LA TRAGEDIA DELLE FOIBE

di Chiaragemma D’Angelo e Serena Furno III B (A. S. 2002/2023)

Ogni anno il 10 febbraio si commemora la terribile storia delle grandi caverne verticali della regione carsica diventate una “fossa comune” per tanti innocenti.

I massacri delle foibe furono una irragionevole strage a discapito di militari e civili italiani presunti fascisti o sospettati anticomunisti, nativi della Venezia Giulia, del Quarnano e della Dalmazia, avvenuti subito dopo la Seconda guerra mondiale da parte dei partigiani jugoslavi.

Tutti gli italiani che vivevano in Istria e in Dalmazia venivano considerati oppositori politici, nemici del popolo di Tito e, in quanto tali, torturati e “buttati” come spazzatura indesiderata nelle foibe. Ancora oggi non si conosce il numero preciso dei “martiri” uccisi barbaramente.

Le esecuzioni avvenivano in modo spietato: le vittime venivano legate tra loro con un lungo filo di ferro stretto ai polsi e allineate sugli argini delle foibe, quindi si apriva il fuoco penetrando a raffiche di mitra, chi veniva colpito trascinava con sé nella foiba gli altri, anche se ancora in vita.

Con il passare del tempo i termini “foibe” e “infoibare” sono diventati sinonimi di uccisione, massacro e dramma umano in generale. Le violenze in realtà furono compiute in diversi modi: molti delle vittime morivano durante la deportazione nei campi di prigionia jugoslavi o nel tragitto verso essi e tanti altri nelle fosse carsiche.

Nel 2004, su proposta del deputato triestino Roberto Menia, viene approvata dal Parlamento italiano la legge che istituisce e consacra il “Giorno del ricordo” delle vittime delle foibe. La scelta del 10 febbraio non è causale ma voluta poiché è anniversario del Trattato di Parigi (10 febbraio 1947) con le decisioni del quale iniziò il dramma di tutta quella parte della popolazione italiana che copiosa viveva nelle regioni orientali.

Se l’uomo vuole cambiare, ogni giorno deve essere del ricordo e della memoria, non permettere mai nessuna crudeltà.