Samira Sabzian

storia di una “sposa bambina

di Campione Francesca Karol 3 A

Samira è stata impiccata.

Samira Sabzian Fard è la “sposa bambina” iraniana che nel 2014 aveva assassinato l’uomo che era stata costretta a sposare a 15 anni e che, per i successivi sei, l’aveva picchiata, umiliata e seviziata. Per i giudici, però, gli abusi domestici non sono un’attenuante: solo i parenti del defunto marito avrebbero potuto salvarla dal patibolo dopo la richiesta di perdono. Non hanno, però, voluto farlo e, anzi, hanno chiesto una “punizione esemplare”. Così è stato. Prima di essere impiccata, Samira è stata reclusa per otto anni tra le prigioni di massima sicurezza di Evin e di Qezel Hessar senza potere ricevere i figli, che ora hanno 10 e 14 anni. Solo la settimana precedente l’esecuzione, le è stato consentito di dire loro addio.

Alle prime luci dell’alba di mercoledì 20 dicembre 2023, le guardie sono andate a prenderla nella cella d’isolamento del carcere e l’hanno portata al patibolo dove è stata impiccata.

“L’uccisione di Samira Sabzian, è la tragica testimonianza di un sistema fondato sull’oppressione delle donne sin dalla loro infanzia”, ha commentato Riccardo Noury, portavoce italiano di Amnesty International.

Secondo l’associazione internazionale per i diritti Actionaid i matrimoni precoci rappresentano un problema gravissimo che affonda le sue radici nella povertà e in antichi retaggi culturali ancora accettati. Nel mondo, ogni giorno 33 mila bambine sono costrette a contrarre matrimonio prima del tempo e ciò significa condannarle a vivere isolate dalla società, costringerle a lasciare la scuola e ad affrontare gravidanze a elevato rischio di mortalità con conseguente e inevitabile compromissione del loro “sano” sviluppo psico-fisico.

È per questo che, in una giornata come l’8 marzo in cui in tutto il mondo si celebrano le donne, la loro determinazione e la loro forza grazie alle quali sono riuscite ad emanciparsi nella società, non possiamo non ricordare tutte quelle donne e bambine che, ancora oggi, sono private di qualsiasi diritto e per la quale è necessario mobilitarsi affinché anche a loro possano essere riconosciuti i diritti fondamentali che ad oggi gli sono negati.