'iniquità di Giacobbe, e questo è il frutto della rimozione del suo peccato” (Isaia 27:9).

Difatti, il testo, proseguendo, dice che noi (le stesse persone di cui qui parla) “ha fatto di noi un regno e dei sacerdoti del Dio e Padre suo”. Com’è prefigurato nella prassi veterotestamentaria, i sacerdoti venivano purificati, prima di accedere al loro servizio: “i sacerdoti e i Leviti si erano purificati di pari consentimento, tutti erano puri; sacrificarono la Pasqua per tutti i reduci dall'esilio, per i sacerdoti loro fratelli e per se stessi” (Esdra 6:20) [9].

3. Sono resi re e sacerdoti. “Ha fatto di noi un regno e dei sacerdoti”, che si può anche tradurre: “ci ha fatti re e sacerdoti per Dio e Padre suo” (Apocalisse 1:6 ND). L’antico popolo di Dio (Israele) era stato chiamato da Dio a essere “un regno di sacerdoti” (“mi sarete un regno di sacerdoti, una nazione santa” Esodo 19:6). Melchisedec (non a caso) era “re e sacerdote” (“Melchisedec, re di Salem, fece portare del pane e del vino. Egli era sacerdote del Dio altissimo” Genesi 14:18) e di Gesù è scritto: “Gesù è entrato per noi quale precursore, essendo diventato sommo sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedec” (Ebrei 6:20).

I discepoli di Cristo (chiamati ‘santi’ o ‘santificati’) sono fatti in Lui e con Lui “re e sacerdoti”. Sono tali in quanto figli (adottivi) di Dio, la cui podestà e privilegi essi ricevono da Cristo. Sono così eredi di Dio e coeredi con Cristo, essendo uniti a Lui. “...ma a tutti quelli che l'hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventare figli di Dio, a quelli cioè che credono nel suo nome, i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d'uomo, ma sono nati da Dio” (Giovanni 1:12-13); “E, perché siete figli, Dio ha mandato lo Spirito del Figlio suo nei nostri cuori, che grida: «Abbà, Padre»” (Galati 4:6); “Se siamo figli, siamo anche eredi; eredi di Dio e coeredi di Cristo, se veramente soffriamo con lui, per essere anche glorificati con lui” (Romani 8:17)[10]. Ad essi viene accreditata, attribuita la giustizia di Cristo [11].

Ecco così che per grazia hanno ricevuto un regno che non potrà mai più essere loro sottratto [12] com’era avvenuto agli israeliti (“Perciò vi dico che il regno di Dio vi sarà tolto, e sarà dato a gente che ne faccia i frutti” Matteo 21:43). Essi hanno il potere di re sul peccato, su Satana e sul mondo, che combattono con successo[13]. Essi sono chiamati a vivere e condursi “da re” [14] ed essi stessi sono persino serviti dagli angeli come loro attendenti e protettori [15].

Ancor più coloro che sono (autenticamente) in comunione con Cristo, appariranno un giorno quando regneranno con Cristo, sedendo sullo stesso trono ed avendo in capo la corona della vita. Alla fine saranno introdotti nel regno della gloria. “Beato l'uomo che sopporta la prova; perché, dopo averla superata, riceverà la corona della vita, che il Signore ha promessa a quelli che lo amano” (Giacomo 1:12); “Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita” (Apocalisse 2:10). Che vi potreste aspettare più di questo, o chi mai in questo mondo potrebbe (senza mentire) farci oggetto di tali promesse?

Allo stesso modo Egli li ha resi “sacerdoti” per offrire i sacrifici spirituali della preghiera e della lode, e con un cuore spezzato e con uno spirito contrito, anima e corpo, sono essi stessi un sacrificio santo ed accettevole a Dio. L’apostolo Pietro scrive: “...anche voi, come pietre viventi, siete edificati per formare una casa spirituale, un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo” (1 Pietro 2:5). Sono resi tali da Lui e da Suo Padre, non dagli uomini o dagli angeli, unti e santificati dallo Spirito, ai quali sono dati gli onori ed i favori di Cristo stesso.

