L' acciaio

Conversione della ghisa in acciaio

Fabbricazione dell'acciaio

L’acciaio è un prodotto siderurgico molto utilizzato e la sua produzione supera un miliardo di tonnellate l’anno. Si ottiene nei convertitori dalla ghisa di prima fusione, decarburandola al punto voluto mediante ossigeno, con produzione di CO (ossido di carbonio), per diminuire la quantità di carbonio in essa contenuta ed eliminando elementi estranei. Idrogeno e azoto sono uniti ai materiali di carica per contatto con l’ambiente durante la lavorazione. Insufflando argon sotto la massa fusa, si producono bolle gassose, che agglomerano e rimuovono anche l’idrogeno e l’azoto. Oltre all’affinazione per ossidazione, è necessaria quella per disossidazione, per ottenere acciaio, detto “calmato”, eliminandone l’ossigeno, che peggiora le sue proprietà meccaniche. Quest’affinazione si ottiene per precipitazione, aggiungendo elementi, che hanno molta affinità con l’ossigeno, come alluminio, silicio, magnesio, o disossidando la scoria, che si combina con l’ossigeno del metallo fuso per diffusione, oppure sottovuoto.

Forni per l'acciaio

I forni per l'acciaio, detti convertitori, hanno più breve durata, rispetto all’altoforno, che deve essere demolito dopo tredici anni. Il contenuto in percentuale del carbonio varia negli acciai extra dolci da meno di 0,15% fino allo 0,75% e al 2,11% negli extra duri. Il convertitore L.D., acronimo di Linz e Donawitz, città austriache in cui fu messo in funzione per la prima volta, è il più utilizzato nel mondo e ha sostituito il Martin –Siemens per le migliori prestazioni qualitative e quantitative. Dalla siviera la ghisa liquida è versata nell’apertura superiore del convertitore piriforme. In esso si aggiungono rottami di ferro e calce per la defosforazione e desolforazione e vi s’invia, mediante una lancia, ossigeno puro a forte velocità, elemento che si combina facilmente con quasi tutti gli elementi e che rispetto all’aria genera una combustione più vivace. Il carbonio perciò si ossida (combustione) e genera il calore necessario per fondere i rottami. Oltre all’ossidazione del carbonio, del silicio, del manganese, ecc. si ottengono scorie, dovute alla calce aggiunta nel convertitore. Per le reazioni di ossidazione la temperatura sale da 1350°C a 1600°C. Dopo quindici minuti, con questo procedimento, senza uso di combustibili, la percentuale di carbonio si abbassa e la ghisa si trasforma in acciaio.

Procedimento Bessemer

Nell’antico procedimento Bessemer, molto simile al precedente, applicato per la prima volta nel 1855, si utilizza un convertitore anch’esso piriforme, rivestito internamente di materiale refrattario siliceo (metodo acido) per favorire la separazione della ganga da ghise non fosforose e a basso contenuto di zolfo. La ghisa fusa si versa nel forno da un’apertura superiore e diversamente dal procedimento LD, che utilizza ossigeno puro, attraverso tubi vi s’insuffla invece aria calda compressa, che percorre da un fondo inferiore il successivo mediante una serie di ugelli, comunicanti con l’interno del convertitore. In tal modo per l’azione del calore si ha l’ossidazione del carbonio (decarburazione), del silicio, del manganese ecc. e raggiunta la temperatura di circa 1500°, l’acciaio resta fuso, mentre si alimenta la reazione di combustione degli ossidi volatili, che allo stato gassoso, formano fiamme con luce diversa dalla bocca del forno. Si può terminare il processo di decarburazione secondo la quantità di carbonio che deve essere contenuto nell'acciaio. Vi si aggiungono il carbonio e un disossidante per eliminare l’ossido di ferro, che danneggia la qualità dell’acciaio, quando la decarburazione è completa. Un asse di rotazione, disposto lateralmente nei punti mediani del convertitore permette di abbassare l’apertura superiore per scaricare l’acciaio. Per le ghise fosforose nel 1878 si applicò il procedimento Thomas, che sostituisce al rivestimento silicio, quello basico di dolomite calcinata. Si forma anidride fosforica, che si combina con la calce aggiunta e si ottengono scorie, utilizzate come concimi fosfatici. Il processo Bessemer è in disuso, poiché le tubiere avevano l’inconveniente di otturarsi, insufflando aria, e l’azoto in essa contenuto assorbiva calore. Il processo Thomas è tuttora usato nei paesi europei, ricchi di minerali fosforosi ed è stato tecnicamente perfezionato.

Procedimento Martin-Siemens

Il processo Martin-Siemens (1868) utilizza un forno di refrattario acido o basico, riscaldato con gas. In un forno s’introducono ghisa, rottami e minerali. In esso avviene la produzione dell’acciaio a temperature di 1600-1700°C, per mezzo di aria calda e gas, che arrivano mediante canali da quattro camere sottostanti (recuperatori) e che per l’azione di una valvola a farfalla funzionano a coppie, recuperando il calore alternativamente dai prodotti della combustione del forno. Si ottengono così acciai di qualità, con il vantaggio ecologico ed economico di recuperare i rottami.

