Il petrolio

Petrolio

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Ipotesi sulla formazione del petrolio

Il petrolio, che significa olio di pietra, dal latino petra e oleum, è un liquido infiammabile, oleoso, di composizione variabile secondo la sua provenienza, formato prevalentemente da una miscela d’idrocarburi, che sono combinazioni del carbonio con l’idrogeno. La sua densità varia da 0,76 a 1,06; il suo potere calorifico oscilla da 10000 a 11000, con punto d’infiammabilità vicino a 0° e vapori che possono originare scoppi. Insolubile in acqua e poco solubile in alcool, scioglie i grassi, il bitume e le resine e può essere sciolto dal benzolo, dall’etere e dal cloroformio. Secondo l’ipotesi più accreditata si è formato dal fitoplancton e resti di animali marini e terrestri, depositatisi sul fondo di mari interni, golfi e paludi, che in epoche geologiche passate, inglobati insieme all’acqua marina tra i detriti delle erosioni, per sconvolgimenti della crosta terrestre, in condizione di temperatura e pressione crescente, si sono solidificati. Per l’azione dei batteri anaerobici, che vivono in assenza di ossigeno, queste sostanze prevalentemente di origine animale hanno perso l’ossigeno e si sono arricchiti di carbonio e idrogeno. A circa 150° e diversi Km. di profondità, con pressioni di 1000 atmosfere in un processo naturale di “kracking”, si è completata la formazione del petrolio e si sono formati i gas, che essendo più leggeri, sono migrati in una roccia impermeabile, accumulandosi in alto. Le goccioline di petrolio, spostate dall’acqua, sono penetrate tra le fessure, si sono spostate dalla roccia madre, in cui si sono formate, fatta di sedimenti argillosi, muovendosi verso l’alto per la maggiore leggerezza, rispetto all’acqua. Hanno smesso di spostarsi quando hanno incontrato zone lenticolari di roccia arenaria, protetta da strati impermeabili, formando una trappola, dove allo stesso modo è migrato altro petrolio da altre rocce, fino a formare un giacimento. Esso riaffiora in superficie se al contrario le rocce sono permeabili.

Estrazione del petrolio

I giacimenti del petrolio sono individuati in base alla natura dei terreni e perciò i geologi sanno dove si può trovare il petrolio e i geofisici completano questa ricerca. I metodi usati sono diversi. Il metodo magnetico e gravimetrico si basa sulle variazioni del campo magnetico e di gravità e il sismico su quelle dell’onda riflessa, provocata da cariche, esplose nel sottosuolo. Si completa la ricerca con sondaggi, perfezionati tecnicamente, fino a profondità di 7000 m. per stabilire la forma delle rocce. Per la perforazione si utilizza una torre a traliccio (Derrick), fornita al centro di una tavola rotante (rotary), attivata da motori, che mette in rotazione una grossa asta d’acciaio (Kelly). Procedendo la trivellazione, s’intubano nuove aste alla prima, per raggiungere maggiori profondità. L’ultima asta è munita di scalpello. All’interno delle aste, per raffreddare e lubrificare lo scalpello, si fa circolare un fango speciale, che risale nell’intercapedine tra le aste e la parete del pozzo ed è rimesso nuovamente in ciclo, dopo filtrazione. Scoperta una falda petrolifera, si perforano altri pozzi, per valutare l’estensione del giacimento. Completata la fase di ricerca, si rinsaldano tubi nell’intercapedine, per evitare fughe d’idrocarburi e s’inseriscono altri tubi (tubing) di piccolo diametro dai sette ai 12 cm., per condurre il petrolio dal giacimento all’esterno. L’estremità superiore del tubing è raccordata a un sistema di valvole, detto in gergo "albero di natale”, per l’erogazione controllata del petrolio, che giunge ai serbatoi. Per trasportare il petrolio alle petroliere o alle raffinerie si fa scorrere il petrolio in tubazioni di acciaio, capaci di resistere a forti pressioni (pipe-lines), che attraversano zone piane e montagne: gli oleodotti. La propulsione avviene con potenti pompe nelle stazioni di partenza e intermedie. Queste condotte formano reti che percorrono interi continenti.

Composizione chimica del petrolio

Il petrolio è costituito da idrocarburi saturi a catena aperta della serie paraffinica (Cn H2n+2) e chiusa della naftenica (CnH2n), della serie olefinica (CnH2n), non satura, a catena aperta e inoltre aromatica con i derivati del benzene (C6H6). In percentuale molto bassa, nel petrolio sono presenti composti solforati, ossigenati e azotati.

