Una volta individuata una trappola ne viene studiata la struttura e le dimensioni e, dopo una serie di passaggi e di prime verifiche, si procede con la perforazione di un pozzo esplorativo il cui obiettivo è di verificare l'effettiva presenza di gas.
Valutata l’effettiva dimensione del giacimento e stimato il volume di gas presente si passa alla fase successiva: il piano di sviluppo che consiste in tante attività, quali:
definire il numero di pozzi di produzione;
la loro posizione;
la loro traiettoria;
il tipo di pozzo;
le facilities (l’insieme di tutte le infrastrutture necessarie all’estrazione, al trattamento e al trasporto del gas).
Per perforare le rocce viene utilizzato uno scalpello rotante, un utensile a tre teste coniche realizzato con materiali durissimi, fissate all’estremità di serie di aste (Drill–bit) avvitate tra di loro, lunghe 12-15 metri. Le aste sono sostenute dalla torre derrick, e sono fatte ruotare da una piastra collegata a un motore elettrico. Le aste sono vuote, perché al loro interno circola un fango che lubrifica e raffredda lo scalpello, questi ritornando in superficie porta con sé i detriti della frantumazione (cuttings).
All'interno del foro di scavo viene inserito un tubo d’acciaio, cementato alla roccia (casing), per prevenire frane o fughe, e man mano che si scende il diametro del pozzo diminuisce, passando da 70 cm iniziali a circa 10 cm.
La profondità dei pozzi si aggira tra i 2 e i 6 km, dove la pressione è molto alta (parliamo di centinaia di atmosfere). Al loro completamento viene installata in superficie una valvola chiamata testa pozzo, che permette di controllare la pressione in uscita del gas, oltre a prevenire il rischio di violente fuoriuscite. Il sistema di sicurezza comprende anche una valvola di sicurezza posta all’ interno del pozzo, sul cosiddetto tubo di produzione, a circa 100 m di profondità, nel caso di malfunzionamenti della testa pozzo.
Una volta estratto, il gas passa negli impianti di trattamento dove vengono raggiunte le specifiche di pulizia e potere calorifico per poter essere utilizzato dall’utente finale (dal forno di casa alla centrale di generazione elettrica), successivamente viene immesso nei metanodotti, ovvero nella rete di trasporto.
Il gas naturale può avere una composizione molto variabile. In Adriatico è presente un gas “pulito”, ovvero con alta concentrazione di metano ( > 99%). In questo caso il trattamento consiste in un processo di disidratazione per separare la poca umidità naturale del gas dal metano stesso. In altri giacimenti, invece, il gas naturale è mischiato a CO2, azoto e altri gas, per cui il trattamento è più complesso, articolato e costoso.
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Secondo le stime degli ingegneri minerari e dei geologi, nel sottosuolo d’Italia sono nascosti ,tra riserve certe e possibili :
1,8 miliardi di barili di PETROLIO
350 miliardi di metri cubi di GAS
La stima è di una decina di anni fa, prima che venisse vietato ogni nuovo studio del sottosuolo.
Altre grandi riserve, che non erano state conteggiate una decina d’anni fa, oggi si previede, siano sotto il fondale dello Ionio e sotto il mare a nord-ovest della Sardegna.
MOTIVAZIONI DELLA RIDUZIONE DELL'ESTRAZIONE
Attualmente si stima che le riserve interne ammontino a circa 350 miliardi di m³, 30 anni fa ne estraevamo 30 miliardi di m³ l'anno, ora circa 4 e importiamo dalla Russia quasi il 40% dei quello che consumiamo.
"Il costo dell'estrazione del gas da un singolo giacimento aumenta nel tempo e a volte diventa economicamente svantaggioso proseguire e poi non tutti i siti hanno le stesse capacità né si può estrarre alla medesima rapidità.
In altri casi i giacimenti non furono sfruttati sempre perché non avevamo la tecnologia per farlo in modo vantaggioso e in seguito per aver scelto di non usare la fratturazione idraulica o fracking per i rischi potenziali".
Roberto Bianchini, direttore dell'Osservatorio Climate Finance del Politecnico di Milano.
ALTO ADRIATICO
In mezzo al golfo di Venezia, a metà fra l’Italia e l’Istria, c’è un grappolo di grandi giacimenti ad alta profondità che dal 1983 sono congelati dal lato italiano dell’Adriatico per paura che — come era successo nel dopoguerra estraendo acqua irrigua, industriale o metanifera dalle falde superficiali del Veneto e dell’Emilia — il suolo potesse sprofondare nella subsidenza.
Si stima che in mezzo al mare, sotto il fondale, possano esservi dai 30 ai 40 miliardi di metri cubi di GAS; le ricerche con le tecnologie moderne potrebbero essere più precise ma ovviamente sono vietate.
Un metro di là dal confine che divide le acque italiane da quelle croate, la compagnia croata Ina ha le piattaforme del giacimento Izabela.
giacimenti attivi sono circa 1.300,
realmente utilizzati con continuità poco più di 500
Degli oltre 4 miliardi di m3 di gas italiano, il 54,6% proviene dai giacimenti in mare, il 34% dalla terraferma (Basilicata_Viggiano).
il 9% delle concessioni attive fornisce oltre l’80% della produzione nazionale.
APPROFONDIMENTO :
Quali sono le fonti energetiche che utilizza l’Italia?
Il mix energetico del nostro Paese
La maggior parte è gas naturale, seguito da petrolio e fonti rinnovabili.
In base agli ultimi dati disponibili, nel 2019 (cioè pre-pandemia) l'Italia ha consumato 6.099.593 TJ di energia; in particolare la fonte principale è stata il gas (41,8%), seguita dal petrolio (34,4%) e dalle fonti rinnovabili (complessivamente 19,4%).
le fonti rinnovabili, la somma di biocombustibili, idroelettrico, solare ed eolico coprono il 19,4% del fabbisogno energetico nazionale. Nello specifico, i biocombustibili sono in testa con il 10,2%, seguiti da solare ed eolico (complessivamente 6,5%) e idroelettrico (2,7%).
MIX ENERGETICO ITALIANO
La maggior parte dell'elettricità proviene dal gas naturale (41,8%). Di questa percentuale, la sola produzione italiana rappresenta il 3-4% circa, mentre il resto del gas naturale viene importato dall'estero e, in special modo, dalla Russia, dall'Algeria e dall'Azerbaigian (tramite il gasdotto TAP).
ELETTERICITA' DA PETROLIO (34,4%)
Nonostante il 34,4% sia un valore piuttosto alto, bisogna evidenziare che dagli anni '90 ad oggi il suo impiego è in costante calo (a parte una leggera risalita tra il 2004 e il 2016).