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Partenza: Coggiola loc. Piane di Rivò (988 mt)
Lunghezza: ~4,4 km
Dislivello: ~700 mt
Pendenza media (su 3,6 km in salita): 19%
Segnavia: G1+G8
Punti salienti intermedi: Rifugio "La Ciota"
Scarpinata dopo scarpinata, scrivendo fiumi di parole mi avvicino sempre più alla fine, ovvero al principio: quando ho creato il sito, quattro mesi fa, ho deciso di caricare le passeggiate iniziando dal presente per proseguire poi a ritroso nel tempo. Ripenso alla gita al rifugio Monte Barone e non posso credere che siano passati più di due anni e mezzo, cribbio! L'unica consolazione è la giustificazione per le lacune nella memoria: tanto per cominciare, come avevamo scelto, io e mio fratello, quell'itinerario? Sicuramente per la fama del posto, poi credo fosse anche per una questione climatica: le escursioni precedenti culminavano sui 2000 mt di altitudine e, a inizio maggio, faceva ancora freddo e la neve non si era sciolta del tutto; meglio abbassarsi un po' di quota.
Traccia creata con Locus Map
Risaliamo gli stretti tornanti della carrozzabile e parcheggiamo alla bell'e meglio vicino alla chiesetta delle Piane di Rivò, dove un cartello indica chiaramente l'inizio del sentiero, per poi inserirci nel bosco; la memoria mi abbandona fino al rifugio La Ciota, dove stanno iniziando i preparativi per il pranzo.
Rifugio "La Ciota"
Salendo di quota, come da prassi, il bosco si dirada e noi proseguiamo costeggiando un versante della montagna, mentre si apre il panorama verso il Biellese. Una cosa me la ricordo bene: le montagne mi sembravano strane e sconosciute! Il contesto è decisamente diverso dall'alta Valsesia, alla quale mi ero velocemente abituato l'estate precedente: le vette più alte si aggirano sui 2000 mt e, nonostante la primavera inoltrata, la vegetazione stentava ancora a proliferare.
Scorcio di panorama
Certo che fa freschino eh! Ho sovrastimato il potere isolante del giubbotto che indosso; passare di fianco a qualche macchia di neve mi fa rabbrividire ancora di più.
È rimasto giù ancora qualcosa
Iniziamo a sentire la fatica e rallentiamo il passo, fin quando non avvistiamo il rifugio: esaltati dalla vicinanza del traguardo, l'entusiasmo accelera la nostra andatura. Grave errore! La salita continua a essere piuttosto ripida e il ristoro non è così vicino come sembra: lo sprint di poco prima esaurisce presto la carica e iniziamo a proseguire a singhiozzo per la stanchezza. Ma com'è che non siamo ancora arrivati, mi sembra che siano ore che lo vediamo ma rimane sempre là!!
Manca poco... Giusto?
Con un ultimo e sfiancante sforzo superiamo la breve ma ripida salita che ci separa dal rifugio, che impresa! È il caso di cambiarmi la maglia e assaggio quindi una bella botta di freddo montano sul torso nudo, ma è sicuramente meglio così che rimanere fermo, per giunta mangiando, con indosso abiti bagnati. Approfitto della fontanella del rifugio per sciacquarmi le mani: altra pessima scelta! L'acqua è gelida e non fa che infreddolirmi ancora di più, tanto che avrei voglia di indossare dei guanti anche per mangiare il panino; non perdiamo perciò troppo tempo e, dopo aver finito la birretta e scattato qualche foto, torniamo giù sullo stesso sentiero dell'andata.
Panorama dal rifugio
Le sensazioni e i ricordi sono andati smarrendosi nel tempo; l'itinerario è oggettivamente semplice, anche se un po' faticoso per chi, come noi, non era abituato a scarpinare in salita. Bell'esperienza, bel panorama e paesaggi diversi dal solito; non me ne vogliano gli amici della Valsessera, ma la prossima volta torniamo in Valsesia però eh!
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