Raffinazione del petrolio e prodotti di lavorazione

Nelle raffinerie il petrolio grezzo è prima sottoposto a sedimentazione per eliminare acqua, sali e sabbia in sospensione e allontanare la frazione gassosa. Il frazionamento per estrarre i suoi derivati si può ottenere, per distillazione frazionata in caldaie collegate tra di loro, munite di apparecchiature, per distillare gli oli a varie temperature (deflegmatori). Con la condensazione frazionata, invece, tutto il petrolio greggio è prima introdotto in un forno alla temperatura di 400°, per cui trasformato in vapore, passa poi in una torre o colonna di frazionamento, in cui sono disposti dei piatti forati a colonna . Essi delimitano zone con temperature, che si abbassano gradualmente verso l’alto, dove attraverso i fori, i vapori continuano a salire e si condensano nei vari derivati del petrolio. Fino a 180°- 200° si ottengono oli leggeri o gasolina, da cui per nuova distillazione si producono l’etere di petrolio e le benzine a diverse temperature, secondo il loro uso. Da 200° a 280° si ottengono gli oli medi, detti anche lampanti, o Kerosene. Quest’ultimo è usato come propellente per aerei e per impianti di riscaldamento. Da questi oli, se purificati, eliminando i composti solforati e le sostanze asfaltiche, si ricavano anche benzine, nafte solventi, anticrittogamici e petrolio per motori di uso agricolo. Da 280° a 350° circa si ha l’olio da gas (gasolio o gas- oils), usato per motori diesel e per riscaldamento domestico. Oltre i 320° si hanno residui e oli pesanti (fuel-oils), da cui si ricavano combustibili per uso domestico, per forni, caldaie, che sottoposti al cracking (rottura di catene molecolari in quelle più corte) danno oli leggeri. Gli oli pesanti sono sottoposti a nuove distillazioni con diverse temperature e a raffinazioni per ottenere i lubrificanti, utilizzati variamente per eliminare gli attriti tra parti metalliche. Dagli oli pesanti inoltre si ottengono, sia paraffina, usata per fabbricare candele, cerini, ecc., che la vaselina usata per pomate e cosmetici. Il petrolio è una delle fonti di energia, più utilizzata e non rinnovabile; perciò è destinato a esaurirsi. Con il suo utilizzo si è sviluppata, inoltre, l’industria petrolchimica, che produce plastica, fibre sintetiche e detersivi.

Inquinamento da petrolio

L'inquinamento da petrolio è causato soprattutto dalle petroliere per il frequente lavaggio delle cisterne in mare. Per gravi incidenti nel trasporto del greggio, troppe volte gli idrocarburi si sono versati per centinaia di chilometri quadrati nei mari e negli oceani, i cui ecosistemi con tutti i suoi organismi animali e vegetali, a causa di questa nera marea d'idrocarburi hanno subito gravi danni. Scene apocalittiche di pesci morti e uccelli marini, sommersi da quest'olio vischioso, con il loro piumaggio distrutto, se raramente vivi, si sono susseguiti ripetutamente sulle coste, dove sono stati sospinti dai mari e dagli oceani. Si è cercato di porre rimedio a questo grave inquinamento con solventi, ma l'emulsione prodotta, pur eliminando le chiazze di petrolio, produce zone di inquinamento al disotto della loro superficie. Lo sfruttamento di fonti energetiche non rinnovabili, con la combustione del carbone, del legno, del petrolio e dei suoi derivati, come benzina per veicoli da trasporto, genera sostanze nocive anche nell'aria e quindi per la vita degli esseri viventi. Tra di esse, il monossido di carbonio (CO), riduce la capacità del sangue di trasportare ossigeno ai tessuti. Allo stesso modo, il biossido di azoto può provocare gravi danni alle vie respiratorie, come bronchiti, edema polmonare, enfisema. L’anidride carbonica (CO2), originata da qualsiasi combustione, è ritenuta responsabile dell’effetto serra con i suoi temibili cambiamenti climatici. Gli ossidi di zolfo (SOx), prodotti dalla combustione di composti, contenenti zolfo, creano danni cronici alle vie respiratorie, come per esempio l’anidride solforosa (SO2), emessa dagli aerei, che reagendo con il vapore acqueo o con altri gas, si trasforma in (H2SO4), che è la causa delle piogge acide. Infatti, si ha la seguente reazione: SO3 + H2O = H2SO4. I laghi della Scandinavia e dell'America settentrionale, per questo, sono rimasti privi di pesci: sotto il valore 5,5 di ph, i pesci, come i molluschi e i crostacei muoiono. Allo stesso modo mari e oceani subiranno, nel tempo, lo stesso mutamento. Le piogge acide inoltre hanno creato danni irreversibili sulla vegetazione d’intere foreste e sui monumenti e gli edifici, trasformando in gesso i materiali marmorei. Bisognerebbe promuovere maggiormente l'uso dei veicoli elettrici e attivare corsi di formazione professionale nelle officine, per la loro riparazione.

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