Forni elettrici

I forni elettrici sono di vario tipo. Quelli elettrici a resistenza possono funzionare per induzione o con resistenza ausiliaria. Quello ad arco può immettere calore irradiante o indiretto, oppure diretto (Electric Arc Fornace o EAF) con suola conduttrice (a riscaldamento uniforme) o senza di essa. In generale il forno ad arco ha una capacità di 30 – 100 tonnellate di metallo fuso, ed è dotato di un impianto per la presa di ossigeno e un’altro per il recupero e l’abbattimento dei fumi. E’ costituito da un crogiuolo (tino), cilindrico e ruotabile, raffreddato ad acqua nella zona più alta da elementi tubolari in acciaio. Si carica con quantità minime di ghisa (12,15% del totale), con calcio durante la fusione, per la formazione di scorie (slag) e con rottami di ferro, poveri di carbonio e aggiunti a più riprese, per il loro eccessivo volume, da ceste a fondo apribile, poste sull’imboccatura superiore da un carro-ponte . Si versa nel forno la carica preriscaldata con il recupero dei fumi di combustione, che consente un risparmio di energia elettrica e si abbassano gli elettrodi in prossimità dei metalli. I fondenti abbassano la temperatura di fusione e il calore, che può raggiungere temperature intorno ai 3000°C, è prodotto elettricamente dall’arco voltaico con elettrodi di grafite, inseriti all’interno del forno, attraverso l’apertura superiore a chiusura. Bruciatori a ossigeno inoltre immettono fiamme all’interno, per uniformare il calore e la fusione nelle parti meno calde e quando tutti i metalli sono completamente fusi, la scoria galleggia in superficie per la minore densità. Il fondo concavo del forno è rivestito di materiale refrattario di tipo basico ed è dotato di un canale di colata da cui si versa l'acciaio fuso, inclinando il forno oppure da un foro in posizione eccentrica (eccentring botton tapping) sul fondo, per evitare che coli insieme con le scorie schiumose. La schiuma, favorita dalla basicità delle scorie, dall’ossigeno insufflato, protegge gli elettrodi dall’usura e permette un migliore trasferimento di calore. La scoria è eliminata mediante inclinazione del forno da una porta opposta al canale di colata. Il forno non è svuotato totalmente per favorire il successivo innesco dell’arco elettrico.

Recupero dei fumi delle acciaierie

I fumi recuperati proteggono il forno dal rischio di esplosione in assenza di precombustione (scintille e gas, rimasto nei condotti oppure ossigeno e gas combustibile, proveniente da forni diversi). Essi sono convogliati da un foro, situato sulla volta del forno (quarto foro) o in una camera (dog-house) con porta, in cui il forno è incapsulato, o con cappe di aspirazione, fino ai filtri in cui avviene l’abbattimento delle ceneri, accoppiando variamente questi sistemi di presa. I condotti dei fumi sono raffreddati ad acqua. La polvere di acciaieria in quantità di 25 Kg per tonnellate, contiene metalli pesanti e presenta problemi sia per lo smaltimento, che per costose possibilità di recupero.

Lavorazione dell'acciaio

L’acciaio decarburato, ottenuto dopo l’affinazione, con soffiaggio di ossigeno, cola alla temperatura di 1680° (spillaggio) in una siviera, che è un grande recipiente cilindrico in acciaio, con un rivestimento refrattario all’interno. All’impianto di captazione dei fumi, provenienti dal forno fusorio o a quello indipendente, sono convogliate anche le emissioni del forno-siviera, durante l’affinazione di acciai inossidabili. Oggi l’affinazione dell’acciaio e altri trattamenti per alcuni tipi di prodotti, legati alla temperatura di lavorazione, avvengono nel forno a siviera per accelerare il processo produttivo, dove il metallo è convogliato, dopo la fusione, mediante contenitori, detti "siviere". Il fuso passa nelle lingottiere, dove è trasformato in lingotti e dopo raffreddamento, è lavorato in tempi successivi oppure nel ciclo continuo di lavorazione. Dal fondo mobile delle lingottiere scende allo stato solido ma incandescente, tra una serie di rulli che lo trasformano in barre, dette blumi e bramme, rispettivamente a sezione quadrata e rettangolare. Dopo successivo raffreddamento con getti d’acqua sono sottoposti nei laminatoi a successive lavorazioni tra rulli disposti a coppie e a deformazioni, che sfruttando la duttilità e malleabilità della lega, lo trasformano in vari prodotti, che le industrie meccaniche sottopongono a successive lavorazioni.

Il forno principale, quello a siviera e la produzione continua costituiscono negli impianti più moderni un processo automatizzato gestito da un server. Uno schema multifunzionale con tasti richiama le funzioni del sistema con gestione della ricerca guasti e relativo stato di ogni sequenza di automazione, integrati da file giornalieri in foglio “excel ” per indagini e statistiche precedenti. Dalla quantità dei rottami, alla fusione, dalle analisi alla temperatura, ecc., in tutti gli eventi del processo di produzione, con gestione automatica, si ha la cronologia di ogni fase di produzione.