Duttilità

La duttilità è la proprietà di ridurre in fili un materiale ed è soprattutto specifica della lavorazione dei metalli, che per l’operazione della trafilatura, passati nelle filiere possono assumere sottilissimi spessori. Da un grammo d’oro, infatti, si può ottenere un filo della lunghezza di 3500 m. Le vergelle, barre di acciaio semilavorato, ottenute, come lastre e profilati per laminazione nei laminatoi, attraverso la rotazione di rulli cilindrici lisci o sagomati, sono sottoposte a una successiva lavorazione nelle trafilatrici. Le lavorazioni nei laminatoi possono considerarsi definitive, ma in alcuni casi richiedono altre lavorazioni, come per le vergelle, che tirate da resistenti tenaglie (trafilatura), sono forzate a passare in un foro sagomato di ghisa, di acciaio o di durissimo diamante per essere ridotte in fili. La lavorazione per trafilatura è simile a quella per estrusione. Il metallo allo stato plastico è introdotto in questo secondo caso in un cilindro cavo, dove è forzato da un pistone idraulico ad attraversare un’apertura sagomata, detta matrice. Allo stesso modo le fibre tessili artificiali, che si ottengono dalla dissoluzione della cellulosa con trattamenti chimici e le fibre tessili sintetiche, ottenute per sintesi chimiche, hanno un’elevata duttilità e sono ottenute per estrusione in una filiera con sottilissimi fori da cui fuoriescono i fili. Il ciclo di lavorazione per estrusione delle materie plastiche consiste nell’immettere per mezzo di una tramoggia i granuli di plastica in un cilindro, che allo stato pastoso, per l’azione del calore, spinti da una vite senza fine, fluiscono attraverso un iniettore sagomato. Con questa lavorazione sono ottenuti oltre che le barre, i profilati, i tubi, ecc. Nei metalli, quando la deformazione, rispetto alla fase di elasticità, aumenta ed è permanente anche per piccoli valori dell’applicazione della forza deformante, i materiali sono detti plastici. Questi allungamenti si prolungano nella zona di snervamento, che per i materiali duttili, come oro, argento, platino, acciaio dolce, rame, ecc., è una zona molto estesa. I materiali che invece seguono la legge di Hooke per un certo valore della deformazione, ma che poi dal limite di elasticità con un brusco passaggio passano alla fase di rottura, sono detti fragili. Il valore della tensione di snervamento dipende dalla velocità deformante della forza e dalla temperatura. I metalli si deformano plasticamente con modificazioni irreversibili per la dislocazione degli atomi, che dipende dal loro legame, con scorrimento di piani atomici. Moltissime materie prime, formate da sostanze organiche e inorganiche, naturali e sintetiche hanno proprietà che dipendono inoltre dalla loro struttura polimerica. I polimeri si possono ottenere sinteticamente per addizione o condensazione di unità chimiche uguali (monomeri) a formare grandi molecole, ma che possono talvolta legarsi con configurazione irregolare, dando prodotti fragili, come ad esempio il polistirolo. Con i raggi X si possono avere dati sulla struttura dei polimeri. Nel caso in cui i monomeri sono disposti ordinatamente e con regolarità di configurazione a formare macromolecole, i polimeri cristallizzano, ma nel caso in cui queste condizioni non sono soddisfatte, il loro stato si rivelerà amorfo e quindi non si possono ottenere materiali duttili. I polimeri cristallizabili, pur tuttavia, possono trovarsi ugualmente in uno stato amorfo, quando sono fusi. Dai rottami di vetro fuso, nonostante si sappia che il vetro sia fragile e quindi non adatto alla filatura, si possono però ottenere le fibre lunghe o corte di vetro. Il vetro, infatti, perde la sua fragilità, dovuta ai suoi difetti di cristallizzazione, e diventa duttile, acquistando proprietà di elevata resistenza meccanica, quando il filo è ridotto nelle filiere, a diametro inferiore al decimo di millimetro. La fibra corta è utilizzata in fiocco, da cui si ottengono nastri per isolamento termico e quella lunga per la scarsa conduttività elettrica e infiammabilità, in campo aerospaziale, nautico ecc., come materiale composito. Materie plastiche e fibre polimeriche si ottengono dai polimeri cristallizabili a struttura lineare. Le fibre sintetiche tra cui le polimiammidiche (nylon, perlon, lilion), quelle di poliesteri (terital o dracon), le acriliche (leacril, orlon), le prolipropileniche, usate anche per tappeti (meraklon), ecc. imitano le fibre naturali e sono resistenti alla trazione proprio per l’orientazione con cristalli paralleli delle macromolecole. Dai polimeri amorfi si ottengono gomme o elastomeri. Tutti i polimeri amorfi modificano la loro consistenza plastica in quella fragile a una temperatura di transizione, detta vetrosa perché a questa temperatura diventano fragili, come vetro. La stessa proprietà vale per le parti amorfe degli stessi. I polimeri della gomma hanno la proprietà di deformarsi e acquisire la loro caratteristica di elasticità, riprendendo la loro forma, dopo l’allungamento, soltanto sopra questa temperatura e se trattati con zolfo (vulcanizzazione). Con processi di estrusione, dal lattice naturale si ottengono fibre di gomma per calzini, corsetteria ecc., oppure sintetiche (elastan) e materiali elastomerici dei più svariati settori delle attività umane. Le caratteristiche dei polimeri, da cui scaturisce la proprietà di ridurre in fili un materiale (duttilità), variano per la struttura cristallina o per l’assenza di tale proprietà.