C’è una vetta più alta
dove pietre ed aquile
l’arco del cielo aprono
alla luna più sacra.
Lontano,
le scrive
storie di sabbia
il sibilo del vento:
pietra bruciata,
dignitosa e solenne,
più d’ogni gloria,
immobile e magica,
per nuvole inquiete.
S’ innalza, ardita,
sui piani celati del mondo:
vetta attonita
all’azzurro struggente,
ai suoi fiori di neve,
vetta che s’ama,
che non sarà più risalita,
di tenera rugiada, al risveglio,
di stelle cadenti
e meraviglie scrutate.
Sale su nascondigli,
trasognata di bellezza,
esalta vita,
che nessuno saprà prevedere,
sorte in lotta
d’angelo e demone.
L’alta scalata
potrà scolpire
la sua appartenenza
alle ali dell’immaginario.
Vana fatica,
allora, sarà stato il decollo,
un pensiero profondo
senza passaggio,
che raccoglie
tra pietre ed abissi,
la storia del vento.
Neanche l’immaginario,
che al reale coesiste,
si ripeterà.
Non potrai,
ridisceso,
più risalire,
quando si gelerà il calore
di rocce roventi
nella tua anima,
che come secca golena
conosce
la fervida piena.
Silvana De Angelis
Per vivere la vita,
basta un solo istante,
riemerso da strade profonde
o bloccate
della propria anima.
E’ ciò che conosci:
un giorno lontano,
che nasce e rinasce.
Non ha parole.
Scritto nel cuore,
come in una roccia,
è già vissuto e sarà in vita,
come esplosioni
di splendidi fuochi d’artificio,
con raggianti
colori dell’immensità.
Racchiude
il mistero del suo tempo.
Sarà sempre lontano e presente,
come radice profonda
o memoria
che ha scritto la sua storia,
per librarsi nell’aria
alla profonda bellezza
di tutto ciò che vive,
quando da una ricerca interiore
il proprio sé si ritrova, oltre
un’inconsapevole apparenza.
Silvana De Angelis
Ognuno è fuori della tua vita.
Potresti rinunziare,
per come vorresti che fosse.
Per strade che nessuno conosce
un velo d’ironia
si posa in ogni luogo,
nella misteriosa,
oscura vita di un indiano
dal turbante celeste,
sul volto di un mendicante,
di un suonatore di colore,
su quella
leggiadra di un bianco volto,
come statua di Canova.
Silvana De Angelis
Due rossi gerani
appena illuminati.
Un cane abbaia.
Il grillo canta.
Scende il sopore,
con l’afa
che tormenta
la piacevole brezza.
Mete lontane
prosciugheranno
il tempo
fino all’ultima goccia.
Un ricamo di stelle d’oro
avvolge tutto
in una ragnatela.
Chi,
appartiene a se stesso,
se il passato
non è più presente,
l’esistere
rinasce ai mutamenti
e oggi non siamo più noi?
Chi,
appartiene a se stesso,
anche se siamo,
per quello che siamo stati,
che abbiamo dimenticato,
o che nel battito veloce
di un tempo andato,
crediamo
di aver dimenticato?
Due rossi gerani
appena illuminati.
Il grillo canta.
Silvana De Angelis