Quel Cristo tornerà

Dopo tutto questo, gli increduli e gli schernitori potrebbero dire: “OK, queste sono le vostre persuasioni, le vostre fantasie. Credetele pure nel vostro privato, ma non ci interessano né ci toccano”. La risposta di Giovanni, nel nostro testo, è: “Beh, queste cose non sono una faccenda privata, perché, che vi piaccia o meno, anche voi avrete a che fare con Gesù, il Cristo, e non più come Salvatore, ma come Giudice, il Giudice dei vivi e dei morti. Giovanni scrive: “Ecco, egli viene con le nuvole e ogni occhio lo vedrà; lo vedranno anche quelli che lo trafissero, e tutte le tribù della terra faranno lamenti per lui. Sì, amen. «Io sono l'alfa e l'omega», dice il Signore Dio, «colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente»” (7,8).

Giovanni. così, riprende il concetto dell’ufficio regale del Cristo, ma non solo Re della Sua chiesa, ma Re dell’universo, il Re di questo mondo. Gesù, infatti, non è “il fondatore di una religione”, un maestro umano particolarmente saggio, “uno dei profeti”, “uno fra tanti”, ma espressione, Parola incarnata, di Colui che ha creato ogni cosa. A Lui tutto appartiene e da Lui tutto dipende. Come Gesù stesso ha prefigurato in una Sua parabola, Egli tornerà nei suoi possedimenti (questo mondo), e tutte le creature umane dovranno rendere conto di sé stesse a Lui. Egli tornerà, ma gran parte dell’umanità dice: "Non vogliamo che costui regni su di noi" (Luca 19:14).

Sarà palese a tutti

Se prima “non l’hanno visto” o per convenienza facevano finta di non vederlo, un giorno “ogni occhio lo vedrà” e “lo vedranno anche quelli che lo trafissero”. Un giorno sarà palese a tutti, anche a coloro la cui durezza di cuore ed ostinazione di mente li aveva spinti a negarlo e persino a respingerlo violentemente, vilipeso e ucciso. I giusti Lo vedranno e se ne rallegreranno grandemente; Lo vedranno nella Sua gloria, così com’é, e accoglieranno con gioia colui che hanno conosciuto, onorato, sommamente apprezzato e volentieri servito. Prima camminavano per fede e non per visione[16]. In quel giorno la loro fede sarà confermata dalla visione. Gli empi, però, lo vedranno e coperti di vergogna tremeranno; saranno pieni della più profonda costernazione e stupore. Non ne potranno neppure sopportare la vista. Fuggiranno da lui e vorranno nascondersi persino nelle montagne per non vederne il volto. Diranno: “Cadeteci addosso, nascondeteci dalla presenza di colui che siede sul trono e dall'ira dell'Agnello” (Apocalisse 6:16), ma sarà per loro tutto inutile.

Non avevano avuto scrupoli ad infliggergli i più terribili patimenti, avevano devastato il suo corpo, creduto di piegare la Sua mente e di annientarlo. “Ma noi non siamo responsabili di averlo messo in croce”, diranno. Lui, però, risponderà: "In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l'avete fatto a me" (Matteo 25:40). Indifferenza ed offesa verso il Suo popolo, vuole dire, infatti, indifferenza ed offesa a Lui. Quando Gesù risorto compare a Saulo, nemico e persecutore dei Suoi discepoli, lo fa cadere a terra e gli dice: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?” (Atti 9:4). Quante sofferenze sono state inflitte nel corso della storia ai discepoli di Gesù e lo sono ancora oggi. Non hanno scrupoli ad uccidere perché cristiani, persino donne e bambini. È come se lo facessero a Gesù, anzi, è contro il Cristo che reagiscono, lo fanno per interposta persona, perché nel perseguitare i cristiani esprimono il loro odio profondo per il Dio vero e vivente ed il Suo Cristo. Un giorno, però, quel giorno, “i minimi fratelli di Cristo” saranno vendicati ed ad averne lo sgomento più profondo saranno i loro assassini e tormentatori, servi di Satana, bugiardo ed omicida, che non potrà più proteggerli, semmai nemmeno se ne preoccupasse. Si renderanno conto di aver servito un falso dio, il loro presunto tornaconto, creduto ai suoi falsi profeti, affidatisi alle sue false promesse. Ravvedersene, però, per loro sarà troppo tardi. Spaventati per la determinazione della Sua giusta ira, tremeranno al Suo giusto giudizio. Non sarà più il tempo della misericordia, ma quello della giustizia.

Un’identità palesemente manifesta

Quando il Cristo, al Suo ritorno, siederà sul Suo trono glorioso per giudicare, la Sua identità sarà palesemente manifesta. Nel Suo Cristo e con il Suo Cristo, Egli dirà: “Sì, amen. «Io sono l'alfa e l'omega», dice il Signore Dio, «colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente»”.

