L'oca

Le oche sono animali importanti per l'etologia. Grazie a loro, Konrad Lorenz spiegò l'imprinting,ecco le sue parole:

<<Era giunto il grande momento: per ventinove giorni avevo covato le mie venti preziose uova di oca selvatica; o meglio io stesso le avevo covate solo negli ultimi due giorni, affidandole per quelli precedenti ad una grossa oca domestica bianca e un altrettanto grossa e bianca tacchina….Solo negli ultimi due giorni io avevo tolto alla tacchina le dieci uova biancastre, ponendole nella mia incubatrice….E ora il momento fatidico era arrivato…La mia prima ochetta selvatica era dunque venuta al mondo, e io attendevo che divenisse abbastanza robusta per poter ergere il capo e muovere alcuni passetti. La testina inclinata, essa mi guardava con i suoi grossi occhi scuri…A lungo, molto a lungo, mi fissò l’ochetta e quando io feci un movimento e pronunciai una parolina, quel minuscolo essere improvvisamente allentò la tensione e mi salutò… E io non sapevo ancora quali gravosi doveri mi ero assunto per il fatto di aver subito l’ispezione del suo occhietto scuro e di aver provocato con una parola imprevidente la prima cerimonia del saluto. La mia intenzione era infatti di affidare, una volta che fosssero usciti dall’uovo, anche i piccoli covati dalla tacchina alla summenzionata oca domestica…Portai l’uccellino in giardino, dove la grassa biancona se ne stava nella cuccia del cane… infilai la mano sotto il ventre tiepido e morbido della vecchia e vi sistemai per bene la piccina, convinto di aver assolto il mio compito. E invece mi restava ancora molto da imparare. Trascorsero pochi minuti, durante i quali meditavo soddisfatto davanti al nido dell’oca, quando risuonò da sotto la biancona un flebile pigolio interrogativo. In tono pratico e tranquillizzante la vecchia oca rispose. Ma invece di tranquillizzarsi come avrebbe fatto ogni ochetta ragionevole, la mia rapidamente sbucò fuori da sotto le piume, guardò con un solo occhio verso il viso della madre adottiva e poi si allontanò singhiozzando…. Allora io feci un lieve movimento e subito il pianto si placò: la piccola mi venne incontro col collo proteso, salutandomi….Sospirando mi presi la piccola e la portai in casa…fu solennemente battezzata col nome Martina[1]”