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Pier Giorgio Frassati nacque il 6 aprile 1901 a Torino, da una delle famiglie in vista dell'alta borghesia torinese. Il padre, Alfredo, era docente di diritto penale all’Università, fondatore e primo direttore de “La Stampa”, oltre che Ambasciatore in Germania. I coniugi Frassati, litigavano spesso, ma non giunsero mai ad una separazione, mantenendo però rapporti assai tesi. L'educazione dei Frassati fu improntata su metodi e principi piuttosto rigidi, addirittura “spartani”, da caserma, con un duro sistema di regole e doveri, basato sul rispetto, l'ordine, la disciplina e l'onore. La fede fu impartita unicamente dalla madre.
Allo scoppio della guerra, Pier Giorgio scelse di rendersi utile, inviando ai soldati e alle loro famiglie i suoi piccoli risparmi. Pier Giorgio non dimostrava molto entusiasmo per lo studio e subì una bocciatura alle elementari, e addirittura due bocciature al liceo a causa del latino. Fu così iscritto in un liceo privato gestito dai gesuiti, dove si avvicinò alla spiritualità cristiana. Si iscrisse poi alla facoltà di Ingegneria meccanica (specializzazione mineraria) con l'intenzione di lavorare al fianco dei minatori (la classe operaia più disagiata di quel tempo), per migliorare le loro condizioni.
All'Università ebbe intensi rapporti con numerose associazioni di stampo cattolico, come la Fuci, la Società San Vincenzo De Paoli in favore dei poveri e dei più bisognosi. Pier Giorgio era un ragazzo molto vivace, solare, sempre allegro e ricco di energie. Praticò numerosi sport, amava le escursioni in montagna, la sua più grande passione (compì anche l'ascensione della Grivola, tuttora riservata ad alpinisti esperti); durante una gita conobbe Laura, una ragazza orfana e di modeste origini sociali di cui si innamorò ma non le confessò mai suo amore perchè la famiglia non avrebbe mai accettato per un Frassati una donna di famiglia così poco prestigiosa. Ciò gli causò molta sofferenza.
Nel 1924, durante una gita, insieme con i suoi più cari amici fondò, la Compagnia o Società dei Tipi Loschi, un'associazione di sano spirito d'amicizia e d'allegria, un'amicizia profonda, fondata sul vincolo della preghiera e della fede. Proprio il vincolo della preghiera legava i “lestofanti” e le “lestofantesse”, come scherzosamente si denominavano tra di loro, con uno spirito di cristiana gioia. Dietro l'apparente facezia si celava però il progetto di un'amicizia cristiana.
I pochi soldi di cui disponeva dalle ricchezze della famiglia elargite però i figli con grande parsimonia, Pier Giorgio li donava generosamente ai poveri e ai bisognosi che incontrava o a cui faceva visita. Spesso lo si vedeva tornare a casa a piedi perché aveva dato a qualche povero i soldi per il tram. «Aiutare i bisognosi – disse - è aiutare Gesù». In famiglia nessuno sapeva alcunché delle sue opere caritative; di quel figlio così diverso dal cliché alto-borghese di famiglia, sempre pronto ad andare in chiesa e mai a prendere parte alla vita mondana del suo stesso ceto.
Probabilmente visitando i poveri nelle loro abitazioni Pier Giorgio contrasse una poliomielite fulminante che lo portò repentinamente alla morte, il 4 luglio 1925. Morì a due soli esami dalla sospirata laurea (ricevette una laurea ad honorem).
La mattina del 30 giugno aveva accusato una strana emicrania e un'insolita inappetenza. Tutta l'attenzione dei familiari però era rivolta all'anziana nonna che morì infatti pochi giorni dopo, il 3 luglio. La notte prima della morte della nonna, non potendo prendere sonno per l'assillante dolore, Pier Giorgio tentò di alzarsi per camminare un po', ma cadde più volte in corridoio e si rialzò sempre da solo e senza che nessuno, a parte i domestici, se ne accorgesse. I genitori compresero la gravità delle condizioni del figlio proprio il giorno della morte della nonna, quando egli non riuscì più ad alzarsi dal letto per partecipare alla celebrazione delle esequie.
Ai suoi funerali presero parte molti amici, tutte le ragguardevoli personalità di Torino, ma anche e soprattutto tantissimi poveri che nel tempo erano stati aiutati da quel giovane. Davanti ad un popolo così numeroso, i suoi familiari capirono chi fosse Pier Giorgio. Il padre, con amarezza, affermò: «Io non conosco mio figlio!».
« Vivere senza fede, senza un patrimonio da difendere, senza sostenere una lotta per la Verità non è vivere ma vivacchiare... ».
Giovanni Paolo II lo proclamò beato il 20 maggio 1990.