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Iqbal Masih (Muridke, 4 aprile? 1982/1983 – Lahore, 16 aprile 1995) nacque in una famiglia molto povera in Pakistan.
Quando aveva cinque anni la sua famiglia si indebitò per pagare le spese matrimoniali della primogenita. E Iqbal fu venduto dal padre. Cominciò a lavorare in condizioni di schiavitù. Egli era costretto a lavorare incatenato a un telaio per circa quattordici ore al giorno, al salario di 1 rupia al giorno (l'equivalente di 3 centesimi di euro attuali).
Cercò parecchie volte di fuggire. Il direttore della fabbrica lo puniva gettandolo in una sorta di pozzo, nero, quasi senza aria, che Iqbal chiamava "la tomba". La prima volta che Iqbal aveva cercato di scappare, il padrone corrompendo i poliziotti se lo era fatto riportare indietro: il sistema era tutto corrotto.
Un giorno del 1992 Iqbal uscì di nascosto dalla fabbrica/prigione e partecipò, insieme ad altri bambini, ad una manifestazione del Fronte di Liberazione dal Lavoro Schiavizzato che celebrava la «Giornata della Libertà». Iqbal decise spontaneamente di raccontare la sua storia e la condizione di sofferenza degli altri bambini nella fabbrica di tappeti in cui lavorava. A causa di quel duro lavoro e dell'insufficienza di cibo che ricevevano, Iqbal non era cresciuto correttamente: all'età di 10 anni aveva già il volto di un vecchio e le mani rovinate per il lavoro ininterrotto cominciato fin dall'infanzia; a dodici anni pesava ed era alto come un bambino di sei.
Gli avvocati del sindacato contribuirono a liberarlo dallo sfruttamento in cui era ridotto; lo indirizzarono allo studio e all'attività in difesa dei diritti dei bambini. Dal 1993 Iqbal cominciò così a tenere una serie di conferenze internazionali sensibilizzando l'opinione pubblica mondiale sui diritti negati ai bambini nel suo paese, denunciando la schiavitù mondiale.
Nel dicembre del 1994 ottenne un premio di 15.000 dollari sponsorizzato dall'azienda calzaturiera Reebok, con i quali Iqbal avrebbe voluto finanziare una scuola nel suo paese. In una conferenza a Stoccolma affermò che "Nessun bambino dovrebbe impugnare mai uno strumento di lavoro. Gli unici strumenti di lavoro che un bambino dovrebbe tenere in mano sono penne e matite". Ricevette una borsa di studio da un'Università degli Stati Uniti, ma la rifiutò: aveva deciso di rimanere in Pakistan nella speranza di aiutare ancora i bambini del suo paese e rendere utile la propria esperienza. Continuò quindi a sfidare le continue intimidazioni dei fabbricanti di tappeti, che vedevano in Iqbal una minaccia. Nel gennaio del 1995, grazie a lui che denunciava i siti in cui i suoi coetanei venivano tenuti in schiavitù, circa tremila piccoli schiavi poterono uscire dal loro inferno: sotto la pressione internazionale, il governo pakistano chiuse decine di fabbriche di tappeti.
Il 16 aprile del 1995, il giorno di Pasqua, Iqbal Masih venne assassinato mentre, nella sua città natale vicino a Lahore, si stava recando in bicicletta in chiesa (era di religione cristiana). Aveva 12 anni. Dei testimoni affermarono di aver visto una macchina dai finestrini oscurati avvicinarsi a lui mentre era in bici e qualcuno al suo interno aprire il fuoco. Apparve certo che i suoi assassini fossero sicari della locale "mafia dei tappeti".
La polizia pakistana, probabilmente collusa con queste associazioni mafiose, aveva scritto nella sua relazione: «l'assassinio deriva da una discussione tra un contadino ed Iqbal».
Questo bambino operaio, è stato un sindacalista, un attivista per i diritti dei bambini, un vero simbolo della lotta contro il lavoro minorile nell'industria tessile pakistana.