Energia idraulica

L’acqua presente per il 75% sul nostro pianeta è un elemento indispensabile alla sopravvivenza della vita ed è inoltre utilizzata in vari settori tecnologici, come nelle centrali idroelettriche, che producono energia, da sorgenti, fiumi, laghi e mare. L’energia idraulica, in tempi remoti, fu utilizzata nei mulini per muovere le macine, mediante il movimento rotatorio di una ruota, trasmesso dalla corrente, che riutilizzato all’inizio dell’Ottocento in varie applicazioni: macchine per segherie, per l’industria tessile, conciaria e meccanica, mantici e magli per fabbri, ecc., dette impulso alla rivoluzione industriale, prima dell’introduzione della macchina a vapore. Nel 1880 nel Northumberland, in Inghilterra, si creò il primo generatore elettrico, accoppiato a una turbina, ottenuto dall’evoluzione della ruota, per produrre energia idroelettrica, ancora oggi in uso. Essa si ottiene, generalmente, dai bacini di raccolta naturali o artificiali da cui l’acqua, frenata da dighe di sbarramento, scende in rapida pendenza, nelle massicce tubazioni (condotte forzate) e con notevole energia di caduta investe le pale delle turbine, mettendole in rotazione. L’energia potenziale dell’acqua, trasformata in cinetica durante la discesa, genera energia meccanica, trasmettendo la rotazione a un albero, collegato a un alternatore. Quest’ultimo per mezzo dell’induzione elettromagnetica produce energia elettrica. Le centrali idroelettriche funzionano ininterrottamente e perciò un serbatoio inferiore in alcuni impianti è destinato ad accumulare l’acqua, che ha fornito energia elettrica nelle ore diurne, mentre di notte è pompata in un serbatoio superiore dall’alternatore, che è in grado di funzionare come motore, attivando una pompa. Così si ripristina la quantità d’acqua da riutilizzare. Secondo il tipo d’impianto si raggiungono potenze diverse. Turbine di portata minima, si usano, quando la quantità dell’acqua è “poco variabile” e per questo si scarica nei corsi d’acqua, nei laghi o per altri usi quella che avanza, oppure si mettono in funzione diverse turbine in parallelo, efficienti a turno, secondo la portata. Nel caso in cui il volume d’acqua è “molto variabile”, con piovosità ridotta e periodi di piena, i laghi di raccolta, se non hanno enormi dimensioni e non sono in grado di contenere la giusta quantità d’acqua, scaricano allo stesso modo quella in eccesso. Nei periodi in cui, invece, per scarsa piovosità, soprattutto dopo l’utilizzazione, diminuisce il livello d’acqua, cala anche il rendimento di questi tipi d’impianto. Le centrali ad acqua fluente sono meno utilizzate in Italia e più frequenti nei paesi con grandi fiumi, come negli Stati Uniti e Russia. Una diga ne sbarra il corso, formando un bacino con un dislivello dell’acqua di 10 - 20 m. La diga è dotata di paratoie, simili a grosse porte, che si aprono quando il fiume è in piena. Nella parte superiore della diga sono posti gli alternatori, la cui rotazione è trasmessa dalla forza dell’acqua, che fa girare le pale delle turbine. Ugualmente si può ottenere l’energia idraulica dal mare. In Bretagna, infatti, nei pressi di Saint Malo’, sull’estuario del fiume Rance è stata costruita una centrale idroelettrica che sfrutta il fenomeno delle maree per trasformarne l’energia cinetica in elettrica. L’altezza delle maree raggiunge i tredici metri e la marea avviene due volte il giorno. Le turbine Kaplan, adatte per questo salto dell’acqua, non molto alto, producono l’energia meccanica, che trasmettono all’albero dell’alternatore. Oltre che dalle maree è possibile ottenere energia dal mare sfruttando le correnti, le onde e perfino il gradiente termico tra i fondali e la superficie.

Per calcolare la potenza erogata da una centrale idroelettrica, basta moltiplicare la portata della condotta (m3/s) , per l’altezza di caduta (H), per γ (peso specifico dell’acqua = 1000kg/m3), per l’accelerazione di gravità (9,8 m/s2). Indicando con η il rendimento, con Pt la potenza teorica (W), con Pn quella netta (W), si ha:

Pt=Q*H*γ*9,8

La potenza netta è una parte di quella teorica, cui l’attrito ha sottratto una minima parte. Il rendimento è espresso dal rapporto tra quella utilizzata e quella assorbita. Perciò si ha: η=Pt /Pn , da cui

Pn (potenza netta)=Pt (Potenza teorica)*η (rendimento).