Come molti di noi già sanno, da molto tempo ormai, si sta consumando un atroce conflitto in Medio Oriente: quello tra palestinesi ed israeliani, ma se ci fosse di più? Lo scontro non avviene semplicemente tra due nazioni, tra musulmani ed ebrei, tra un popolo oppresso e uno colonizzatore. Ormai, i due Stati sono a loro volta dilaniati e i motivi sono i più vari e spesso distanti dalle cause della guerra israelo-palestinese in sé e per sé. Infatti, il causus belli di quest’ultima è rappresentato in gran parte dall’occupazione sionista.
Durante l’occupazione venne trascurato un dettaglio non irrilevante: gli effettivi e legittimi abitanti di quella Terra, i palestinesi o “arabi”. Le radici dell’inimicizia tra i due gruppi, risalgono alla loro formazione, descritta nel Vecchio Testamento: Isacco è considerato il capostipite degli ebrei, mentre Ismaele quello dei seguaci di Maometto. Questa premessa ha sicuramente posto le basi per un ulteriore inasprimento dei rapporti tra i due popoli fratelli. Nonostante l’imposizione del popolo ebraico all’’inizio del XIX secolo, una porzione di residenti israeliani resta araba. La percentuale dei nativi che resistono e rivendicano le loro origini è del 21,1 % , di cui l’ 82% è di religione musulmana, mentre la restante parte risulta essere cristiana e drusa. Se nell’immaginario collettivo il neo Stato potrebbe apparire coeso, legato dalle stesse tradizioni e abitudini, questi dati iniziano a definire con più nitidezza la sua disorganicità. Ma queste suddivisioni, ancora sommarie e introduttive, non possono dare l’idea di tutte le effettive frammentazioni esistenti.
ASCHENAZITI E MIZRAHI
Ed è qui che nasce un altro problema: l’antagonismo tra gruppi della stessa religione. Gli aschenaziti (o ebrei laici), avendo fondamentale influenza nelle decisioni politiche ed economiche della nazione, vivono in netto contrasto con un altro sottogruppo, quello degli ebrei mizrahi (o tradizionalisti). Oltre alle differenze culturali (i primi provengono dalla regione franco-tedesca, vicino al Reno, mentre i secondi dalla zona del Maghreb, nell’Africa nord-occidentale), si aggiungono interessi economici. Infatti, gli aschenaziti hanno sempre esercitato una maggiore influenza, ritenendosi i “veterani” del sionismo e supportando riforme a proprio favore. A causa di questo, è nata una classe elitaria che gode, sin dalle origini, di privilegi riguardo alle condizioni abitative: se da una parte gli aschenaziti vivono nei “kibbutz”, villaggi di stampo socialista e autosufficienti, dall’altra i mizrahi sono relegati in case popolari fatiscenti. Negli anni ’70 attivisti del quartiere Yemin Moshe di Gerusalemme iniziarono ad evidenziare che i ricchi ashkenaziti occupavano le abitazioni dei mizrahi. Quest’ultimi sono particolarmente discriminati, considerati degli invasori o della “plebaglia”.Il loro folklore, che presenta gli influssi della cultura araba, era fortemente disprezzato. Fortunatamente, dagli anni ’80 si è diffusa sempre di più la volontà, da parte di entrambi, di riconciliarsi, includendo i tutti nel grembo dell’identità israeliana e cercando di reprimere il razzismo nei loro confronti.
LAICI CONTRO ULTRAORTODOSSI
A peggiorare la situazione, dal punto di vista religioso, c’è comunque l’aspra critica morale che arriva dai tradizionalisti nei confronti dei laici, ritenuti troppo irreligiosi, a differenza delle comunità ultraortodosse, sicuramente le più particolari all’interno del Paese: gli ultraortodossi, anche detti “hassidici” , sono noti per applicare alla lettera quanto enunciato nei libri sacri, come la Torah. Difatti hanno ben 613 leggi da rispettare, alcune di queste prescrivono l’obbligo di tenere separati la carne dai latticini, così come le donne dagli uomini. La loro mentalità , particolarmente lontana e conservatrice rispetto a quella dei loro conterranei, ha scatenato ulteriori spaccature.
In conclusione, l’ideale sionista tanto professato non sembra applicato, in una società divisa, la cui eterogeneità è percepita come un fardello. Sembra essere un handicap, solo uno dei tanti motivi della debolezza israeliana, mascherata spesso da un’apparente potenza in ambito geopolitico.
grafiche a cura di Maria Chiara Barba