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Dopo la salita invernale all'Alpe Sattal ben tollerata dalle gambe (anche se meno dai piedi infreddoliti!), ho iniziato a cercare un posto dove potessi toccare il traguardo dei 1000 metri. Il Monte Tovo ben si prestava allo scopo, partendo dal fondovalle; era tra l'altro qualche mese che mettevo quest'escursione in secondo piano, a favore di mete più elevate. Insomma: è vero che era dicembre, ma l'altitudine massima che avrei toccato sarebbe stata poco più della minima di pochi giorni prima, che problemi ci potranno essere? Tengo d'occhio il mio abituale sito meteo e scelgo da lì la giornata meno peggiore: danno qualche goccia d'acqua ma da mezzogiorno dovrebbe rasserenarsi. Indeciso tra due sentieri, li scelgo entrambi per un giro ad anello, avendo l'accortezza di salire da quello descritto come più difficile.
Ho testato sulla mia pelle l'inaffidabilità di uno dei più famosi portali meteo: la pioggia mi ha accompagnato per quasi tutto il tempo.
Parcheggio a Doccio a mi incammino lungo il sentiero per Foresto, che presto si trasforma in una bella mulattiera; il tappeto di foglie rende scivoloso camminare sui sassi e provo a indossare i ramponcini, ma non capisco se la maggiore aderenza valga la scomodità dello zoccolo e il fastidioso tintinnare delle punte! A Foresto percorro un tratto di carrozzabile e un bivio più in su svolto a sinistra, continuando nel bosco con qualche sorpresa: poco dopo il sentiero è interrotto dalla caduta di un grosso albero, che mi rende impossibile proseguire. Mi arrampico allora sulla salita a destra e lo aggiro con difficoltà, rientrando infine sulla strada giusta. Meno male che non è successo durante la discesa!
Parentesi: al rientro ho segnalato l'ostacolo al CAI di Varallo, che ha provveduto in poco tempo a farlo rimuovere e a ripristinare la totale agibilità del sentiero; il presidente della Commissione mi ha anche notificato con una fotografia il successo dell'operazione, ho apprezzato tanto la sua gentilezza.
Proseguo a lungo nel bosco sotto la pioggia, più o meno intensa, fermandomi solo per una barretta quando incrocio una strada asfaltata. Supero un tratto più ripido per arrivare alla chiesa di San Bernardo, anche questa servita da una carrozzabile; da qui il sentiero si fa più incerto e, dalla cima Alagni... innevato! L'erba mi inzuppa subito i pantaloni e le scarpe, inadatte alla neve, ma sono quasi in cima e decido di proseguire comunque. Le impronte di un escursionista che mi ha preceduto mi aiutano a raggiungere, con qualche incertezza, la croce di vetta. Ah!!
La soddisfazione del traguardo è offuscata dalla nebbia, che non lascia intravedere nulla del panorama e che, soprattutto, blocca i raggi del Sole nei quali speravo per un po' di tepore. Inizio a perdere sensibilità alle dita dei piedi per cui proseguo immediatamente, senza nemmeno uno snack. Sono indeciso se proseguire l'anello sul sentiero che avevo previsto, che non conoscevo ma che è più breve e descritto come più agevole, oppure se fare dietrofront; opto per la prima opzione e mi incammino di buona lena.
Nei pressi di un altro incrocio con la carrozzabile trovo una roccia libera dalla neve, sulla quale mi cambio le calze fradice sperando in un sollievo dall'intorpidimento delle dita, ormai bianche e insensibili: purtroppo senza successo. Incomincio a essere preoccupato e accelero il passo, stando attendo a non sbagliare sentiero nei bivi successivi: poco prima del rifugio Gilodi stavo già per imboccare una traccia che avrebbe allungato parecchio il rientro, non voglio rischiare oltre. Il graduale aumento di temperatura e la scomparsa della neve contribuiscono, fortunatamente, a riattivare la circolazione nei piedi; solo a Foresto mi rendo conto di avere riacquistato totalmente la sensibilità. Mi tranquillizzo definitivamente e, ricordandomi di avere scattato una solo foto ricordo, ne approfitto per farne un'altra da lì. Chiudo quindi l'anello e torno al parcheggio di Doccio sullo stesso tratto che avevo percorso in salita, notando solo ora che ho un copricerchio dell'auto che si sta staccando!
Da Foresto, sguardo verso la bassa Valsesia
Dalla vetta dal monte fino a Foresto ammetto di avere avuto paura, anche se forse eccessiva in relazione alla situazione: sapevo che sarei riuscito ad arrivare in paese sulle mie gambe, ma la preoccupazione di ritrovarmi le estremità congelate mi spaventava. Col senno di poi, non credo di avere rischiato così tanto come mi sembrava quand'ero là; riconosco comunque di avere avuto la lucidità, dalla cima in giù, di fare le scelte giuste e di averle seguite con determinazione, nonostante la situazione di forte disagio.
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