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Giovanni Falcone. Nacque a Palermo il 20 maggio 1939. Si laureò in giurisprudenza a Palermo nel 1961, poi vinse il concorso in Magistratura nel 1964 e fu sostituto procuratore a Trapani per dodici anni. trasferito a Palermo nel 1978, dopo l'omicidio del giudice Cesare Terranova ottenne di lavorare all'Ufficio istruzione, sotto la guida di Rocco Chinnici, un esempio di organizzazione giudiziaria. Chinnici chiamò anche Paolo Borsellino (suo vecchio amico e magistrato) che divenne suo collega.
Nel maggio 1980 Falcone ottenne di svolgere indagini che coinvolgeva anche criminali negli Stati Uniti: Falcone comprese che era necessario basarsi anche su indagini patrimoniali e bancarie. Ricostruire il percorso del denaro che accompagnava i traffici ed avere un quadro complessivo del fenomeno con il controllo di tutte le carte richieste, e un minimo appoggio dalle banche, seguendo i percorsi dei soldi scopre una gigantesca organizzazione criminale: la c.d. Cosa Nostra. Sono anni tumultuosi che vedono la prepotente ascesa dei Corleonesi, che insanguinano le strade a colpi di omicidi. Tra questi anche il generale dei CC C. A. Dalla Chiesa. E lo stesso Chinnici (autobomba), al quale succedette Antonino Caponnetto. Questi pensò di costituire un "pool" di pochi magistrati che, si occupassero esclusivamente di processi di mafia, a tempo pieno, x favorire la condivisione delle informazioni tra tutti i componenti e minimizzare i rischi personali.
La validità del nuovo sistema investigativo manifestò subito risultati soprattutto con l'arresto del capomafia Tommaso Buscetta, che decise clamorosamente di collaborare con la Giustizia. Ciò fu determinante per conoscere determinati fatti criminali, ma soprattutto la struttura, l'organizzazione di Cosa nostra. Le inchieste portarono a costituire il primo grande processo contro la mafia.
Questa reagì con l'omicidio del commissario Giuseppe Montana e del questore Ninni Cassarà nell'estate 1985, stretti collaboratori di Falcone e Borsellino, fino a temere per la loro incolumità per cui furono indotti per motivi di sicurezza a soggiornare qualche tempo con le famiglie presso il carcere dell'Asinara (ma dovettero pagarsi le spese di soggiorno e consumo bevande), dove gettarono le basi dell'istruttoria. il 16 novembre 1987 diventa una data storica per il Paese: Il Maxiprocesso sentenzia 360 condanne.
Caponnetto xò si apprestava a lasciare l'incarico per ragioni di salute, e raggiunti limiti di età. A sostituirlo vennero candidati Falcone, ed Antonino Meli. Ma il Consiglio Superiore della Magistratura scelse Meli. Per la sua anzianità di servizio, invece di Falcone con più competenza. Ciò rese Falcone un bersaglio più facile per la mafia. Meli si insedia nel 1988 e prima smantella il metodo di lavoro poi scioglie ufficialmente il pool. Falcone chiese di essere destinato a un altro ufficio.
Il 21 giugno 1989, Falcone è obiettivo di un attentato presso la villa al mare affittata per le vacanze, l’attentato dell'Addaura: un borsone con cinquantotto candelotti di tritolo in mezzo agli scogli, a pochi metri dalla villa. Inoltre a Palazzo di Giustizia di Palermo si scopre l’esistenza di un "corvo": cioè una serie di lettere anonime che diffamavano il lavoro del giudice e del pool, scritte da un magistrato , da cui "corvo". Falcone così accetta di collaborare a Roma con il ministro di Grazia e Giustizia e dirige la sezione Affari Penali del ministero. Tuttavia, ciò costò al magistrato violenti attacchi da buona parte del mondo politico.
Il 23 maggio 1992, Giovanni Falcone stava tornando, come era solito fare nei fine settimana, da Roma. I particolari sull'arrivo del giudice dovevano essere coperti dal più rigido riserbo; Le auto lasciano l'aeroporto imboccando l'autostrada in direzione Palermo. La situazione appare tranquilla, tanto che non vengono attivate neppure le sirene. I killer sono in agguato sulle alture sovrastanti il litorale; sono gli ultimi secondi prima della strage. Alle ore 17:58, una carica di cinque quintali di tritolo posizionata in una galleria scavata sotto la sede stradale nei pressi dello svincolo di Capaci viene azionata per telecomando da Giovanni Brusca, il sicario incaricato da Totò Riina. La seconda auto, la Croma bianca guidata dal giudice, si schianta contro il muro di cemento e detriti improvvisamente innalzatosi per via dello scoppio. Falcone e la moglie, che non indossano le cinture di sicurezza, vengono proiettati violentemente contro il parabrezza. Falcone, che riporta ferite solo in apparenza non gravi, muore dopo il trasporto in ospedale un'ora dopo disperati tentativi di rianimazione, a causa della gravità del trauma cranico e delle lesioni interne.
Dirà Borsellino alla messa di commemorazione del suo amico e collega: "Perché non è fuggito, perché ha accettato questa tremenda situazione, perché non si è turbato, perché è stato sempre pronto a rispondere a chiunque nella speranza che era in lui? Per amore!".