Densità superficiale di carica

Densità superficiale di carica

G.V.Beccaria (1716-1781) dimostrò che l’elettricità risiede all’esterno di un conduttore. Con una bacchetta di vetro, caricata per strofinio, elettrizzò una sfera cava, dal suo nome perciò detta, “pozzo di Beccaria". Verificò che il dischetto di un corpo di prova, dotato di un manico isolante, inserito all’interno della sfera e poi messo a contatto con la pallina di un elettroscopio, non segnalava alcuna elettrizzazione delle foglioline, mentre posto a contatto con la superficie esterna della sfera, produceva una deflessione delle stesse, indicando che essa era carica.

Elettrizzando una sfera isolata e ricoprendola con due semisfere A e B di metallo (emisferi di Cavendish), sorrette da manici isolanti e allontanando poi queste ultime, si può verificare che la sfera ha perso la sua carica, mentre le due semisfere si sono elettrizzate. Questo esperimento rileva che lo strato superficiale della sfera è carico, a riconferma dell’esperienza di Beccaria.

L’elettricità si porta sulla parte esterna di un conduttore, come ha riconfermato in seguito Faraday. Egli costruì una grande scatola cubica, ricoperta di metallo, isolandola da terra, nella quale egli entrò e nonostante fosse esternamente elettrizzata in ogni parte, con presenza di scintille, nessuna influenza elettrica fu segnalata neppure sugli elettrometri, posti al suo interno. L’esperienza è identica, se il conduttore è costituito da una rete metallica e per questo qualsiasi apparecchio può essere protetto da schermi, detti appunto, gabbie di Faraday.

Il rapporto tra la quantità di carica e la superficie considerata definisce la densità superficiale di carica: σ=∆Q/∆S.La seguente formula, σ= ∆Q/4πr2, è simile alla precedente e si applica alla superficie di un conduttore a forma sferica. L’elettricità inoltre si distribuisce uniformemente sulla superficie esterna dei conduttori sferici. In quelli allungati la densità non è costante: si concentra maggiormente alle estremità ed è maggiore nelle parti convesse che nelle concave. Le cariche, per la repulsione esistente tra quelle dello stesso segno, si portano quindi dalla parte interna di un conduttore a quella esterna, che non possono abbandonare per l’azione isolante dell’aria. La tensione o pressione elettrostatica, che si esercita sull’aria, aumenta con l’aumento di densità sul conduttore, soprattutto quando esso è dotato di una punta, da cui le cariche sfuggono per l’enorme tensione esercitata in essa dall’accumulo di elettricità. Per questa esperienza, definita come potere delle punte, le molecole dell’aria si ionizzano con cariche dello stesso segno e si respingono, generando per similitudine ai fenomeni atmosferici “un vento elettrico o soffio”, che piega o spegne la fiamma di una candela, posta davanti a una punta di un conduttore. A sua volta, quando la punta è mobile, " arganetto elettrico", s’induce per reazione la sua rotazione.

Nel buio, l’elettricità positiva, dispersa dalle punte, evidenzia un pennacchio di luce violacea e quella negativa un punto luminoso.

Il parafulmine.

Nel secolo XVII, Beniamino Franklin, per impedire i danni provocati dai fulmini, ideò il parafulmine, a protezione degli edifici, utilizzando il potere delle punte dei conduttori. Il fulmine è una scarica elettrica, che avviene tra le nubi e la terra e si determina per elevate differenze di potenziale (decine di milioni di volt), con una corrente di 10 ampere. I suoi effetti, quando la sua scarica colpisce, sono disastrosi. In questo caso, uccide gli esseri viventi, ma può essere utile la respirazione artificiale per salvare una vita; inverte i poli magnetici di una calamita; magnetizza il ferro; fonde i metalli; provoca combustioni; rompe in pezzi i corpi poco conduttori; vetrifica i materiali silicei, formando nel suolo le folgoriti, ammassi vetrosi a forma di tubo e vuoti, che raggiungono fino a 10 metri di lunghezza. Gli edifici, i metalli e gli alberi, soprattutto quelli non resinosi e quindi buoni conduttori, sono particolarmente colpiti dai fulmini. Il parafulmine è costituito da un’asta metallica, terminante con una punta di materiale inalterabile di elevata conducibilità elettrica, posta sulla sommità di un edificio. Passando una nube sul parafulmine, per influenza, richiama sull’asta l’elettricità di segno opposto. La nube si neutralizza e si evita in tal modo il fulmine. Nel caso in cui le cariche sono insufficienti a neutralizzare la nube, la scarica è attirata dalla punta e passando attraverso l’asta è dispersa al suolo, evitando i suoi danni devastanti.