L’alfa e l’omega sono la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco; noi diremmo “l’A e la Z”. Sono le parole del Cristo stesso. Egli è il primo e l’ultimo[17], ciò che l'Antico Testamento attribuisce a Dio. Non c’é prova più chiara di questa della divinità di Cristo. Egli è l’alfa e l’omega, Rispetto alla Sua natura divina Egli è “il Cristo, che è sopra tutte le cose Dio benedetto in eterno” (Romani 9:5). Nella Sua divina figliolanza, nessuno, né angeli né uomini è pari a Lui. Come supremo Figlio di Dio Egli è il Profeta, il Sacerdote ed il Re per eccellenza. Come Profeta nessun uomo ha mai parlato come Lui, o insegnato come Lui. Egli è il più eccellente sacerdote, il cui sacerdozio supera un qualsiasi altro sacerdozio terreno, perché eterno. Egli è il Re dei re ed il Signore dei signori. “Egli è il capo del corpo, cioè della chiesa; è lui il principio, il primogenito dai morti, affinché in ogni cosa abbia il primato” (Colossesi 1:18). “Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra, e sotto terra, e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre” (Filippesi 2:9-11).

Cristo è l’Alfa e l’Omega, il primo e l'ultimo. Del Patto di grazia Egli ne è il Mediatore e il Garante[18], il ratificatore e colui che lo conferma, il Patto stesso. Tutte le sue benedizioni e le promesse di Dio sono in Lui e in Lui trovano compimento. Egli è la somma e la sostanza delle Scritture, sia della legge che dell’Evangelo. Egli è l’adempimento della legge, l’argomento stesso dell’Evangelo. Egli sta nel primo versetto della Genesi e nell’ultimo versetto dell’Apocalisse Egli è il primo e l’ultimo nel libro dei propositi e dei decreti di Dio, nel libro del patto, nel libro della Creazione, essendone la causa prima ed il fine ultimo di ogni cosa, nel libro della Provvidenza, e nel libro delle Scritture. Allo stesso modo, nell’alfabeto l’A e la Z includono tutte le altre lettere, questa frase può essere espressione della perfezione di Cristo che, in quanto Dio condivide la pienezza della Divinità, tutte le perfezioni della divina natura sono in Lui e, come uomo, è stato in tutte le cose reso simile ai Suoi fratelli; e come Mediatore, ha tutta la pienezza di potenza, sapienza, grazia, e giustizia in Lui, in cui tutti coloro che Gli appartengono trovano la loro completezza. L’A e la Z è emblema pure della Sua eternità, non essendovi stato alcuno prima di Lui, né alcuno sarà dopo di Lui.

Conclusione

Ditemi un poì voi, allora, se questo Gesù, il Cristo, potrebbe mai stare nel pantheon delle divinità di questo mondo, uno fra i tanti, in una sorta di abbraccio ecumenico? Se Cristo Gesù è tutto quanto abbiamo udito dalle parole della Scrittura che oggi abbiamo esposto, ed è così, certo proprio no. Questo lo credono possibile solo coloro che non conoscono il Cristo o ne deformano proditoriamente l'immagine autentica che ce ne dà le Scritture per sottomettere tutti alla tirannia di una nuova ideologia che considerano “illuminata”.

Quando Il Signore Gesù Cristo tornerà come Egli stesso ha ripetutamente promesso, tutti gli idoli cadranno a terra e si frantumeranno impotenti, proprio come cadeva a terra l’antica statua del dio Dagon[19] nel tempio dei Filistei che non poteva stare in piedi di fronte all’arca dell’Alleanza del Dio vero e vivente.

Il perché di tutto questo è evidente: la fede che professiamo non è una delle tante invenzioni umane, uno dei tentativi umani di salire verso Dio, ma l’irrompere in questo mondo di Dio stesso che, nella persona di Gesù di Nazareth, il Cristo, il Messia, il Salvatore, viene per ricuperare a Sé quello che abbiamo chiamato un grande campione di umanità, rigenerarlo, ed unirlo a Sé stesso in una nuova creazione. I termini di tutto questo, che è l’Evangelo biblico, sono ribaditi dal Cristo risorto che fin dall’inizio si presenta a Giovanni con le sue inequivocabili credenziali e delineando quali siano i doni, le facoltà ed i privilegi che Egli conferisce a coloro che Dio Gli ha affidato.

