STORIA: in India, non ha fondatore, circa II millennio a.C. da popolazioni originarie che si fusero con tribù nomadi e guerriere, gli arii, dalla pianure centro-asiatiche dando vita a nuovo culto, misto.
Oggi: professato da quasi un miliardo di persone (900 mln.), specie indiani (perché indu si nasce)
LIBRO SACRO: alla base sta una serie di libri, i Veda, con inni, canti, formule sacrificali e di magia e stregoneria; in essa stanno le Upanisad (testo più filosofico).
DIO: Le divinità sono molteplici, e possono manifestarsi assumendo forme momentanee dette avatar, forme di pesci, piante, tartarughe, uomini, bevande, principi, nani; se lo fanno è sempre per ristabilire il bene. Invocano dunque molti dei ma si tratta sempre dell'unico spirito chiamato Brahman (dal primo millennio acquista sempre più forza l’idea di questo principio unico divino, il Brahman, l’Assoluto, fondamento di tutti i mutamenti).
Non vengono però eliminate le antiche credenze politeiste: soprattutto vengono tenute in considerazione la trimurti, Brahma (colui che crea, con i suoi 4 volti), Rudra Shiva (colui che consuma, con corpo blu e otto braccia), Visnu (colui che conserva e discende per risolvere le difficoltà come Krsna, o Budda, che danza o è in preghiera).
E relative mogli (Saraswati, Laksmi, Kali).
CREDO: Nell’uomo si trova una piccola scintilla del divino, l’atman (anima?), che permette la conoscenza.
L’atman (l’anima) trasmigra in un continuo ciclo di vita-morte-rinascita da un corpo ad un altro (essere superiore, uomo, animale, vegetale), a seconda di come ci si è comportati.
Questa retribuzione si chiama karman: ogni azione è come un seme che germoglia sempre e genera frutti, buoni o cattivi.
La reincarnazione è però come una condanna da cui sfuggire: l’uomo è prigioniero del proprio corpo obbligato a passare da una vita all’altra (il Samsara); cerca di sfuggire rispettando la legge del Dharma (facendo cioè il proprio dovere).
Esso è prima di tutto conoscere: studiare sotto un guru; ma anche seguire una severa disciplina psicofisica, come lo yoga!
Il male allora è l’impurità fisica, la violenza, la cattiva volontà!.
Il karman funziona così: la società è divisa al suo interno in caste e sotto-caste, per nascita:
sacerdoti (detti brahamani, in bianco),
governanti e guerrieri (detti kshatrya, in rosso),
popolo (mercanti, artigiani, contadini, in giallo),
servitori (detti shudra, in nero).
Sono gruppi chiusi, senza poter accedere o relazionarsi con altri gruppi, da cui si può uscire solo attraverso il samsara.
Fuori casta ci sono i parija, gli intoccabili e impuri: quando una donna di casta superiore ha un figlio da uomo di casta inferiore esso viene escluso da ogni casta; senza casta ha vita separata e deve compiere certi lavori considerati impuri: bruciare i cadaveri, o raccogliere i rifiuti. Deve mangiare in piatti rotti, vestire stracci, suonare un campanello per evitare contatti con altri, ha vita di povertà assoluta.
Verso il VIII e il III sec. si è cominciato a inserire i principi della meditazione, della non violenza, della rinuncia ai beni.
PERSONE SACRE: chi ha accesso alla conoscenza del mistero del Brahman sono i bramini che celebrano i riti e i sacrifici; quando questo sacerdote diventa anche maestro dei giovani si chiama guru e insegna formule dei Veda e la ricerca della consapevolezza interiore; in più sono i responsabili del dharma, la legge, l’ordine della società e del sacro, il principio che regola tutte le cose e le persone.
Il bramino e solo lui conosce a memoria i Veda e il dharma, suo compito è fare i riti o fare da guida spirituale (guru).
Di rilievo anche i monaci (nei monasteri) e gli asceti (senza fissa dimora).
RITI: il culto indu è individuale: ciascuno prega per conto suo (in riva a un fiume o in un tempio), e solo dogni tanto celebrano grandi feste (es. Holj, o il pellegrinaggio verso templi e fiumi: in particolare, ogni 12 anni si festeggia il Kumbha-mela alla confluenza dei fiumi Gange e Yamuna, con milioni di induisti) o partecipano a liturgie comunitarie. La preghiera oltretutto varia da casta a casta.
I Veda dichiarano che le divinità possono essere evocate ripetendo un suono – hom –, atto più intenso della preghiera, che costringe la divinità a rivelarsi. Al mattino (o diverse volte nella giornata) l'indu recita un'acclamazione dai Veda, aggiunge il nome della sua divinità preferita, richima il nome dei suoi maestri, e chiude con le intenzioni di compiere azioni buone. Gradita è la meditazione.
Adatti sono anche i sacrifici con uccisione di animali o le offerte di latte, burro, dolci.
LUOGHI SACRI: il tempio è un luogo di insegnamento, di preghiera, di musica e danza, di incontro e di passaggio, di vendita e di mendicanza.
La statua del dio sta in centro, in una cella piccolissima dove può entrare solo il sacerdote; i fedeli si fermano all’esterno e portano offerte (detta puja, di burro, latte, dolci fiori, incenso) e formulano preghiere; nella puja le immagini divine vengono lavate, vestite, nutrite, con preghiere varie.
Non c'è obbligo frequentare il tempio.
Oltre ai templi sono ritenuti divini i fiumi (specie il Gange) dove i devoti si immergono per essere purificati, e l’Himalaya, sede di Siva.