La pila

Elettrocinetica

Un primo elettroscopio sia collegato a una sfera carica e un secondo a quella scarica. Le foglioline del primo diminuiranno la loro divergenza nell’istante in cui un filo di rame è messo a contatto con le due sfere e nello stesso momento quelle scariche del secondo acquisteranno una divergenza uguale a quelle del primo, evidenziando in tal modo un’equipotenzialità di cariche (Clicca sulla mia illustrazione sottostante). Le cariche che percorrono un conduttore generano una corrente elettrica quando esiste quindi una differenza di potenziale ed hanno verso che va dal potenziale minore a quello maggiore, poiché sono le cariche negative a muoversi nei conduttori metallici. Convenzionalmente però si continua ad accettare il verso che va dal potenziale maggiore al minore come si era creduto prima. Ai fini dello studio delle correnti elettriche il verso di percorrenza della corrente elettrica non ha importanza, salvo che non si vogliono ottenere analisi più approfondite di tali fenomeni. Nei conduttori metallici i portatori di carica, liberi di muoversi sono gli elettroni, mentre in quelli liquidi e gassosi, gli ioni negativi e positivi

Intensità di corrente elettrica

Si definisce intensità di corrente elettrica, che percorre un conduttore, il rapporto tra la quantità di carica ΔQ, che percorre la sezione di un conduttore nell’intervallo Δt e questo tempo stesso.

Im = ΔQ/ Δt

L’unità di misura della corrente elettrica è l’ampère (simbolo A), in memoria del fisico francese A. M. Ampère ed è definita dal coulomb al secondo (C/s).

La pila

La scoperta della pila deriva dall’esperienza di un medico bolognese, Luigi Galvani, il quale nel 1780 osservò che, toccando con le estremità di un archetto, composto di due metalli diversi, come rame e zinco, rispettivamente i nervi lombari e i muscoli della coscia di una rana scorticata, questa aveva una contrazione delle gambe. Il medico Galvani credeva che i muscoli e i nervi della rana si caricassero, come le armature di un condensatore, per le funzioni vitali della rana, e che al momento del contatto si scaricassero, producendo una scossa nella rana. Alessandro Volta risolse la polemica con Galbani e dimostrò che l’origine dell’elettricità dipendeva dai due metalli dell’archetto, poiché nel contatto di due conduttori eterogenei si stabilisce una differenza di potenziale, che dipende soltanto dalla loro natura e dalla temperatura. Lo stesso tipo di esperienza, ripetuto, infatti, con un arco monometallico o costituito in successione con rame tra due parti di ferro o allo stesso modo con rame, in cui è interposto il ferro, non produceva alcun effetto. Volta poi elaborò con la sua ricerca, il primo generatore di corrente a colonna, che per questo chiamò pila. Essa era costituita da una sovrapposizione di dischi di rame e zinco, separati da dischi di panno, impregnati con acqua acidulata di acido solforico e in questa colonna tra gli ultimi di rame e zinco, si creava una differenza di potenziale uguale a quella che è tra rame e zinco di un disco, aumentata “ n” volte, secondo il numero dei dischi impiegati per questa pila.

A. Volta, per supplire agli inconvenienti che presentava questa pila, ne perfezionò un’altra a corona di tazze, contenenti ognuna una soluzione acquosa di acido solforico, in cui una lastra di rame e un’altra di zinco collegano ciascuna tazza.

La lastra di zinco (elettrodo), elettricamente neutra, tende a sciogliersi nella soluzione acquosa di acido solforico. Trasformandosi in ione zinco (Zn2+), cede due elettroni per atomo e si carica positivamente. Collegando con un filo conduttore, gli elettrodi di zinco e rame, immersi nella soluzione, in un circuito esterno, gli elettroni passano al rame e lo caricano negativamente. Gli ioni H+ che si sono formati per effetto della dissociazione dell’acido solforico in acqua (H2 SO4 2H++ SO4 --) sono attratti dal rame, carico negativamente e si legano agli elettroni, formando atomi d’idrogeno e poi molecole, che essendo gassose, sviluppono bollicine in corrispondenza del polo negativo. Gli ioni di zinco Zn2+ all’interno della pila si legano agli ioni SO4 -- (Zn2+ + SO4 -- Zn SO4), assottigliando l’elettrodo di rame, mentre nuovi elettroni passano dallo zinco al rame e ricomincia il ciclo. Una lampadina collegata al circuito esterno, per effetto delle reazioni chimiche descritte, si accende. Oggi sono in uso pile che resistono più a lungo di quella descritta, che ha breve durata, per l’esaurimento dell’acqua e dell’acido solforico. Si sono ottenute pile che hanno sostituito il carbone al rame ed elementi di sostanze varie, ottenute chimicamente, all’acido solforico.