Di fronte a ciascuno oggi si pone così una scelta: da una parte il Cristo chiaramente affermato nelle Sacre Scritture che l’Apocalisse chiama “il vangelo eterno per annunziarlo a quelli che abitano sulla terra, a ogni nazione, tribù, lingua e popolo” (Apocalisse 14:6) e dall’altra le illusioni del negazionismo e del revisionismo moderno, che di fatto moderno non è perché ripropone gli argomenti di un’umanità che pretende autonomia da Dio. È la stessa scelta che l’antico Giosuè poneva di fronte ad Israele: “E se vi sembra sbagliato servire il SIGNORE, scegliete oggi chi volete servire: o gli dèi che i vostri padri servirono di là dal fiume o gli dèi degli Amorei, nel paese dei quali abitate; quanto a me e alla casa mia, serviremo il SIGNORE” (Giosuè 24:15).

Paolo Castellina, 31 marzo 2016.

Note

    • [1] http://berlinocacioepepemagazine.com/berlino-unica-chiesa-per-tre-religioni-2014/ e http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/berlino-un-edificio-unico-per-chiesa-moschea-sinagoga-2f2462ed-d546-4d7c-94de-1f574752e990.html

    • [2] https://it.wikipedia.org/wiki/Pax_romana

    • [3] https://it.wikipedia.org/wiki/Pantheon_(Roma)

    • [4] https://it.wikipedia.org/wiki/Umanismo

    • [5] https://it.wikipedia.org/wiki/Relativismo

    • [6] https://it.wikipedia.org/wiki/Sincretismo

    • [7] E sarebbero generalmente rifiutati o convenientemente “reinterpretati” da coloro la cui mente è stata condizionata dalle ideologie moderne.

    • [8] “capo, e compitor della fede” (Diodati).

    • [9] “Infatti una gran parte del popolo, molti di Efraim, di Manasse, d'Issacar e di Zabulon non si erano purificati, e mangiarono la Pasqua, senza conformarsi a quanto è prescritto. Ma Ezechia pregò per loro, e disse: «Il SIGNORE, che è buono, perdoni” (2 Cronache 30:18).

    • [10] Vedi anche “In lui siamo anche stati fatti eredi, essendo stati predestinati secondo il proposito di colui che compie ogni cosa secondo la decisione della propria volontà” (Efesini 1:11).

    • [11] “I tuoi sacerdoti siano rivestiti di giustizia, e gioiscano i tuoi fedeli” (Salmo 132:9); “Infatti voi tutti che siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo” (Galati 3:27).

    • [12] “Chi vince io lo porrò come colonna nel tempio del mio Dio, ed egli non ne uscirà mai più; scriverò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio (la nuova Gerusalemme che scende dal cielo da presso il mio Dio) e il mio nuovo nome” (Apocalisse 3:12).

    • [13] “l nostro combattimento infatti non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti” (Efesini 6:12).

    • [14] “Io mi rallegrerò grandemente nel SIGNORE, l'anima mia esulterà nel mio Dio; poiché egli mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto nel mantello della giustizia, come uno sposo che si adorna di un diadema, come una sposa che si adorna dei suoi gioielli” (Isaia 62:5).

    • [15] “Essi non sono forse tutti spiriti al servizio di Dio, mandati a servire in favore di quelli che devono ereditare la salvezza” (Ebrei 1:14).

    • [16] “poiché camminiamo per fede e non per visione” (1 Corinzi 5:7).

    • [17] Apocalisse 1:11.

    • [18] Ebrei 7:22.

    • [19] “I Filistei, quindi, presero l'arca di Dio e la trasportarono da Eben-Ezer a Asdod; presero l'arca di Dio, la portarono nella casa di Dagon e la misero accanto a Dagon. E il giorno dopo, gli Asdodei, alzatisi di buon'ora, trovarono Dagon caduto con la faccia a terra, davanti all'arca del SIGNORE. Presero Dagon e lo rimisero al suo posto. Il giorno dopo, alzatisi di buon'ora, trovarono che Dagon era di nuovo caduto con la faccia a terra, davanti all'arca del SIGNORE; la testa e le due mani di Dagon erano mozzate, sulla soglia e non gli restava più che il tronco” (1 Samuele 5:1-4).