Induzione elettromagnetica

Induzione elettromagnetica

(per le Scuole superiori)

Michael Faraday nel 1831 intuì che allo stesso modo in cui una corrente circola in un filo, creando un campo magnetico, come aveva sperimentalmente dimostrato Oersted, così era possibile ottenere una corrente elettrica da un campo magnetico. Verificò la sua intuizione, mediante due avvolgimenti di filo di rame isolato, in modo da formare due bobine opposte, intorno a un nucleo di ferro a forma di anello. Le due bobine erano inserite in due circuiti distinti. Nel primo era inserito un generatore di corrente e un interruttore. Nel secondo un galvanometro. Soltanto in due momenti, l’ago rilevava un passaggio di corrente: nel momento istantaneo in cui si chiudeva il primo circuito e nel momento in cui si apriva, quando l’ago tornava indietro, nel punto di partenza.

Si specifica che un solenoide o un magnete sono detti inducenti, se creano un flusso magnetico che si concatena con un altro circuito, detto indotto. Ci sono vari modi per generare correnti indotte. Nella figura sottostante è rappresentato un circuito, in cui è inserito un galvanometro e un solenoide. Avvicinando a quest’ultimo un magnete, il galvanometro rileva un passaggio di corrente con la deviazione del suo indice, che ritorna a zero, nel momento in cui si arresta il moto del magnete. Al contrario, allontanando il magnete, la corrente circola nuovamente, ma in senso opposto, come rivela il galvanometro. Sostituendo al magnete delle figure sottostanti un altro solenoide (non rappresentato), percorso da corrente, si avrà lo stesso risultato, avvicinandolo o allontanandolo al secondo solenoide con galvanometro, per la variazione del flusso concatenato.

Il fisico E. C. Lenz, nel 1834, osservando il verso della corrente indotta, mediante il galvanometro, formulò la seguente legge: il verso della corrente indotta crea un campo d’induzione magnetica, che si oppone alla variazione prodotta dal flusso inducente di un campo. Avvicinando al solenoide, il polo nord di un magnete, come nelle figure dell’esempio precedente, si crea, infatti, secondo Lenz, una forza elettromotrice indotta ei, che crea nel solenoide una corrente elettrica. Quest’ultima, a sua volta, origina un campo B, che ha un verso opposto al campo induttore. In questo modo, perciò, si avrà repulsione, poiché si forma lo stesso polo nel solenoide, per cui la corrente indotta circola nel verso antiorario. Allontanando dal solenoide il polo nord del magnete, invece, si crea attrazione poiché si forma il polo sud nel solenoide e la corrente indotta circola in senso orario. Ugualmente, una corrente indotta in una spira ha un verso concorde con quello della corrente inducente, quando essa decresce e discorde quando aumenta, come indicato nelle sottostanti figure, osservando il verso delle frecce e del galvanometro.

Un altro esempio d’induzione magnetica si può esaminare, disponendo una spira, con la sua superficie di contorno e con l’asse di rotazione, perpendicolarmente alle linee di forza di un campo magnetico, come nella figura in basso. In questo caso il flusso concatenato con la spira è massimo. Facendo ruotare la spira, il galvanometro a essa collegato segnala il passaggio di una corrente, poiché variando da zero a π l’angolo α, tra la normale alla superficie della spira e il vettore B, il flusso d’induzione varia, quindi, da ΦB al valore - ΦB.

Aumentando l’intensità di corrente con un reostato, come nel circuito inducente della figura sottostante, la corrente circolerà in un verso, all’opposto di quella ottenuta, diminuendone al contrario l’intensità. Si avranno analogamente i medesimi effetti, inserendo negli stessi circuiti dei due solenoidi, un cilindro di ferro, che aumenta però l’intensità della corrente indotta. Il passaggio di corrente si avrà comunque in entrambi i casi, soltanto durante lo spostamento del reostato.

Dalle esperienze degli esempi d’induzione precedente, si rileva che con rapide variazioni del flusso d’induzione, concatenato con il circuito, la corrente indotta aumenta, mentre con variazioni lente diminuisce. Variando inoltre le resistenze r1 e r2 di due solenoidi identici, ma di materiale diverso, si avranno per eguali variazioni di flusso concatenato, in tempi uguali, due correnti indotte i1 e i2, tali che:

e perciò i1 r1 = i2 r2. Il prodotto dell’intensità della corrente per la resistenza totale esprime la forza elettromotrice del circuito, per cui si può dedurre che una corrente indotta in un circuito è generata da una forza elettromotrice indotta. Il fisico tedesco Franz Ernst Neumann (1798-1895), definì l’intensità della forza elettromotrice (F.E.M.), che genera la corrente indotta dai risultati delle esperienze di Faraday e di Lenz, con una legge, per questo detta di Faraday-Neumann: la forza elettromotrice indotta è direttamente proporzionale alla variazione ΔΦb del flusso d’induzione, concatenato con il circuito e inversamente proporzionale all’intervallo Δt, quando varia il flusso d’induzione magnetica, concatenato con il circuito.

In questa formula compare il segno meno, che dà significato alla legge di Lenz. La forza elettromotrice è legata quindi alla variazione del flusso d’induzione magnetica. Da questa formula si deduce che l’intensità della corrente indotta aumenta, se varia più velocemente il flusso magnetico e diminuisce se esso è più lento. Nel Sistema internazionale, ei è espresso in volt, Φb in weber e t in secondi. In un circuito chiuso, non collegato a un galvanometro o a un elettrometro, la corrente indotta è definita dal rapporto tra la forza elettromotrice indotta e la resistenza del circuito:

Si ricorda che la forza elettromotrice di un generatore, specificata con "e", deve essere misurata quando non si genera corrente (circuito aperto). E’ espressa dalla differenza di potenziale e si misura tra i morsetti del generatore, collegato perciò a un elettrometro. In un circuito chiuso, invece, in cui circola una corrente, la differenza di potenziale è così indicata: VA – VB = e – ri, in cui r è la resistenza interna del generatore, per questo, indicata di seguito con ri, mentre “i” è la corrente che circola in esso, come nel conduttore metallico del circuito. Questa formula ci restituisce, ponendo i = 0, in un circuito aperto: VA – VB = e (forza elettromotrice). Per un maggiore approfondimento, è facile intuire che sostituendo i valori della differenza di potenziale VA – VB = e – iri, nella legge di Ohm sottostante:

si ottiene:

da cui risulta: e = i (r + ri) e quindi i = e/r+ri , che comprova, in un circuito chiuso, la formula n.3.

La variazione del flusso magnetico nell’istante t e t1, nella funzione Φb (t), riferendoci nuovamente alla legge di Faraday-Neumann, si può scrivere sotto forma del seguente rapporto incrementale:

Per convertire il potenziale elettrico nei suoi multipli o nei suoi sottomultipli, può essere utile utilizzare il convertitore al seguente indirizzo:

http://www.convertworld.com/it/potenziale-elettrico/Volt.html

Esercizio

Un campo magnetico costante varia dal valore B = 0,70 a B = 1,10 in un intervallo di 4 secondi. In esso è immersa una spira di raggio r = 20 cm, perpendicolare al campo. Calcolarne la forza elettromotrice indotta.

Valore dei due flussi:

Φb = B·A·cos0o = B·πr2·1 = 0,70T·π·(0,2m)2 = 0,087

Φb = B·A·cos0o = B·πr2·1 = 1,10T·π·(0,2m)2= 0,138

In quattro secondi la variazione di flusso è la seguente:

ΔФ = 0,138 Wb – 0,087 Wb = 0,051 Wb

Applicando la legge di Faraday – Neumann, si ottiene: